Il rifugio
eBook - ePub

Il rifugio

  1. 656 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Una famiglia assassinata. Un'unica sopravvissuta al massacro. È il caso piú importante dell'anno, e c'è solo una persona in grado di risolverlo: Mick «Scorcher» Kennedy, il detective di punta della squadra Omicidi di Dublino. Per riuscirci, Scorcher dovrà affrontare il male che da troppo tempo si porta dentro.Patrick Spain e i suoi due bambini vengono ritrovati morti in un complesso residenziale mezzo abbandonato per colpa della crisi. Jenny, la madre, è in fin di vita. All'inizio Mick «Scorcher» Kennedy, incaricato delle indagini, pensa alla soluzione piú scontata: un padre sommerso dai debiti, travolto dalla recessione, ha tentato di uccidere i propri cari e si è tolto la vita. Ma ci sono troppi elementi che non quadrano: le telecamere nascoste nell'appartamento, i file cancellati su uno dei computer e il fatto che Jenny temesse che qualcuno fosse entrato in casa loro per spiarli. A complicare il quadro, c'è il quartiere in cui vivevano gli Spain - un tempo noto come Broken Harbour - che riporta a galla ricordi dolorosi del passato di Scorcher.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2020
Print ISBN
9788806245221

1.

Chiariamo subito una cosa: io ero l’uomo perfetto per quel caso. Vi sorprenderebbe sapere quanti dei ragazzi l’avrebbero evitato, se avessero avuto scelta, e io l’avevo avuta, almeno all’inizio. Alcuni di loro me l’avevano persino detto in faccia: «Meglio a te che a me, amico». Il che non mi disturbava nemmeno un po’. Anzi, mi dispiaceva per loro.
Alcuni non amano i casi di alto profilo, dove anche la posta in gioco è alta: troppa copertura mediatica, dicono, e troppe ricadute se non riesci a risolverli. Io non sono cosí negativo. Se impieghi la tua energia a pensare a quanto puoi farti male, stai già cadendo. Io mi concentro sul positivo, e di cose positive ce ne sono: puoi fingere di essere al di sopra di questa roba, ma tutti sanno che i casi importanti portano promozioni importanti. Date pure a me quelli da titoli cubitali e tenetevi gli accoltellamenti tra spacciatori. Se avete paura dei casi che scottano, restate in divisa.
Alcuni dei ragazzi non ce la fanno se si tratta di bambini, e potrei anche capirlo, se non fosse che (scusatemi se lo chiedo) se non riesci a sopportare un brutto omicidio, che diavolo ci fai nella squadra Omicidi? Scommetto che la squadra che si occupa della difesa dei diritti d’autore sarebbe felice di prenderti a bordo. Io mi sono occupato di neonati, annegamenti, omicidi con violenza sessuale e persino di una decapitazione con un fucile a canne mozze che aveva lasciato pezzi di cervello incrostati sui muri. E dormo benissimo, basta che il lavoro venga fatto. Qualcuno deve pur farlo, e se tocca a me almeno viene fatto bene.
Perché chiariamo subito un’altra cosa, già che ci siamo: io sono in gamba nel mio lavoro. Ci credo ancora. Sono alla Omicidi da dieci anni, e per sette, da quando mi sono fatto le ossa, ho avuto il piú alto numero di casi risolti della squadra. Quest’anno sono sceso al secondo posto, ma il tizio al primo ha infilato una serie di colpi facili, omicidi domestici dove l’indiziato si è praticamente ammanettato da solo e si è presentato su un piatto d’argento. Io ho avuto quelli difficili, le storie fra tossici dove nessuno ha visto nulla, e li ho risolti lo stesso. Se il nostro sovrintendente avesse avuto anche un solo dubbio, avrebbe potuto sollevarmi da quel caso specifico in qualsiasi momento. Ma non l’ha fatto.
Questo è ciò che sto tentando di dire: quel caso sarebbe dovuto andare come un orologio. Sarebbe dovuto finire sui libri di testo, citato a esempio di come fare tutto giusto. Secondo ogni regola del manuale, doveva essere un caso da sogno.
Non appena mi cadde sul groppone, dal rumore seppi che era uno di quelli grossi. Lo capimmo tutti. Un omicidio normale arriva direttamente in sala detective e viene assegnato seguendo la tabella dei turni, oppure, se la persona in questione è fuori, al primo che capita; solo quelli grossi, quelli delicati per cui servono le mani giuste, passano prima dalla scrivania del capo, in modo che lui possa scegliere a chi darli. Cosí quando il sovrintendente O’Kelly si affacciò sulla porta della sala detective, mi indicò, disse: – Kennedy, nel mio ufficio, – e scomparve, tutti capimmo.
Tolsi la giacca dalla spalliera della sedia e la indossai con le pulsazioni accelerate. Era passato un bel po’ di tempo, troppo, dall’ultima volta che avevo avuto uno di quei casi. – Non muoverti da qui, – dissi a Richie, il mio partner.
– Oooh, – disse Quigley dalla sua scrivania, con finto terrore, scuotendo una mano paffuta. – Sei di nuovo nella merda, Scorcher? Non credevo che avrei visto questo giorno.
– Rifatti gli occhi, vecchio mio –. Raddrizzai la cravatta. Quigley faceva lo stronzo perché era il suo turno, secondo la tabella. Se non fosse stato un completo spreco di spazio, O’Kelly forse avrebbe lasciato il caso a lui.
– Cos’hai combinato?
– Mi sono scopato tua sorella. Ma le buste di carta per coprirle la faccia le ho portate da casa.
I ragazzi ridacchiarono e Quigley sporse le labbra in fuori come una vecchia. – Non è divertente.
– È un nervo scoperto?
Richie era a bocca aperta e praticamente ballava sulla sedia dalla curiosità. Tirai fuori di tasca il pettine e me lo passai tra i capelli. – Sono a posto?
– Leccaculo, – borbottò Quigley tra i denti. Lo ignorai.
– Sí, – rispose Richie. – A postissimo. Cosa…
– Non muoverti da qui, – ripetei, e andai dietro a O’Kelly.
Il secondo indizio: lo trovai in piedi dietro la scrivania, le mani nelle tasche dei pantaloni, che dondolava avanti e indietro sulle piante dei piedi. Il nuovo caso gli aveva fatto salire cosí tanto l’adrenalina che non riusciva a stare seduto. – Te la sei presa comoda.
– Mi scusi, signore.
Restò dov’era, rileggendo il foglio che aveva sulla scrivania. – Come sta andando il fascicolo Mullen?
Avevo trascorso le ultime settimane preparando un fascicolo per il procuratore. Si trattava di uno di quei casi di droga poco chiari, e bisognava assicurarsi che quel bastardo dello spacciatore non avesse nessuna via d’uscita per riuscire a cavarsela. Alcuni detective pensano di aver concluso il loro lavoro non appena vengono formalizzate le accuse. Io invece, se una delle mie prede riesce a sganciarsi dall’amo, cosa che succede di rado, la prendo sul personale. – Sono quasi pronto per consegnarlo.
– Puoi darlo da finire a qualcun altro?
– Non c’è problema.
O’Kelly annuí e riprese a leggere. A lui piace che sia tu a chiedere, perché chiarisce chi è il capo. E poiché lui è il mio capo, non mi costa nulla fare il cagnolino ubbidiente, se può servire a far andare tutto liscio. – È venuto fuori qualcosa, signore?
– Conosci Brianstown?
– Mai sentita nominare.
– Nemmeno io, prima d’ora. È uno di quei posti nuovi, sulla costa, dopo Balbriggan. Prima si chiamava Broken Bay, o qualcosa di simile.
– Broken Harbour, – dissi. – Sí, Broken Harbour la conosco.
– Ora si chiama Brianstown. Ed entro stasera la conosceranno tutti.
Dissi: – Allora è una brutta storia.
O’Kelly piantò una mano sul foglio, come se volesse tenerlo fermo. – Marito, moglie e due bambini, pugnalati nella loro casa. La moglie la stanno portando in ospedale, forse ce la farà ma è presto per dirlo. Gli altri sono morti.
Restammo in silenzio per un attimo, ad ascoltare i piccoli tremiti nell’aria causati da quella notizia. Poi chiesi: – Chi ci ha chiamati?
– La sorella della moglie. Si parlano ogni mattina, ma oggi non è riuscita a contattarla. Si è preoccupata, è salita in macchina ed è andata a Brianstown. Auto nel vialetto, luci accese in pieno giorno, nessuno viene ad aprire e lei telefona alla polizia. Gli agenti sfondano la porta, e… Sorpresa!
– Chi c’è sulla scena?
– Solo gli agenti di pattuglia. Alla prima occhiata hanno capito che il caso non era alla loro portata e si sono rivolti subito a noi.
– Ottimo –. Ci sono un sacco di idioti, in giro, che avrebbero passato ore giocando al detective e mandando tutto in merda, prima di ammettere la sconfitta e chiamare i professionisti. Stavolta sembrava fossimo incappati in due agenti con il cervello funzionante.
– Voglio che te ne occupi tu. Puoi farlo?
– Ne sarei onorato.
– Se non puoi mollare le cose che hai da fare, dimmelo e mando Flaherty. Questo caso ha la priorità assoluta.
Flaherty è quello dei colpi facili, con il numero piú alto di casi risolti. – Non è necessario, signore. Ci penso io.
– Bene, – disse O’Kelly, ma non mi diede il foglio. Lo inclinò sotto la luce, ispezionandolo, passandosi un pollice sulla mandibola. – Curran ce la può fare?
Il giovane Richie era in squadra da due settimane. Molti dei ragazzi non amano addestrare i nuovi, cosí lo faccio io. Se sei bravo nel tuo lavoro, hai la responsabilità di trasmettere la conoscenza. – Ce la farà, – dissi.
– Se no posso assegnarlo ad altro per un periodo e metterti accanto qualcuno che sa quello che fa.
– Se Curran non è in grado di maneggiare la roba che scotta, meglio scoprirlo ora –. Non volevo qualcuno che sapeva ciò che faceva. Il lato positivo dello sgrezzare i nuovi è che ti risparmia un sacco di problemi: tutti noi che siamo nel gioco da un pezzo abbiamo i nostri sistemi, e troppi cuochi… Una recluta, se la sai gestire, ti rallenta molto meno di un altro esperto. Non avevo tempo da perdere in convenevoli, «prego, prima tu, no, dopo di te». Non con quella indagine.
– Saresti tu il capo, in ogni caso.
– Si fidi, signore. Curran può farcela.
– È un rischio.
Le reclute passano all’incirca tutto il primo anno in prova. Non è ufficiale, ma non significa che non sia una cosa seria. Se Richie avesse commesso un errore appena arrivato, sotto le luci dei riflettori, poteva anche fare le valigie subito. – Lavorerà come si deve. Me ne incarico io.
– Non è solo per Curran, – insisté O’Kelly. – Da quanto tempo non te ne capita uno grosso?
I suoi occhi piccoli e acuti erano fissi su di me. Il mio ultimo caso di alto profilo era andato male. Non per colpa mia: ero stato manipolato da una persona che credevo amica, gettato nella merda e lasciato lí. Ma la gente non dimentica. – Quasi due anni, – risposi.
– Esatto. Risolvi questo, e sarai di nuovo in pista –. Lasciò sospesa l’altra metà della frase, come un qualcosa di denso e pesante nell’aria tra noi due.
– Lo risolverò.
O’Kelly annuí. – È quello che penso. Tienimi aggiornato –. Si sporse sulla scrivania e mi passò il foglio.
– Grazie, signore. Non la deluderò.
– Cooper e la Scientifica sono già partiti –. Cooper è il patologo. – Hai bisogno di risorse; dirò all’unità generale di mandarti delle reclute. Sei ti bastano, per il momento?
– Vanno benissimo. Se me ne serviranno di piú, glielo dirò.
Mentre uscivo O’Kelly aggiunse: – E per l’amor di Dio, fa’ qualcosa per i vestiti di Curran.
– Gliene ho parlato la settimana scorsa.
– Parlagliene di nuovo. Ieri si è presentato qui in felpa con cappuccio.
– Sono riuscito a fargli togliere la tuta da ginnastica. Un passo alla volta.
– Se vuole occuparsi di questo caso, dovrà fare passi da gigante prima che arriviate sulla scena. I media piomberanno come mosche sulla merda. Digli almeno di tenere il soprabito, in modo da coprire la tuta o quel cazzo che si è messo addosso oggi.
– Ho una cravatta di riserva in un cassetto della scrivania. Curran sarà a posto.
O’Kelly borbottò qualcosa riguardo ai maiali in smoking.
Tornando verso la sala detective, diedi un’occhiata al foglio di chiamata: c’era scritto quello che mi aveva detto O’Kelly. Le vittime erano Patrick Spain, sua moglie Jennifer e i loro figli Emma e Jack. La sorella che ci aveva chiamati era Fiona Rafferty. Sotto il suo nome il centralinista aveva aggiunto, in stampatello: «NB: L’AGENTE SPECIFICA CHE LA DONNA È IN STATO ISTERICO».
Richie era in piedi accanto alla sedia e si spostava da una gamba all’altra come se avesse le ginocchia a molla. – Cosa…?
– Prendi la tua roba. Usciamo.
– Te l’avevo detto, – disse Quigley a Richie.
Richie fece una faccia innocente, a occhi spalancati. – Davvero? Scusami, non ci ho fatto caso. Avevo altro per la testa, capisci?
– Sto solo cercando di farti un favore, Curran. Puoi accettarlo o rifiutarlo –. Quigley aveva un’aria ferita.
Infilai la giacca e controllai dentro la borsa. – Mi sa che voi due avete fatto una chiacchierata affascinante. Posso sapere di che si tratta?
– Niente di che, – disse subito Richie. – Solo per dare aria ai denti.
– Stavo solo spiegando al giovane Richie, – disse Quigley, rivolto a me, – che se il sovrintendente chiama solo te per darti delle informazioni alle sue spalle, non è un buon segno. Cosa significa, riguardo alla sua posizione nella squadra? Pensavo che volesse rifletterci sopra.
Quigley ama iniziare i nuovi, proprio come ama comportarsi con gli indiziati con una durezza appena un po’ esagerata; l’abbiamo fatto tutti, ma lui ne ricava piú piacere di noi. Di solito però ha abbastanza cervello da lasciar stare i miei ragazzi. Evidentemente, Richie l’aveva fatto incazzare in qualche modo. – Avrà un sacco di cose su cui riflettere, da ora in avanti, – dissi. – Non può permettersi di lasciarsi distrarre da stronzate senza senso. Detective Curran, possiamo andare?
– Oh, be’, – disse Quigley, ripiegando i suoi due menti l’uno sull’altro. – Non fate caso a me.
– Non lo faccio mai –. Presi la cravatta di riserva dal cassetto e me la misi in tasca al riparo del...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il rifugio
  4. 1.
  5. 2.
  6. 3.
  7. 4.
  8. 5.
  9. 6.
  10. 7.
  11. 8.
  12. 9.
  13. 10.
  14. 11.
  15. 12.
  16. 13.
  17. 14.
  18. 15.
  19. 16.
  20. 17.
  21. 18.
  22. 19.
  23. Nota.
  24. Ringraziamenti.
  25. Il libro
  26. L’autrice
  27. Della stessa autrice
  28. Copyright