SCENA PRIMA
Gli inconquistabili.
Al levarsi del sipario, la posizione degli attori riproduce esattamente quella dell’inizio del primo atto. Siamo nel presente della storia, molto tempo dopo l’episodio di Meche. Gli inconquistabili giocano a dadi al loro tavolo, sotto la lampada appesa a una trave, e la Chunga, sulla sua sedia a dondolo, gli occhi perduti nel vuoto, lascia trascorrere il tempo. La notte tiepida accende e spegne, sullo sfondo, i rumori della città: il canto dei grilli, qualche auto nottambula, latrati, un raglio.
JOSÉ Per quanto credete che la Chunga mi racconterebbe che cosa è successo quella notte, fra lei e Meche?
LITUMA Neanche per un milione di soles. Non te lo racconterà mai. Scordatelo, José.
JOSEFINO Se io volessi, me lo racconterebbe. Gratis.
SCIMMIA Lo sappiamo che tu sei molto cattivo, Josefote.
JOSEFINO Non sto scherzando. (Tira fuori la sua lama e la fa brillare nel raggio di luce della lampada) La Chunga sarà una dura, ma non c’è uomo né donna che non canti come un canarino con questa alla gola.
SCIMMIA Senti quello che dice, Chunga?
CHUNGA (con l’indifferenza di sempre) Finitela alla svelta con quelle birre, che sto per chiudere.
JOSEFINO Non ti spaventare, Chunguita. Ti farei raccontare le cose di quella notte, se ne avessi voglia. Ma non ne ho voglia, cosí che il tuo segreto puoi ficcartelo su per il culo. Non lo voglio conoscere. Non me ne frega niente della Meche. Donna andata, donna morta. Deve ancora nascere la femmina che si faccia correre dietro da me.
José si è alzato in piedi e, senza che gli inconquistabili lo notino, avanza verso la sedia a dondolo della Chunga, con lo sguardo fisso, la bocca socchiusa, come un sonnambulo. Durante la scena che segue, gli inconquistabili si comportano come se José continuasse a occupare il suo posto: brindano con questo invisibile José, accettano le sue puntate, gli passano i dadi, gli dànno pacche sulle spalle, lo prendono in giro.
JOSÉ (con voce confusa, febbrile) Quella notte, qualcosa è cambiato nella mia vita, Chunga, anche se nessuno lo sa. (Si tocca la testa) Sta tutto qui, ben chiaro, come se fosse ora. Mi ricordo di tutto quello che hai detto tu e di tutto quello che ha detto Meche. Quando la portavi a braccetto di là, nella tua stanza, io avevo il cuore in gola. (Fa in modo che la Chunga gli tocchi il petto) Tocca, senti. Vedi come mi batte forte? Come se volesse uscire o scoppiare. Fa cosí ogni volta che penso a voi due lassú.
La Chunga muove le labbra dicendo qualcosa, ma senza articolare alcun suono. José accosta l’orecchio, cercando di sentire, ma immediatamente lo ritira, pentito. La Chunga, per alcuni secondi, continua a sillabare, in silenzio, la stessa parola.
CHUNGA (parla, infine, in un modo stranamente dolce) Sei un segaiolo, José.
JOSÉ (ansioso, impaziente, indicando la stanzetta) Parla, parla. Raccontami, Chunguita. Che cosa è successo? Com’è stato?
CHUNGA (gli fa la predica, ma senza severità, come a un monellaccio) Non sono le donne di carne e ossa quelle che davvero ti piacciono, José. Sono quelle che ricordi, quelle che inventi. (Toccandogli la testa come se lo accarezzasse) Quelle che hai qui. Vero, José?
JOSÉ (cercando di far alzare la Chunga dalla sedia a dondolo, sempre piú eccitato) L’hai presa per il braccio, te la sei portata di là. Siete salite su per la scala e tu le tenevi sempre il braccio. Glielo stavi palpando? Glielo pizzicavi pianin pianino?
La Chunga si alza e José prende il suo posto sulla sedia a dondolo. La sposta di lato, per vedere meglio. La Chunga riempie un bicchiere di vermouth, sale su per la scaletta ed entra nella piccola stanza, che si illumina di una luce rosata. Meche è lí.
SCENA SECONDA
Il sogno del guardone.
MECHE (con una risatina nervosa) E ora che cosa succede? Che gioco è questo, Chunga?
CHUNGA (la donna fredda delle scene precedenti sembra essersi caricata di vita e di sensualità) Niente gioco. Ho pagato per te tremila soles. Sei mia per il resto della notte.
MECHE (con aria di sfida) Vuoi dire che sono tua schiava?
CHUNGA Per alcune ore, almeno. (Porgendole il bicchiere) Per calmare i nervi.
MECHE (accetta il bicchiere e ne prende un lungo sorso) Credi che io sia nervosa? Ti sbagli. Io non ho paura di te. Faccio questo per Josefino. Se volessi, potrei darti uno spintone e uscirmene di corsa.
CHUNGA (si siede sul letto) Ma non lo farai. Hai detto che mi avresti obbedito e tu sei una donna di parola, ne sono sicura. E poi, muori dalla curiosità, non è vero?
MECHE (finisce il bicchiere) Credi di potermi ubriacare con due vermouth? Te lo sogni. Ho una grande resistenza, resisto tutta una notte a bere, senza farmi venire il vomito. Resisto anche piú di Josefino.
Pausa.
CHUNGA Fammi quello che fai a lui quando vuoi eccitarlo.
MECHE (con la stessa risatina nervosa) Non posso. Tu sei una donna. Tu sei la Chunga.
CHUNGA (insinuante e al tempo stesso autoritaria) Io sono Josefino. Fammi quello che fai a lui.
Una musica tropicale, dolce – boleri di Leo Marini o dei Los Panchos – sgorga da lontano. Parla di coppie strette, che ballano in un luogo pieno di fumo e di alcol.
MECHE (comincia a svestirsi, lentamente, con una certa goffaggine. Parla, anche, sforzandosi, per niente disinvolta) Ti piace guardare mentre mi spoglio? Cosí, lentamente?...