Washington DC, novembre 2016.
La mattina dopo le elezioni, Keller si sveglia pensando che non riconosce piú il proprio Paese.
Non siamo quelli che credevo fossimo.
Ma proprio per niente.
Affronta la routine mattutina in modo meccanico. Resta sotto la doccia sperando che il getto caldo gli tolga la depressione (niente da fare), si rade, si veste e scende a scaldare l’acqua per il caffè.
È depresso perché sente di aver perso un ideale, una identità, un’immagine di ciò che è la sua nazione.
O di ciò che era.
Gli brucia che la sua nazione abbia votato per un razzista, un fascista, un gangster, un narcisista che ama solo pavoneggiarsi, un uomo che si vanta di aggredire le donne, che prende in giro un disabile, che stringe amicizia con i dittatori.
Un mentitore certificato.
E il quadro è ancora peggiore.
La notte prima, quando John Dennison era salito sul palco per annunciare la vittoria, dietro di lui c’era Jason Lerner, un uomo con forti debiti con il cartello. Lerner è stato nominato «consigliere speciale» del nuovo presidente, e in quanto tale avrà accesso a tutto ciò che riguarda la sicurezza nazionale, a tutte le informazioni e riunioni top secret.
Questo significa che il cartello si è infiltrato alla Casa Bianca, alla Dea e in tutto l’apparato di intelligence nazionale.
E tu hai due mesi, pensa Keller, per fermare tutto quanto.
Porta una tazza di caffè al piano di sopra, dove Marisol è a letto con le coperte tirate sopra la testa. – Prima o poi dovrai alzarti, – dice, posando la tazza sul comodino.
– Non necessariamente.
– Vuoi passare il resto della vita nascosta sotto le coperte?
– Forse –. Tira fuori il viso. – Arturo, com’è potuto succedere?
– Non lo so.
– Darai le dimissioni?
– Le avrei date chiunque avesse vinto, – risponde Keller. – È la procedura normale.
– Ma lei non le avrebbe accettate.
Keller scrolla le spalle. – Chi lo sa. Il nuovo presidente ha diritto di mettere una persona di sua fiducia in quel posto.
– Smettila di fare lo stoico, – dice Marisol.
– Non è stoicismo, ma disperazione esistenziale. Vado in ufficio.
– Non dire sciocchezze.
– È un giorno lavorativo.
Il prestito viene approvato.
Claiborne passa alla Dea tutte le carte.
È un lavoro immenso.
Una parte del denaro arriva sotto forma di contratti d’affitto a società fantasma finanziate dalla Hbmx, che occupano uffici in Park Tower. E sono letteralmente società fantasma, pensa Keller: gli uffici sono vuoti, dentro non c’è nulla.
Altro denaro fa il giro del mondo: trasferimenti dalla Hbmx in Costa Rica, da lí alle Cayman, quindi in Russia, dove viene distribuito a diverse banche locali, piú altre in Olanda e in Germania. Quindi viene trasferito a studi legali e fondi speculativi negli Stati Uniti, prima di arrivare finalmente alla Terra Company.
Poi ci sono ordini d’acquisto per lavori di miglioramento dell’edificio: finestre, tramezzi in cartongesso, tubature, moquette, prodotti per le pulizie… tutte cose che vengono acquistate, spiega Claiborne, ma non si materializzano mai.
Sotto una forma o l’altra, Hbmx trasferisce a Terra duecentottantacinque milioni di dollari.
Terra riesce a pagare il saldo del proprio debito.
Berkeley riceve dieci milioni di commissione.
Il bonus di Claiborne è un milione tondo.
Keller riesamina il caso che sta costruendo.
Ha già Lerner, Terra e Berkeley, per violazione di una o forse due leggi federali contro il riciclaggio. Lerner si è incriminato su nastro dicendo di aver evitato gli obblighi di segnalazione che riguardano ogni transazione monetaria superiore ai diecimila dollari, e c’è un’istituzione finanziaria implicata.
Ma la violazione del titolo 18, articolo 1957 del codice è il reato minore, con una pena massima prevista di dieci anni. Il botto si fa con l’articolo 1956, che raddoppia la pena e richiede una multa pari al doppio della cifra riciclata. Ma quell’articolo richiede che l’imputato sappia che si tratta di denaro sporco. Bisogna provare che Lerner, Claiborne e tutti gli altri sapevano che i duecentottantacinque milioni provenivano dal traffico di droga.
E ancora non ci siamo riusciti, pensa Keller.
Ci siamo vicini, ma un buon avvocato, e loro avranno gli avvocati migliori, può smontare tutto ciò che abbiamo.
O piuttosto, ciò che non abbiamo.
Lerner non ha ammesso chiaramente di sapere che Echeverría rappresenta i cartelli della droga.
Bisogna mandare di nuovo Claiborne in missione.
Hidalgo è seduto in un furgone parcheggiato dietro Bay View Drive, a Jamestown, Rhode Island, e ascolta in cuffia.
Claiborne è nel «cottage» estivo di Lerner a Narragansett Bay, dal lato opposto della baia rispetto a Newport. Lerner ha anche una casa negli Hamptons, ma pensa che quel posto sia diventato «troppo cliché».
Hidalgo sente un tintinnio di bicchieri.
– Questo liquore è piú vecchio dei nostri padri, – dice Lerner. – Lo tenevo per un’occasione speciale.
– Sono onorato.
– No, senti, – dice Lerner. – Sono io a esserti grato: ci hai tirato fuori dal baratro.
– È il mio lavoro.
– Ma sei andato ben oltre. Salute.
– Salute, – dice Claiborne. – E grazie di aver mandato l’elicottero.
– La 95 è una rottura di coglioni di venerdí. Non volevo che te la dovessi sciroppare.
Silenzio.
– Allora, perché siamo qui? – chiede Lerner. – Dal tuo tono, sembrava una cosa urgente.
– Sono preoccupato.
– Infatti hai una faccia preoccupata. Il motivo?
Dài, Chandler, pensa Hidalgo. Fa’ in fretta, che qui si gela.
– Conosci la provenienza dei soldi della Hbmx, dico bene? – chiede Claiborne.
– Ho fatto affari con Echeverría in passato.
Bastardo evasivo, pensa Hidalgo. Stagli addosso, Chandler.
– Quindi sai che il denaro proviene dal traffico di droga.
Bravo, pensa Hidalgo.
– Non lo so per certo, – risponde Lerner. – E nemmeno tu.
– Dài, Jason.
– In che senso, Chandler? Sei stato tu a mettere insieme il gruppo. Se una parte del denaro è di dubbia provenienza, la responsabilità è tua, non mia.
Qualsiasi cosa si possa dire di Lerner, gli attributi non gli mancano, pensa Hidalgo. Devi forzargli la mano, Chandler.
– Se io vado a fondo, – dice Claiborne, – non ci vado da solo.
– Cosa vuoi dire?
– Voglio dire che sono soldi della droga, – replica Claiborne.
– Gesú Cristo, hai un microfono addosso?
Oh, merda. Non fartela sotto, Chandler. Fagli vedere che hai le palle.
– Non dire stron...