«Il Resto del Carlino», giovedí 7 dicembre 1944-XXIII, Italia, Impero e Colonie cent. 50.
1944: ANNO DELLA RESISTENZA EROICA. L’anno 1944 volge alla fine. L’anno che doveva essere, secondo i calcoli dei nostri nemici, quello della vittoria anglosassone, si va concludendo in modo del tutto inatteso per Churchill e compagni […] soprattutto con uno spiegamento di nuove armi e di mezzi […] di cui il nemico non sospetta la potenza e che sono capaci di rivoluzionare d’un colpo l’andamento del conflitto.
Cronaca di Bologna: EROGAZIONE DEL GAS. L’orario non sarà modificato. […] Interpellato in proposito il competente ufficio ci è stato risposto che purtroppo non si può accontentare tutti. La grande maggioranza degli abitanti mangia il pasto piú abbondante di giorno; perciò si è stabilito, appunto, di effettuare l’erogazione dalle 11 alle 13. VITA SCOLASTICA. Liceo Tecnico Commerciale «Marconi». I raduni di dicembre si terranno in piazza Calderini 2, il 15 e 16 corrente. NATALE PER I FAMILIARI DEI LAVORATORI IN GERMANIA. Il Comando germanico organizza una festa natalizia con doni. […] Pertanto i familiari sono invitati a presentarsi all’Ufficio di Collocamento e informare sul numero dei figli. Il giorno 8 dicembre, dalle 9 alle 15 si devono presentare le persone i cui cognomi hanno le seguenti iniziali: dall’A alla G; il 9 dall’H alla P; il 10 dalla Q alla Z.
Niente febbre e il mal di schiena gli era quasi passato, anche se a stare seduto rigido su quella panca, con le spalle appoggiate al muro freddo del corridoio della Prefettura, prima o poi gli sarebbe tornato.
Aveva bussato all’ufficio del segretario Spagnuolo ma non c’era ancora nessuno. Era molto presto e avrebbe preferito correre dalla Sandrina, che era piú urgente, ma Petrarca non sarebbe stato disponibile prima di un’altra ora. Non voleva andarci senza compagnia, al teatro, non si fidava ad affrontare da solo quell’energumeno di Valerio Orsi, casomai ci fosse stato, non poteva portarsi dietro qualcuno dei suoi, e tantomeno i tedeschi. Petrarca non era un granché ma era meglio di niente.
Il segretario arrivò quasi subito. Fece risuonare i suoi passi lungo il corridoio silenzioso e si sedette sulla panca, accanto a De Luca. Lo ascoltò dondolando la testa, avanti e indietro, come scandisse il tempo, la bocca a o da comico di varietà e le mani in grembo con le dita intrecciate.
Le botte, le torture, i denti, la ’22, De Luca raccontò tutto tranne l’archivio segreto del collega di Petrarca, e alla fine Spagnuolo rimase in silenzio, le labbra strette come un foro e gli occhi sgranati, in quella espressione da bambino.
– La ’22, – disse.
– Sí. Il Dentista è in forza con loro. È una squadra che fa parte della Brigata Nera di…
– Lo so, la conosco. E voi conoscete la Banda Finizio?
De Luca ne aveva sentito parlare. Era una delle tante polizie autonome della Repubblica che agiva a Roma, o a Milano.
– Prima a Roma e poi, con l’arrivo degli Alleati, a Milano, – precisò Spagnuolo. – Il dottor Finizio si occupa di un settore particolare, reati finanziari e illeciti arricchimenti, che tradotto in linguaggio corrente significa caccia ai soldi, leciti o illeciti che siano.
De Luca annuí, senza comprendere.
– Ecco, – disse Spagnuolo, – la ’22 fa piú o meno lo stesso ma qui a Bologna. Dà la caccia ai soldi, dovunque siano, basta che ci possa mettere le mani sopra. Mi capite?
De Luca scosse la testa e Spagnuolo alzò le sopracciglia, incredulo.
– Davvero? L’ingegner Tagliaferri è stato torturato prima di essere ucciso. E perché si tortura qualcuno?
– Perché parli, – disse De Luca.
– Esatto. Non certo di antifascisti, che l’ingegnere non frequentava e che forse neanche avrebbero interessato i camerati della ’22, che come abbiamo detto hanno altri ambiti. Di cosa, allora?
– Di soldi.
– Esatto. Che l’ingegnere, noto spiantato senza arte né parte, non aveva. Debiti, quelli sí, ma soldi pochi, quasi niente.
De Luca cominciava a seccarsi. Anche perché pensava di aver capito dove volesse arrivare Spagnuolo, e non gli piaceva.
– Sentite, signor segretario, grazie per la lezione sugli interrogatori, di cui non credo di avere bisogno, ma ora avrei da fare. Volevate sapere chi ha ucciso l’ingegner Tagliaferri e io ve l’ho detto. Indizi gravi e concordanti sulla Squadra ’22 della Brigata Nera. E adesso se volete scusarmi…
De Luca si alzò, ma ormai aveva cominciato a conoscerlo, il segretario Spagnuolo, e il fatto che non si fosse neppure mosso, anzi, aveva allungato le gambe sul pavimento, incrociando le braccia sul petto, gli fece intuire che stava per dire qualcosa. E che anche quella non gli sarebbe piaciuta.
– No, commissario. Noi vogliamo indizi gravi e concordanti che incriminino la Brigata Nera. Il discorso che vi ho appena fatto è quello che farà il maggiore Podriga qualora lo accusassimo. Noi? Ma noi cerchiamo solo i soldi, che c’entriamo con quel morto di fame?
Aveva provato a rifare l’accento veneto del comandante della ’22, e anche se non c’era riuscito sembrava molto soddisfatto della sua imitazione, perché ridacchiava. E adesso, ecco a voi le ballerine.
Poi cambiò espressione, le labbra sempre a cerchio, gli occhi sempre sgranati, ma adesso non sembrava piú un comico o un bambino.
– Grazie per l’informazione, ma non basta. Siete ancora all’inizio. Diteci perché la ’22 si è occupata di Tagliaferri, dateci un motivo plausibile in modo da poterla accusare, e saremo finalmente amici. Che è sempre meglio che essere nemici, no?
Petrarca lo aspettava dall’altra parte di piazza della Vittoria d’Etiopia, sotto uno degli archi quadrati di palazzo Volpe. Gli fece un cenno quando lo vide uscire dalla Prefettura e un altro ancora perché indossava un bel cappotto a doppio petto, molto elegante, ma cosí grigio si confondeva contro le colonne del portico.
– Credevo vi sareste messo in tiro anche voi, – gli disse. – Andiamo nell’alta società.
– Faccio troppo Questura?
– Io faccio Questura, voi fate Politica con quel soprabito e la camicia nera. Devo darvi atto, però, che sotto avete un vestito piú pesante. Ci stava bene una cravatta, col panciotto. Ma siete sicuro che sia l’ora giusta? Ero convinto che una gentildonna come Altea De Lellis dormisse fino a mezzogiorno.
– Non andiamo da lei.
Petrarca si fermò. Aveva già iniziato a camminare sotto il portico, verso via Ugo Bassi e non si era accorto che De Luca non si era ancora mosso.
– Andiamo a trovare un’altra signora, prima, e questa sono sicuro che è già sveglia.
De Luca fece un passo nella direzione opposta, ma questa volta fu Petrarca a restare fermo.
– Non vi seguo, comandante. In tutti i sensi, sia fisicamente che mentalmente.
De Luca sospirò, tornò da Petrarca e gli raccontò tutta la storia della Sandrina, il rottenführer Weber, la fotografia, Orsi Cassandra, il marito irriducibile scappato dal campo di concentramento.
– Stiamo lavorando per i tedeschi? – chiese Petrarca.
– Stiamo salvando la pelle a dieci persone.
– Questo lo so, e va benissimo, certo. Però…
– Però cosa?
– Però niente. Andiamo. Ma cerchiamo di fare presto. Lorenzo Attanasio non è proprio un soldato e ho paura che a stare dentro finisca per farsi scappare qualcosa. Dobbiamo tirarlo fuori al piú presto.
– State tranquillo.
De Luca camminava veloce, seguito da Petrarca che allungava il passo per stargli dietro.
– Comunque sappiate che non sono un granché in quanto a capacità operative. Se ci fosse l’energumeno che dite…
– Non importa. Ce l’avete una pistola?
– Sí, ovvio.
– Benissimo, allora. Preferivate che ci mandassi i tedeschi, al Teatro del Corso?
– No, certo, ma…
Petrarca si bloccò perché c’erano proprio, i tedeschi. Un sidecar che li intercettò alla fine della piazza, di nuovo davanti alla Prefettura, girandogli attorno come uno squalo dopo aver puntato su di loro come se li stessero cercando. C’era un soldato della Feldgendarmerie nella carrozzina, con il mitra a tracolla, che scese quasi al volo, nonostante la mole, e glielo puntò contro.
– De Luca… mi hai venduto? – sussurrò Petrarca, bianco come uno straccio.
– Vaffanculo, Petrarca, – disse De Luca, che aveva riconosciuto sulla motocicletta il graduato che lo aveva portato alla Kommandantur. – Sono qui per me.
Il graduato disse qualcosa al soldato, che abbassò il mitra, poi gridò qualcos’altro al tenente Manfred, che stava appoggiato al cofano di una Kübelwagen in fondo alla strada, di spalle, con le braccia conserte, a osservare la facciata di San Petronio ingessata dai pannelli di populit contro le schegge delle bombe.
Il tenente montò in macchina, li raggiunse e aprí la portiera del passeggero per De Luca.
– Venite, andiamo a prendere la ragazza.
– Ci stavo andando io. Vi avevo detto che non è il caso che vi facciate vedere, se lo scoprisse il marito potrebbe…
Il tenente Manfred piegò indietro la testa e mostrò i denti bianchi in una risata da fotoromanzo.
– Sono venuto a cercarvi appena l’ho saputo, perché è vero che a volte i tedeschi non sono cosí precisi, ma solo a volte. Il comandante Bernardi ha contattato il suo… come dite…
– Collega?
– No, quando sono uguali…
– Pari grado?
– Omologo, – disse Petrarca.
– Ecco, sí, omologo, parola difficile. Chi siete voi?
– Un collega della Questura, – tagliò corto De Luca.
Il tenente guardò Petrarca, che stirò le labbra in uno dei suoi sorrisi che chiedevano fiducia, poi tornò su De Luca.
– Comunque, Bernardi ha contattato il comandante del campo di Landeck per un confronto e mi ha chiamato questa mattina prestissimo. Ricordate che dicevo che una lettera poteva tornare indietro solo in due casi ma che ce n’era un terzo che li comprendeva…
– Sí, lo ricordo. Se il detenuto fosse scappato. E infatti Orsi è scappato durante il trasferimento a Landeck.
– Bene, c’è un quarto caso che li comprende tutti e tre.
Aveva un foglio piegato per il lungo che gli sporgeva dal taschino della giubba. Il tenente lo tirò fuori e lo sventolò davanti a De Luca, che si sporgeva all’interno della macchina.
– L’aviere Orsi Valerio è scappato durante il trasferimento in treno, tre settimane fa. Ma due giorni dopo è stato ripreso, portato al campo di Landeck e fucilato sul posto.
De Luca aprí il foglio. Era un telegramma, in tedesco ma c’era il nome di Orsi, la parola erschossen, fucilato, e Petrarca che annuiva, dopo avergli letto da sopra la spalla.
– E quindi, caro collega, – disse il tenente con un sorriso, – dal momento che è morto, il marito della ragazza non può essere l’assassino del rottenführer Weber. Allora adesso noi andiamo a prenderla insieme. Dove sta?
De Luca cercò di pensare in fretta. La botta del telegramma lo aveva stordito, era sicuro che il suo caso fosse chiuso, e adesso invece la sua mente aveva ricominciato a correre, impazzita, se Orsi era morto, se Orsi non c’entrava, allora chi diavolo, cosa diavolo, e prima ancora doveva salvare la Sandrina dai tedeschi. Ma il tenente Manfred lo stava fissando con quello sguardo che faceva paura.
– Dove sta?
– Via Santo Stefano –. E poi lo ripeté, fissando Petrarca. – Teatro del Corso.
– Sta in un teatro? – chiese il tenente.
– È...