
eBook - ePub
La dolcezza dell'addio
Meditazioni felici sulla vita e la morte
- 168 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Informazioni su questo libro
Richard Holloway, ex vescovo di Edimburgo, è stato accanto a decine di uomini e donne, amici e sconosciuti, fedeli e agnostici nel momento dell'addio. E da ciascuno ha imparato qualcosa. Ora, alla soglia dei novant'anni, riflette sulla morte. Cosa ci aspetta dopo? Come non averne paura? Come non lasciarsi sopraffare dai rimpianti e dal rancore? In un mondo dove molti sembrano non voler nemmeno contemplare l'idea che la vita abbia un termine, quello dell'ex vescovo di Edimburgo è un invito a riconoscere l'inevitabilità di un momento che invece ci attende tutti. A guardare con occhi diversi il piú grande dei misteri per trovare, forse, un senso a ciò che siamo.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a La dolcezza dell'addio di Richard Holloway, Andrea Mattacheo in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Social Sciences e Customs & Traditions. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Sfidare la morte
Mio padre è nato nel 1904, e alla fine della Grande guerra, quando aveva quattordici anni, ha iniziato a lavorare come apprendista incisore alla famosa United Turkey Red Company sulle sponde del fiume Leven ad Alexandria. Gli incisori erano l’élite delle industrie tessili che sorgevano lungo il corso impetuoso del fiume. Avevano persino il diritto di indossare il cappello a bombetta durante i turni, come simbolo del loro status di migliori tra gli operai specializzati. Quando però era ancora giovane, l’evoluzione tecnologica rese il suo lavoro obsoleto, e per il resto della sua vita è stato costretto ad arrangiarsi a fare qualsiasi altra cosa gli capitasse. Ha trasportato carbone per anni, ma all’inizio della Seconda guerra mondiale la United Turkey Red lo riassunse per lavorare alla coloratura dei tessuti. E una volta che anche quell’occupazione venne reputata inutile, quando aveva sessant’anni, finí i suoi giorni da lavoratore facendo il portiere al Vale of Leven Hospital.
Era il tipo d’uomo che sopportava la fatica senza lamentarsi, ma mi sono sempre chiesto cosa provasse nel vedere la piega che aveva preso la sua vita. E un giorno ho scoperto un indizio utile a capirlo. Vivevamo in uno dei classici cottage scozzesi a due stanze detti «camera e cucina» nei quali, in una nicchia della seconda, c’era spazio per un letto. Stavo appunto rovistando sotto quel letto quando mi sono imbattuto in un pacco pesante fatto con della vecchia stoffa. L’ho tirato fuori e ho trovato due martelli di piombo con l’impugnatura corta in legno. Erano di tuo padre quando faceva l’artigiano, mi disse mia madre, servivano a incidere. Ero soltanto un ragazzino noncurante, ma qualcosa di quei simboli del suo passato status mi fece riflettere e mi rese triste. Perché li aveva conservati? Sapevano di tradimento e sconforto. Il tempo e i cambiamenti hanno sempre privato i poveri del lavoro, cosí come dell’orgoglio e del senso che dava loro. Nel corso della Storia umana l’assalto ai poveri sembra essere una legge fisica al pari del karma. Come si addice a una specie ingegnosa e rivoluzionaria, che non può fare a meno di avanzare, inventiamo di continuo nuovi modi di fare le cose; e di continuo trattiamo come rifiuti coloro che le facevano bene nel modo vecchio: come mio padre con i suoi preziosi martelli.
Questo è un tema profondamente presente nella letteratura scozzese, i cui migliori scrittori hanno saputo coglierne tutto il dolore. Nella conclusione del romanzo piú amato in Scozia, Canto del tramonto di Lewis Grassic Gibbon, la gente di Kinraddie sale a Balwearie Brae per inaugurare il memoriale a quattro uomini del villaggio caduti nella Grande guerra. E lí il pastore tiene un sermone breve e di grande impatto.
Con loro possiamo dire che sia morto qualcosa di ben piú antico di loro, costoro erano gli Ultimi dei Contadini, gli ultimi antichi scozzesi. La nuova generazione che cresce non li conosce, se non nei ricordi e nelle canzoni […]. Gli ultimi dei contadini, questi quattro che conoscevate, si sono portati tutto questo con sé nelle tenebre e nel silenzio dei luoghi in cui riposano. E la terra cambia, i campi e le fattorie sono luoghi desolati in cui pascolano le pecore, ci dicono che presto arriveranno grandi macchine a dissodare la terra, e grandi mandrie a nutrirsene, il poderante è scomparso, l’uomo con la sua casa e la sua fattoria e la sua terra piú vicine al cuore della carne che ha in corpo. Qualcuno ha detto che l’unica cosa vera è il cambiamento, che niente dura […]1.
L’unica cosa vera è il cambiamento, niente dura. E non posso non pensare a quel pesante pacchetto sotto il letto in Random Street, Alexandria.
In Cloud Howe, secondo volume della trilogia di Gibbon, il personaggio principale riflette sul tempo e sui cambiamenti che si porta dietro:
In dieci anni cosa sarebbe potuto succedere? Lei forse sarebbe stata su questa collina, o magari a marcire in una tomba, non fa nessuna differenza, il mondo avrebbe continuato comunque il suo corso, il giovane Ewan morto cosí come era morto suo padre, lontano da Kinraddie: oh, un tempo aveva visto in questi parchi, si ricordò, la verità, l’unica verità che c’era, che solo il cielo e le stagioni sopravvivono, lente nel loro cambiare, lacrime di pioggia, la ginestra che sibila in una notte d’inverno sotto il margine fluttuante della luna… Era il tempo stesso ciò che aveva visto, infestare il loro cammino con il suo incedere senza sosta2.
Essendo un uomo anziano sono molto consapevole dell’incedere senza sosta del tempo, avverto il suo fiato sul collo. Ma mi rendo conto ora di essere stato ossessionato dallo scorrere del tempo per tutta la vita. Infastidivo sempre mia madre per farmi raccontare dei «giorni andati», un modo di dire che mi tormentava. E tale ossessione veniva amplificata dal mio amore per i film. Ero affascinato dalla tecnica utilizzata dai registi per mostrare il tempo che avanza. Le pagine di un calendario che volano al vento. Una scena urbana che si dissolve in una vecchia veduta dello stesso luogo, con carrozze e cavalli al posto delle automobili. Ma erano i flashback a toccarmi piú di tutto, quando riprendevano sequenze del film già viste.
Ricordo chiaramente un flashback tratto da un film che sono andato a vedere nel 1945, quando avevo undici anni. Era La famiglia Sullivan, la storia vera di una numerosa famiglia irlandese composta soltanto da figli maschi, cinque dei quali persero la vita durante la Seconda guerra mondiale. Rimasi rapito dal rivedere i cinque ragazzi avvolti da un bagliore alla fine del film, e il dolore al pensiero del tempo che passa fu come una pugnalata. Michael Cimino utilizza una soluzione simile nel finale de Il cacciatore, in cui i sopravvissuti si ritrovano seduti al bar cantando God Bless America, e le immagini dissolvono sui titoli di coda, dove i nomi degli attori scorrono sulle scene dei giorni felici precedenti al Vietnam. Il flashback alla fine de Il padrino - Parte II è ancora piú toccante: un istante dell’innocenza di Michael prima che l’onere inevitabile del potere lo corrompesse. Capisco ora di aver utilizzato la stessa tecnica nel parlare degli amici morti ai loro funerali, come in questo discorso che ho tenuto non molto tempo fa:
La piú grande invenzione dell’industria cinematografica è stata il flashback: si chiama cosí la tecnica usata in quelle sequenze alla fine dei film in cui si rivedono frammenti delle vite dei personaggi incontrati durante il racconto. Ma il flashback non è un’invenzione del cinema. È l’arte che imita la vita. È ciò che per esempio facciamo anche noi quando ripensiamo a chi abbiamo amato e perduto.
Sto vedendo flashback di Dougie dal momento in cui un paio di settimane fa mi ha chiamato Rena per dirmi che era morto. E sono tutti divertenti, spesso sono le terribili barzellette che mi raccontava, molte delle quali non possono essere ripetute qui. Era il modo in cui le diceva, che ricordo. Avremmo potuto non vederci per mesi, forse anche per anni, e lui si sarebbe comunque avvicinato con quella sua andatura elegante un po’ incurvata e il sorriso sulle labbra. Nessun «Ehi» o «Ciao», soltanto: «Un pastore di Angus va a Londra per lavoro…» Non la racconterò tutta, ma posso dirvi che in qualche modo il pastore si sarebbe ritrovato alle tre del mattino in un hotel di King’s Cross a farsi somministrare un clistere contro la sua volontà.
Ecco un altro spezzone. Sono a Dundee per un evento alla cattedrale dove lui ha prestato servizio nei suoi ultimi anni. Durante la pausa caffè nella hall mi si avvicina. E ancora nessun «Ehi» o «Ciao». Noto che ha messo su peso. Si avvicina sempre con la sua andatura elegante e un po’ incurvata e il sorriso sulle labbra, mi sbatte davanti la pancia, se la accarezza sensualmente con la mano destra e canticchiando dice: «Tutti muscoli». Era lo stesso uomo che raccontava ai nipoti di aver fatto bungee-jumping dalla torre Eiffel usando per corda le bretelle, e che ai vecchi tempi aveva combattuto e vinto un duello nel quale era stato capace di infilare un gambo di rabarbaro nella gola del suo avversario.
Quel che ricordo di piú di Dougie quindi è il suo senso dello humor. Era un umorismo da tipo di Glasgow, ed era ciò che ci legava. Ma era affiancato da una profonda serietà religiosa. Dougie era fedele a un tipo di episcopalismo scozzese tradizionale ormai sparito. La vecchia Chiesa scozzese lo aveva tirato su durante i tempi duri della sua giovinezza, e gli aveva instillato un conservatorismo appassionato, ma con la c minuscola. I conservatori hanno un ruolo importante nella comunità umana. Noi siamo una specie dinamica e irrequieta, abbandoniamo di continuo il vecchio per desiderare il nuovo. E molto di ciò che gettiamo via è ancora buono e bello. I conservatori guardano con tristezza questo spreco dissennato e cercano di aggrapparsi ai vecchi tempi in tutti i modi possibili. Vecchi edifici, vecchie parole, vecchi valori, vecchi modi, vecchi mestieri; li abbandoniamo a cuor leggero sfrecciando attraverso la Storia. E con meticolosità i conservatori cercano di porre un argine alla marea del tempo e salvare quel che possono dalla sua efferatezza senza pietà.
Dougie odiava quella che considerava una modernizzazione superficiale della sua amata Chiesa. Sebbene io fossi uno dei modernizzatori, il nostro disaccordo non ci separò mai. In parte perché io rispettavo il suo disprezzo conservatore di fronte alla disattenzione di molti progressisti. Ma soprattutto perché entrambi eravamo determinati a non lasciare che niente potesse ferire l’amore che provavamo l’uno per l’altro. Dougie aveva anche capito che rimanendo troppo aggrappati al passato si rischia di preservare il male insieme con il bene: gli orridi pregiudizi cosí come le meravigliose virtú. Il cambiamento può portare benessere oltre alle perdite. Ma non dovremmo mai dimenticare il sacrificio di coloro che erigono altari alla memoria delle cose perdute.
Era tipico di Dougie prima opporsi al cambiamento e poi imparare ad accoglierne la parte migliore. Riconosceva che il compito dei conservatori coscienziosi è quello di metterlo alla prova e sfidarlo, ma di rimettersi poi alle decisioni della comunità e, in caso, abbracciarlo. Dougie era soprattutto un uomo che non avrebbe permesso a niente di dividerlo dalla Chiesa che aveva amato sin da quando era bambino. E anche se i nostri cuori sono infranti, perché di lui non ci resta che una pellicola che scorre nella nostra testa in cui si susseguono immagini delle sue risate e del suo amore, sappiamo che allo stesso modo niente ci separerà da quell’amore.
I film hanno reso, con i loro tremolanti flashback, potentemente visiva la memoria del passato e di chi ci è stato portato via, ma i poeti e gli altri scrittori avevano fatto la stessa cosa ben prima che fosse inventato il cinema. Uno dei poeti piú ossessionati dal passato, che ho letto per anni e che è già comparso piú volte in questa pagine, è Philip Larkin. Larkin credeva che l’arte fosse essenzialmente un impulso a conservare, il desiderio di fermare l’incedere senza sosta, anche se solo per un attimo. In questa poesia si percepisce il suo andare in pezzi di fronte al tempo che passa mentre guarda la vecchia fotografia di una fidanzata:
O non è che il passato? Quei fiori, quel cancello,Quei parchi pieni di nebbia e il rumore dei motori, laceranoSolo perché non ci sono piú; tuMi stringi il cuore sembrando cosí fuori moda3.
Ma i poeti non sono gli unici scrittori che inseguono il treno per salutarlo quando abbandona la stazione. Lo fanno anche i romanzieri. E i drammaturghi. Uno dei migliori tra lo...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- La dolcezza dell’addio
- La danza della morte
- Lasciare la presa
- Guardarsi indietro
- E dopo?
- Sfidare la morte
- Il giorno dopo
- L’ultimo autobus
- Ringraziamenti
- Il libro
- L’autore
- Copyright