Loriano Macchiavelli
L’archivista
SARTI ANTONIO, sergente.
FELICE CANTONI, agente.
POLI UGO, vice ispettore aggiunto e archivista.
NORMA VALINI, studentessa.
ROMOLO LUCITO, montatore cinematografico.
RUBINO GUERRA, inserviente.
BRUNO ORSI, regista.
ROBERTO LAPALLA, attore.
VERA NILS, attrice.
ROLANDO BARTI, professore al Dams.
PUZZOLO, montatore.
L’ONOREVOLE, presidente dell’Istituto regionale per lo sviluppo delle autonomie territoriali.
Prima di cominciare.
Quando mi venne l’idea di mettermi dietro a Sarti Antonio, sergente, Bologna era un grosso paese dove non accadeva quasi nulla e dove persino un questurino da due soldi poteva muoversi e fare la sua bella figura con poca fatica, dal momento che gli agenti conoscevano i quattro malviventi locali e li indicavano a dito e li salutavano, incontrandoli.
Tanto che, per inventare un po’ di movimento, dovevo pensarci su piú del necessario.
Le cose e i tempi sono cambiati, la malavita si è trapiantata anche dalle mie parti e non vuol cambiare aria. Mi viene in mente un discorso del questore: «I guai piú gravi li combinano i delinquenti di passaggio. Arrivano, rapinano una banca, sparano quattro colpi e poi vanno in stazione a prendere il primo treno per il sud o per il nord».
Anche ora vanno in stazione, ma lasciano segni che sarà molto difficile dimenticare e io non ho bisogno di sforzarmi per trovare il motivo delle mie storie. Ho il sospetto, e la paura, che la fantasia altro non sia che una realtà con poca immaginazione.
Ho anche un altro sospetto: il Sarti Antonio, sergente, in questa nuova realtà non ci sta piú molto comodo. Ma non posso ammazzarlo. Non ne ho il coraggio.
Per cominciare.
La segnalazione arriva alla centrale operativa e il signore che sta all’altro capo del telefono non vuole declinare le proprie generalità . Dice soltanto:
– Mandate qualcuno perché la ragazza non dà segni di vita. Ha battuto il capo sul marciapiede e ho paura che sia già andata. Hanno chiamato l’ambulanza, ma servirà a poco.
E l’auto che si trova piú vicina al luogo dell’incidente, via Rizzoli, è la ventotto con a bordo Sarti Antonio, sergente, e Felice Cantoni, agente. Sarà anche un caso, ma quando ci sono grane o c’è da lavorare...
Via Rizzoli, per chi non avesse presente, ha un bel portico ampio e alto e, subito fuori, un largo marciapiede dove, in estate, vengono sistemati tavolini e sedie e la gente prende il fresco e il caffè. Le due torri chiudono la via, a due passi, mentre all’altro capo della via c’è il palazzo di Re Enzo.
Quando l’auto ventotto arriva sotto le due torri, l’ambulanza è già ferma in angolo con il Pavaglione e la gente, sul marciapiede e nella strada, sta a commentare su come sono accadute le cose.
Sarti Antonio, sergente, scende dall’auto ventotto ancora in movimento, ma non ce la fa a vedere il viso della ragazza perché i due infermieri chiudono gli sportelli dell’ambulanza che parte a sirena spiegata verso il pronto soccorso del Sant’Orsola. Vede, invece, il sangue sul marciapiede e sulla strada perché la gente ha ancora un po’ di rispetto e non calpesta il luogo dell’incidente.
– Qualcuno ha veduto? Qualcuno sa come sono andate le cose?
Neanche a farlo apposta, la gente dirada e dopo pochi secondi, restano un vecchio pensionato del mercato ortofrutticolo, uno spazzino della nettezza urbana e un autista dell’azienda trasporti. Oltre a Sarti Antonio, sergente, con un blocco per appunti e una matita fra le mani e a Felice Cantoni, agente, che si dà da fare con la radio di bordo.
Il vecchio pensionato dice:
– Non so niente, non so niente. Sono arrivato che stavano mettendo la ragazza su una barella. Poveretta, si sarà sentita male. Con tutte quelle porcherie che si iniettano, nessuna meraviglia.
Lo spazzino si appoggia alla scopa e chiede:
– Posso far venire l’autobotte per lavare il sangue? Alla gente fa un po’ senso tutto questo sangue.
L’unico che ha veduto qualcosa, non molto però, è l’autista.
– Ho inteso un grido e quando mi sono voltato, ho veduto la ragazzina cadere a terra, battere il capo sul cordolo del marciapiede, proprio qui, vede? Dove c’è piú sangue. Ho veduto anche una macchina chiara che si allontanava velocemente. Mi pareva una centoventotto. SÃ, una centoventotto grigia.
Sarti Antonio, sergente, si guarda attorno, ma la vita ha ripreso il suo ritmo: la gente passeggia sotto il portico, al piú butta un’occhiata e si volta dall’altra parte perché, è proprio vero, il sangue dà un po’ fastidio.
– Qualcun altro ha veduto meglio?
Si avvicina ai tavolini dove la gente prende il caffè o altro, ma nessuno che sia in grado di dare una mano e allora torna all’autista. Gli chiede:
– Ha preso la targa?
L’autista incassa la testa fra le spalle:
– Non ci ho pensato, non ci ho pensato anche perché, sul momento, non credevo che l’automobile... Voglio dire che la ragazza era ancora sul marciapiede e mi sembra impossibile che... Lei dice che è stata l’automobile?
– Io sono appena arrivato: cosa vuole che dica io.
Ci sarebbe da prendere la gente a calci. Possibile che nessuno... Gli viene in mente che, in quel tratto di via Rizzoli, il transito è consentito solo ai mezzi pubblici: ci sono due strisce bianche e continue e, di fianco, una riga gialla, grossa cosÃ, disegnate sulla pavimentazione stradale. Cosa significhino, lo sanno anche i bambini che guardano solo Ufo Robot.
– Che ci faceva un’auto privata qui?
L’autista dell’atc non sa cosa rispondere e c’è da scommettere che la prossima volta non si mischierà piú.
– Non ne ho idea. Forse non era un’auto privata...
Dal bar, sotto il portico, esce un tale, in giacca e camicia bianca; si avvicina a Sarti Antonio, sergente, lo guarda in viso e chiede:
– È lei che si occupa di questo incidente?
Sarti Antonio si guarda attorno: Felice Cantoni, agente, non è ancora sceso dalla ventotto e tiene le mani sul volante. Gli urla:
– Ti dà noia venire a darmi una mano? Oppure hai paura che te la rubino?
Felice Cantoni scende e borbotta:
– Mi pareva giusto tenere i contatti con la centrale. Antonio, non t’incazzare.
– Allora è lei che si occupa di questo incidente?
– Perché, vede altri che lo facciano?
Se uno cerca di essere d’aiuto e si sente trattare cosÃ, gli passa subito la voglia.
– Bene, allora io le dico che il cameriere, là dentro, ha visto tutto. Ha visto e non vuole parlare. È una vergogna! E poi ci lamentiamo, ci arrabbiamo quando ne succedono di tutti i colori. Se non siamo noi, persone oneste, a dare una mano ai tutori dell’ordine...
E chissà per quanto andrebbe avanti se Sarti Antonio, sergente, non lo interrompesse:
– Dov’è?
– Chi?
– Il cameriere che ha veduto.
– Gliel’ho detto: è il cameriere che serve ai tavoli.
Sarti Antonio, sergente, dice a Felice Cantoni, agente:
– Prendi il nome di questo signore –. Va verso il bar. – E anche quello dell’autista, dello spazzino e del signore anziano.
Felice Cantoni, agente, guarda i signori testimoni e aspetta i dati. Il signore onesto chiede:
– È proprio necessario?
– Sarti Antonio crede di sÃ, che sia necessario. Lei come si chiama?
Poi si accorge di non avere nulla con cui e su cui scrivere: – Non andatevene: torno subito –. Va all’auto ventotto mentre Sarti Antonio, sergente, è già all’interno del bar.
– Allora, chi ha veduto?
Di camerieri che servono ai tavoli ce n’è uno solo ed è difficile che l’altro, quello alla macchina per il caffè, possa aver visto cos’è accaduto fuori di là : è incastrato dietro il banco e volge le spalle alla porta. Quello dei due che interessa Sarti Antonio, sergente, è un ragazzo giovane, la faccia ancora senza barba e la giacchetta bianca da cameriere posata direttamente sulla pelle nuda; ha i soliti capelli lunghi e i soliti calzoni di tela sgualcita e rotta in piú punti. Le mani sono pulite e non si porta dietro il caratteristico odore... Non parla spedito per via che è un po’ balbuziente, ma solo su certe parole. Dice, sottovoce:
– Io... Io ho visto qualcosa. Non p... proprio tutto.
– Come ti chiami?
– Mi chiamo P... Piero.
Ecco, le parole con la pi lo fregano: per il resto, è un ragazzo sveglio. Sarti Antonio, sergente, va al banco e fa segno al ragazzo di seguirlo. Ordina un caffè e aspetta che il giovane dalla pi difettosa dica qualcosa, ma fa a tempo a zuccherare, sorseggiare e rimettere la tazzina sul tavolo che quello ancora non ha aperto bocca.
– Allora?
– Allora... è andata che stavo servendo quel signore al tavolo due... Vede? Quello con la p... pipa in bocca, quando ho veduto quella bella ragazza sp... spuntare dal portico e venire verso di noi. Una bella ragazza, p... proprio di quelle che mi p... piacciono. Un p... paio di gambe che mi arrivavano qua –. Fa segno con la mano all’altezza del mento. – Ma questo non c’entra.
– Ecco, bravo: non c’entra.
– P... proprio in quel momento è arrivata la centoventotto a p... passo d’uomo, ha affiancato la ragazza...
– Era ancora sul marciapiede?
– Ancora, sÃ. Passeggiava sul marciap... piede –. Secondo me, se il ragazzo riuscisse a trovare le parole che gli servono per un discorso completo, senza la pi, non avrebbe problemi e andrebbe spedito. – ... e non mi sembra che avesse idea di scendere. Allora, quando la centoventotto è stata vicina a lei, è sp... spuntata una mano...
– Da dove? – Piero si mette a ridere:
– Dal finestrino della macchina, no? È venuta fuori una mano che ha afferrato il manico della borsetta che la ragazza teneva sulla sp... spalla e ha tirato. Ma lei non ha mollato: ha gridato e poi è caduta. Ho visto bene: ha battuto la testa p... proprio sul marciapiede ed è rimasta lÃ, immobile come una morta.
– E la borsetta?
– Se l’è p... portata via la mano dentro la centoventotto, se l’è p... portata via.
– Hai veduto la targa?
– E come p... potevo? Sono subito corso dalla ragazza p... per vedere se aveva bisogno. Ho anche lasciato cadere il vassoio e adesso mi faranno p... pagare i danni. Me li tratterranno sulla p... paga.
Le cose sono chiare e Sarti Antonio, sergente, torna fuori, sul marciapiede. Il signore onesto in giacca e camicia bianca gli chiede:
– Posso andare?
– Ha dato nome e cognome all’agente?
Il signore onesto annuisce e aggiunge:
– Che le avevo detto? Non c’è piú nessuno, in questa città , che voglia fare il proprio dovere. Se non entrava lei, quello avrebbe detto a nessuno come si sono svolte le cose. È una vergogna.
Il signore se ne va e continua a borbottare il suo malcontento e Sarti Antonio, sergente, si mette a quei pochi rilievi che sono necessari per completare uno straccio di rapporto che poi finirà in archivio, con un numero stampigliato sulla prima pagina, e dimenticato da tutti perché, è chiaro, non si riuscirà mai a rintraccia...