Neal si svegliò al rumore della tazza sul vassoio. Il cameriere aveva fatto rumore apposta, mentre sistemava la colazione sul tavolino accanto al letto.
– Buongiorno, signor Frazier, – disse. – La colazione –. Poi uscà dalla stanza senza far rumore.
Neal si voltò verso la voce, tra le lenzuola inamidate. Sentiva l’odore di caffè, uova strapazzate e mantou, una specie di grosso panino cotto al vapore. Le verdure sottaceto che non mangiava mai continuavano ad apparire sul vassoio, insieme a una ciotolina di arachidi sgusciate. C’erano anche un bicchiere di succo d’arancia, una zuccheriera e una piccola caraffa di latte. La stessa colazione che gli servivano da due settimane, e che lui continuava ad assaporare, mangiando lentamente e gustando ogni sfumatura di sapore, consistenza, profumo.
I primi giorni, forse per una settimana, non gli avevano dato cibo solido, solo tisane e poi un po’ di zuppa. E gli avevano piantato aghi nel corpo. Non aghi ipodermici, ma da agopuntura, cosa che lui aveva sempre ritenuto una grande stronzata, finché la dissenteria non era migliorata. I crampi erano finiti, la diarrea non era tornata e presto era stato in grado di mangiare di nuovo cibo solido, tra cui la colazione piú o meno all’americana che si sforzavano di preparargli.
Si sedette sul letto, appoggiando la schiena alla testiera in legno, e si versò una tazza di caffè.
Gesú, pensò, la gioia inebriante dei piaceri semplici, tipo versarsi una tazza di caffè. Il primo sorso, molto prudente, perché sapeva per esperienza che il caffè là lo servivano bollente, gli procurò un piacere indicibile. Se lo fece ruotare in bocca per un momento, prima di mandarlo giú. Poi si alzò, mise alla prova le gambe malferme sul pavimento e barcollò fino al bagno. Era ancora debole e magro, ma quella camminata di tre metri gli piaceva moltissimo. Rappresentava un grande progresso verso l’autosufficienza.
Il bagno era immacolato. Neal supponeva che persino Joe Graham avrebbe approvato i sanitari e le mattonelle lucenti. Neal usò il water, anche quella una gioia, dopo mesi di secchio e manette, poi lasciò scorrere l’acqua del rubinetto finché non fu quasi bollente e si lavò le mani.
Sto diventando un maniaco della pulizia come Joe Graham?
Lasciò scorrere anche l’acqua della doccia, mentre sorseggiava il caffè seduto sul water. Quando vide alzarsi il vapore da dietro la tenda, si tolse il pigiama di seta ed entrò. Trasalà quando l’acqua gli scottò la pelle arrossata dei polsi: gli avevano tolto le bende solo il giorno prima. Passò almeno dieci minuti a sfregarsi con il sapone e lo shampoo al sandalo, prima di uscire con cautela. Dovette restare seduto per qualche minuto, prima di avere la forza di asciugarsi. Poi si rimise il pigiama, portò il vassoio al tavolino tondo vicino alla finestra e si sedette a mangiare.
Il cibo gli sembrava un miracolo. Tutto gli sembrava un miracolo.
All’inizio credeva che lei fosse venuta in un sogno come gli altri. Sapeva che si sarebbe risvegliato nella sua nicchia, ammanettato tra la sporcizia. Ma quel sogno era diverso.
Si era spaventato moltissimo quando l’avevano bendato, anche se era la mano di lei a guidarlo attraverso il labirinto della Città Murata. Si era calmato solo quando aveva sentito che lo facevano salire su una macchina. Dopo un breve viaggio era sceso su quello che sembrava un molo, quindi si era trovato su una barca. Poi sottocoperta, dove lei gli aveva tolto la benda.
Era Li Lan, naturalmente. Era venuta a prenderlo e lui non le aveva chiesto perché. Non gli interessava il perché. Sapeva solo che lei era la sua Kuan Yin, la sua dea della compassione, e lo aveva tirato fuori dall’inferno, e ora gli porgeva un’altra ciotola d’oppio.
Mentre la barca procedeva lungo la costa, Neal dormà e si svegliò varie volte. Gli diedero un’altra pipa, poi lo bendarono di nuovo. Aveva solo un vago ricordo di essere sceso a terra e salito nel cassone di un camion. Lei gli tolse di nuovo la benda quando il camion fu completamente chiuso, e il viaggio sembrò durare giorni, e le pipe d’oppio sembrarono diminuire in numero e dimensioni.
Ricordava di essere sceso dal camion in piena notte, di aver visto dei soldati, di aver visto il viso di lei, pieno di preoccupazione, poi aveva sentito una puntura al braccio.
– Ci rivedremo, – aveva detto lei.
Poi non ricordava piú nulla, fino al risveglio in quel letto pulito con le lenzuola pulite.
E lei era di nuovo scomparsa.
Al suo posto c’erano medici e infermiere, che mormoravano in tono professionale, come in tutto il mondo. Mormoravano sopra di lui, gli facevano bere del tè, gli massaggiavano la schiena indolenzita, gli applicavano un unguento sui polsi e glieli bendavano, poi lo trasformavano in un porcospino umano.
Con il passare dei giorni, le attenzioni di cui aveva bisogno erano sempre meno, finché si ridussero al cameriere, alla massaggiatrice e a una visita al giorno da parte del medico.
La sua curiosità aumentava con il tornare delle forze. Quando emerse dalle nebbie causate da malattia, malnutrizione, paura e oppio, giunsero le domande importanti. Dove mi trovo? Chi comanda in questo posto? Cosa succederà dopo?
Nessuno voleva dirgli nulla. In realtà , fino a quel momento non aveva ancora incontrato nessuno che parlasse inglese, a parte il buongiorno del cameriere, che aveva evidentemente imparato a memoria quelle poche parole. Dalla sua finestra al pianterreno Neal vedeva solo un parcheggio rettangolare coperto di ghiaia, separato dalla strada da un alto cancello. Un recinto alto tre metri, sormontato da spire di filo spinato e riparato da cespugli, si estendeva a sinistra fino a una macchia d’alberi e a destra fino a un’altra ala dell’edificio.
Neal sapeva di trovarsi in una città , perché udiva i rumori del traffico, anche se ci aveva messo giorni, prima di capire che la cacofonia del tardo pomeriggio era prodotta dallo scampanellio di migliaia di biciclette. Udiva poche automobili e diversi camion, e ogni tanto la guardia in divisa apriva il cancello per lasciar passare un furgone delle consegne o una macchina dall’aspetto ufficiale.
Insomma, aveva capito di trovarsi da qualche parte in Cina.
Ma chi comandava? Chi lo teneva là dentro? Tentò di mettere insieme i pezzi. Se Li Lan era, come sembrava, una spia cinese, allora lui doveva essere nelle mani dei servizi segreti cinesi. Ma perché? Perché abbandonarlo nella Città Murata e poi tornare a prenderlo? Perché quelle cure amorevoli e il trattamento di prima classe? Aveva persino un pigiama di seta, Cristo santo. Perché il cameriere, l’infermiera e il dottore chiudevano la porta a chiave, quando uscivano? Perché lo avevano messo in quel confino di lusso?
Quelle riflessioni lo portavano alla questione di cosa sarebbe successo dopo. Cosa diavolo volevano da lui? Cosa volevano che facesse? Gli venne la piacevole idea che lo stessero rimettendo in sesto per poi rimandarlo a casa, ma non si permise di darle spazio. Meglio concentrarsi sul recuperare la salute, poi avrebbe visto cosa sarebbe successo. Del resto, non aveva altra scelta.
Poi c’era un’altra domanda: dov’era Li Lan?
Allontanò quel pensiero dalla mente e si mise a mangiare le uova. Anche se erano fritte in un olio che non riuscà a identificare, non erano affatto male, come se il cuoco fosse abituato a preparare colazioni all’occidentale. E ormai Neal si era appassionato al mantou, il panino cotto al vapore che gli davano al posto dei toast. Lo stava masticando quando gli venne in mente il primo bisogno non materiale da quando riusciva a ricordare: un giornale.
All’improvviso lo assalà la voglia di un giornale. Cristo, era una cosa naturale. Un quotidiano andava con la colazione come la pancetta con le uova, e lui bramava, bramava, sapere cosa stava succedendo nel mondo, e magari anche nello sport. Lo sport. Era ancora la stagione del baseball? O del football? O era quell’epoca meravigliosa del calendario americano dove entrambe le stagioni si incrociavano?
È evidente che mi sto riprendendo, pensò.
I tremiti da oppio erano stati duri, ma non durissimi da superare. Forse perché non aveva preso abbastanza oppio per abbastanza tempo da sviluppare una vera dipendenza, o forse perché i cinesi sapevano come curarla. Il punto era che non aveva provato le tremende crisi di astinenza che aveva osservato in altri, compresa sua madre. Ogni tanto, soprattutto quando aveva cominciato a stare meglio, il bisogno (no, in realtà era piú una voglia) lo colpiva come una fitta, e pensava a quanto sarebbe stato bello galleggiare su una nuvola di oppio. Ma gli piacevano troppo i piaceri reali, il vero cibo e le vere comodità , per ossessionarsi sul serio con le fumosità e i giochi di specchi della droga. Se poteva scegliere, preferiva una buona tazza di caffè, grazie. E adesso magari un giornale.
Naturalmente, nessun giornale avrebbe potuto rispondere alle altre domande che lo infastidivano durante il suo molto tempo libero. Perché tutti lo chiamavano signor Frazier? Perché l’armadio a muro era pieno di vestiti per il signor Frazier? Come mai tali vestiti avevano etichette di Montreal, Toronto e New York? Come mai gli andavano tutti perfettamente? Chi era quel signor Frazier che aveva la sua stessa taglia di camicie e di scarpe? Neal era un tipo che comprava i vestiti in negozio, mentre il signor Frazier aveva evidentemente uno stretto rapporto con un buon sarto. Neal non si era mai vestito cosà bene nella sua vita.
E si vestiva per non andare da nessuna parte.
Pigiami di seta.
Tentò di sentirsi indignato per tutta quella faccenda, ma era troppo stanco. Bevve un altro sorso di caffè, spinse indietro la sedia e tornò a letto. Doveva dormire ancora un po’, la testa era confusa, e tra le nebbie che ancora gli invadevano la mente sapeva di aver bisogno di altro riposo, prima di poter affrontare… cosa? Si lasciò scivolare nel sonno. Il cameriere lo avrebbe svegliato con il pranzo.
Il pranzo, apparecchiato per due, arrivò in anticipo.
Neal sapeva riconoscere un indizio quando se lo trovava davanti, e indossò dei vestiti del misterioso signor Frazier: pantaloni marroni, camicia sportiva azzurro chiaro e scarpe in cuoio marocchino. Si rasò con cura, tagliandosi solo una volta perché gli tremava la mano, e si spazzolò i capelli. Aveva appena finito quando udà un timido bussare alla porta.
Un giovane mise dentro la testa.
– Posso e...