(I) Si direbbe che io abbia perso tutte le mie qualità di un tempo – TERRY
– Pronto, – ho detto.
La cornetta si è schiarita la voce.
– Ah, ciao, Miranda, sono Terry, – ho continuato. – Come va? No, Gregory al momento non c’è. Riprova piú tardi, magari. Ok. Ciao.
In realtà , Gregory era seduto nella stanza accanto, in cucina, con le mani poggiate sulla superficie venata del tavolo. – È andata? – mi ha chiesto. Io ho annuito e lui ha fatto un sospiro.
– Adesso si è messa a spedirmi poesie oscene.
A questo punto tanto valeva assecondarlo. – Davvero? Che genere di poesie oscene?
– Ti è mai capitato di ricevere poesie oscene da una ragazza?
– Non che mi ricordi.
– Oh, senti, per me è troppo. Roba sulla mia «fiera asta». E cose sul suo «monile d’ambra». O forse il monile d’ambra è mio... Boh.
– Direi che è suo. Nel senso: non penso che sia lei quella dotata di una fiera asta, o no?
– Non lo escluderei. Con lei non si può mai dire. Potrebbe averne anche due.
– E cosa diceva a proposito della fiera asta, in questa sua poesia oscena?
– Oh, non la finiva piú. È stata dura leggerla tutta. Non ce la faccio. È proprio l’ultima cosa di cui ho bisogno in questo momento.
– Che schifo, – ho esclamato entusiasta. – E allora, Greg, cosa hai intenzione di fare?
– È questo il punto. Che cosa posso fare? Dirle qualcosa tipo: «Senti, basta con le poesie oscene, ok? Dacci un taglio, con queste poesie oscene»? Direi di no. Potrei sempre rivolgermi alla polizia, immagino... lasciare che se ne occupi la polizia. E poi le cose orribili che mi fa fare a letto...
– Perché non le dici semplicemente di levarsi di torno?
Gregory ha alzato gli occhi verso di me con uno stupore da cucciolotto. – Si può? È quello che... è quello che faresti tu?
– Cristo, no. Io per primo le chiederei di farmi fare cose orribili a letto. Le permetterei persino di scrivermi poesie oscene. Gliele scriverei anch’io, le poesie oscene.
– Davvero?
– Altro che. Sono disperato. Non si batte chiodo. In pratica, a quanto sembra, nessuna vuole piú scopare con me. Il perché non lo so. Gita non vuole piú scopare con me.
– Chi, la piccoletta con le orecchie enormi? Perché no?
– E io che cavolo ne so? Dice che non le va. Non sa nemmeno lei perché. Ma sa che non le va.
A queste parole, Gregory si è come rinvigorito. – Curioso, – ha detto mettendosi comodo sulla sedia. – Personalmente, mi succede il contrario. Vogliono tutti scopare con me molto piú di quanto io voglia scopare con loro.
– Ah, ma che c’entra, tu sei frocio. In pratica lo sei, dai. Se uno è frocio scopa di sicuro. È per questo che si è froci, alla fine, no? Cosà puoi fare quello che ti pare con chi ti pare senza che nessuno si sconvolga.
– In realtà , da quel lato non c’è niente, al momento, – ha detto contraendo l’elegante muscolatura del collo. – È questa stramaledetta Miranda.
– Ah, già .
– Miranda e le sue pretese –. Gregory ha nascosto il viso tra le mani. – Un’altra notte come l’ultima non la reggerei. È troppo –. Poi guardandomi: – È insaziabile. Vuoi sapere una delle cose che fa? Te la dico? Ti succhia il cazzo dopo che te la sei scopata. Dopo. Capisci? La troia. Ti rendi conto?
– Direi che non si potrebbe desiderare di meglio.
– È una tortura, credimi. E ti smanaccia l’uccello per tutta la notte mentre tu fingi di dormire. E poi ti infila... mi hai capito, no?
– Che cosa? Nel sedere?
– Esatto.
– E qual è il problema? – gli ho chiesto leggermente infastidito. – Tanto ormai ci sarai abituato.
– Ma con quelle unghione da bagascia!
– Non puoi semplicemente... Cristo, dai... non puoi parlarle e basta? Affrontarla di petto?
– Certo che no. Il solo pensiero mi disgusta. Ma tu lo sai con quante persone è andata a letto? Spara. Dai. Spara. Piú di cento in due anni!
– Cazzate.
– È vero. Lo ammette lei stessa. Dopotutto è solo una persona a settimana, se fai il calcolo. Chiunque da Kane se l’è scopata. Chiunque da Torka se l’è scopata. Chiunque ovunque se l’è scopata. Dove andiamo andiamo c’è gente che se l’è scopata. Anche quando camminiamo per strada: se la sono scopata tutti! Non ho mai conosciuto uno che non se la sia scopata. Probabilmente anche il portiere se l’è scopata. Il ragazzo dell’ascensore se l’è scopata di sicuro. Il...
– Io non me la sono scopata, – ho detto, decidendo di portare questo angosciante scambio a un punto cruciale.
E allora lui: – Potresti farlo, Terry. Sul serio. Senza problemi, davvero. Ha detto piú di una volta che le piaci. E lei è una che scopa anche con chi le fa schifo. Credimi, ti farà vedere di cosa è capace. Oh sÃ. Dunque, ora ti dico quello che ti farà . Non appena la bacerai, lei ti piazzerà tutte e due le mani sul...
Davvero? A vederla non si direbbe. (Non lo direi di nessuna, del resto).
La ragazza che dovrei togliere di dosso a Gregory si chiama Miranda. Ha diciannove anni. Ha i capelli biondi e crespi, un fisico gradevole, occhi azzurri perennemente lucidi e una bocca larga e carnosa. È carina, anche se comunque non proprio alla mia portata. È piuttosto sofisticata e probabilmente molto nevrotica (forse tutte quelle cose che Gregory ha detto, lei te le fa davvero se gliele chiedi nel modo giusto). A parte il fatto che sono profondamente innamorato di Miranda, ho tre ottimi motivi per acconsentire a questo passaggio di consegne.
Uno. Miranda mi piace un sacco. Diversamente dalle donne a cui di solito Gregory si accompagna (queste sirene altezzose con la faccia bombata, il culetto a bottoncino e nomi come Anastasia e Tap; sfavillanti, costose e alte quasi invariabilmente il doppio di me, tanto che quando me ne presenta una devo trattenermi per non dire «Piacere, signore»), Miranda riesce a dare l’impressione di far parte della razza umana: dopo averla conosciuta, te ne vai pensando che forse abita sul tuo stesso pianeta. Al posto di un apatico disprezzo o, molto piú sovente, di quell’indifferenza che ora va tanto di moda e con cui di solito le ragazze di Greg salutano i miei andirivieni, Miranda mi riserva parole come ciao e a presto: dimostra di accorgersi della mia presenza, insomma. In tutto l’ho vista due volte: una mentre la simpatica piccoletta saliva tutta affannata le scale del palazzo (dicendo di essersi «dimenticata» che c’era l’ascensore) e un’altra, di mattina, mentre la stupida sgualdrinella si vestiva (Gregory era già scappato al lavoro. No, le tette non gliele ho viste). In entrambe le occasioni ha scambiato quattro chiacchiere cordiali con me.
Due. Mi interessa tantissimo, come principio generale, venire a conoscenza di particolari intimi sul conto di Gregory. Voglio i particolari, li voglio, voglio dettagli realistici, e voglio che facciano male, che siano nocivi e grotteschi. Sogno segretamente che sia afflitto da impotenza, monorchidismo, eiaculazione precoce, vagheggio suoi blocchi o inibizioni, muoio dalla voglia di conoscere i suoi traumi. (Ma perché non lascia stare le donne e non si dà definitivamente alla froceria? Mi renderebbe le cose molto piú semplici). Ma soprattutto, come è ovvio, desidero ardentemente sapere che Gregory è poco dotato. Non voglio altro. È da una vita che aspetto la conferma del fatto che ce l’ha piccolo. L’esiguità del suo membro è sempre stata, prima ancora che lo conoscessi, un requisito fondamentale per il mio benessere.
Tre. È dalle undici di sera del 25 luglio dello scorso anno (e anche in quell’occasione non è stata una passeggiata: si trattava di una mia ex. L’ho fatta bere e mi sono ubriacato anch’io. Quando mi ha detto che non le andava, mi sono messo a piangere. Lei si è spaventata cosà tanto che alla fine ha accettato) che non riesco a convincere nessuna a venire a letto con me.
E da allora sono passati sei mesi.
Ragazze, ma cosa cazzo vi è preso tutto a un tratto?
O cosa mi è preso a me?
Me ne sono sempre alquanto infischiato del mio aspetto fisico (mentre so che per Gregory è un pensiero fisso). Sono un tipo insignificante. A parte i capelli rossicci – a scuola, per un breve periodo, mi chiamarono «Carota» – sono un tipo insignificante, do l’impressione di essere un impiegato di livello intermedio ben istruito ma di ceto basso, quel genere di persona che incrociate per strada ogni giorno senza guardarla, senza notarla, senza nemmeno riconoscerla nel caso vi capitasse di rivederla. (Non mi degnate di uno sguardo. Ma chi se ne importa?) Diciamo che ho sempre dato meccanicamente per scontato di non essere malaccio. Di non essere malaccissimo, in fondo. Nella vita ho avuto una quantità di ragazze nella media che hanno suscitato in me una quantità media di ansia, imbarazzo e gratitudine.
Ma ora le cose sono cambiate. Perché e come è successo? Le donne mi rivolgono la parola, accettano di uscire con me, mangiano insieme a me, bevono insieme a me, limonano con me, vengono persino nel mio letto. Ma, alla fine, me la danno? Ah no, quello no. Quello mai, non se ne parla nemmeno. (Ma chi cazzo si credono di essere, che non me la danno?) Se mi fossi mai considerato bello, tutto ciò mi avrebbe semplicemente provocato un senso di perplesso fastidio. Ma bello non ho mai pensato di esserlo. E allora per quale motivo in passato qualcuna che me l’ha data c’è stata? Il fascino di cui ero dotato, ragazze piú gentili, stratagemmi piú ingegnosi, un buon carattere, la fortuna. Si direbbe che io abbia perso tutte le mie qualità di un tempo.
In realtà continuo a sforzarmi di buttarla sul ridere (almeno credo), il che probabilmente spiega perché ho questo tono... Ma le cose sono peggiorate a tal punto che ormai ho praticamente esaurito la scorta di ex: sono uscito di nuovo con tutte – tutte quelle, cioè, che non erano o sposate o incinte o morte – e ho cercato di convincerle a venire a letto con me. Nessuna ha voluto. Ho telefonato a ragazze che non vedevo da tre o quattro anni. Ho preso il treno per andare a scovare in tutti gli angoli dell’Inghilterra tipe che non ricordavano chi cavolo fossi. Per strada fermo delle povere nevrotiche. In ufficio, tra le segretarie, corteggio quelle particolarmente brutte. Faccio avance alle donne vecchie e a quelle sofferenti. Cerco di convincerle a darmela. Non me la danno.
Qualcuno saprebbe dirmi, per cortesia, cosa sta succedendo? Quali trucchi devo adottare? Quali tattiche? Il mio alito è accettabile, credo, o comunque non è peggiorato in modo radicale (almeno a giudicare dalle mie continue prove di reinalazione). Il mio viso non ha subito nessuna recente catastrofe. I miei schifosissimi capelli non cadono piú velocemente di prima. (Va detto che in futuro avrò senz’altro dei problemi al sedere. Ma questo, loro, non possono certo saperlo, no?) Mi faccio il bagno ogni trentasei ore, tranne d’inverno, mi pulisco e mi preparo con vigile attenzione per questi orribili appuntamenti che ogni tanto mi capita di avere. Ho messo su peso, questo sÃ, ma è solo perché ultimamente bevo un po’ troppo. Voi cosa fareste al posto mio?
(Mi sa che non ho piú le palle. Mi sa che sto diventando rinco).
Gregory non mi deve scoprire. Nonostante le mie battute da plebeo, lui non sospetta niente. Gli ho detto che mi vedo con una dalle parti di Islington. Fingo di andare da lei, ma in realtà me ne sto da solo in un pub o in un caffè. Rientro tardi, barcollando, e gli racconto un sacco di bugie. Gregory non deve saperlo mai. Non deve sapere che di notte sto seduto nel mio letto come un indemoniato a covare odio nei confronti di tutto e di tutti. (Di giorno è un altro paio di maniche, naturalmente. Il giorno ha terrori tutti suoi, la paura di diventare un barbone e la tristezza delle vie cittadine).
Che cosa faccio qui? Il mio compito, credo, è quello di portarvi a odiare Gregory quanto me. Non dovrebbe essere difficile. Devo solo tenere gli occhi ben aperti. Ed è importante che li teniate ben aperti anche voi.
Davvero?
– Davvero? – gli ho chiesto. – E come ci organizziamo? Quand’è che viene, per esempio?
– Da un momento all’altro. Sei pronto?
Gregory era in piedi vicino alla finestra. Faceva roteare un bastone dal pomello d’argento. Non sono sicuro di avere il coraggio di descrivere il suo abbigliamento: il vampiresco mantello nero con la fodera scarlatta, il panciotto preso da suo padre, i calzoni alla turca – se non erro – tenuti stretti alle caviglie da quelle che sembravano costose pinze da bicicletta. Come al solito la sua bellezza quasi malsana risaltava moltissimo e lui appariva intelligente, delicato e incredibilmente frocio.
– Come ci organizziamo?
Gregory gesticolava con il polso rigido. Era in piedi vicino alla finestra, roteava il bastone.
– Avevi detto che sarebbe stato facile, – gli ho ricordato, allarmandomi per la punta di rozza lamentela che si era insinuata nella mia voce. (Ogni tanto dico delle cose che sembrano insulti pronunciati da altri. Mi lasciano ferito e senza parole per controbattere).
– E lo sarà , Terry. Pensiamo solo a come è meglio agire.
Nel giro di pochi minuti abbiamo escogitato un piano; alquanto rudimentale, va detto. Greg doveva fare lo stronzo con Miranda un po’ piú del solito, arrivare a farla piangere e quindi uscire di casa tutto arrabbiato; allora, quatto quatto, sarei entrato in scena io, che già l’avevo opportunamente allertata riguardo la mia fulva presenza andandole ad aprire la porta al suo arrivo.
– Sei sicuro di farcela? – gli ho chiesto con tono leggero, cercando di non spaventarlo.
– Ma sÃ, – mi ha risposto lui. – Niente di piú semplice. Tanto lei non fa che piangere, per quel che ne so io.
– E come mai? – Promette bene, mi sono detto. Se davvero anche l...