
eBook - ePub
Quartine
- 136 pagine
- Italian
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- Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro
Questa famosa raccolta poetica non cessa di sedurre da quasi un millennio con la sua dolcezza, la sua gioia e la sua tristezza. Il persiano Omar Khayyam ha consegnato il suo nome, e la sua esperienza profonda della vita, a questo manipolo di fuggevoli impressioni liriche, di annotazioni di un razionalismo pessimistico, come vogliono alcuni, o d'una misticità esoterica, come sostengono altri. Un canto la cui immediatezza e altissima liricità si esprimono nell'obbligata brevità della quartina.
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Informazioni
Print ISBN
9788806123512eBook ISBN
9788858423929Omar Khayyâm
QUARTINE
(Robâ’iyyât)
A cura di Alessandro Bausani

1. Quel che si sa di sicuro sulla vita esteriore dell’Autore delle quartine raccolte in questo volumetto si riduce piú o meno a quanto segue. Egli era della città di Nisciâ-pûr, nel Khorâsân (Persia nord-orientale), e la sua tomba si trova tuttora fuori di quella città presso il santuario di un venerato personaggio dell’islam sciita, noto col nome di «emâmzâdè-ye Mohammad Mahrûq». Oltre al suo nome, Omar, aveva gli appellativi di Abû ’l-Fath e di Ghiyâs-od-Dîn. Il nome «Khayyâm», letteralmente «fabbricatore di tende», sembra derivi dalla professione di suo padre, certo Ebrâhîm. Non si conosce la data esatta della sua nascita, avvenuta verso la metà del secolo V dell’Egira (XI d.C.). Della sua morte si sa che deve essere avvenuta in un anno non lontano dal 520 (1126). Unica data sicura della sua vita è l’anno 467 (1073), quando, durante il regno del sovrano selgiucchide Maliksciâh (1072-92), il potente e dotto ministro Nezâm-ol-Molk1 incaricò una commissione di astronomi (della quale Khayyâm faceva parte, anzi, secondo alcune notizie, ne sarebbe stato il presidente) di riformare il calendario secondo esatti calcoli astronomici. L’uccisione di Nezâm-ol-Molk (1092) e la morte del suo sovrano Maliksciâh posero però fine all’opera, che si profilava molto ampia, degli astronomi, e la riforma non fu posta in atto. Una storia, molto diffusa in testi orientali e accettata da qualcuno dei primi studiosi europei, vuole che egli sia stato condiscepolo di Nezâm-ol-Molk e del famoso Hasan-e Sabbâh, il capo dei famigerati «assassini», il «Vecchio della Montagna» ben noto anche in Europa dai racconti di Marco Polo. I tre giovani avrebbero fatto un patto che chi di loro avesse ottenuto maggior potere nel mondo avrebbe aiutato i compagni. Nezâm-ol-Molk avrebbe mantenuto la promessa con Hasan-e Sabbâh, che poi lo avrebbe tradito, e anche con Khayyâm, che, però, preferí ricevere dal suo potente ex-condiscepolo una pensione che gli permise di dedicarsi agli studi favoriti e alla poesia. Questa storia però è insostenibile per ragioni cronologiche, poiché, nel caso che fosse vera, bisognerebbe supporre che Khayyâm e Hasan-e Sabbâh abbiano vissuto per lo meno 120 anni. Alcuni testi parlano di viaggi del nostro poeta a Balkh, a Herât, a Esfahân e alla Mecca in pellegrinaggio. Un autore che ebbe l’occasione di conoscerlo personalmente, Nezâmî Arûzî di Samarcanda (m. 1174) nella sua nota opera Ciahâr Maqâlè (Quattro Trattati, sulla medicina, la poesia, l’astrologia ecc.) narra di lui due episodi che, essendo fra i pochissimi a possedere sapore di autenticità, valgon la pena di esser riportati2.
Dice Nezâmî Arûzî: «Nell’anno 506 (cioè 1112-13) si trovavano a Balkh, nella via dei venditori di schiavi, nel palazzo dell’amîr Abû Sa’d, l’imâm Omar Khayyâm e l’imâm Mozaffar Esfzârî, e io anche ero con loro. In una piacevole riunione sentii dire alla “Prova della Verità” Omar: “La mia tomba sarà in un luogo tale, che ad ogni primavera il vento del nord farà piovere fiori sulla terra del corpo mio”. Mi sembrò strana questa predizione, ma sapevo che un uomo come lui non poteva dire sciocchezze vane. Quando nel 530 (1135-36) capitai a Nisciâpûr, era già qualche anno3 che quel Grande aveva nascosto il viso sotto il velo della terra, e questo mondo basso era rimasto orfano di lui. Poiché era stato mio Maestro, e pertanto avevo verso di lui dei doveri, volli, un venerdí, andarne a visitare la tomba, e condussi con me qualcuno che mi indicasse dove fosse. Mi portò fuori, al cimitero di Hîrè: voltammo a sinistra e vidi la sua tomba ai piedi del muro di un giardino. I peri e gli albicocchi sporgevano i loro rami oltre quel muro, nel cimitero, e avevano ricoperto la tomba di Omar di un tappeto di fiori. Mi ricordai allora di quelle parole che nella città di Balkh gli avevo sentito dire, e mi vennero le lacrime agli occhi».
Poco oltre si dice ancora: «Per quanto conobbi la “Prova della Verità” Omar, non vidi mai ch’egli avesse fede nell’astrologia4. Nell’inverno del 508 (1114-15) a Marv, il Sultano (Sangiar) mandò qualcuno a chiedere all’imâm Omar che gli facesse una previsione astrologica e gli scegliesse un periodo di qualche giorno senza pioggia o neve, per poter organizzare una partita di caccia. Omar mise due giorni a preparare l’oroscopo e poi andò lui stesso a presentarlo al sultano, e a presenziare alla partenza. Il sultano salí a cavallo, ma non aveva fatto che poca strada quando il cielo si annuvolò, scese un forte vento e prese a turbinare la neve. Fra le risa dei presenti il sultano ordinò che si tornasse. Ma l’imâm Omar disse al sultano che stesse tranquillo, che fra qualche istante le nuvole si sarebbero diradate e per cinque giorni non sarebbe caduta una goccia d’acqua. Il sultano si fidò ancora di lui, continuò il viaggio e difatti il cielo si rasserenò e in quei cinque giorni non si vide una nuvola in cielo».
Nessuna notizia piú precisa su fatti della sua vita si trova in altre fonti5 salvo quelle riguardanti la sua grande dottrina in molte scienze, il suo esser seguace della filosofia greca (vedi però la quartina 129 della nostra raccolta) o piú precisamente di Avicenna, e l’antipatia che avrebbe avuto per lui il grande teologo e filosofo musulmano al-Ghazzâlî (m. 1111) che l’avrebbe, sembra, almeno una volta incontrato. Tutto il resto sa di leggendario e d’altronde, proveniente com’è da fonti tarde, è incontrollabile storicamente.
È un fatto, comunque, che le piú antiche fonti sottolineano piuttosto le sue attività come scienziato che come poeta, sí che, malgrado le proteste dei moderni suoi compatrioti, si può ben sostenere che la sua «scoperta» come poeta e la sua fama come tale, anche in Oriente, sono frutto della geniale seppur infedele traduzione inglese del Fitzgerald. Le opere scritte di Khayyâm, uno di quei maestri che preferirono...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Quartine (Robâ’iyyât)
- Il libro
- Copyright