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La venexiana
- 128 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro
La Venexiana, come dire la 'commedia veneziana', sembra indicare già fin dal titolo il posto che essa occupa nell'evoluzione del teatro veneto rinascimentale. L'ignoto veneziano che la scrisse pare affermarvi non tanto l'ambizione, quanto la consapevolezza di aver creato l'opera per eccellenza rappresentativa di una società e di un costume. Se nelle farse e nelle commedie che cronologicamente la precedono - come ad esempio l'anonima Bulesca - era ancora possibile rintracciare gli elementi costitutivi attinti alla cronaca, nella Venexiana la ricerca diventa in pratica inattuabile; la commedia - e in ciò è il suo miracolo d'arte - contamina con perfetta naturalezza schemi convenzionali e modi, per i tempi, d'avanguardia.
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Informazioni
ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Oria sola, per via
[Calle presso la casa di Valeria. A lato il canale].
ORIA O Dio, Dio! chi è mai quel savio, fosse pure un predicatore, che sapesse compiacere a una gentildonna? Ieri sera madonna era crucciata con messer Iulio e non l’ha voluto per nessun verso; adesso essa è rabbiosa, e lo vuole, o vivo o morto; e non vuole piú parlare né di madonna Angela, né di messer Angelo.
Mi manda a portargli questa lettera, che con gli occhi bagnati ha scritto stanotte, e vuole che lo preghi di venire stasera, ché vuol fare la pace. Non pensa se non a lui e non parla se non di lui.
Tutta la notte non m’ha lasciato dormire. Sempre: «Oria, figlia, son morta, ché Iulio è crucciato e non mi vorrà piú vedere». E io dicevo: «Perché l’avete cacciato?» Essa diceva: «Perché ero troppo gelosa». E cosí m’ha sempre tenuto sveglia. Pazienza! «Sai che cosa hai da dire a messer Iulio? Che venga e che non badi a parole, che madonna è piú desiderosa di lui che di mangiare, e che, appena giunge, vada in letto a far la pace». Cosí dirò, per l’anima mia; e cosí sarà finito ogni fastidio. [Si allontana, e poi ritornerà quando Iulio starà parlando con Bernardo].
SCENA SECONDA
Bernardo, Iulio, Oria
BERNARDO [saluta Iulio] Buona vita al mio padrone onorevole.
IULIO Ben venga il mio fratello. Che buone nuove?
BERNARDO [facendo l’occhiolino] È ora di pensare alla canzone dell’altro ieri.
IULIO Vieni ora da quella gentildonna, padrona tua e signora mia?
BERNARDO [schermendosi] Non so di dove vengo, io. Basta solo che son tornato per via di quella canzone.
IULIO [evasivo] Benvenuto e meglio trovato.
BERNARDO [riguardandolo in faccia] M’avete inteso, nevvero?
IULIO Intendo; non piú. Ma taci: lo so.
BERNARDO Dico che voglio che siate di una persona che vi saprà fare piú carezze del Bernardo.
IULIO Ah, ah! di tutti due!
ORIA [riappare in scena, e subito si fa indietro, sconcertata] Iih! c’è un uomo con lui. Povera me! non so che fare. Ho vergogna. [Ma in questo punto vede Bernardo separarsi da Iulio e venire verso di lei]. Ma lascia, che se ne va.
BERNARDO [andandole incontro] Che andate facendo, olà? Vi cercate da voi la minestra?
ORIA [seccata] Andate per la vostra strada, che non voglio niente da facchini.
BERNARDO [voltandole le spalle e indicandole Iulio] Orsú, non cercate altro. Andate innanzi, che troverete la persona per trattare.
ORIA [raggiungendo Iulio, che pare voler evitarla] Messer Iulio, senta due parole la Vostra Magnificenza.
IULIO [fingendo di non averla subito riconosciuta] Madama…? Madama Oria? Perdonatemi, sorella mia, ché non sapevo chi foste. Che vi bisogna da me?
ORIA Caro messer Iulio, dopo che ieri sera vi partiste da madonna Valeria cosí di mala voglia, crucciato, essa non ha piú potuto reggere. Sempre è stata in pianto. Dico che è mezza morta. Bisogna che voi veniate questa sera a consolarla, se no morirà di dolore.
Caro messer Iulio bello, venite là, che voi sarete causa di un gran bene, vostro e suo.
IULIO [serio] Mi spiace assai che madonna Valeria abbia avuto alcun scontento, e tanto che Dio lo sa; perché io le sono buon servitore, e mi rincresce che in me non sia modo di poterle levare un tal male, ché lo farei volentieri.
ORIA Che, che! non ne avete il modo? Appunto, tutto il modo di guarirla sta in voi. Se venite subito, essa guarirà.
IULIO Non vorrei poi, venendo, esser causa di maggior male suo. Lei è collerica e non mi crede. Come mi veda, si adirerà tanto, che poi le nuocerà.
ORIA [interrompendolo] Non dite questo. Che è afflitta di essere stata crucciata con voi, e sempre si è doluta di questo. Adesso non vuole piú gridare per niente, se non tanto quanto volete voi, e vi vuole, a costo di tutto il suo onore e anima.
IULIO Ringrazio Sua Signoria; ma io non so che mi fare, perché questa notte vorrei andare a Padova, a trovare dei miei parenti che ora vengono allo Studio.
ORIA Messere, non bisogna scusa, qua. Vedete: è forza che veniate. E poi, quando sarete stato con lei, andrete dove vi piacerà.
IULIO E perché tanta forza?
ORIA Perché bisogna parlare; perché muore, se non fa la pace con voi.
IULIO [stendendole la destra] Porgetemi la mano, che io faccio buona pace con voi, a nome suo.
ORIA [tirando indietro la propria mano] Dico che non val niente; perché vuole lei stessa toccarvi la mano. [Gli porge la lettera, ch’egli si mette subito a leggere, e intanto gli parla in un orecchio] E poi, se volete che ve lo dica, per ogni cattiva parola che vi ha detto, vuole tante volte baciarvi.
IULIO [raggiante, riponendo la lettera] Volete proprio che venga?
ORIA [tutta lieta] Sí, dolce, caro, d’oro, messer Iulio.
IULIO A quale ora?
ORIA Come l’altro giorno… maledetto.
IULIO Dio voglia che non sia cosí questo.
ORIA Tenete per certo che sarà benedetto.
IULIO Ora sono contento. Aspettatemi, e salutate madonna a nome mio, e a lei, sino a che vengo, raccomandatemi.
ORIA Rimanete in pace. [Si allontana].
SCENA TERZA
Iulio solo
IULIO Di nuovo sono entrato nella Via Crucis. A due a due vanno le mie avventure: per non esser senza fastidio, vedi?, ad un tempo il facchino e la fantesca. [Imbarazzato] E come risolverò il garbuglio, senza restarci impigliato in nessun modo? Giuro per la Fede santa!… [S’interrompe, ma poi gli si illumina il volto a un tratto] Salvo che, venendo il facchino, io non voglia montare in gondola, se prima non mi dice il nome di colei. Lui, certo, rifiuterà, e io, fingendomi crucciato, gli darò un rifiuto e andrò da Valeria, per mutar cibo.
[Mentre questo monologo finisce, si udrà qualche fischio dal canale. È Bernardo che vuol avvertire Iulio ch’egli è pronto e lo attende].
SCENA QUARTA
Bernardo, Iulio
BERNARDO [s’è fatto con la gondola piú presso e chiama] Olà, da basso, che diavolo aspettate? Non mi avete sentito fischiare piú di sei volte?
IULIO [avvicinandosi alla riva del canale] Bernardo, sei già venuto?
BERNARDO Non mi vedete? Su via, andiamo, ch’è l’ora.
IULIO Son contento; ma prima che entri in gondola, voglio che tu mi dica come ha nome l’amico e di che casa è; perché non voglio piú vivere arrovellandomi per ricordarmi i cantoni.
BERNARDO [stupito] Che grillo vi becca adesso gli orecchi? Non lo so; e, se lo sapessi, non lo direi.
IULIO Se non vuoi dirlo, nemmeno io voglio venire.
BERNARDO Credo che siate fuori di cervello, io. Non sapete dove vi ho menato?
IULIO Lo so; ma io voglio saperlo meglio.
BERNARDO Mio Dio, dev’essere stracco il cavallo, se recalcitra cosí.
IULIO [seccato] O stracco o gagliardo: mi hai inteso.
BERNARDO [manovrando col remo per voltare la barca] La va male, quando puzzano le rose.
IULIO Non piú! Questo è deciso.
BERNARDO [malizioso] L’ho capita, io, che volete allungarla a domani.
IULIO Va’, di’ a madonna che non voglio piú venire, se non so il suo nome.
BERNARDO Sia col nome di Dio! Glielo voglio dire a lei. Per me non saprete niente, se lei non è contenta.
IULIO Dici bene. Va’, parlale.
BERNARDO Non pensate mica che aspetti domani; che ci vado adesso in fretta. [Si allontana remando svelto].
SCENA QUINTA
Iulio solo
IULIO Ecco il disegno com’è riuscito! [Risoluto, mettendosi in cammino] A Oria! Iulio, piú non tardare, che il tempo corre. [Riguardando dalla parte dov’era Bernardo] Costui, se tornerà, non trovandomi, non avrà mezzo di molestarmi per questa sera. [Esce].
SCENA SESTA
Oria, Valeria, Iulio
[Ingresso della casa di Valeria, con la porta aperta, donde si vede la calle buia. Si ode uno scalpiccío di passi lontani].
ORIA [in ascolto] Madonna Valeria, che paghereste ora, se questo che viene cosí scalpicciando fosse messer Iulio?
VALERIA Sai ciò che pagherei? Tanto quanto vale questo anello che porto in questo dito.
ORIA [sospesa] Piano! ché certo è lui.
VALERIA Se tu fossi indovina, ti vorrei piú bene che non voglio alla Laurina, mia sorella.
ORIA Ma sí! Tacete ora, e ascoltate un poco. [Iulio appare nel vano del portone. Oria volgendosi ridente a Valeria] È proprio lui? [E si fa incontro a Iulio] Buonanotte, messere.
IULIO [che nella semioscurità non l’ha subito veduta] Chi è qui? Buonanotte.
ORIA Messer Iulio, voi m’avete fatto guadagnare tutto l’amore di madonna, a venire cosí adesso.
IULIO Mi piace; e so che io ho guadagnato.
VALERIA [facendosi innanzi] Voi avete guadagnato un corpo e un’anima che era persa, se non venivate a vederla.
IULIO Signora, non voglio aver guadagnato piú che la grazia di Vostra Signoria, giacché Ella si degna di avermi per suo servitore.
VALERIA Dico per mio superiore. Voi sapete bene che pena m’avete dato, perché ho voluto esservi io superiore. Ma di qui in avanti voglio esservi inferiore in ogni cosa.
IULIO Non dica questo Vostra Signoria, ché io non merito tanto.
ORIA Magnifica madonna, ormai è tempo che messer Iulio faccia quella pace che voleva fare con me, quando io non volli.
VALERIA [appassionata] Messer Iulio, cuor mio, perché siete tanto crudele verso di me?
IULIO Crudele verso Vostra Signoria? Dio, non me lo consentire. Anzi voglio essere umanissimo verso la mia diva; è ben tutto quello ch’io spero.
VALERIA Se è cosí, voglio che voi siate mio; e che voi mi perdoniate, se l’altro giorno vi ho fatto crucciare.
IULIO Vostra Signoria perdoni me, se per mia causa ha pigliato qualche fastidio; ché ora sono qui tutto suo, per cangiare ogni affanno in piacere.
ORIA [incantata] Che paroline d’oro!
VALERIA [con voce bassa] Messer Iulio caro, si suole dire che è cosa da matti parlare cosí allo scoperto, perché i venti hanno orecchie e occhi. Venite dentro e mi rallegrerete un poco a vedervi alla luce.
IULIO Non è necessario che Vostra Signoria mi dica ragione alcuna. Comandatemi e dite: «Voglio cosí», ché io sono vostro.
VALERIA [seguita da Iulio entra nella camera, mentre Oria va a chiudere la porta di strada] Cosí voglio fare, messer Iulio, figlio bello, dolce.
ORIA [tornata indietro, in tono di scherzo] Madonna, volete far la pace cosí presto?
IULIO La pace, madama, sta nel vostro viso, che la prima volta che lo vidi mi legò.
VALERIA Oria, figlia, chiudi la camera e va’ su da Messer Grande, che non gridi. E se dice niente di me, digli che ho male e che, per questa sera, non voglio che nessuno mi rompa la testa.
ORIA Lasciate fare a Oria, che a tutto provvederà bene e presto. [Si ritira e chiude l’uscio].
Scheda per «La Venexiana»
La Venexiana, come dire la «commedia veneziana», sembra indicare già fin dal titolo il posto che essa occupa nell’evoluzione del teatro veneto rinascimentale. L’ignoto veneziano che la scrisse pare affermarvi non tanto l’ambizione, quanto la consapevolezza di aver creato l’opera per eccellenza rappresentativa di una società e di un costume. Se nelle farse e nelle commedie che cronologicamente la precedono – come ad esempio l’anonima Bulesca – era ancora possibile rintracciare gli elementi costitutivi attinti alla cronaca, nella Venexiana la ricerca diventa in pratica inattuabile; la commedia – e in ciò è il suo miracolo d’arte – contamina con perfetta naturalezza schemi convenzionali e modi, per i tempi, d’avanguardia. La genesi ambientale palese in altre commedie venete dello stesso periodo è presente nella Venexiana in misura forse ancora maggiore; l’autore conosce i modelli della novellistica contemporanea e vi si muove a suo agio, se ne serve per riversarvi la cronaca di fatti probabilmente reali. Qui tuttavia ogni sospetto di vicenda a chiave si scioglie dal crittogramma, approssimandosi per vigore d’arte a un universale assoluto.
Dal suo piano di ripresa – passi per un momento un termine preso in prestito alla tecnica del cinema – la Venexiana è veramente una sintesi della Venezia cinquecentesca, composta e integrata da presenze tra loro inscindibili. Possiamo, per cercare di coglierne piú intimamente il significato, esercitarci a scomporla e ad analizzarne p...
Indice dei contenuti
- Copertina
- La venexiana
- PERSONAE
- PROLOGO
- ATTO PRIMO
- ATTO SECONDO
- ATTO TERZO
- ATTO QUARTO
- ATTO QUINTO
- PROLOGUS
- PRIMUS ACTUS
- SECUNDUS ACTUS
- TERTIUS ACTUS
- QUARTUS ACTUS
- QUINTUS ACTUS
- Il libro
- Copyright