Scene di vita di provincia
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Scene di vita di provincia

Infanzia Gioventù Tempo d'estate

  1. 568 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Scene di vita di provincia

Infanzia Gioventù Tempo d'estate

Informazioni su questo libro

Un ragazzino cerca una via di fuga da un padre ordinario, da una madre troppo amata, dai turbamenti di un'infanzia già guasta. Dieci anni dopo, quel ragazzino è un giudizioso studente universitario di matematica che coltiva un'ambizione segreta: vivere un'esistenza consacrata alla scrittura, lontano dall'inferno del Sudafrica e dalla vergogna di essere bianco. Giunto in Inghilterra, deve però scendere a patti con la realtà. L'Europa degli anni Sessanta non è un posto facile dove sopravvivere. Alla fine il ragazzino è riuscito a diventare uno scrittore, un Premio Nobel, una personalità degna di rispetto. Ma sarà davvero cosí? Un grande scrittore scrive sempre una sola, inesauribile, storia: la propria. E quella di J. M. Coetzee è racchiusa in questi tre romanzi, scritti con un'abilità e un'esattezza implacabili, che lasciano senza fiato.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2016
Print ISBN
9788806229832
eBook ISBN
9788858422601

Tempo d’estate

Nota dell’autore.

Ringrazio Marilia Bandeira per le consulenze sul portoghese brasiliano e il Samuel Beckett Estate per avermi permesso di citare (di fatto erroneamente) da Aspettando Godot.

Taccuini 1972-75

22 agosto 1972
Sul «Sunday Times» di ieri una cronaca da Francis-town, in Botswana. La settimana scorsa, nel cuore della notte, un’auto bianca, di fabbricazione americana, si è fermata davanti a una casa in una zona residenziale. Ne sono saltati fuori degli uomini con i passamontagna che hanno buttato giú la porta e si sono messi a sparare. Poi hanno dato fuoco alla casa e se ne sono andati. Dalle ceneri i vicini hanno estratto sette corpi carbonizzati: due uomini, due donne e tre bambini.
Sembra che gli assassini fossero neri, ma uno dei vicini li ha sentiti parlare tra loro in afrikaans ed è convinto che fossero bianchi con le facce tinte di nero. I morti erano rifugiati sudafricani che abitavano in quella casa solo da qualche settimana.
Il ministro degli Esteri sudafricano, interpellato in proposito, attraverso il suo portavoce definisce l’articolo «privo di fondamento». Saranno avviate delle indagini, dichiara, per verificare se i morti erano davvero cittadini sudafricani. Quanto ai militari, una fonte imprecisata nega che le Forze armate sudafricane abbiano qualcosa a che fare con il caso. Si è trattato probabilmente di una questione interna all’Anc (African National Congress), sostiene il ministro, che riflette le «tensioni in atto» tra le varie fazioni.
Cosí, ogni settimana se n’escono con queste storie dalle terre di confine, assassinii seguiti da fredde smentite. Quando legge quegli articoli, lui si sente insozzato. Allora è a questo che è tornato! E d’altra parte dove ci si può nascondere nel mondo per non sentirsi insozzati? Si sentirebbe piú pulito tra le nevi della Svezia, a leggere da lontano dei suoi connazionali e delle loro ultime prodezze?
Non è la prima volta che si chiede come sfuggire alla sozzura. Un assillo che non ti molla, che lascia la sua brutta ferita purulenta.
– A quanto vedo le Forze armate hanno ricominciato con i loro vecchi trucchi, – commenta con suo padre. – Questa volta in Botswana –. Ma lui è troppo diffidente per cadere in trappola. Quando prende in mano il giornale, va direttamente alle pagine sportive, saltando la politica – la politica e gli omicidi.
Disprezza il continente a nord del loro. Buffoni è la parola che usa per definire i capi degli stati africani: piccoli tiranni che sanno a malapena scrivere il loro nome, scarrozzati da un banchetto all’altro nelle loro Rolls Royce con addosso uniformi della Ruritania decorate da medaglie che si sono conferiti da soli. L’Africa: un paese dove le masse muoiono di fame tiranneggiate da buffoni assassini.
– Sono entrati in una casa di Francistown e hanno ammazzato tutti, – continua lui, imperterrito. – Li hanno giustiziati. Anche i bambini. Guarda. Leggi l’articolo. È in prima pagina.
Suo padre alza le spalle. Non trova parole capaci di esprimere il suo disgusto per i criminali che trucidano donne indifese e bambini o per i terroristi che sferrano attacchi dai loro rifugi oltreconfine. Risolve il problema immergendosi nei punteggi del cricket. Come risposta a un dilemma morale è debole, ma le sue crisi di rabbia e di disperazione sono forse una risposta migliore?
Un tempo pensava che gli uomini che avevano escogitato la versione sudafricana dell’ordine pubblico e creato quel vasto sistema di riserve di manodopera, passaporti interni e township satellite, avessero basato la loro visione su un tragico errore di lettura della storia. L’avevano interpretata erroneamente perché, nati nelle fattorie o in remote cittadine dell’interno, isolati in una lingua che non si parlava in nessun’altra parte del mondo, non avevano idea della dimensione delle forze che, a partire dal 1945, stavano spazzando via il vecchio mondo coloniale. Sostenere che avevano letto male la storia era tuttavia fuorviante. Perché non l’avevano letta affatto. Al contrario, le avevano voltato le spalle, liquidandola come una montagna di menzogne infamanti inventate da stranieri che disprezzavano gli afrikaner e avrebbero chiuso un occhio se i neri li avessero massacrati tutti, fino all’ultima donna e all’ultimo bambino. Soli e senza amici nella punta estrema di un continente ostile, avevano eretto il loro stato-fortezza e si erano ritirati dietro le sue mura: lí avrebbero tenuto accesa la fiamma della civiltà cristiana occidentale finché il mondo non fosse tornato in sé.
Era piú o meno cosí che parlavano gli uomini alla guida del National Party e dello stato di polizia, e lui aveva creduto a lungo che fossero sinceri. Ma adesso non piú. Adesso le loro pretese di salvare la civiltà gli sembrano soltanto un bluff. Dietro la cortina fumogena del patriottismo, stanno calcolando quanto possono tirare avanti prima di chiudere bottega (le miniere, le fabbriche) prima di essere costretti a fare armi e bagagli, distruggere i documenti incriminanti e volare a Zurigo, a Monaco o a San Diego, dove sotto la copertura di holding come Algro Trading o Handfast Securities, si sono comprati da tempo ville, appartamenti e assicurazioni per il giorno del giudizio (dies irae, dies illa).
Secondo il suo nuovo modo, riveduto, di vedere le cose, i mandanti degli assassini di Francistown non hanno una visione erronea della storia, né tanto meno tragica. È molto probabile che ridano segretamente di gente cosí stupida da avere una visione di qualsiasi tipo. Quanto alla sorte della civiltà cristiana in Africa, se ne infischiano bellamente. E sono questi – questi! – gli uomini sotto il cui sporco potere lui vive!
Da ampliare: la reazione del padre ai tempi che corrono rispetto alla sua; differenze e (schiaccianti) somiglianze.
1° settembre 1972
La casa dove vive con suo padre risale agli anni Venti del Novecento. Le mura, in parte di cotto ma per lo piú di fango e paglia, sono marce per via dell’umidità che penetra dalla terra e hanno cominciato a sbriciolarsi. Isolarle dall’umidità è un’impresa impossibile, al massimo si può far colare uno strato impermeabile di cemento lungo tutto il perimetro della casa e sperare che pian piano si asciughino.
Da un manuale del muratore impara che per ogni metro di cemento gli servono tre sacchi di sabbia, cinque di pietre e uno di malta. Calcola che se mette la protezione di cemento a dieci centimetri di profondità, avrà bisogno di trenta sacchi di sabbia, cinquanta di pietre e dieci di malta, il che richiederà sei viaggi dal rivenditore edile, sei interi carichi di un camion da una tonnellata.
Il primo giorno di lavoro, verso metà giornata, capisce all’improvviso di avere commesso un errore disastroso. Ha letto male il manuale, oppure ha confuso i metri cubi con i metri quadri. Per colare novantasei metri quadri di cemento ci vorranno ben piú di dieci sacchi di malta, oltre alla sabbia e alle pietre, e ben piú di sei viaggi dal rivenditore. Dovrà rinunciare a piú di qualche weekend della sua vita.
Settimana dopo settimana, usando la pala e la carriola, mescola la sabbia, le pietre, la malta e l’acqua; un mattone dopo l’altro, versa il cemento liquido e lo spiana. Gli fa male la schiena, le braccia e i polsi sono cosí indolenziti che riesce a malapena a tenere in mano la penna. Ma soprattutto, il lavoro manuale lo annoia. Eppure non è infelice. Quello che si ritrova a fare è ciò che la gente come lui avrebbe dovuto fare fin dal 1652, ovvero il proprio lavoro sporco. In effetti, appena dimentica quanto tempo sta impiegando, il lavoro comincia ad assumere una sua piacevolezza. Un blocco di cemento ben fatto è un blocco ben fatto, e che è ben fatto lo possono vedere tutti. Il cemento che posa esisterà ancora quando lui non sarà piú in quella casa, forse sopravvivrà persino al suo breve passaggio sulla terra. E allora, in un certo senso, lui sfuggirà alla morte. Si può andare avanti a posare lastre per il resto dei giorni e ogni notte sprofondare nel sonno, stanchi e indolenziti per l’onesta fatica.
Quanti dei cenciosi operai che incrocia per strada sono gli ignoti autori di opere che gli sopravvivranno? Strade, mura, colonne? Una certa immortalità, un’immortalità limitata, non è poi cosí difficile da raggiungere. Perché allora continua a fare segni sulla carta nella vaga speranza che persone ancora non nate si prendano un giorno la briga di decifrarli?
Da ampliare: la facilità con cui si lancia in progetti folli; la prontezza con cui abbandona il lavoro creativo a favore di lavori faticosi e monotoni.
16 aprile 1973
Lo stesso «Sunday Times», che tra i servizi sulle torride relazioni sentimentali di insegnanti e alunne nelle scuole di paese e le immagini di stelline smorfiose dagli esigui bikini rivela le atrocità commesse dalla polizia, riferisce che il ministro degli Interni ha concesso il visto a Breyten Breytenbach, permettendogli di tornare nella terra natale per vedere i genitori malati. Un visto compassionevole, lo chiamano, che vale sia per Breytenbach sia per sua moglie.
Breytenbach aveva lasciato il paese da anni per trasferirsi a Parigi, e subito dopo aveva complicato ulteriormente le cose sposando una vietnamita, ovvero una non bianca, un’asiatica. Non solo l’ha sposata, ma se bisogna credere alle poesie in cui lei compare, ne è appassionatamente innamorato. Nonostante questo, scrive il «Sunday Times», il ministro, nella sua compassione, permetterà alla coppia di visitare il paese per trenta giorni, periodo durante il quale la cosiddetta signora Breytenbach verrà trattata come una bianca, una bianca provvisoria, una bianca onoraria.
Appena arrivano in Sudafrica, Breyten e Yolande, lui un bell’uomo dalla carnagione scura, lei di una bellezza delicata, sono inseguiti dalla stampa. I teleobiettivi catturano ogni momento di intimità, durante i picnic con gli amici o in canoa sui torrenti di montagna.
I Breytenbach fanno un’apparizione pubblica a un convegno letterario a Città del Capo. La sala straripa di gente venuta a guardare. Nel suo discorso Breytenbach definisce i sudafricani un popolo bastardo. È perché sono bastardi e si vergognano di esserlo che hanno escogitato il loro folle progetto di separazione forzata delle razze, dice.
Il suo discorso è accolto da applausi fragorosi. Subito dopo lui e Yolande ritornano a casa, a Parigi, e i giornali della domenica tornano al loro menu fisso di ninfette maliziose, mariti in fuga e omicidi di stato.
Da ampliare: l’invidia provata dai sudafricani bianchi (maschi) per Breytenbach, per la sua libertà di girare per il mondo e per l’accesso illimitato a una bella ed esotica partner sessuale.
2 settembre 1973
Al cinema Empire di Muizenberg, la notte scorsa, uno dei primi film di Kurosawa, Vivere. Un noioso funzionario scopre di avere un tumore e che gli rimangono solo pochi mesi di vita. È sconvolto, non sa che fare, a chi rivolgersi.
Invita la segretaria, una giovane allegra e superficiale, a prendere un tè. Quando lei fa per andarsene lui la trattiene, afferrandola per un braccio: – Voglio essere come te! – le dice. – Ma non so come si fa! – Lei è disgustata da quell’invocazione cosí esplicita.
Domanda: come reagirebbe lui se suo padre gli afferrasse il braccio a quel modo?
13 settembre 1973
Riceve una chiamata da un ufficio di collocamento dove ha lasciato i suoi dati. Un cliente cerca la consulenza di un esperto in materia di lingua. Paga all’ora. È interessato? In materia di lingua in che senso? chiede lui. L’ufficio non è in grado di dirlo.
Chiama il numero che gli è stato dato, prende appuntamento per recarsi a un indirizzo di Sea Point. Il suo cliente è una donna sulla sessantina, una vedova il cui marito dipartito ha abbandonato questo mondo lasciando il grosso della sua fortuna a un fondo fiduciario amministrato dal fratello. Offesa, la vedova ha deciso di impugnare il testamento, ma tutti gli avvocati cui si è rivolta le hanno consigliato di desistere. Dicono che il documento è inoppugnabile. Lei però non vuole arrendersi. È convinta che gli avvocati abbiano frainteso la formulazione del testamento. Perciò ha deciso di rinunciare agli avvocati e di ricorrere invece all’aiuto di un esperto in materia di lingua.
Con accanto una tazza di tè, lui studia l’ultima volontà del defunto. Il suo significato è perfettamente chiaro. Alla vedova va l’appartamento di Sea Point e una somma di denaro, mentre il resto va a un fondo fiduciario a favore dei figli avuti da un precedente matrimonio.
– Temo di non poterla aiutare, – le dice. – La formulazione non è ambigua. C’è un solo modo di leggerlo.
– E qui, per esempio? – dice la donna. Si china sopra la sua spalla e punta un dito sul testo. La sua mano è minuscola, la pelle è macchiata e sul medio porta un brillante dalla montatura costosa. – Dove dice: Nonostante quanto sopra.
– Dice che se riesce a dimostrare di trovarsi in situazione di bisogno può fare domanda al fondo per un aiuto.
– E il nonostante?
– Vuole dire che quello che viene asserito in questo caso è un’eccezione rispetto a quanto asserito sopra, su cui ha la precedenza.
– Ma vuole anche dire che il fondo non può ostare alla mia richiesta. Che cos’altro significa ostare se non questo?
– Non si tratta di che cosa significhi ostare, ma di che cosa significhi Nonostante quanto sopra. Deve considerare tutta la frase.
Lei sbuffa, impaziente. – La pago come esperto della lingua inglese, non come avvocato, – dice. – Il testamento è scritto in inglese, le parole sono inglesi. Che cosa significano le parole? Che cosa significa nonostante?
Una pazza, pensa lui. Come faccio a uscire da questa storia? Ma naturalmente lei non è pazza, è solo in preda alla rabbia e all’avidità. Rabbia contr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Scene di vita di provincia
  3. Scene di vita di provincia
  4. Infanzia
  5. Gioventú
  6. Tempo d’estate
  7. Il libro
  8. L’autore
  9. Dello stesso autore
  10. Copyright