Il Corano e il male
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Il Corano e il male

  1. 248 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il Corano e il male

Informazioni su questo libro

Il Corano e il male prende avvio dai molti versetti coranici dedicati al male, e mette in rilievo il rapporto che lega la malvagità e l'ingiustizia alla sofferenza: sventure e calamità sono una punizione divina, conseguenza delle azioni disubbidienti degli uomini di fronte al Signore. Ma pone l'accento anche su un dato piú inquietante; il Libro dell'Islam, voce del piú puro monoteismo, dichiara che tutto proviene dall'unico Dio, e dunque non esita ad affermare che proviene da Dio tutto il male anche quando tocca l'innocente, il pio e il giusto. Attraverso l'indagine sul male, emerge con forza la figura di un Dio che è Misericordia e Giustizia ma che, prima ancora, è Libertà; e spicca l'immagine correlativa di un uomo sempre afflitto dalla sua condizione creaturale, angustiato, provato e punito come e quando Dio vuole perché cosí Dio vuole.
Per cogliere il piú possibile il senso del Corano è necessario procedere «dall'interno», muovere di continuo dalla tradizione interpretativa musulmana, ricorrere direttamente alle opere dei piú illustri esegeti coranici in un discorso da un lato piú consapevole dell'argomento in esame e dall'altro piú rispettoso della civiltà musulmana. Il lettore viene guidato al cuore della religiosità di autori distanti nello spazio e nel tempo e può constatare l'ampiezza e la profondità di una cultura multiforme e per nulla statica qual è la cultura musulmana.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2016
Print ISBN
9788806159504
eBook ISBN
9788858424001
Categoria
Religione

Parte seconda

Il male nella letteratura esegetica

Capitolo terzo

Il primo male

Nelle diverse inclinazioni dottrinali e nella varietà dei percorsi seguiti, quali indicazioni forniscono gli interpreti sul male di Iblīs che si oppose a Dio? a quali domande credono di dover rispondere, e come integrano il Libro dove tace?
1. Iblīs e i suoi compagni.
Spiegando la sura della Vacca, Ṭabarī riporta una tradizione piuttosto diffusa: ‘Iblīs era una di quelle creature angeliche che si chiamano ginn, create di fuoco ardentissimo, (…) ed era un guardiano del paradiso. (…) I primi abitanti della terra furono i ginn della terra; essi vi portarono la corruzione e sparsero il sangue uccidendosi l’un l’altro. Dio inviò contro di loro Iblīs con un esercito di angeli ginn, i quali combatterono contro i ginn terrestri, vinsero, e li confinarono nelle isole e sulle pendici dei monti. Dopo aver compiuto tutto ciò, Iblīs si ottenebrò nell’anima e disse a se stesso: Ho compiuto qualcosa che nessuno mai ha compiuto. Dio fece apparire in lui questo pensiero e non negli angeli che erano con lui, dopodiché disse a quegli angeli: «Ecco, Io porrò sulla terra un vicario». Chiesero: «Vuoi mettere sulla terra chi vi porterà la corruzione e spargerà il sangue» come già fecero i ginn terrestri, tanto che inviasti noi contro di loro? «Ma Egli disse: Io so ciò che voi non sapete», cioè che ho fatto comparire nel cuore di Iblīs la superbia e la tenebra dell’illusione, cosa che in voi non compare. (…) Dio creò Adamo, e Iblīs andò a vedere; lo colpí col piede, lo scosse per udire se qualcosa gli risuonava dentro, (…) gli entrò dalla bocca e gli uscí dall’ano, e poi al contrario gli entrò dall’ano e gli uscí dalla bocca. (…) Quando Dio soffiò del Suo spirito in Adamo, il soffio prese a propagarsi dalla testa e via via che scorreva tutto diveniva carne e sangue; (…) come il soffio ebbe riempito il corpo intero, Adamo starnutí e ispirato dall’Altissimo esclamò: Sia lode al Signore del creato. Rispose Iddio: O Adamo! abbia Dio misericordia di te. Quindi si rivolse agli angeli che erano con Iblīs, a questi soltanto e non a quelli dei cieli, e disse: «Prostratevi avanti ad Adamo. Tutti si prostrarono salvo Iblīs, che rifiutò superbo e fu dei Negatori» a causa della superbia e dell’illusione che tra sé e sé si era raccontato. (…) Quando Iblīs rifiutò di prostrarsi, Dio lo gettò in disgrazia1, lo sottrasse completamente al bene e come punizione per la sua disubbidienza lo rese Satana lapidato. «Poi insegnò ad Adamo tutti i nomi delle cose», i nomi che la gente usa per comunicare, uomo e cavalcatura, terra e riva, mare, monte, asino e cosí via, poi presentò questi nomi agli angeli, gli angeli che erano con Iblīs, quelli creati di fuoco ardentissimo, «dicendo loro: Ditemi dunque i loro nomi se siete sinceri», se conoscete il motivo per cui «Io porrò sulla terra un vicario»’2.
Questo lungo racconto, come altri simili, integra un po’ ovunque il passo coranico, e sulle poche frasi del Libro costruisce un’intera sequenza temporale e logica, piena di precedenze e di esiti, di motivazioni e conseguenze e di particolari dal forte impatto visivo. In tal modo tenta di fare luce sugli aspetti che dovettero disorientare il fedele all’ascolto della Parola divina, innanzitutto la domanda degli angeli a Dio – «vuoi mettere sulla terra chi vi porterà la corruzione e spargerà il sangue?» – la quale presuppone una conoscenza del futuro che spetta a Dio soltanto, e inoltre suona irriguardosa perché è piena di disappunto e delusione. La domanda temeraria degli angeli assume però un significato neutro quando è sorretta da un passato storico in cui dei ginn, piú forti e meglio armati, mossero guerra ad altri ginn e vinsero, in una copia esatta di quel che accade agli uomini di questo mondo. La figura di Iblīs risulta in tal modo ridotta, egli non è che un soldato al servizio di Dio; farne un condottiero borioso e fiero della sua vittoria alleggerisce la grandezza del suo rifiuto e minimizza la portata della sua motivazione. Iblīs è a capo di un gruppo di suoi simili, tutti angeli chiamati ginn, creati tutti di fuoco ardentissimo, truppa compatta agli ordini del Signore. Spogliato della sua peculiarità originaria, Iblīs non è l’unico ma uno tra i molti, l’espediente narrativo ha corretto l’eco dualista del racconto coranico perché ha reso la statura di Iblīs imparagonabile a quella dell’Altissimo. Nella narrazione accolta da Ṭabarī anche il male dell’inizio non appartiene a un solo essere ma a un’intera popolazione di ginn corruttori e assassini; stemperandosi nella moltitudine, il primo male è meno puntuale e meno sconcertante, sebbene, a ben vedere, susciti domande ulteriori e altrettanto insidiose: com’erano finiti nella colpa i ginn della terra? avevano generato da sé il loro male o qualcuno li aveva tentati? L’esordio del male, attribuito agli antichi abitanti del mondo prima della disubbidienza di Iblīs e prima del suo dialogo con Dio, è stato spostato indietro e cosí è affondato in un’oscurità maggiore.
Nella continuazione del commento di Ṭabarī, riportata qui di seguito, la volontà di inserire Iblīs nel numero ampio dei suoi pari e di sottrargli cosí la singolarità che può accostarlo a Dio è esplicita. La razionalità dell’angelo si trova distribuita alla sua tribú, tutta accusata di aver ragionato illecitamente perché la ragione delle creature si inganna quando argomenta su Dio: l’accusa verte appunto sul linguaggio di ragione, sul supporre e l’opinare, sull’autonomo congetturare che è antitetico alla conoscenza certa donata da Dio per rivelazione. ‘Quando il Signore disse agli angeli che avrebbe posto un vicario sulla terra, il Suo discorso non era rivolto a tutti ma solo a quei particolari angeli, quelli che appartenevano alla tribú di Iblīs, quelli che avevano combattuto i ginn della terra insieme a lui; (…) il loro pensiero, che essi esternarono a Dio dicendo: «Vuoi mettere sulla terra chi vi porterà la corruzione e spargerà il sangue», fu una colpa da parte loro, una congettura sull’Arcano. Dio mostrò loro quanto il loro argomentare fosse riprovevole, e li fece soffermare su questa riprovevolezza finché si pentirono, tornarono a Lui e abbandonarono la congettura sull’Arcano su cui avevano argomentato, formulando opinioni ingannevoli’3.
L’intero percorso seguito da Ṭabarī nella Raccolta delle dichiarazioni attesta la gravità del problema sollevato dalla figura di Iblīs: distinguerlo da ogni altro angelo e considerarlo un’eccezione all’abituale e al consueto significa sollevarlo in alto verso la singolarità di Dio che è l’Uno; ma non distinguerlo, e considerarlo un angelo come gli altri, conduce su percorsi ugualmente infidi perché afferma la spontanea generazione della disubbidienza dall’ubbidienza, l’inattesa ribellione di una creatura retta e pia: non sono gli angeli esseri ubbidienti, che cantano le lodi del Signore ed esaltano la Sua santità, e che altro non sanno se non ciò che Egli ha insegnato? Separare la tribú di Iblīs dagli altri angeli e farne il gruppo d’angeli cosiddetti ginn è un compromesso dal significato teologico molto preciso: Iblīs si trova inserito in una comunità di simili e non è unico, ma costoro differiscono da tutti gli altri e non intaccano l’idea della necessaria virtú dei buoni.
Un altro tipo di integrazione esegetica è offerto, ad esempio, dal commento di Suyūṭī, dove l’ardita domanda degli angeli è collocata successivamente alla caduta di Adamo4. Quando essi chiedono a Dio se porrà un essere empio sulla terra, non partecipano di una conoscenza riservata al Signore; hanno già visto la disubbidienza del progenitore, e su questa fondano la loro preoccupazione. Come nel Giardino cosí in terra, chi prima si rese colpevole si renderà colpevole poi, quella degli angeli è comunque una previsione basata sull’analogia che richiama l’abilità logica di Iblīs pur senza condurre all’enormità del suo rifiuto.
Lo stesso autore delle Perle sparse corregge inoltre l’eccezionalità di Iblīs accostando la sua vicenda a un altro caso di disubbidienza degli angeli; è la storia di Hārūt e Mārūt, ai quali il Corano accenna nella sura della Vacca (2:102). La tradizione ne fece due angeli precipitati come Iblīs, colpevoli, in seguito all’ebbrezza, di disubbidienza, idolatria e omicidio: ‘Si tramanda dal Profeta che, quando Iddio precipitò Adamo sulla terra, gli angeli dissero: O Signore! «vuoi mettere sulla terra chi vi porterà la corruzione e spargerà il sangue, mentre noi cantiamo le Tue lodi ed esaltiamo la Tua santità?» Signore nostro! noi siamo a Te piú ubbidienti della stirpe di Adamo. Allora Dio disse agli angeli: Siano condotti due angeli affinché Noi li precipitiamo sulla terra e vediamo come si comportano. Risposero: Signore nostro! ecco Hārūt e Mārūt. Vennero precipitati sulla terra e per loro fu plasmata una donna di rara bellezza; la donna si recò da loro ed essi la vollero ma lei rispose: No! fintanto che non pronuncerete questa parola idolatra. Nel nome di Dio – risposero Hārūt e Mārūt – noi non assoceremo mai nessun altro a Dio. La donna se ne andò, poi fece ritorno portando un ragazzo ed essi la vollero ma lei rispose: No! fintanto che non ucciderete questo ragazzo. Nel nome di Dio – risposero ancora – noi non uccideremo mai. La donna se ne andò, poi fece ritorno con un coccio pieno di vino ed essi la vollero ma lei rispose: No! fintanto che non berrete di questo vino. Essi bevvero, furono ebbri, si congiunsero a lei e poi uccisero il ragazzo. Quando si ripresero, la donna disse: Nel nome di Dio, tutto quel che mi avete rifiutato lo avete compiuto da ebbri! Fu dato loro di scegliere tra le pene di questa vita e le pene dell’Altra, ed essi scelsero le pene di questa vita’5.
2. Angelo o ginn?
La riflessione sull’eccezionalità di Iblīs, con le ripercussioni di ordine teologico, è connessa alla riflessione sulla sua specie di appartenenza: angelo o ginn? Il Corano non è preciso a questo proposito; alcune volte dichiara l’angelicità di Iblīs e altre volte dichiara il contrario6. Tutti i commentatori affrontano la questione; a seconda del criterio interpretativo seguito, si appoggiano ad altri versetti del Libro, cercano conferma nei detti di Muhammad o seguono un percorso dialettico a partire dalla lettera del testo, offrendo cosí un valido esempio dell’esegesi coranica in generale. Ma non sanno annullare lo statuto esclusivo che il Corano ha già conferito a Iblīs: né quando affermano la sua angelicità – l’angelo ribelle è eccezionale perché ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il Corano e il male
  3. Premessa
  4. Ringraziamenti
  5. Nota alla traslitterazione e alle citazioni
  6. Elenco delle abbreviazioni
  7. Il Corano e il male
  8. PARTE PRIMA Il male secondo il Corano
  9. PARTE SECONDA Il male nella letteratura esegetica
  10. Bibliografia
  11. Indice analitico
  12. Il libro
  13. L’autore
  14. Dello stesso autore
  15. Copyright