
- 200 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
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Informazioni su questo libro
«Rimanga dunque intanto una fiaba ai miei nipoti, una fiaba che parla di piante, di animali e d'amore. Di solitudine. D'amore con qualche inevitabile, selvaggia complicanza, è ovvio. Le nonne si nascondono nelle fiabe che raccontano, non diversamente la nonna di Cappuccetto Rosso si nascondeva nella pancia del lupo».
È uno sguardo acuto e sorridente, quello che Marina Jarre posa sul passato in questo piccolo libro di straordinaria intensità . Pagine apparentemente divaganti, colme di spirito e d'intelligenza, raccolte in un progetto assai preciso che ha a che fare con la vecchiaia e con la memoria, con la voglia di rinunciare all'unicità della propria voce per ospitare le parole degli altri: «la mia pagina non può che sbriciolarsi nei frammenti dei ricordi altrui».
L'autrice sceglie così di raccontarsi in tre «conversazioni narrative».
Nella prima ( Sulla guerra, con Pavel ) il tema è la guerra - un'angoscia che permane, un dolore indistruttibile - rievocata attraverso una scena drammatica e irreale: una sfilata di prigioneri tedeschi per la periferia e il centro di Mosca il 17 luglio del 1944 (i vincitori vinti che sfilano davanti ai loro nemici, nel cuore della città che non sono riusciti a conquistare), 57600 uomini che camminano nel silenzio più assoluto, «soldati banalmente vinti, non partecipi di un qualsiasi mito, massa informe, sospesi durante quella giornata in un vuoto di abominio».
La seconda ( Sulla guerra, sull'amore, sulla solitudine, con Patti ) ruota intorno ai tanti distacchi della vita: il primo amore, la vedovanza, ma anche gli animali e le piante amate, per arrivare a tutti quelli che saremo noi a lasciare.
Nella terza ( Sull'amore, sull'amicizia e sulla guerra, con Gino ) si racconta una storia d'amore lunga sessant'anni: il giovane Gino Moretti apparteneva all'83a compagnia dei telegrafisti in marcia in Ucraina con l'alleato tedesco nel 1942, e scrisse alla moglie Anita 144 lettere in dieci mesi. Rileggere insieme a lui quelle parole dopo tanto tempo rappresenta un'occasione per riflettere sulla vita intera. Sui momenti difficili, sulla durata, sulla passione, sulla caducità . Sui fili segreti che stanno tesi dentro ogni matrimonio.
Sono dunque i piccoli immensi nodi di cui è fatta la vita a scorrere in queste pagine impertinenti e vere. D'altra parte, come osserva Marina Jarre, «ogni tanto mi accade ancora di chiedermi quando scoprirò che la vecchiaia è quel dono di serenità e saggezza che ci è promesso lungo la vita come agognata meta finale. Mi pare di non essere né saggia, né serena». «La mia vita è stata un'unica giornata, a sera chiuderò l'uscio e andrò a dormire. In questa sola giornata si raccoglie quel dolore nudo, spoglio degli orpelli delle cerimonie e dei ricordi personali, ma come riversato in un bacile che continua a colmarsi dell'indistinto e non distinguibile dolore di tutti».
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Informazioni
Gino e Anita
Sull’amore, sull’amicizia e sulla guerra, con Gino
28 luglio 1942 (Petrowenki)O beato stendersi sotto gli alberi che stormiscono al vento, al riparo dal sole, dopo un buon pranzo, in serenità di spirito, nell’ozio piú completo, senza la preoccupazione di nessun lavoro da far fino al giorno appresso. Poco lontano il cuoco di una simpatica brigata sta manipolando gli gnocchi per stasera; Gig fedelissimo sta girando intorno fiutando preda di galline, di latte, di farina. Cosà si alterna un giorno lieto a un giorno nero, cosà l’imprevisto di un viaggio che si prevedeva insopportabile diviene invece materia di delizioso ricordo per giorni a venire.Questo paesetto di poche case, che invano cercheresti sulla carta geografica e che prende il nome da Pietro, il giorno 13 era ancora occupato dai russi. Pochi giorni dopo lo vidi, passando, nel trambusto delle colonne motorizzate. Da allora a oggi sulla linea ferroviaria devastata sono ricomparsi i doppi binari e, a lato, il fascio di fili telefonici. Prodigi dei tedeschi che non si vedono mai lavorare e il lavoro sembra che si faccia da sé. Ma non è vero, il fatto è che lavorano con organizzazione, la famosa organizzazione. Arrivano per fare uno stendimento di linee telefoniche permanenti, con un nugolo di macchine, e si occupano subito di un’accurata preparazione del rancio. Dopo di che, senza affannarsi e senza spreco di energia, stendono rapidamente la linea, chiudono bottega e ripartono rapidamente per un’altra destinazione. Non altrettanto mi pare succeda al nostro reparto, oltre e piú che per mancanza di mezzi materiali, per mancanza di fosforo in certi cervelli. Tre giorni fa proprio il Cic mi aveva smontato per la sua cretineria e la rabbia di dovergli sottostare. Ho litigato con lui e non gli ho risparmiato certe verità . Certe persone diverrebbero soddisfacenti dopo un bagno di cinque minuti con la testa sott’acqua. Per fortuna con la sua grande intelligenza mi mandò via d’urgenza per un lavoro che sapevo perfettamente inutile. Non avevo meco né branda, né borraccia, né gavetta, né sigarette, né partuca, né Giganti. Malgrado vi fosse tempo, non mi permise di fare un salto a prenderli. Partii, era quasi sera, cordialmente confortato e rifocillato da Averone e C. Mi ristorai con una bella guidata di camion a sessanta all’ora sulla pista gialla al chiaro di luna. E poi, dormita sul duro del camion con una coperta sotto e quattro sopra. Ero ancora un po’ scombussolato nel ventricolo; mi passò tutto. Il mattino dopo alle otto stavo proprio benone: non avevo intenzione di prendermela calda, e mi sentivo piacevolmente lontano dal Cic. Svegliai gli uomini, feci con calma lenta il lavoretto inutile, pregustando l’ordine che ritenevo imminente di spiantare tutto. E arrivai a un posto di guardiafili, questo, vicino alla stazione del paesetto, tra gli alberi dall’aria di casa, tra gente ancora ricca di farina, di animali, di ogni ben di Dio – in un’aria di campagna. Oh, riposo dopo tante miserie e tanta carestia traversate finora. Qui si fanno ancora il pane bianco in casa come il buon Gig; naturalmente lavorano le donne, anche nel pesante lavoro della macinazione a mano. Lavorano sorridendo queste graziose fanciulle bionde, con un’incoscienza di schiave.Trovai i buoni guardiafili che mi invitarono a pranzo; intanto io avevo i viveri a secco, galletta specialmente, di cui sono ghiottissimo e che fa realmente bene; invece il pane di molti giorni è acido, fatto di una cattiva farina trovata sul posto. E i pranzi di questi uomini sono buoni, alla razione aggiungono le verdure del posto; finalmente un pasto naturalmente vitaminico.Poi dovevo attendere ordini e li attesi dormendo. Poi una passeggiata al fresco, una buona cena, e via a dormire in una ricca casa appena un po’ sfondata, con una ricca ottomana senza abitanti. Stamani con molta regolarità l’ordine di spiantare. Ho lasciato l’ordine alla squadra di marocchini che ho dovuto portare con me e che è l’unico cruccio di questa beata villeggiatura. Ed ecco arrivare Gig con la branda e i rifornimenti e il suo nasone sorridente, ancora un pranzo a scrocco, e tra pochi minuti mangerò i famosi gnocchi – a scrocco anche quelli. Il sole scende come nel mare, tingendo di vermiglio l’orizzonte e di verde il cielo, gli alberi dietro di me prendono la luminosità del rame. Da oriente si alza una luna grandissima; tra un’ora riempirà di sé, gialla, il cielo azzurro. Sarà ora di andare a dormire, spegnere la candela e spalancare le imposte a Selene candida che illumina l’Italia lontana.Sono tanto felice di quel che mi dici di Pise; ieri ho passato tanto tempo a guardarla; e spero che continui cosÃ, non dovrebbe venire su tonta.Tanti ba, mio tesoro. Sto per arrivare a letto, naturalmente sulla mia branda. Stanotte sarà Gig a dormire sull’ottomana. Mi addormenterò sognando di te, amore. Buonanotte.Tuo Gi
Sabato, 15 luglio 2006Che vuoi da me, Marina? Un autoritratto? Un misto, cioè, d’indulgenza, vanità e presunzione che ben poco può servire ad altri? Una confessione? Ma io non sono tipo da confessionale. Sai come mi vedo? Come una massa di contraddizioni. Da ragazzo mio padre mi credeva destinato a finire come Jacopo Ortis; alla soglia dei novant’anni ho persino dimenticato chi fosse.Sono sempre stato amante della pace e non ho mai capito i militari; ma mi sono fatto tanti anni di naja e sono un sopravvissuto dell’Armata Italiana in Russia.In cerca della libertà sono caduto da una dittatura all’altra, in tre continenti; e ancora oggi il Grande Fratello vigila sui miei pensieri.Ho una certa allergia per i numeri ma mi sono laureato in Matematica e ho finito col praticare il mestiere come un paziente artigiano; tollerante di natura, mi sono fatta una certa reputazione deridendo e insultando pubblicamente i colleghi.Godo la vita con tutti i miei sensi, ma ho avuto una sola compagna per piú di sessant’anni. Ora tutti scrivono e scrivo anch’io, a volte mi illudo di essere un po’ sopra la media, ma è solo perché, in casa e nella scuola secondaria, ho avuto dei buoni maestri. Abito in America ma scrivo in italiano; e persino in piemontese, che piú nessuno può leggere.
Indice dei contenuti
- Copertina
- Il silenzio di Mosca
- Sulla guerra, con Pavel
- Il giardino di Patrizia. Sulla guerra, sull’amore, sulla solitudine, con Patti
- Gino e Anita. Sull’amore, sull’amicizia e sulla guerra, con Gino
- Il libro
- L’autore
- Dello stesso autore
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