Teatro
  1. 584 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Le prime rappresentazioni delle opere di Harold Pinter furono letteralmente stroncate da quasi tutta la critica. Si scrisse che era un autore eccentrico, inaccettabile, incomprensibile, che non aveva nulla da dire. Oggi è forse l'autore vivente piú rappresentato al mondo, ma come lui stesso tiene a sottolineare: «Adesso sono diventato comprensibile, accettabile, eppure le mie commedie sono sempre le stesse di allora. Non ho cambiato una sola battuta!» Nel primo volume sono raccolti i testi che hanno rivelato il drammaturgo inglese e ne hanno decretato poi il successo internazionale coronato dal Premio Nobel, in quanto erede e continuatore di maestri come Beckett, Genet e Ionesco; sono Il compleanno, La stanza, Il calapranzi, La serra e Il guardiano. Il secondo volume - che contiene anche alcuni «ritocchi» compiuti dallo stesso autore - comprende le commedie scritte tra il 1962 ( The Lover ) e il 1991 ( Party Time ). Dai capolavori della maturità, come Il ritorno a casa del 1964, e Terra di nessuno di dieci anni dopo, alle tragicommedie sulla «menzogna dell'amore» - L'amante, Vecchi tempi, Tradimenti - ai brevi drammi «politici» piú recenti - Il bicchiere della staffa, Il linguaggio della montagna, Party Time, in cui Pinter denuncia, con la consueta forza di ambasciatore di Amnesty International e di illustre rappresentante del P.E.N. Club inglese, torture, guerre, violazioni dei diritti umani e abusi di potere. Il volume è accompagnato dall'appendice Pinter in Italia e da una nota del curatore che dà conto delle altre numerose «arti» di cui egli è maestro: regista, sceneggiatore, attore.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2016
Print ISBN
9788806227692
eBook ISBN
9788858423622
Argomento
Letteratura
Categoria
Teatro

Teatro

Volume primo

Nota introduttiva

Sono passati piú di trent’anni da quando l’editore Einaudi pubblicò in versione italiana, sotto il titolo Teatro, una prima raccolta di undici commedie di Harold Pinter. Da allora non solo quest’editore ha continuato a documentare, con rara e lodevole costanza, la produzione del grande drammaturgo inglese, ma i teatranti italiani se ne sono saldamente impossessati, realizzando una serie davvero imponente di spettacoli, che, se non andiamo errati, colloca l’Italia subito dopo l’Inghilterra e prima della Francia e della Germania come «terra d’elezione» dello scrittore. L’ultimo libro che l’Italia gli ha riservato, quello di Roberto Canziani e Gianfranco Capitta (Anabasi, Milano 1995), elenca non a caso, in un’apposita e curatissima teatrografia, ben sessantotto allestimenti.
Nel frattempo, si sono chiarite non poche idee sul drammaturgo stesso. Quando, nell’ormai lontano 1977, ebbi l’ardire di dedicare a Pinter una monografia critica (la prima a vedere la luce nel nostro Paese, Il teatro di Harold Pinter, Martano, Torino 1977), mi feci scrupolo di dimostrarmi particolarmente reticente sulla sua biografia intellettuale, e, vorrei dire, civile. Sottolineavo anzi, forte di certe interviste inglesi all’interessato, il suo rifiuto del teatro dell’impegno per l’elemento di predeterminazione ch’esso racchiudeva, il suo fastidio per qualunque preesistenza di una tesi – morale, sociale, politica – come una costrizione da respingersi perché pesantemente riduttiva della libertà creativa. Incorrevo, cosí facendo, in un equivoco: quello di confondere una precisa scelta di poetica («Il mio lavoro non è quello d’impormi ai personaggi, di sottometterli a una falsa articolazione... Il rapporto tra un autore e i personaggi deve essere un rapporto di rispetto...») con una mancanza di sensibilità ideologica. Eppure c’era stato il Pinter ragazzo, che aveva vissuto la lotta quotidiana dell’ebreo perseguitato dalle bande fasciste di Mosley; il giovane Pinter obiettore di coscienza, sottoposto a due processi e multato a due riprese, che tuttavia non demordeva dai propri convincimenti; l’adulto Pinter, che aveva preso pubblicamente posizione contro i massacri americani nel Vietnam...
Un altro equivoco in cui incorremmo, in molti, sul finire degli anni Settanta, fu quello di privilegiare la scrittura teatrale «diversa» di Pinter rispetto a quella della totalità dei suoi contemporanei: «Muovermi tra le parole, sceglierle, guardarle affiorare sulla pagina, tutto ciò mi procura un piacere immenso...», aveva confessato lo scrittore nel ’63, al Festival del Teatro di Bristol. Affascinati da quel territorio di sconcertante varietà e vastità che è lo stile di Pinter (pinteresque è parola entrata nel lessico inglese), lo percorrevamo palmo a palmo tentando di scoprire tutti i possibili «modi d’impegno» della sua parola teatrale: antitesi, parallelismi anaforici, ellissi, iterazioni, risonanze parodiche, allitterazioni, associazioni di parole o – con diversa finalità – di concetti, alternanze dialogiche, intermittenze, progressioni di tipo seriale; e non minore attenzione dedicavamo alle varie forme, e ai vari significati, che assumeva, nella sua scrittura, il silenzio: «È nel silenzio che, per me, i personaggi acquistano una maggior presenza».
Ora, è indubbio che il lavoro di Pinter ha rappresentato e rappresenta il piú rigoroso sforzo di ricerca stilistica del teatro inglese del secondo dopoguerra, ed è altrettanto indiscutibile che Pinter sia davvero, e sempre di piú, il solitario dell’Anti-Teatro sul suolo natio. Ma una progressiva perdita di reticenza dello scrittore negli ultimi vent’anni (lui che, un po’ altezzosamente, aveva tenuto a precisare: «Ogni scrittore appartiene, in definitiva e con ogni evidenza, a una società segreta, a una cospirazione formata da un solo membro: lui stesso»), un piú espansivo aprirsi a chi dimostrava di interessarsi in maniera intelligente e discreta al suo lavoro, ci permettono d’intenderlo meglio e di non privilegiare soltanto l’aspetto formale e compositivo della sua ricerca.
Ho qui davanti a me il bel libro Conversazioni con Pinter di Mel Gussow, tempestivamente tradotto in italiano (Ubulibri, Milano 1995). L’autore, illustre recensore del «New York Times», ha fatto parlare a lungo e liberamente Pinter in tutta una serie di incontri, dal 1971 al 1993. Ciò che maggiormente mi ha colpito, leggendo con attenzione le varie interviste, è la sincera passione con cui Pinter confessa il proprio impegno di cittadino responsabile contro quanti nel mondo attentano alla dignità e alla incolumità della persona umana: in Turchia, in Somalia, in Indonesia, i...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Teatro
  3. Teatro. Volume primo
  4. Teatro. Volume secondo
  5. Teatro. Volume terzo
  6. Il libro
  7. L’autore
  8. Dello stesso autore
  9. Copyright