Buongiorno ragazzi. Non tutti ragazzi, vedo. Meglio cosí. Subito una cosa fondamentale. La vecchiaia va prevista e preparata. Questa preparazione occupa gran parte della vita.
È evidente che questo lavoro comincerà dopo i trentacinque anni. Prima non sarebbe credibile. Perché prima, cioè ancora nella sfera dei venti, non sembra possibile che tale avvenire ci possa riguardare. Entrando, sia pure senza segni di riconoscimento, nella sfera dei quaranta, attenzione! I segni di logoramento, assolutamente impercettibili, esistono. Sarete voi stessi a fermarli. Non c’è altro mezzo. Davanti allo specchio ditevi: «Dimostri vent’anni, toh, venticinque». È dalla vostra convinzione che comincia la conservazione. Non è necessario essere belli per essere giovani, molte ragazze accolgono la moda con coraggio, l’importante è non accogliere la decadenza.
Intendiamoci, la pelle non è tutto, anzi viene molto dopo il cervello e altre parti del corpo. Io, per esempio, penso che sia utile ripassare giornalmente qualche cosa imparata a memoria, anche a scuola, se ci siete stati. La memoria è la compagna degli anni. La compagna virtuale, i compagni veri sono gli amici. Un vecchio senza amici è già morto. Allora il forziere è il cervello.
Sí, capisco, è un pensiero che ho avuto anch’io un’ottantina e anche piú di anni fa, quando è apparsa la sua foto sul libro di scienze. Possibile che tutto il meglio della vita stia in quell’orribile oggetto, il pensiero, la fantasia, la memoria? Anche l’amore, perché il cuore è un’invenzione, l’amore è un’idea. Tutt’al piú, ragazzina, se invece per te è lí, ha un altro nome.
Il fatto è che il cervello si cura da solo. Attenti a non contrastarlo. Piú passano gli anni e piú esige, di tutto: cibo, comprensione, attenzione. Maturando non si può vivere in modo distratto.
La platea ormai è priva di minori. I piú interessati sono i cinquantenni. Ma non è detto che anche prima non si presentino avvisaglie. La cronaca non va ascoltata. Per i centenari nazionali rimane viva l’eccezionalità e i quarantenni non si dovrebbero considerare piú dei teenager. Siamo sempre a quel punto, è una riflessione che riguarda soltanto l’aspetto e soprattutto quello della donna. Lo sappiamo, è bello portare la bambina a scuola e sembrare una sua compagna, ma entro qualche anno la pagherete.
Non è una minaccia, pagare nella vita è naturale e inevitabile. È che l’ostinata quanto inventata giovinezza apparente ha qualcosa di ridicolo che ti si ritorce contro. E soprattutto distorce dalla logica progressione naturale.
Facciano pure quello che vogliono, inquinatori e devastatori d’ogni genere, le piante dal 21 settembre cominceranno a ingiallire. Hanno delle date precise per tutta la loro vita. Vi vedo contenti al pensiero di essere dei fiori, ma purtroppo alla nostra logica fioritura stagionale si affianca il pesante fardello della struttura psicologica, quel bagaglio invisibile che fa capo all’orrido cervello. Pensate che il mondo vegetale sostiene di averlo e ne è fiero. È proprio in questa zona che si elabora l’invecchiamento come fase accettabile di una vita.
Una vita è stata valida se si può ricordarla. È facile rendersene conto perché il ricordo comincia subito, già il giorno dopo, e questo fa un po’ rabbia.
Vale la pena riflettere sulla moda di essere vecchio. Un curioso quanto tenace atteggiamento che ha avuto il suo culmine direi negli anni Sessanta-Ottanta. Un uomo giovane, poco piú che trentenne, colto, con qualche mania, un amico, cominciava a strascinare i piedi, incurvare un po’ le spalle. Il gioco si perfezionava al punto di crederci. Era irritante perché la sua vecchiaia era congegnata per essere sgradevole. Lo conoscevo abbastanza bene per sapere che non avrebbe mai voluto essere un babbo natale. La stranezza sta nel fatto che non era il solo. Siccome finivano tutti in mano a uno psicologo sul quale scherzavamo con acida ironia, nutro forti sospetti sulla psicologia spicciola molto frequentata.
Non l’ho piú rivisto quando è diventato veramente vecchio. Forse non l’avrei riconosciuto. È sposato e ha dei figli.
È curioso che gli attori che fanno i vecchi siano sempre un po’ falsi. C’è una certa qual verità se si tratta di vecchi signori, l’istintiva volontà di essere giovane è superata dalla certezza di essere un signore.
Questo non vale per un re. Li hanno fatti, i re signorili, un regista attuale non lo tollererebbe. Sarebbe assurdo, nessuno se lo aspetterebbe da lui.
Concluderei questa lezione notando che la vita ha assunto molti atteggiamenti teatrali rinnegando, forse per noia, la regola contraria. Il problema della vecchiaia è grosso, vedi in chi invecchia lo scrupolo del regista. Il giovane che si divertiva a sembrare vecchio aveva la vita facile. Si sa com’è la storia, guarda il nonno, lo zio Mario, ma adesso che lo sei veramente che strada scegliere? Soprattutto non seguire la natura come fanno ancora tanti poveracci. Si ha l’impressione che molte donne abbiano un regista. E allora rispunta il teatro, il grande falsario.
Nella grande età non si ricorda facilmente l’infanzia. Voglio dire, tu bambino non ti vedi. Ricordi fatti, luoghi, persone, non te stesso. Non la tua faccia nello specchio del bagno o il tuo corpo, non la tua voce; quella degli altri sí. Cosa pensavi ogni momento? Le storie che non hai raccontato e hai scritto possono essere ricordate. Ma come le vivevi? Perché un conto è vivere e un conto è ricordare.
Novant’anni fa ero io? È certamente il momento piú interessante della vita. Un magico momento di non identità.
Invece io col grembiule nero, un po’ grassotta, già a dieta, quindicenne alle prese con i Greci, me la ricordo benissimo, nel senso che so chi era, forse anche chi voleva essere. Quei dieci anni, undici, venti, sono – o forse erano – i piú malinconici della vita. Ogni secolo ha i suoi codici modificabili ad personam. Il mio ingresso nella donna mi ha rattristato. Gli uomini, che cominciavano a esistere nella pura fantasia, erano solo grandi artisti e morivano giovani… Il sesso a quindici anni? Non era poi cosí vicino il mondo di oggi, né desiderabile, se ce l’avessero descritto. Forse, ecco, ci sarebbe molto piaciuto che quel celebre pianista tisico fosse guarito.
Ma, tornando indietro, c’è un rapporto almeno fra i ragazzi di oggi, di ieri, dell’altro ieri? Bisogna andare molto indietro per trovare delle identità fra i secoli. Quando capita è una scoperta affascinante. È l’uomo, vero motore del mondo, che ha costruito quello che distrugge, ricostruisce e distrugge in eterno. Per fortuna lascia sempre per strada alcune cose belle e anche comode.
Ho un’amica molto giovane, bella, innamorata pazza di un uomo decisamente anziano, ottanta e piú. Nel secolo scorso sarebbe stato molto vecchio. È un uomo gradevole, un musicista, ma è vecchio, e lei ne è pazza. Bisogna dire che quel tipo di fascino è maschile. Quel tipo di uomo ha sempre una moglie incrollabile, ma l’età delle donne che lo amano decresce. La mia amica ne ha ventiquattro, di anni. Credo che sia la carezzevole gentilezza di lui a toglierle il sonno. Il suo ragazzo, educatissimo, le dà noia. Quella dolcezza si accetta solo da un uomo vero.
«Com’è un uomo vero?» le chiedo.
«Con gli anni…» mormora estatica.
Il mistero dell’amore è l’imprevedibile. Se fossi una ragazza non vorrei mai sentirmi dire: «Che bella coppia!» Chi lo può sapere cosa c’è fra noi?
Lui è partito per un lungo giro di lavoro all’estero. «Sai, – mi ha detto lei un po’ eccitata, – ho incontrato la moglie a un concerto, carinissima, lunedí lo raggiunge a New York. Ha detto se ci voglio andare. Cosa dici? – Tace. – No, vero?»
Sono contenta, lei certo no. Se ci sarà un seguito è comunque una storia finita. Spero che la ragazza non sia di quelle che si ostinano a sperare. La dolcezza che l’ha conquistata le si rivolgerebbe certamente contro. Anche l’insofferenza è maschile.
I rapporti umani non sono poi cosí difficili da capire, lo sono molto spesso se ti riguardano. Si dovrebbe riflettere sul fatto che t’innamori, direi, sempre di un estraneo. Non è impossibile sbagliarsi.
Conosco una storia parallela in cui una signora è amata da un giovane ragazzo. Troppo lontano. Credo comunque che sia stato un amore. Finito di diritto. Lasciando una rovina; ricordo di aver preso un tè con lei, felice, elegante, logica. «In casi come il mio non c’è da aspettarsi che la fine, è fatale. Lui ha vent’anni, io sessanta». Rideva. Invece non se lo aspettava. L’abbandono, è inutile, nella logica non ci rientra.
Comunque è impossibile sgomberare il mondo da questi incidenti. Dovrebbe scoccare un termine. È strano come ben pochi sentano questo tipo di campanella, in fondo è la stessa che a scuola li faceva balzare sul banco.
Io ho imparato, non senza un po’ d’attenzione e forse fatica (poca), a non tenere conto dell’istinto. È un tranello. Non siamo cosí perfetti da intuire, è questo il verbo. Questo errore sbadato è concesso solo alla giovinezza, quando piangere è quasi bello. Non ero fra loro.
È curioso come gli istintivi si vantino di possedere la chiave della vita, la quale al contrario esige una riflessione costante. È chiaro che l’istinto ti farebbe fare proprio quello che non sai fare. Opera molto sugli attori. Non è una cattiveria gratuita, è proprio il comparto piú difficile del nostro mestiere. Rinunciare ai ruoli, non sceglierli. Il problema è attualmente facilitato dal fatto che per il teatro si scrive poco, ma i nostri padri hanno dato vita virtuale a tante creature che ci piacerebbe incarnare. Ce ne tocca una su centomila. Ma l’istinto se le è tranquillamente assegnate. Il problema dell’interprete sbagliato è certamente uno dei piú gravi errori che aleggiano sulla realizzazione di un buon testo, e anche dei piú frequenti. Una sola volta mi sono sentita estranea al personaggio, che oltretutto deprezzavo. Si prova di tutto, vergogna, paura, stanchezza morale, odio per il pubblico se applaude o ride, terrore per le repliche. Mi è stato sufficiente per non ripeterlo. E non era l’istinto che mi aveva guidato, ma peggio, l’interesse. Curioso mestiere, che galleggia fra i poli della moralità.
La televisione ha legittimato l’oblio della vocazione. Si recita perché c’è una parte. Quale? Un ruffiano o una poliziotta. Quando? Domani sera.
Questo iter non mi riguarda… ma esiste. Anche nelle buone famiglie. Certe televisioni, come quella inglese, lo considerano un mestiere importante, io no. Istinto.
Alla fine dell’estate cominciavano le attese. Abbastanza importanti da essere una parte della vita. Come sarà la moda quest’anno, ve lo chiedete mai, infilandovi i soliti pantaloni? Era spesso una sorpresa che ci cambiava la vita. Può essere una ben modesta ragione di vita, ma comunque bisogna decidere che aspetto avere. È stato un tempo un assillo delle giovani donne, attualmente relegato al ripudio. Ma non sarà mai trascurato da una donna vecchia. È qualcosa di dovuto a un corpo che ci accompagna e identifica da sempre, nelle sue possibilità, anche un po’ di piú. Vestire un corpo giovane può essere facile, basta guardarsi intorno; ma vincere la battaglia estetica per le vecchie signore è un trionfo. Questo per dire che gli anni annullano tante cose, non la coscienza della propria presenza in questa scena, e questo vale per le donne come per gli uomini.
Ogni riflessione mi obbliga però a pensare, io che vivevo anche molti anni fa, che mai come adesso la vita è stata condizionata dal denaro. Ma non è un condizionamento umile, di quelli che fanno venire le idee. È un condizionamento rabbioso. La storia del mondo aiuta a sopportare, basta conoscerla, è abbastanza lunga, ma ce la si può fare. Guarda dove ti porta parlare di vestiti. Ma non basta essere vecchi per essere tentati dalle realtà passate, è una sensazione continua. Come il giovane difende il suo mondo incerto. Chi lo invidierà? Forse nessuno. Anche se ci sono dei revival ver...