V.
La storia del giudice.
IL CANTORE
Udite ora la storia del giudice:
come diventò giudice, come giudicava, che specie di giudice sia.
In quella Pasqua della grande sommossa, quando il granduca fu rovesciato
e il governatore Abašvili, padre del nostro bambino, vi lasciò la testa,
Azdak, scrivano di villaggio, trovò nei boschi un fuggiasco e lo nascose nella sua capanna.
Azdak, vestito di cenci e un po’ brillo, sorregge un fuggiasco travestito da mendicante che entra nella sua capanna.
AZDAK Piantala di sbuffare, non sei mica un cavallo. E non credere di farla alla polizia, se ti metti a correre come il moccio in aprile. Fermo, ti dico. (Riacchiappa il fuggiasco che si è buttato avanti come se volesse passare attraverso il muro della capanna). Siediti e mangia questo pezzo di formaggio. (Fruga sotto un mucchio di stracci e da una cassetta estrae un formaggio; il fuggiasco incomincia a mangiare avidamente). È un pezzo che non butti giú niente, eh? (L’altro risponde con un grugnito). Perché correvi cosí, minchione? Il poliziotto non ti aveva neanche visto!
FUGGIASCO Dovevo.
AZDAK Fifa? (L’altro lo fissa con aria ebete). Stringevi? Paura? Hm. Non biascicare con la bocca come un granduca o come un porco! Non lo posso soffrire. Soltanto i puzzoni altolocati dobbiamo prenderli come Dio li ha fatti, ma te no! Ho sentito di un giudice supremo che pranzando al bazar scorreggiava per dimostrare la sua indipendenza. Vedendoti mangiare a quel modo mi vengono i pensieri piú terribili. Perché non dici una parola? (Brusco) Mostra un po’ la mano! Non mi senti? Devi farmi vedere la mano! (Il fuggiasco, esitando, gli tende la mano). Bianca! Dunque non sei un accattone! Una truffa! Un inganno ambulante! E io ti sto nascondendo come se fossi una persona perbene... Perché poi ti metti a scappare se sei un possidente, perché lo sei, sí, non mentire, lo vedo dalla tua faccia colpevole. (Si alza) Fuori! (Il fuggiasco lo guarda con aria esitante). Che cosa aspetti, bastonatore di contadini?
FUGGIASCO Inseguito. Chiedo attenzione incondizionata. Faccio proposta.
AZDAK Cosa vuoi fare? Una proposta? È il colmo della sfacciataggine! Vuol fare una proposta! L’uomo morsicato si gratta a sangue, e la sanguisuga gli fa una proposta! Fuori, ti dico!
FUGGIASCO Capisco punto di vista. Persuasione. Pago centomila piastre per una notte, sí?
AZDAK Che, credi di comprarmi? Per centomila piastre? Un pezzettino di terra da niente. Diciamo centocinquantamila. Dove sono?
FUGGIASCO Non su di me, naturalmente. Saranno spedite, spero, non dubitare.
AZDAK Dubitare molto. Fuori!
Il fuggiasco si alza e si dirige a passettini verso la porta.
VOCE (da fuori) Azdak!
Il fuggiasco fa dietro-front e, sempre a passettini, si dirige all’angolo opposto, dove si ferma.
AZDAK (grida) Sono occupato. (Va alla porta) Stai ancora annusando qui attorno, Šauva?
POLIZIOTTO ŠAUVA (da fuori, in tono di rimprovero) Azdak, un’altra lepre in trappola! Mi avevi promesso di non farlo piú.
AZDAK (severo) Non parlare di cose che non capisci, Šauva. La lepre è un animale pericoloso e nocivo. Si ciba di piante e specialmente delle cosiddette erbacce, e perciò deve essere sterminata.
ŠAUVA Azdak, non essere cosí cattivo con me. Se non intervengo, perdo l’impiego. Tu hai buon cuore, lo so.
AZDAK Non ho buon cuore. Quante volte devo dirti che sono un intellettuale?
ŠAUVA (astuto) Lo so, Azdak, sei un uomo superiore, lo dici tu stesso; perciò io, cristiano e ignorante, ti domando: se tubano una lepre del principe e io sono un poliziotto, cosa ne devo fare del delinquente?
AZDAK Šauva, Šauva, vergognati! Eccoti qui a rivolgermi una domanda: e sai che non c’è niente di peggio di una domanda per indurre in tentazione. Neanche tu fossi una donna, diciamo la Nunovna, quella creatura del male, e come Nunovna mi mostrassi la coscia e mi dicessi: guarda qui, mi prude la coscia, cosa devo fare? Sarebbe una domanda innocente? No. Io acchiappo una lepre, ma tu metti in gattabuia un uomo, Šauva. L’uomo è fatto a immagine di Dio, tu lo sai bene, ma la lepre no. Io sarò un mangialepri, ma tu sei un mangiauomini, Šauva, e Dio ti giudicherà per questo. Vattene a casa, Šauva, e pentiti. No, aspetta, forse c’è qualcosa per te. (Guarda il fuggiasco che sta ancora, tremante, nell’angolo) No, niente, non c’è niente. Va’ a casa e pentiti. (Gli sbatte la porta sul naso. Al fuggiasco) Sei sorpreso, eh, che non ti abbia consegnato? Nemmeno una cimice potrei consegnare a quell’animale di poliziotto, mi ripugnerebbe. Non tremare davanti a un poliziotto. Ancora cosí vigliacco, vecchio come sei! Finisci il tuo formaggio, ma fallo da pover’uomo, se no ti pescano ancora. Devo anche insegnarti come si comporta un povero? (Lo spinge a sedere e gli mette in mano il pezzo di formaggio) La cassetta è il tavolo. Metti i gomiti sul tavolo e le braccia intorno al piatto, come se ad ogni momento stessero per portartelo via, cosa ne sai? Ora prendi il coltello come se fosse una falce troppo piccola e guarda il formaggio: non cosí ingordamente, piuttosto con rammarico, perché, come tutte le cose belle, sta già scomparendo. (Lo osserva) Ti stanno alle calcagna, è già un punto a tuo favore, ma come faccio a sapere che non si sbagliano sul tuo conto? Una volta a Tiflis hanno impiccato un proprietario, un turco. Aveva potuto provare che tagliava a quarti i suoi contadini, anziché a metà come è d’uso e che di tasse gliene spremeva il doppio degli altri, il suo zelo era al disopra di ogni sospetto, eppure lo impiccarono come un qualunque criminale, perché era turco e non ci poteva far niente, una vera ingiustizia. Finí sulla forca tanto ingiustamente quanto Ponzio Pilato è andato a finire nel Credo. In una parola: non mi fido di te.
IL CANTORE
Cosí Azdak dette al vecchio mendicante un giaciglio
e seppe che colui era il gran forcaiolo, il granduca stesso.
Ne ebbe vergogna e si denunciò, e ordinò allo sbirro
che lo portasse a Nukha, al tribunale, in giudizio.
Nel cortile del tribunale tre corazzieri siedono bevendo. Da una colonna pende un uomo con la toga di giudice. Entra Azdak incatenato, tirandosi dietro Šauva.
AZDAK (grida) Ho aiutato il granduca a fuggire, il gran ladro, il gran forcaiolo! In nome della giustizia, chiedo di essere severamente giudicato in pubblico dibattimento!
PRIMO CORAZZIERE Chi è quel fregno buffo?
ŠAUVA È il nostro scrivano Azdak.
AZDAK Sono un essere spregevole! Un traditore! Un infame patentato! Riferisci, piedipiatti, come ho insistito per essere messo in catene e portato alla capitale: perché ho dato per errore ricovero al granduca, ossia al gran furfante, e solo piú tardi me ne sono reso conto grazie a questo documento che ho trovato nella mia capanna. (I corazzieri esaminano il documento. A Šauva) Non sanno leggere. Ecco, l’uomo patentato d’infamia si denuncia da sé! Riferisci come ti ho obbligato a camminare con me per metà notte, perché voglio che tutto sia messo in chiaro!
ŠAUVA E sempre minacciandomi. Non è stato bello da parte tua, Azdak.
AZDAK Stattene zitto, Šauva, sono cose che tu non capisci. Una nuova era è questa, e si abbatterà su di te, sei liquidato, gli sbirri sono spazzati via, cosí, fffft! Tutto sarà investigato, tutto sarà messo in chiaro. Allora, già, uno prefe...