Honky Tonk Samurai (versione italiana)
eBook - ePub

Honky Tonk Samurai (versione italiana)

  1. 432 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Honky Tonk Samurai (versione italiana)

Informazioni su questo libro

La vita è cambiata e parecchio, per Hap e Leonard. Il loro vecchio datore di lavoro, Marvin Hanson, è diventato capo della polizia di LaBorde, e ha ceduto l'agenzia di investigazioni a Brett, la splendida infermiera rossa che ha conquistato il cuore di Hap. E se Leonard continua a lasciarsi e riprendersi con il suo compagno, John, Hap ha appena scoperto di avere, forse, una figlia di cui ignorava l'esistenza. In una sola cosa i due amici di una vita sono sempre gli stessi: «guai» è e resta il loro secondo nome. Cosí, quando una vecchia ed eccentrica signora chiede loro di ritrovare la nipote, scomparsa cinque anni prima senza lasciare traccia, Hap e Leonard si gettano a capofitto nelle indagini, scoperchiando un verminaio di corruzione e morte che li costringerà a combattere contro una masnada di motociclisti col vizio delle armi e delle metanfetamine, ma soprattutto contro il Distruttore, un misterioso e spietato killer che evira la sue vittime. Un'impresa pericolosa, per la quale dovranno chiedere aiuto a un bel po' di amici: il giornalista Cason Statler, il detective cowboy Jim Bob Luke e la micidiale Vanilla Ride: tutti nomi che i fan di Joe Lansdale hanno imparato a conoscere e ad amare.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2015
Print ISBN
9788806228293
eBook ISBN
9788858420966

1.

Non credo che andiamo in cerca di guai, io e Leonard. Sono i guai che vengono a cercare noi. Spesso comincia tutto per caso, poi qualcosa si allenta e comincia a sferragliare, come il bullone di una giostra in un luna park. All’inizio sembra una cosa da poco, solo un bullone troppo lento che fa uno strano rumore, ma poi il bullone vola via, la giostra prende a cigolare, si inclina su un fianco e zompa per aria, trasformandosi in una massa di seggiolini sfondati, metallo deformato e brandelli di carne umana.
Questa storia parte nel momento esatto in cui il bullone della giostra ha cominciato ad allentarsi.
I finestrini del furgone erano abbassati e il caldo non era ancora insopportabile, ma l’aria aveva lo stesso odore dei toast quando cominciano ad abbrustolirsi, e capisci che spalmarci sopra il burro sarà una gita di piacere. In meno di mezz’ora, entro mezzogiorno, mi sarei ritrovato con il buco del culo fradicio di sudore, e respirare sarebbe stato come inghiottire un amo da pesca dopo l’altro. Non vedevo l’ora di mettermi qualcosa di piú comodo addosso e di bermi un bel bicchiere di tè freddo, con l’aria condizionata a mille.
Eravamo seduti sul nuovo furgone di Leonard. Nuovo per lui, voglio dire. Non faceva che cambiare auto. E io non ero da meno. Non sono sicuro del motivo, ma ci ritrovavamo sempre con un’auto o un furgone diversi, per lo piú usati. Il nuovo arrivato era un Dodge color argento, e aveva solo pochi anni di vita. Ci trovavamo a due isolati dalla casa che stavamo sorvegliando.
Il tizio che ci abitava, e del quale dovevamo occuparci, aveva una moglie. E la moglie in questione si era rivolta all’agenzia di Marvin Hanson, chiedendoci di scoprire se il marito la tradiva, e con chi. Era disperata e sperava con tutta sé stessa di sbagliarsi, ma se cosí non fosse stato era decisa a chiedere il divorzio e a lucrarci sopra finché quel poveraccio non si fosse ritrovato a dover vendere le palle per trovarsi un posto dove dormire.
Non eravamo dipendenti a tempo pieno, ma ci capitava di fare dei lavoretti per Marvin, e di recente succedeva spesso. Invischiarsi in faccende di divorzio non era esattamente la mia attività preferita, ma la signora aveva ingaggiato l’agenzia per una sorveglianza di due settimane. Eravamo arrivati all’ultimo giorno di lavoro ed era ormai del tutto chiaro che il marito sessantenne non la tradiva: andava solo in palestra negli orari piú insoliti, e avevamo la netta impressione che non volesse farglielo sapere.
Secondo Leonard era perché l’idea di doversi pompare, o anche solo di volerlo fare, lo metteva in imbarazzo. A me sembrava strana, come spiegazione, ma queste cose Leonard le capisce molto meglio di me. Essendo gay, è fissato con certe forme di machismo, perciò immagino che potesse aver ragione. Forse quel poveraccio voleva stupire la moglie con il suo nuovo aspetto fisico, nella speranza che un giorno lei alzasse gli occhi e gli dicesse che era davvero diventato un gran fico. E forse continuava ad andarci cosí spesso proprio perché la moglie non gli aveva detto niente.
Ironia della sorte, ci eravamo accorti che nelle ultime due settimane aveva buttato effettivamente giú un paio di chili ed era salito di tono muscolare. La moglie doveva essersene resa conto già da prima, ma non gli aveva detto nulla perché era convinta che dietro quella dieta e i vestiti nuovi che il marito comprava ci fosse una nuova pollastrella. Aveva detto proprio cosí: «Mi sa tanto che si è trovato una pollastrella».
Era una vita che non sentivo quella parola, ma la cosa piú triste era che ero vecchio abbastanza da ricordare i tempi in cui la si usava molto piú spesso. Cominciavo a sentire gli anni che si accumulavano, sempre piú astiosi nei miei confronti man mano che mi avvicinavo al presente. Quando arrivi ai cinquanta, cominci a capire quanto tempo hai sprecato sulla faccia della terra.
Comunque, eravamo lí seduti a controllare che uscisse di casa, pronti a seguirlo e sapendo ormai perfettamente che non aveva nessuna pollastrella per le mani e che quello era il nostro ultimo giorno, dopodiché avremmo consegnato il rapporto e portato a termine l’incarico. La signora aveva pagato in anticipo quasi tutta la somma richiesta, perciò non si poteva dire che le stessimo succhiando dei soldi che non voleva spendere.
Anch’io mi ero messo a dieta. Mi tenevo in esercizio, ed ero quasi sempre in condizioni assai migliori di quanto non lasciasse credere il mio aspetto, ma desideravo di meglio per me, anche perché Brett, la rossa con cui stavo, era davvero uno splendore. Insomma, volevo che il mio aspetto esteriore corrispondesse meglio al mio stato di forma, ma la verità era che avevo dovuto cambiare metodi di allenamento, rinunciando a sollevare grossi pesi e optando per piú serie con pesi leggeri. Continuavo a fare jogging, privilegiando però il passo rapido sulla corsa. Pareva funzionasse. Non sarei mai diventato uno spettacolo per gli occhi, ma se non altro non correvo il rischio di potermi poggiare un bicchiere sulla pancia da seduto, manco fosse il bordo di un tavolino da caffè.
Perfino Leonard, che sembrava sempre in forma e pronto a entrare in azione, aveva modificato le sue abitudini alimentari e di allenamento, perché per la prima volta si era accorto di accumulare un po’ di grasso in vita. Sosteneva che quel poco di ciccia servisse a proteggere il cioccolatino fondente che aveva in mezzo alle gambe, ma visto che era color cioccolato dappertutto, ogni volta gli rispondevo che, come spiegazione, mi pareva un po’ ridondante. Senza considerare che del suo cioccolatino fondente non volevo neanche sentirne parlare.
Eravamo lí seduti e io meditavo su tutte queste faccende, trattenendo una scoreggia al pane tostato per non sembrare scortese, quando Leonard esclamò: – Ma che cavolo…?
La sua attenzione si era concentrata su un cortile dall’altra parte della strada. C’era un uomo con un cane al guinzaglio. Il cane era acquattato sul ventre e l’uomo lo stava prendendo a calci; le sue urla arrivavano fino alla macchina. A ogni calcio, il cane guaiva.
Neanche il tempo di notare la scena e mi resi conto che Leonard era già sceso dall’auto e stava attraversando la strada.
Scesi anch’io, girai intorno alla macchina e stavo per seguirlo quando lo sentii urlare: – Ehi, brutto stronzo, perché non provi a prendere a calci me?
L’uomo si interruppe e alzò gli occhi dal cane.
Io approfittai della situazione per mollare la mia scoreggia. La feci silenziosa, per non spaventare il cane, e me la lasciai alle spalle come un uovo marcio, allontanandomi dal tanfo.
– Si può sapere chi diavolo sei? – chiese l’uomo a Leonard.
– Sono l’uomo che ti metterà quel cazzo di guinzaglio al collo e ti prenderà a calci come una palla per tutto il cortile.
– Questa è violazione di domicilio, – ribatté l’uomo.
– Ed è solo l’inizio, – disse Leonard. – Che ne dici se ti cavo anche un occhio, visto che ci sono?
Insomma, a giudicare da come era cominciata, sembrava una delle nostre solite giornate.
Rimasi sul marciapiede, mentre Leonard si piazzò al centro del cortile. Aspettavo con pazienza, pronto a bloccare il mio socio quando avesse cercato di dare il colpo di grazia a quel tizio, perché ero certo che lo avrebbe fatto.
– Due contro uno, eh? – disse l’uomo, squadrandoci uno dopo l’altro. Era bello robusto: alto piú o meno come Leonard, piú grosso sia di lui che di me, e con una pancia piú sporgente delle nostre due messe insieme. Aveva l’aria di uno che avesse giocato a football a un certo livello e fosse convinto che quell’esperienza gli desse un vantaggio a tempo indeterminato su chiunque altro. Forse avrebbe fatto meglio ad andare in palestra insieme al suo vicino di casa, e a fare un po’ di esercizio e di dieta. Comunque, era grosso abbastanza da rappresentare un problema, anche solo se ti cadeva addosso.
– No, – rispose Leonard. – Uno basta e avanza.
– A te la scelta, – aggiunsi. – Tanto perché sia chiaro, io picchio piú forte. Ma stavo pensando che non ho tutta questa voglia di faticare. Sai com’è, il caldo.
– Non è vero che picchia piú forte, – obiettò Leonard. – È piú veloce, ma io sono piú potente.
– È solo uno spaccone, – dissi io. – Sappiamo benissimo tutti e due che io picchio piú duro. Oltre a essere molto piú svelto.
– Perché non ci fai vedere cosa sai fare? – chiese Leonard. – Te la cavi bene, con un cane indifeso che vuole solo assecondarti. Noi però non vogliamo assecondarti. Giusto, Hap?
– Ci puoi giurare.
– Diglielo anche tu.
– Non ci pensiamo proprio, ad assecondarti.
– Ho una proposta per te, testa di cazzo, – disse Leonard. – Tu mi dài il cane, io me lo porto via, e siamo pari. In cambio, ti tieni quella faccia di merda cosí com’è, con un naso al centro invece di un buco grosso come il mio pugno.
Il tizio sbottò a ridere. – Siete pazzi. Tutti e due.
– Proprio cosí. È per questo che cercavo di metterti sull’avviso, ma a quanto pare non ci senti.
A quel punto il tizio cominciava a dare i primi segni di preoccupazione. E faceva bene, perché la possibilità che Leonard fosse veramente pazzo era concreta. C’è in giro gente che non ha il minimo dubbio, al riguardo.
– Vuoi pensarci tu, o lo faccio a pezzi io? – mi chiese Leonard.
– Me ne starò qui, pronto a fermarti nel caso dovessi esagerare, – risposi.
– Ora basta, – intervenne l’uomo. – Questa è violazione di domicilio. Guarda che chiamo la polizia.
– Non credo proprio che riuscirai ad arrivare alla porta di casa tua, – ribatté Leonard. – E se hai un cellulare in tasca, ti assicuro che non avrai neppure il tempo di fare il numero. Certo, potresti chiamarli sempre dopo, ma non ti servirà a molto perché ti avrò già gonfiato come una zampogna. E credo proprio che faranno una fatica del diavolo a capire che cosa dici, senza piú denti in bocca e con un buco al posto del naso. Mi sa tanto che dovranno leggerti le labbra, sempre che tu le abbia ancora. Adesso chiedi scusa al cane, e consegnalo a me.
– Chiedere scusa al cane?
– Esatto.
– Non chiedo scusa a nessun cane del cazzo.
– Io lo farei, se fossi in te, – dissi. – Il mio amico fa sul serio.
– Vaffanculo. È il mio cane.
– Non piú, – risposi.
A quel punto, Leonard attraversò il cortile con una rapidità stupefacente. Sembrava di vedere uno di quei vecchi film di Dracula, nei quali il vampiro volteggia sopra la terra con la leggerezza di un filo di nebbia spinto dal vento. L’uomo lasciò andare il guinzaglio, ma il cane, un mezzo pastore tedesco che non poteva avere piú di un anno, rimase acquattato sul ventre, immobile. Mi faceva male al cuore, vederlo cosí. Amavo i cani. Amavo tutti gli animali. Sugli esseri umani ho un’opinione meno netta, ed è per questo che non mi dispiaceva affatto l’idea di quello che stava per succedere allo stronzo, anche se non potevo fare a meno di sospettare che la polizia non l’avrebbe pensata allo stesso modo, se il tizio fosse sopravvissuto e avesse avuto ancora la forza per chiamarla. Poteva darsi anche che un vicino, vista la scena dalla finestra di casa sua, avesse già provveduto, o stesse filmando tutto con il cellulare.
L’uomo sollevò le braccia e chiuse le mani a pugno, in quella che probabilmente considerava una posizione di guardia.
Merda, era cosí goffo che non ebbi alcun dubbio. La questione si sarebbe risolta in pochi secondi, e senza la minima soddisfazione.
Leonard non alzò neppure le mani e si limitò ad avanzare dritto verso l’uomo. Il tizio gli tirò un cazzotto cosí lento che avremmo potuto prendere la macchina, andare a casa, berci un caffè e tornare prima che arrivasse a bersaglio.
Cosa che, ovviamente, non accadde.
Leonard, ormai a contatto con l’uomo, sollevò il braccio sopra il pugno dell’avversario, lasciando che si scaricasse quasi interamente a vuoto dietro la sua schiena e bloccando l’avambraccio contro il suo fianco. Poi fece scattare la mano a palmo aperto e lo centrò in pieno naso. Il tizio si afflosciò, e sarebbe crollato a terra se non avesse avuto il braccio ancora intrappolato.
Il cane cominciò a strisciare sul ventre, come un soldato nell’erba alta. Mi avvicinai e presi il guinzaglio. Tirai appena, e la povera bestia si lasciò sfuggire un guaito.
– Tranquillo, cane, – dissi. – Ci pensa lo zio Leonard, a quello stronzo del tuo padrone.
Nel frattempo Leonard aveva mollato la presa sul braccio dell’uomo e lo stava prendendo a calci sulle costole, proprio come il tizio aveva fatto col cane.
– Ti piace? – diceva. – Una vera pacchia, eh, brutto stronzo? Dài, abbaia, testa di cazzo.
Il tizio non sembrava entusiasta del trattamento. Cominciò a gridare, non ad abbaiare. Che cavolo, il cane aveva solo guaito un paio di volte, mentre a giudicare dal casino che faceva quell’uomo avresti giurato che le stesse prendendo di santa ragione. E immagino che per lui fosse proprio cosí. In realtà, Leonard mi sembrava fin troppo moderato, considerando che c’erano di mezzo delle violenze su una povera bestia. Forse stava invecchiando. O magari, a pensarci bene e tenuto conto che non aveva mangiato granché, a colazione, poteva darsi che fosse solo giú di zuccheri.
Dopo un po’ Leonard doveva essersi stancato, perché smise di prendere a calci il tizio, si chinò per allacciarsi una scarpa e quando si risollevò, invece di ricominciare da capo come immaginavo avrebbe fatto, se ne rimase tranquillo.
L’uomo però non aveva ancora imparato la lezione. La faccia coperta di sangue dal naso fin sotto il mento, disse: – Questa è aggressione, brutto negro.
– Non sai proprio quando è il momento di tenere la bocca chiusa, eh? – commentai.
Leonard lo aveva già preso per le orecchie, e lo sollevò quanto bastava per mollargli una ginocchiata in faccia. Il sangue spruzzò dappertutto e l’uomo si accasciò sull’erba, immobile. Sperai che fosse atterrato su una merda di cane, e mi parve di vedere un dente che luccicava sul prato, come uno di quegli anellini di plastica che regalano con le patatine.
Leonard si avvicinò e cominciò ad accarezzare il cane. La povera bestia lo lasciò fare. Sembrava avesse capito che eravamo dalla sua parte. – Quando si sveglia lo costringo a chiederti scusa, e magari anche a leccarti un po’ il culo, – disse Leonard.
– Non l’hai amm...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Honky Tonk Samurai
  3. 1.
  4. 2.
  5. 3.
  6. 4.
  7. 5.
  8. 6.
  9. 7.
  10. 8.
  11. 9.
  12. 10.
  13. 11.
  14. 12.
  15. 13.
  16. 14.
  17. 15.
  18. 16.
  19. 17.
  20. 18.
  21. 19.
  22. 20.
  23. 21.
  24. 22.
  25. 23.
  26. 24.
  27. 25.
  28. 26.
  29. 27.
  30. 28.
  31. 29.
  32. 30.
  33. 31.
  34. 32.
  35. 33.
  36. 34.
  37. 35.
  38. 36.
  39. 37.
  40. 38.
  41. 39.
  42. 40.
  43. 41.
  44. 42.
  45. 43.
  46. 44.
  47. 45.
  48. 46.
  49. 47.
  50. 48.
  51. 49.
  52. 50.
  53. 51.
  54. 52.
  55. 53.
  56. 54.
  57. 55.
  58. 56.
  59. 57.
  60. 58.
  61. 59.
  62. 60.
  63. 61.
  64. Il libro
  65. L’autore
  66. Dello stesso autore
  67. Copyright