
- 304 pagine
- Italian
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Il metodo del Coccodrillo
Informazioni su questo libro
Un killer freddo e metodico sta seminando il panico in città. Lo chiamano il Coccodrillo. Come il rettile sa aspettare la preda e colpirla al momento giusto, e dopo aver ucciso piange, o almeno cosí sembra. Delle indagini finirà con l'occuparsi, quasi per caso e con disappunto dei superiori, un ispettore siciliano trasferito da Agrigento per punizione. Un pentito lo ha accusato di collaborare con la mafia e lui ha perso ogni cosa: il lavoro, la moglie, la figlia. Il suo nome è Giuseppe Lojacono e sorprenderà tutti, tranne il giovane magistrato Laura Piras, donna brusca e appassionata che crede in lui da subito. I due avranno modo di incontrarsi di nuovo: a Pizzofalcone.
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Informazioni
Print ISBN
9788806230883eBook ISBN
9788858422236XL.
Un pallido Di Vincenzo era seduto alla sua scrivania. Continuava a spostare e rimettere a posto gli incartamenti, come se da questo dipendesse la sua vita. Lojacono, che aspettava fermo sulla soglia il permesso di entrare, ebbe pena di lui: quello che all’improvviso gli era cascato addosso andava evidentemente oltre le sue capacità.
– Dottore, posso? Mi ha fatto chiamare?
Di Vincenzo alzò lo sguardo freddo.
– Ah, Lojacono, sí. Venga, si accomodi. E chiuda la porta.
Ancora il lei, per mantenere la giusta distanza. Agli altri graduati dava del tu. A Lojacono peraltro andava benissimo cosí.
– Vengo subito al dunque. Per qualche motivo che sfugge alla mia comprensione, la dottoressa Piras vuole che lei sia inserito nella squadra che si occupa di questa maledetta indagine, quella degli omicidi collegati tra loro, nei quali siamo coinvolti per Lorusso Mirko, il minorenne ucciso con un colpo alla testa. Credo sia perché lei, contravvenendo alle mie indicazioni, ma ora lasciamo stare, è stato il primo a intervenire sul posto. Perciò siamo convocati in questura, tra mezz’ora, per una riunione.
Era evidente il fastidio che il commissario provava per essere costretto a convocare Lojacono. Non nascondeva l’irritazione: le labbra strette, gli occhi che evitavano quelli dell’ispettore. Continuò:
– Ha quindi poco piú di dieci minuti per farsi dare da Savarese, che fino a ora aveva seguito le indagini, gli elementi in nostro possesso. Poca roba, temo; e immagino che il grosso lo sappia già perché è stato ampiamente oggetto di articoli di giornale, interviste televisive e chissà che altro. Non che altrove abbiano fatto meglio, per carità. Ma noi pare che siamo i piú colpevoli, perché il primo fatto di sangue è successo qui. Che assurdità.
Lojacono fece per alzarsi in piedi.
– Allora, dottore, io vado a parlare con Savarese…
– Un attimo solo, Lojacono. Mi dica una cosa: che le ha detto la Piras, l’altro giorno, quando siete andati al bar? E soprattutto, perché lei l’ha invitata?
Lojacono soppesò la domanda. Non dubitava che Di Vincenzo sarebbe venuto immediatamente a sapere della cosa; lo sorprendeva che avesse trovato il coraggio di fargli quella domanda.
– I suoi informatori sono imprecisi; avrebbero dovuto riferirle che è stata la Piras a invitare me, e non viceversa. Voleva ulteriori dettagli di quel mio primo sopralluogo, tutto qui. Ma io non avevo nulla da aggiungere al mio rapporto. Per inciso, le ribadisco che quella notte ero in servizio per i turni che ha controfirmato lei. E non ho alcun interesse a partecipare a nessuna indagine: salvo diversi ordini. Che sono quelli che mi ha appena dato. Posso andare?
Il collo di Di Vincenzo era diventato di nuovo rosso; a parte questo, l’uomo non tradí alcuna emozione. Indicò la porta con un gesto vago.
– Vada. Ci vediamo alla macchina tra venti minuti.
Il breve viaggio verso la questura fu silenzioso. I documenti ricevuti da un infastidito e ostile Savarese non aggiungevano molto a quello che Lojacono sapeva.
L’indagine balistica era stata effettuata sul bossolo e sul proiettile estratto in sede autoptica dalla testa di Lorusso, e confermava il calibro dell’arma, una ventidue. Le copie dei rapporti relativi all’altro omicidio, inviati via fax, confermavano la corrispondenza. L’arma era la stessa. Era stata effettuata anche l’indagine Ibis, con un software innovativo che mette in correlazione i reperti, e non c’erano dubbi.
I fazzoletti invece non dicevano molto.
A parte i residui di liquido probabilmente lacrimale, c’erano tracce di cellule epiteliali da sfaldamento, verosimilmente derivanti dallo sfregamento della palpebra. La sequenza del Dna, completata in tempi brevi tenuto conto dell’accelerazione subita trattandosi di delitti seriali, aveva confermato l’identità tra i reperti, ma purtroppo non c’era nella banca dati alcuna schedatura che consentisse di risalire a un probabile colpevole.
Nessuna traccia dattiloscopica: gli indumenti dei ragazzi, il casco di Lorusso non recavano che le impronte delle vittime. Il Coccodrillo non aveva toccato niente, o portava i guanti.
Mancavano i rilievi del terzo omicidio, troppo recente; ma Lojacono sapeva che erano già emerse le necessarie conferme, altrimenti non si sarebbe trovato là.
Seduto sul sedile posteriore insieme a Savarese, un cinquantenne corpulento e con la fronte perennemente aggrottata, l’ispettore si chiedeva perché la Piras avesse deciso di convocarlo. Non gli sembrava di aver dato l’impressione di un particolare acume, né di essersi mostrato in possesso di capacità peculiari; l’unico motivo poteva risiedere nel fatto che fin dal principio, piú per una sensazione che per un ragionamento, aveva espresso l’opinione che non si trattasse di delitti di camorra. Evidentemente questo terzo omicidio aveva convinto anche il magistrato.
Arrivati in questura seguirono Di Vincenzo, che sapeva dove andare, in un salotto al secondo piano. Attorno a un tavolo ingombro di documenti c’erano quattro uomini in borghese, una donna armata di quaderno e penna e la Piras, che li salutò con un cenno.
– Eccovi. Allora, vi conoscete tutti; l’ispettore Lojacono è qui perché l’ho convocato io, poi vi dirò perché. Lojacono, questi sono i commissari interessati dai delitti e gli incaricati delle indagini delle singole strutture, che per guadagnare tempo prego di presentarsi loro stessi, qualora intervengano alla discussione. Questa riunione si è resa necessaria, perché l’ultimo delitto, quello del Vomero alto, getta, io credo, una luce diversa sulla situazione, che dobbiamo essere pronti a cogliere.
Un uomo azzimato, non giovanissimo, intervenne un po’ infastidito.
– Scognamiglio, commissario di via Manzoni. Dottoressa, io non sono poi cosí convinto, lo voglio chiarire immediatamente, che il filone di indagini precedenti non sia quello giusto. Abbiamo accertato, grazie all’interrogatorio di Ruggieri Antonio da parte del collega Di Vincenzo, che la prima vittima, Lorusso Mirko, spacciava droga davanti alla scuola di De Matteis Giada, la seconda assassinata. Mi sembra piú che sufficiente, come relazione, per proseguire.
La Piras lo guardò freddamente.
– Scognamiglio, il Ruggieri ha anche dichiarato che Lorusso non era che un terminale periferico, un piccolissimo apprendista spacciatore che aveva fatto non piú di tre uscite in quel ruolo. E non esistono indizi, né tantomeno prove, che i due si siano mai incontrati né che la De Matteis, una ragazza che sia la madre sia i compagni definiscono assolutamente irreprensibile, facesse uso di droghe. Infine, il terzo omicidio, quello di Rinaldi, appare assolutamente estraneo ai primi due, pur essendo chiaramente eseguito dalla stessa mano. Non è cosí, Palma?
L’uomo chiamato in causa era il terzo commissario presente, un quarantenne dall’aria stropicciata con i polsini della camicia sbottonati e la faccia di chi non chiudeva occhio da piú di ventiquattr’ore.
– Si direbbe di sí. La scientifica, vista l’urgenza, ha già rilasciato il rapporto balistico: proiettile e bossolo corrispondono. Informalmente la collega che dirige l’ufficio, con la quale ho appena parlato, mi dice che i rilievi sui reperti, i fazzoletti insomma, confermano che si tratta della stessa persona. Per ora non sappiamo altro.
La Piras annuí.
– Infatti. Come previsto, quindi. Ora, tutto dipende dalla velocità con la quale riusciamo a rimodulare le nostre idee e a formulare nuove ipotesi, in questo senso…
Di Vincenzo tossicchiò:
– Chiedo scusa, dottoressa, ma devo rappresentare che sono d’accordo con Scognamiglio. Scartare cosí velocemente la pista della camorra all’indomani di questo delitto Rinaldi, senza prima accertare eventuali connessioni dello studente con le altre vittime, mi pare perlomeno affrettato. Sono dell’opinione che dovremmo prima consentire a Palma e ai suoi di effettuare i dovuti accertamenti, e aggiornare questa riunione. Che si potrebbe anche tenere in termini piú ristretti, senza distogliere i colleghi dalle indagini.
Il breve discorso di Di Vincenzo cadde nel silenzio come un macigno. Tutti guardavano da qualsiasi parte, tranne che in faccia alla Piras. Lojacono non ebbe dubbi che Di Vincenzo si riferisse a lui, quando parlava di riunione piú ristretta. La Piras picchiettò con la penna sul tavolo, annuendo; l’ispettore ormai la conosceva abbastanza per comprendere che era il suo modo di canalizzare l’ira e contenere uno scoppio di rabbia.
– Di Vincenzo, lei ha avuto piú tempo di tutti per riflettere sugli omicidi, quindi la si deve ascoltare con attenzione.
Il chiaro riferimento al fallimento delle indagini ebbe l’effetto di uno schiaffo. Il commissario rimase impassibile, ma deglutí. La Piras continuò.
– Tuttavia ci sono alcuni dati che mi fanno propendere per un cambio di direzione. Primo: la stampa ci sta letteralmente massacrando. Ogni giornale, telegiornale e sito web si sente autorizzato a chiamarci incompetenti. La gente è a disagio, l’omicidio è sempre grave ma quando si tratta di ragazzi è ancora piú grave. Secondo: siamo a un punto morto. Nessuno dice che non saranno adeguatamente indagati tutti gli elementi della vita di Rinaldi, ma dobbiamo cominciare a pensare anche a qualcos’altro, altrimenti corriamo il rischio di non vedere cose fondamentali. Come magari è già successo. Terzo, e piú importante: questo maledetto Coccodrillo, che tra parentesi come animale mi è sempre stato odioso, forse non ha ancora finito. E, salvo sua correzione, Di Vincenzo, non siamo in grado di prevedere le sue mosse.
Tacque, con una pausa densa di significato. Non aveva staccato gli occhi dalla faccia di Di Vincenzo, il quale aveva retto lo sguardo.
– Infine, e spero sia la prima e l’ultima volta che sono costretta a ricordarlo, l’indagine la coordina la sottoscritta. La quale, quando vorrà un consiglio o un’opinione, la chiederà. A meno che qualcuno non si ritenga piú adatto, e allora può metterlo per iscritto e fare un esposto al signor procuratore. C’è chi ha questa intenzione? Vorrei saperlo, per cortesia.
Il silenzio si poteva tagliare con un coltello.
– Detto questo, vi devo la spiegazione della presenza dell’ispettore Lojacono. È stato il primo a intervenire, quale funzionario di turno, sulla scena del delitto di Lorusso Mirko; e rilevò in quell’occasione la presenza dei famosi fazzoletti, che qualcuno a seguito del delitto della ragazzina De Matteis ha gentilmente provveduto a comunicare alla stampa dando i natali all’ormai celebre Coccodrillo. Ci siamo rivisti successivamente, al commissariato di San Gaetano dove presta servizio, e là ho avuto l’impressione che non fosse incline a vedere la camorra dietro ai delitti. Finché ci muovevamo soltanto in quella direzione, non mi è parso il caso di coinvolgerlo; ma ora che, di fatto, non sappiamo che pesci pigliare, mi pare il caso di sentire chiunque abbia un’idea qualsiasi.
Scognamiglio, il commissario di Posillipo, si agitò sulla sedia infastidito:
– Eh, però dottoressa, cosí ci squalifica, abbia pazienza. Ci sono delle indagini in corso, il mio vicecommissario, Marotta ha interrogato un centinaio di ragazzi per ricostruire il fenomeno dello spaccio fuori alle scuole della zona, si è fatto un mazzo cosí e lei ora ci viene a dire che non sappiamo che pesci pigliare.
Stavolta la Piras non si curò di nascondere l’irritazione. Batté il palmo della mano sul tavolo, facendo saltare penne e matite e sobbalzare la sua segretaria.
– Maledizione, Scognamiglio! Vi siete fatti un mazzo cosí, e che cosa avete ottenuto? Niente! Assolutamente niente! E i ragazzi continuano a morire, di età diverse, in zone diverse, senza un apparente nesso. Per la nostra incapacità ci sono tre morti, e magari ce ne saranno ancora! Dovreste essere i primi, lei, Palma, Di Vincenzo, a mostrare umiltà e ad accettare un aiuto, da qualsiasi fonte provenga. Se non le va bene, può andare e riceverà comunicazioni sulle modalità con cui condurre le indagini direttamente da me e dal questore.
Appena cessato l’uragano, si contarono le vittime. Scognamiglio aveva le orecchie rosse e lo sguardo basso. Di Vincenzo sembrava una statua di granito. Marotta, l’assegnatario degli interrogatori dei ragazzi, quello il cui mazzo era in discussione, batteva le palpebre con una frequenza pari a quella delle ali di un colibrí: Lojacono temette che scoppiasse in lacrime da un momento all’altro. Palma si abbottonava in fretta il colletto, come se dovesse essere passato in rivista.
La Piras tossicchiò e riprese a parlare, come se niente fosse.
– Lojacono, stavo dicendo, mi pare che non fosse sulla stessa linea delle indagini. Ci vuole dire perché, per favore?
L’ispettore se ne stava un po’ stravaccato sulla sedia, le mani nelle tasche del soprabito che contrariamente agli altri non aveva tolto, forse per sottolineare la precarietà della propria presenza.
– Per me, dottoressa, i delitti non hanno le caratteristiche degli omicidi di mafia. Nelle modalità, intendo. E quindi, probabilmente, nel movente.
Di Vincenzo sbuffò e mormorò, velenoso:
– E lei, Lojacono, di mafia se ne intende.
L’ispettore non mostrò di averlo sentito. La Piras, invece, voltò la faccia di scatto verso il commissario.
– Un’altra frase del genere, Di Vincenzo, e quant’è vero Iddio la faccio sospendere. E se dico che lo faccio non mi sfidi, la prego. Se ne pentirebbe amaramente. Lojacono, queste perplessità me le ha già espresse, e d’altronde anche noi avevamo rilevato la dif...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Perché ho scritto questo romanzo
- Il metodo del Coccodrillo
- I
- II
- III
- IV
- V
- VI
- VII
- VIII
- IX
- X
- XI
- XII
- XIII
- XIV
- XV
- XVI
- XVII
- XVIII
- XIX
- XX
- XXI
- XXII
- XXIII
- XXIV
- XXV
- XXVI
- XXVII
- XXVIII
- XXIX
- XXX
- XXXI
- XXXII
- XXXIII
- XXXIV
- XXXV
- XXXVI
- XXXVII
- XXXVIII
- XXXIX
- XL
- XLI
- XLII
- XLIII
- XLIV
- XLV
- XLVI
- XLVII
- XLVIII
- XLIX
- L
- LI
- LII
- LIII
- LIV
- LV
- LVI
- LVII
- LVIII
- LIX
- LX
- LXI
- LXII
- LXIII
- LXIV
- LXV
- LXVI
- LXVII
- LXVIII
- LXIX
- LXX
- LXXI
- Ringraziamenti
- Il libro
- L’autore
- Dello stesso autore
- Copyright