Calmati, mi dico. Resta lucido. Hai gli amanti seduti di fronte a te, ci tieni a questa terapia, non permettere ai tuoi sentimenti di distrarti dal tuo compito.
D’accordo, hai ricevuto un altro dei messaggi che Nina vuol farti credere di averti mandato per sbaglio, e quello che hai letto ti ha sconvolto, ma vedrai che non è vero. Non è mica la prima volta che usa questo trucco. Non cadere nella trappola. Lo sai com’è fatta, quando vuole punirti è capace di una slealtà senza fondo. Resisti. Concentrati.
– Si sente bene, dottore? – mi domanda Viviana. E anche Modesto Fracasso mi fissa chiedendosi cosa mi prenda.
– Sí, scusatemi, una preoccupazione passeggera. Stava dicendo, Viviana?
– Dicevo che dopo la prima seduta mi sento piú serena, e molto meglio disposta verso Modesto. Magari è la suggestione dovuta all’entusiasmo di aver cominciato la terapia, ma sono contenta della settimana che ho avuto.
– È il primo beneficio del cominciare a parlarsi, – osservo. – Dà un sollievo simile a quello del pagamento di una rata di debito.
– E quante rate pensa che ci manchino? – domanda subito Modesto.
– Dipende dall’ammontare del debito, – rispondo, lasciandolo senza parole.
– E dire che quando sono uscita di qui, l’altra volta, ero piena d’angoscia, – riprende Viviana.
– Come mai? – chiedo.
– Avevo dimenticato di andare a prendere mio figlio.
– Quanti anni ha suo figlio?
– Sedici, – risponde Modesto. E si copre la bocca con la mano.
Guardo Viviana, che volta lentamente la testa verso di lui, usando il silenzio per isolarlo.
– Perché ha risposto lei alla domanda? – gli dico.
Modesto annaspa:
– Il fatto è, dottore, che è un argomento tabú. E io, se posso dirlo senza che Viviana si arrabbi, trovo un po’ ridicolo scortare un figlio di sedici anni come se ne avesse quattro.
– Non so se Viviana abbia voglia di parlare di questo. Però lei, Modesto, me lo lasci dire, soffre d’incontinenza ironica. Pur di sentirsi il piú intelligente della stanza, accetta di buon grado l’eventualità di ferire le persone: se ne rende conto?
– Incontinenza ironica? Che bella definizione.
– Guardi, Modesto, che non ho alcun interesse a polemizzare con lei. Cerco solo di farla riflettere sulle cose che dice, quando le cose che dice fanno del male alla sua compagna.
Starebbe per dire qualcosa, ma Viviana lo anticipa.
– Mio figlio è stato aggredito per strada, un anno fa. L’hanno derubato, spogliato e riempito di botte. È per questo che aveva bisogno d’essere accompagnato, – afferma col tono che l’imputato di un processo potrebbe usare se decidesse inaspettatamente di confessare.
Modesto va in stallo. Io mi guardo bene dall’aprire bocca, assistendo agli sviluppi di quella che ha tutto l’aspetto di una rivelazione. È questo il momento del mio lavoro che mi affascina di piú. Me lo godrei appieno, se il riquadro del messaggio di Nina non continuasse a riaffiorarmi davanti agli occhi.
Lo sai che è cosí.
Quattro parole.
Le bastano quattro grammi di parole per iniettarmi un dolore che mi entra in circolo come un veleno.
È un messaggio di risposta, quello. E per quanto voglia convincermi che sia falso, non posso impedirmi di risalire alla domanda che presuppone, quella su cui Nina fa affidamento per pugnalarmi.
Due, le alternative che mi vengono in mente:
«Provi anche tu quello che provo io?»
«Ti è piaciuto?»
La prima mi sconvolge, la seconda mi dilania.
Come ho fatto a ridurmi cosí? Perché ho lasciato che questa valanga s’ingrandisse tanto?
– Quindi era questo che stavi dicendo l’altra volta, – dice Modesto a Viviana, riferendosi a un dettaglio di cui non sono a conoscenza.
– Sí, e te l’avrei detto già allora, ma andavo di fretta, – risponde Viviana.
– E perché me ne parli solo adesso? – ribatte lui abbandonandosi a un risentimento che monta via via che il retroscena di cui è appena venuto a conoscenza si chiarisce nella sua mente, giustificando una fila d’incomprensioni che covavano da chissà quanto. – Ne abbiamo discusso piú volte, quasi fino a litigare, e hai sempre tenuto la bocca chiusa. Perché?
– Perché cominciavi subito a sfottere. E non sopportavo che mi prendessi in giro. Non ti è mai passato per la testa che ci fosse una ragione valida dietro il mio comportamento.
– Ecco qua, adesso se non mi hai detto niente è colpa mia. Scusami, eh, se non ho passato l’esame di telepatia. Cristo, ma lo vedi come fai? Lo vede come fa, dottore? Si arroga il diritto di parlare quando vuole e solo di quello che vuole, mentre io devo darle conto e ragione di qualsiasi cosa faccia e soprattutto non faccia, e farmi processare a oltranza. La vuoi sapere una cosa, Vivi? Non voglio piú sopportare questo aspetto ricattatorio del tuo carattere. Non sono tenuto a leggerti nel pensiero, e tanto meno a immaginare che tuo figlio sia stato aggredito. E tu la devi smettere di punirmi se ogni tuo desiderio non è un ordine, specie se non me lo comunichi. Devi finirla di selezionare le cose da dirmi e da non dirmi. Deciditi, o mi parli o non mi parli, o sei sincera o non lo sei!
Restiamo in silenzio. Modesto distende la schiena sul divano cercando di calmare l’accelerazione cardiaca che deve avergli causato il suo comizio. Non credo si conceda spesso queste esternazioni, a giudicare da come sembra provato.
Viviana abbassa la testa e si tocca le dita. Mi verrebbe da dire che le donne si toccano sempre le dita, quando incassano in una discussione amorosa.
– Hai ragione, – sussurra, dopo un po’.
– Non darmi ragione, cazzo, – sbotta di nuovo lui, – non darmela, non la voglio. È troppo comodo cavarsela cosí.
– Cosa vuoi che faccia, che mi stenda sul pavimento e ti chieda perdono?
Sul collo di Modesto appare una vena che finora non avevo visto. Scatta in piedi, le punta il dito contro, abbassa la voce ma diventa ancora piú aggressivo.
– Non mi trattare da cretino, Viviana. Non sono tenuto a restare qui, e tanto meno a sopportare la tua arroganza quando hai torto.
Guardo la sua figura intera, il suo braccio teso, la sicurezza con cui mantiene la sua posizione sfidando la donna che ama, e non posso fare a meno d’invidiarlo.
Se con Nina avessi avuto almeno una volta la forza di aprire un conflitto cosí frontale, minacciandola di andarmene come sta facendo adesso quest’uomo, forse non mi troverei nella condizione in cui mi trovo. Ho sbagliato tutto con lei. Ho messo il nostro rapporto sugli stessi binari dell’analisi che avevamo iniziato prima d’innamorarci. Ho permesso alle sue nevrosi di entrare nel nostro amore e di sguazzarci, le ho trattate con la stessa misurata attenzione che avrei usato se fosse rimasta mia paziente, impedendo ai miei sentimenti di prendere il sopravvento, impossessarsi di me, dettare le proprie condizioni o almeno provarci, come sta facendo ora Modesto con Viviana. Anche quando mi scontro con Nina, non l’affronto mai su un piano orizzontale, paritario. Le concedo e perdono ogni colpo basso, ogni bugia, ogni scatto e ogni gesto calcolato, come dovessi giustificarla per principio, testando su di me le conseguenze delle sue azioni per poi mostrargliele, nell’illusione di aiutarla a crescere. Faccio il maestro, il padre, che cretino. Non so, davvero non so come ho potuto commettere un errore cosí elementare. Come ho fatto a perdere il controllo fino a questo punto. Sono l’equivalente del professionista affermato che si scopa la ragazzina. Sono un cliché.
– Siediti, per favore, – dice Viviana.
Modesto rimane in piedi, un fascio di nervi.
Lei gli prende le mani, in una richiesta di perdono che non potrebbe essere piú simbolica.
– Per favore.
Lui sospira, e si lascia convincere. Si rimette a sedere, ma non la guarda ancora in faccia. Viviana continua a tenergli le mani.
– Mi dispiace, – dice. – Hai ragione ad arrabbiarti. È vero, ho sempre preteso troppo da te. C’è una parte di me che vuol darti la colpa di tutto, che attacca briga e ti rimprovera per come sei fatto, mentre io vorrei solo renderti felice.
– Quindi adesso starei parlando con la tua parte non molesta? Cos’hai, una specie di doppia personalità?
– Modesto, – intervengo, – Viviana si sta scusando con lei. Mi pare che le stia dicendo una cosa importante. Non si metta sulla difensiva, l’ascolti.
– Ah, salve dottore, c’è anche lei. Sa che me n’ero quasi dimenticato?
– Dev’esserle passata la rabbia, se ha ripreso a fare lo spiritoso.
– Che vuol farci, è incontinenza ironica.
– Viviana, – dico, – credo che lei stia facendo uno sforzo di sincerità. È un momento positivo, non lo perda. Vada avanti.
– Io… credo di considerare Modesto responsabile dello stallo in cui ci troviamo. Non sopporto la sua indecisione, il suo perenne affondare la testa nella sabbia. L’idea che le cose gli vadano bene come sono, e che se fosse per lui potrebbero andare avanti cosí a tempo indeterminato, mi fa covare del rancore.
– E cosa vorrebbe che facesse? Se ora dovesse dirglielo con chiarezza…
– Io non l’ho mica capito, qual è la decisione che dovrei prendere, – m’interrompe Modesto.
– Possibile che tu debba sempre cadere dalle nuvole? Che tu non sappia mai di cosa si parla? – gli dom...