Un uomo migliore
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Un uomo migliore

Le indagini del commissario Armand Gamache

  1. 576 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Un uomo migliore

Le indagini del commissario Armand Gamache

Informazioni su questo libro

Nel mezzo di una delle peggiori alluvioni della storia del Québec, una giovane donna scompare di casa. Con le piogge che infuriano le ricerche andrebbero interrotte ma Armand Gamache si ritrova attanagliato da una domanda: cosa faresti se l'assassino di tua figlia girasse a piede libero? Mentre Three Pines è travolta da piogge e inondazioni senza precedenti, Armand Gamache, in procinto di tornare a capo della Sûreté du Québec dopo essere stato sospeso, deve gestire una duplice emergenza: quella meteorologica, con fiumi in piena e dighe che rischiano di cedere in tutta la zona; e quella legata all'improvvisa sparizione di una ragazza, Vivienne Godin. Ha venticinque anni, è incinta e tra i sospettati della sua scomparsa c'è il marito violento e alcolizzato. Ma con i media che attaccano Gamache per la gestione della calamità e lo stato di allerta nella provincia, le indagini procedono a rilento. Eppure Gamache, che ha una figlia della stessa età di Vivienne, non può fare a meno di immedesimarsi nel padre, soprattutto perché qualcosa lo porta a credere che si tratti di omicidio.

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Informazioni

Capitolo 1

Che le è preso a Clara Morrow? Fino a qualche anno fa era una grande artista. #MorrowBollita
Stai scherzando, spero. L’hanno riammesso alla Sûreté? #SûretéVergogna
– Merde.
– Merde? – Myrna Landers scrutò l’amica da sopra il suo tazzone di café au lait.
– Scusa, – disse Clara Morrow. – Volevo dire cazzo. Cazzo, cazzo e stracazzo.
– Adesso sí che ti riconosco. Il motivo?
– Non lo indovini?
– Sta per arrivare Ruth? – Myrna si guardò intorno con una smorfia di panico solo in parte simulata.
– Peggio.
– Impossibile.
Clara le allungò il telefono in silenzio, ma la libraia sapeva già cosa ci avrebbe trovato.
Prima di accettare l’invito a colazione dell’amica, aveva scorso rapidamente il feed dei suoi contatti Twitter. Sullo schermo, sotto lo sguardo del mondo intero, c’era il cadavere ormai freddo della carriera artistica di Clara Morrow.
Mentre Myrna leggeva, Clara avvolse le mani sporche di pittura intorno alla tazza di cioccolata calda, una delle specialità della casa, girando il viso verso il piccolo villaggio del Québec al di là del vetro.
Se il telefono era il coltello, pensò, la finestra era il balsamo. Non una cura miracolosa ma almeno un palliativo, la perfetta cornice intorno a un paesaggio familiare.
Il cielo grigio annunciava un temporale o una lunga pioggia: forse avrebbe addirittura nevicato. La strada era una poltiglia di fango, sull’erba lercia indugiavano chiazze di neve. Le poche persone uscite a portare a spasso il cane erano bardate con stivali di gomma e strati di vestiti, per impedire a quell’aprile di penetrare sotto pelle e nelle ossa.
Uno sforzo inutile.
Dopo i morsi dell’inverno canadese, l’inizio della primavera li coglieva sempre impreparati. Era colpa dell’umidità, degli sbalzi di temperatura e della vana speranza che di lí a poco, per forza di cose, le temperature si sarebbero alzate.
Il bosco dietro il villaggio somigliava a un esercito invernale di spettri scheletrici, le braccia penzoloni e le membra che ticchettavano nel vento.
Dai comignoli delle case di pietra, legno o mattoni usciva un rivolo di fumo, un segnale destinato a una qualche entità superiore. Aiutateci. Mandate un po’ di calore. Mandate una vera primavera e non questa merdosa sequela di giornate fredde e fangose, di neve e disgeli.
In Québec, aprile è un mese di contrasti crudeli. Di pomeriggi sublimi da passare stravaccati al sole con un bicchiere di vino per poi svegliarsi l’indomani sotto trenta centimetri di neve. La gente impreca a mezza voce per gli stivali bagnati e le macchine luride, i cani si rotolano nell’erba e si scrollano in soggiorno. Le facciate delle case sono perennemente chiazzate di fango – fango sulle pareti, sui soffitti, sui pavimenti e sugli esseri umani.
In Québec, aprile è una vera e propria tempesta di merda. Un casino di proporzioni epiche.
Ma ciò che stava accadendo oltre le grosse finestre era rasserenante, rispetto al dramma che si consumava sullo schermo del cellulare di Clara.
Lei e Myrna avevano spostato le sedie accanto al camino, dove i ceppi crepitavano e le braci guizzavano su per il comignolo di pietra. Il bistrot del villaggio sapeva di fumo, sciroppo d’acero e caffè forte appena fatto.
– Clara Morrow è nel suo periodo marrone, – lesse Myrna. – Se definissimo «merda» i suoi ultimi lavori faremmo un torto ai liquami di fogna. Speriamo che sia solo una fase, e non il requiem di una carriera.
– Oh! – Myrna posò il telefonò e prese la mano dell’amica. – Merde.
– Dio santo. Dai Reati Gravi mi hanno appena girato questo link. Sentite un po’.
Gli agenti nella stanza ascoltarono in silenzio il collega mentre leggeva a voce alta dal cellulare. – Oggi Armand Gamache rientrerà nella Sûreté du Québec dopo nove mesi di sospensione in seguito a una serie di scelte sconsiderate e disastrose.
– Disastrose? Stronzate, – sbottò uno degli agenti.
– Già. Stronzate ritwittate da centinaia di persone.
Gli agenti e gli ispettori scrollavano in fretta i post, lanciando sguardi nervosi alla porta per assicurarsi che…
Mancavano undici minuti alle otto, e la squadra Omicidi stava per cominciare la solita riunione del lunedí mattina sui casi in corso.
Solo che quella riunione non si annunciava affatto come una delle solite. Nella stanza c’era un’elettricità amplificata dalle parole che scorrevano sullo schermo dei cellulari.
– Merde, – borbottò una degli agenti. Poi scandí a voce alta: – Raggiunte le piú alte vette del potere, il capo della Sûreté Armand Gamache non ha esitato ad abusarne, consentendo l’ingresso nel Paese a grossi carichi di oppioidi. In seguito all’inchiesta, è stato sospeso dal servizio.
– Certo che ne scrivono, di balle. E comunque poteva andare peggio.
– C’è dell’altro: In un mondo ideale sarebbe stato silurato, come minimo. E forse pure processato e sbattuto in galera.
– Oh.
– È scandaloso! – esclamò una delle agenti piú anziane. – Chi è l’autore di questa merda? Neppure un accenno al fatto che il carico l’abbiamo recuperato.
– Ovvio.
– Speriamo che lui non lo veda.
– Scherzi? Lo vedrà di sicuro.
Nella stanza calò il silenzio. Si sentivano solo i clic delle dita sui telefoni, come il fruscio del vento tra i rami spogli.
Mentre leggevano, gli agenti borbottavano parole a mezza voce. Parole che per i loro nonni avevano un’aura sacrale, e che adesso invece erano semplici imprecazioni. Tabernac. Câlice. Hostie.
Uno dei piú anziani mise giú il telefono per massaggiarsi le tempie, poi lo riafferrò di scatto. – Adesso gli rispondo per le rime.
– No. Lascia fare ai piani alti. Il commissario Toussaint li rimetterà a posto.
– Per adesso è rimasta zitta.
– Risponderà. Ha fatto l’addestramento con Gamache, starà dalla sua parte.
Nell’angolo piú remoto della stanza una di loro studiava il telefono con una profonda ruga tra le sopracciglia.
Mentre gli altri erano sbiancati, lei era avvampata. Invece di un articolo o un tweet, stava scorrendo una mail.
Nonostante avesse da un pezzo superato i quaranta, Lysette Cloutier era la novellina della squadra Omicidi, alla quale era approdata di recente dal reparto amministrativo. Per anni aveva gestito nell’ombra il budget multimilionario della Sûreté, finché Gamache aveva notato il suo talento e l’aveva destinata a risolvere delitti.
Tra loro, Lysette Cloutier era l’unica che non sapeva individuare una traccia di Dna né mettersi alle costole di un assassino, però era brava a seguire i soldi. E spesso quelli portavano anche al colpevole.
Se tutti i colleghi in quella stanza si erano fatti il culo per entrare nel dipartimento piú tosto della Sûreté, Cloutier faceva del suo meglio per esserne sbattuta fuori e tornare al piccolo mondo prevedibile della contabilità, lontano anni luce dagli orrori quotidiani, dalla violenza fisica, dal terremoto emotivo della squadra Omicidi. Alle riunioni sceglieva sempre la stessa sedia: quella che dava le spalle alla lunga bacheca con le foto segnaletiche.
Scorse un’altra volta la mail che aveva appena ricevuto, poi scrisse una risposta e schiacciò su «Invia» prima di avere il tempo di ripensarci.
– Scommetto che alcuni di quei tweet li ha messi in giro Beauvoir, – fece uno dei piú giovani.
– L’ispettore capo Beauvoir? Scherzi?
All’improvviso tutti i poliziotti si girarono verso la porta, poi scattarono in piedi facendo grattare le sedie sul pavimento.
Ferma sulla soglia, lo sguardo fisso sul giovane agente che aveva parlato, c’era Isabelle Lacoste. Quando staccò gli occhi dal ragazzo per esaminare la stanza e le facce dei colleghi, le scappò un mezzo sorriso.
L’ultima volta che aveva partecipato a una riunione del lunedí era il capo della squadra Omicidi. Ora entrava in quella stessa sala con il passo zoppicante. Era guarita, ma non del tutto. Non sarebbe piú tornata quella di prima.
Gli agenti le si strinsero intorno per festeggiarla, mentre lei si affrettava a spiegare che non aveva ripreso la guida del dipartimento. Promossa a commissario, si trovava in centrale per discutere dei tempi e delle condizioni del suo rientro in servizio.
Eppure non era una coincidenza che di tutti i giorni della settimana fosse passata proprio il lunedí. Isabelle Lacoste scelse la sedia a capo tavola e fece cenno agli altri di riaccomodarsi, poi tornò a fissare il giovane agente che aveva nominato a sproposito Beauvoir.
– Spiegami un po’ cosa intendevi.
Aveva la voce calma ma una postura innaturalmente rigida. I veterani della squadra riconobbero la luce che le infiammava il volto e provarono quasi pena per lo sciocco pivellino che si era attirato i suoi strali.
– Lo sappiamo tutti che l’ispettore capo Beauvoir sta per lasciare la Sûreté, – rispose il ragazzo. – Va a Parigi, ma solo tra un paio di settimane. Nel frattempo Gamache rientra in servizio, e saranno cavoli amari. Preferirei stare sotto il fuoco nemico che nei panni di Beauvoir. E scommetto che lui la pensa come me.
– Ti sbagli, – disse asciutta Lacoste.
Gli altri rimasero in silenzio.
È giovane e stupido, pensò Lacoste. E probabilmente cerca un po’ di gloria facile.
Sapeva che quell’agente in una sparatoria non ci si era mai trovato: l’espressione che aveva usato ne era la conferma. Chiunque avesse mai puntato una pistola contro un altro essere umano, preso la mira e sparato piú volte – chiunque si fosse...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Un uomo migliore
  4. Capitolo 1
  5. Capitolo 2
  6. Capitolo 3
  7. Capitolo 4
  8. Capitolo 5
  9. Capitolo 6
  10. Capitolo 7
  11. Capitolo 8
  12. Capitolo 9
  13. Capitolo 10
  14. Capitolo 11
  15. Capitolo 12
  16. Capitolo 13
  17. Capitolo 14
  18. Capitolo 15
  19. Capitolo 16
  20. Capitolo 17
  21. Capitolo 18
  22. Capitolo 19
  23. Capitolo 20
  24. Capitolo 21
  25. Capitolo 22
  26. Capitolo 23
  27. Capitolo 24
  28. Capitolo 25
  29. Capitolo 26
  30. Capitolo 27
  31. Capitolo 28
  32. Capitolo 29
  33. Capitolo 30
  34. Capitolo 31
  35. Capitolo 32
  36. Capitolo 33
  37. Capitolo 34
  38. Capitolo 35
  39. Capitolo 36
  40. Capitolo 37
  41. Capitolo 38
  42. Capitolo 39
  43. Capitolo 40
  44. Capitolo 41
  45. Capitolo 42
  46. Capitolo 43
  47. Il libro
  48. L’autrice
  49. Della stessa autrice
  50. Copyright