Il Re Ombra
eBook - ePub

Il Re Ombra

  1. 440 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Lei è Hirut, figlia di Fasil e Getey, una ragazzina spaurita in balia di un sistema patriarcale che la vuole schiava. Ma quando i venti di guerra contro gli invasori italiani cominciano a infuriare sulle alture, Hirut, figlia di Fasil e Getey, diventa la temuta guardiana del Re Ombra: come le sue sorelle d'Etiopia ora è un soldato, che non ha piú alcun timore di ciò che gli uomini possono fare a donne come lei.

«Ambientata durante la Guerra d'Etiopia, Il re ombra è un'epica vasta e indimenticabile di un'autrice d'immenso talento che non ha paura di rischiare».
«The New York Review of Books»

1974, Addis Abeba: «È venuta a piedi e in corriera, attraversando luoghi che per quasi quarant'anni aveva scelto di dimenticare. È in anticipo di due giorni ma lo aspetterà... » Inizia cosí, con la paziente attesa di Hirut nella stazione ferroviaria della capitale etiope sull'orlo di una nuova rivolta, il lungo flashback con cui Maaza Mengiste ci conduce ai giorni dell'occupazione voluta da Mussolini nel 1935 e portata avanti con inaudita violenza malgrado i richiami della Società delle nazioni. Quando, il primo marzo 1936, l'imperatore Hailé Selassié, al comando del suo esercito, viene sconfitto a Mai Ceu e costretto all'esilio, sugli altopiani e nei villaggi dell'intero paese le donne e gli uomini etiopi organizzano una resistenza vittoriosa, combattendo battaglie il cui clamore rimanda agli epici scontri dell'Iliade. Tutto avviene secondo le regole talora cruente di una società feudale che vanta però un'antica indipendenza e una solida tradizione militare. Il re è salito su un treno che lo sta portando fuori dal suo paese, ma sui crinali dei colli appare il profilo conosciuto e amato del sovrano. È un inganno? Un miraggio? Forse è il potere dell'ombra, che restituisce ai sudditi fiducia e coraggio. Maaza Mengiste allestisce un doppio palcoscenico: sulle alture, agli ordini del nobile Kidane, si organizzano gli irriducibili combattenti etiopi, Aklilu, Seifu, Aster, Hirut, Fifi, la cuoca e innumerevoli altri; mentre sul terrazzamento a strapiombo sulla valle il colonnello Fucelli fa costruire la base italiana dove si fronteggiano opposte concezioni dell'onore e del coraggio, e si sperimenta con inquietante coerenza come una forma d'arte possa diventare un'arma. Nelle fotografie scattate da Ettore Navarra, il soldato ebreo cui viene dato l'ordine sadico e pornografico di immortalare esecuzioni e nudi femminili, leggiamo insieme talento e crudeltà, obbedienza e indifferenza a se stesso. Incrinate, l'una e l'altra, dal coraggio intelligente di Hirut, che si sottrae al ruolo di vittima del suo obiettivo per assumere quello di testimone e poi custode di un archivio d'immagini che raccontano la Storia e la rettificano.
Anna Nadotti

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Il Re Ombra di Maaza Mengiste, Anna Nadotti in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Letteratura generale. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2021
Print ISBN
9788806247263
Libro primo

Invasione

1935

Hirut sente che Aster sta urlando il suo nome, la sta chiamando con una voce che rischia di spezzarsi per lo sforzo. Hirut alza gli occhi dal pigro fuoco cui sta badando in un angolo del cortile. È curva su uno sgabello, vicino a un mucchio di cipolle che aspettano di essere pelate. Alle sue spalle, in cucina, la cuoca sta tritando la carne per la cena. Aster dovrebbe essere a letto a bere il suo caffè, raggomitolata sotto una morbida coperta, magari guardando fuori dalla finestra e ammirando i suoi fiori. Dovrebbe essere una mattinata tranquilla. Hirut s’irrigidisce per quell’intrusione. Poi Aster la chiama di nuovo, e stavolta lo fa con un tono e un’autorevolezza tali che la cuoca interrompe il suo rapido tritare, gli uccelli del mattino si zittiscono, e perfino il grande albero appena oltre il cancello sembra trattenere il respiro e restare immobile. Per un attimo, nulla si muove.
Cos’ho fatto? Hirut sente le sue mani che tremano.
La cuoca si affaccia alla porta di cucina, allarmata: È nella nostra stanza. Indica l’alloggio della servitú. Cosa ci fa là dentro? Sbrigati, tirati su.
Hirut lascia cadere il rametto con cui stava smuovendo il carbone e si tira su. Il pensiero prende forma: Aster è nell’alloggio della servitú. È dentro quella stanza che Hirut divide con la cuoca, dove la sera vanno a recuperare forze e a dormire. È un posto separato dalla casa di tante stanze dove Aster vive con il marito Kidane. È uno spazio che non è uno spazio, una stanza che è meno di una stanza. È un antro buio scolpito in notti d’infinita stanchezza. Non è fatto per essere visto alla luce del giorno. Non è fatto per una persona come Aster.
È là dentro?, chiede Hirut.
Non ci è mai andata prima. La donna piú anziana viene sulla soglia, si regge agli stipiti con le braccia robuste mentre si sporge per guardare lo stretto sentiero che porta all’alloggio della servitú, come se avesse paura di abbandonare la sicurezza della cucina. Kidane è tornato?
Hirut scuote il capo. Kidane ha preso il cavallo e se n’è andato prima dell’alba.
Perciò ci siamo solo noi, dice la cuoca. Mentre io gli preparavo la roba, lei litigava con Kidane.
Hirut vuol dire alla cuoca che Aster dovrebbe, in realtà, essere a letto. Dovrebbe starsene distesa per alleviare il dolore delle regole mensili. E loro dovrebbero passare la giornata come al solito, lavorando finché la volta del cielo penderà pesante su di loro, sovraccarica di stelle.
Su, vai. La cuoca rientra in cucina, ma fissa intensamente Hirut, con il coltello molle nella mano. Prima che si metta a guardare tra le nostre cose, aggiunge. Sistema il fazzoletto che le copre il capo spingendo indietro le rade ciocche grigie che sbucano sulla fronte.
La cuoca si riferisce al vecchio fucile che il padre aveva dato a Hirut poco prima di morire. Insieme al vestito con cui era arrivata e alla collanina che porta al collo, Hirut non ha nient’altro di suo in questo mondo.
È tutto nascosto, dice, perché la cuoca sembra stranamente ansiosa.
Aster la sta chiamando di nuovo, e l’insistenza cede ora a una collera incontrollata.
La cuoca si piega come se quella voce la tirasse. Vai!, urla. E rispondile!
Hirut si alza di scatto. Arrivo! Corre verso l’alloggio della servitú.
Si ferma sulla soglia e per la prima volta si rende conto di quanto è piccolo, di quanto è squallido e ridotto lo spazio che per quasi un anno ha chiamato casa. Nella semioscurità di quel cubicolo, Aster, che indossa una bella veste abesha, sembra troppo per quello spazio che non riesce a contenere quasi nulla. È meno di uno sgabuzzino, è un buco senz’aria con pareti di fango, paglia e sterco. Non c’è una vera porta né una vera finestra. Lei e la cuoca dormono su sottili materassi che devono arrotolare per potersi muovere. Ci sono solo brandelli di vecchie lenzuola inchiodati su strette aperture, stracci che raccolgono polvere e buio. È uno spazio a misura di due persone costrette a misurare la propria vita intorno a una donna e suo marito. Non è stato costruito per una abituata a vestiti eleganti e a brezze leggere attraverso tende di seta.
Dov’eri finita? Aster si gira a guardarla. I suoi capelli corti disegnano un arco perfetto nella striscia di sole che entra dalla finestrella sopra la sua testa. La scarsa luce le dipinge un lieve rossore sulle guance lisce. È in piedi nell’unico punto in cui il sole penetra nella stanza, attraverso quel buchetto non piú grosso della testa di Hirut, ricavato nella parete come un ripensamento. Ogni mattina, la cuoca aggancia a un chiodo un lato della tenda sdrucita per dare aria alla stanza, e ogni sera lo sgancia per richiudere.
Dov’è la collana? Ridammi la mia collana.
Hirut osserva un fievole raggio di sole che si allunga fino ai piedi di Aster, come se anch’esso fosse agli ordini di quella donna. È a capo chino quando Aster s’infila nel suo angolo di stanza.
Lui cerca di proteggerti. Aster solleva il materasso di Hirut e poi lo lascia cadere, pulendosi le mani in una piega dell’abito che appare troppo bianco in quella stanza scura. Prende la piccola cassa in cui Hirut e la cuoca tengono i loro pochi averi e ne rovescia il misero contenuto. Lui dice di averla persa ma io so che è qui.
Aster lascia la cassa e scruta le poche cose, appianando con una mano il davanti della lunga veste abesha. È una donna aggraziata e morbida là dove Hirut è pelle e ossa. Non è molto piú alta di Hirut, ma sull’irregolare pavimento di terra battuta, appare imponente.
Me la diede mia madre perché la dessi a mio marito quando mi sposavo. So che non l’ha persa. Socchiude gli occhi e squadra Hirut dall’alto. Mi nasconde qualcosa.
Hirut si stringe nelle spalle come le ha insegnato a fare la cuoca. Vorrebbe dire che lei non ha colpa se Aster litiga con suo marito. Non è colpa sua se Kidane è gentile con lei, non può farci niente se questo fa piangere Aster.
Non so dov’è, dice. Sa che nei primi giorni del lutto per la morte del loro unico figlio Aster ha buttato via molte cose. Ha fatto un mucchio con i vestiti e le mantelle migliori e perfino con i gioielli e li ha bruciati nel compound, battendosi il petto mentre le fiamme cominciavano a divorare gli oggetti. Secondo la cuoca, Aster continuava a cercare alcune cose dimenticandosi di averle bruciate. Non l’ho mai vista, aggiunge Hirut.
Vorresti farmi credere che Kidane l’ha buttata via? Scoppia a ridere. O magari vuoi che pensi che è stato lui a dartela?
Kidane è quello che sua madre soleva chiamare «fratello» e «amico» e a volte diceva perfino, Hirut, Kidane è come un figlio per me anche se ci separano pochi anni. Mi sono presa cura di lui quando sua madre morí. L’ho portato sulla schiena quando io stessa ero poco piú che una bambina. Siamo cresciuti insieme, io e lui. È un uomo che si è mostrato gentile con me, e quando dovessi morire, si prenderebbe cura di te. E dal momento che sua madre lo amava tanto, dopo la morte dei genitori Hirut era venuta in questa casa già volendogli bene. Non è colpa sua se anche lui gliene vuole, se la chiama Piccola, Sorellina, e Rutiye.
Sai cosa facciamo con i ladri?, chiede Aster. Nella scarsa luce della stanza, è difficile ravvisare la bellezza che è sempre orgogliosa di ostentare: gli occhi luminosi e gli zigomi alti, le labbra turgide e il collo sottile che declina verso spalle che non hanno mai portato il peso sfiancante delle brocche d’acqua e delle fascine di legna da ardere. Se la trovo qui dentro, nemmeno Kidane potrà aiutarti.
Hirut sa cosa succede ai ladri. Ha visto quegli uomini e ragazzi miserabili che chiedono l’elemosina al mercato, i loro corpi scheletrici intralciati da una gamba e una mano mancante, i loro occhi ancora sbarrati per lo shock di una perdita crudele. L’acidità le serra la gola.
Aster solleva il materasso di Hirut. Poi lo srotola e scioglie la corda che Hirut usa per tenere il fucile ben stretto al suo posto. La cuoca diceva che Aster gliel’avrebbe portato via, se l’avesse visto, ma Hirut non avrebbe mai pensato che Aster potesse entrare in questo posto che era solo per la servitú. Pensava che ci fossero posti in cui Aster non metteva piede. A Hirut manca il respiro mentre guarda la corda scivolare dal materasso. È passato tanto tempo da quando era a casa, tanto tempo da quando poteva muoversi senza chiedere permesso, fare quel che andava fatto anziché ciò che veniva chiesto. Allora non era solo una serva. Era una che non aveva paura di possedere ciò che le apparteneva.
Poi Aster dice, Cos’è questo? È tuttora dritta sotto l’alta finestra, con la coperta e il fucile che le penzolano da una mano.
Si sente una zaffata di un fetore al quale Hirut non si è mai abituata. Viene da un basso cumulo di pietre vicino all’ingresso dove Kidane, da ragazzo, ha imparato a macellare le pecore per le occasioni speciali. Sotto quelle pietre c’è un fossatello dove colava il sangue. È quello l’odore che senti, le aveva detto la cuoca il giorno che era arrivata lí. È il marciume del sangue, ci farai l’abitudine. Nella stanza aleggia ancora il puzzo di sangue vecchio, di animali inermi, di piscio ed escrementi che filtravano nel terreno, istinto e terrore combinati.
Di chi è questo fucile?
È mio, dice Hirut.
Il fucile era il bene piú prezioso del padre di Hirut. È troppo grosso per la piccola cassa cosí Hirut lo tiene avvolto nel mucchio di paglia e coperte che usa come giaciglio, ben coperto da un grosso lenzuolo che annoda agli angoli per compattarlo. Nelle notti in cui è piú stanca, si corica in modo da sentire il fucile al suo fianco e finge che sia il braccio di sua madre.
Aster espone il fucile alla luce. È vecchio, dice. Passa il dito sulle cinque scalfitture della canna, il padre di Hirut diceva che quei segni lo aiutavano a contare gli italiani che uccideva. Lo sai usare? Lo soppesa, ne valuta il bilanciamento. Mio padre mi ha insegnato, come ha insegnato ai miei fratelli. Aster si poggia il calcio contro la spalla, con una mano stabilizza la canna. Dove l’hai preso?
A casa, dice Hirut.
Casa: a cinque chilometri esatti da questo posto chiamato anche casa di Aster e Kidane. Cinque chilometri: una distanza che Hirut comprenderà solo in seguito, quando capirà che tutte le cose, anche quelle perdute, possono essere messe sulla carta e misurate. Ciò che comprende, mentre in piedi sulla soglia della sua minuscola stanza fissa Aster, è che se anche potesse correre laggiú a tutta velocità, non diminuirebbe la distanza che la separa dal pezzo di terra che ha accolto i resti dei suoi genitori. È lontana da casa.
Casa, ripete. Me l’ha dato mio padre.
In quel momento Hirut sente una mano sulla spalla. Si gira ed è Kidane, immerso nella calda luce pomeridiana.
Cosa state facendo qui? La sagoma di Kidane riempie la porta oscurando la luce. Un rivolo di sudore gli scurisce la tunica bianca intorno al collo. I jodhpurs bianchi sono impolverati al fondo; dall’orlo pende una foglia. Cos’è successo?
Chiedile dove ha messo la collana.
Kidane scruta la faccia di Hirut, poi si gira verso la moglie. Dove hai preso quel fucile? È stupito. Ce l’aveva la cuoca?
È suo, dice Aster. Poi tossisce, arricciando il naso. C’è puzza qui dentro. Non si lavano.
Ridaglielo. Kidane lo dice col tono che usa quando si aspetta di essere obbedito. Non è tuo.
La risata di Aster sfregia la stanza. Intendi lasciarla disobbedire agli ordini dell’imperatore? Secondo il tuo comandante, questo ora appartiene all’esercito d’Etiopia.
Kidane si asciuga il collo col fazzoletto, poi lo rimette in tasca. Scuote la polvere dai jodhpurs. Si direbbe che stia riflettendo. Poi dice, Posso vederlo, Piccola?
Aspetta che Hirut annuisca prima di farsi dare il fucile da Aster. Lo tiene con entrambe le mani. Se lo preme contro la spalla come ha fatto Aster poco prima, e come il padre di Hirut aveva insegnato alla figlia.
È un Wujigra, dice Kidane. Mio padre ne usò uno nella battaglia di Adua quando affrontammo gli italiani per la prima volta. Questo deve avere almeno quarant’anni, forse cinquanta. Lo solleva piú in alto e guarda nel mirino, punta al cortile, come se potesse vedere oltre, attraverso i muri e di là dal cancello, verso la vecchia casa di Hirut lontana tutti quei chilometri. Hai i proiettili?
Hirut ha memorizzato il contenuto della cassa che è sparpagliato intorno ai piedi di Aster: il fazzoletto di ricambio della cuoca, nel quale sono avvolti tre talleri di Maria Teresa e due bottoni azzurri; il vestito ora troppo piccolo che Hirut indossava quando è arrivata; un pezzetto di carbone che usa per disegnare; un piatto di ceramica incrinato con dei fiori rosa che appartiene alla cuoca; il manico di una brocca dell’acqua che anche appartiene alla cuoca; e un proiettile che è di Hirut.
Dove sono i proiettili? Kidane abbassa il fucile. Quanti ne ha?
C’è solo quell’unico proiettile. C’è sempre stato un solo proiettile e appartiene a quel fucile e quel fucile appartiene a lei. Suo padre le fece promettere di tenerli separati se non era realmente in pericolo, e a quel punto, bambina mia, lo imbracci come ti ho insegnato e miri al cuore come ti ho fatto vedere e non devi aver paura di nulla salvo che di lasciar vivo il tuo nemico.
Non sapevo nemmeno che l’avesse. Aster si mette le mani sui fianchi, e nella semioscurità Hirut vede che le trema il mento, che il modo in cui guarda Kidane oscilla fra la tenerezza e lo sgomento. Cosa ci facevi con questo?
Non adesso. La voce di Kidane è un sussurro. Piccola. Si schiarisce la gola.
Questo fucile è importante per me. Lo sai che presto ci sarà una guerra?
La guerra è la sola cosa di cui parlano la cuoca e i domestici che s’incontrano al mercato. Si riuniscono e sussurrano di schiavi liberati e di liberazione da parte dell’esercito ferenj. Scuote il capo.
Sta mentendo, dice Aster. Guarda. Sventola un pezzo di carta.
È uno di quei manifestini sparsi dovunque al mercato. Hirut non sapeva che la cuoca ce l’avesse. Non sapeva che fosse una cosa che la cuoca teneva nascosta.
Era nella coperta della cuoca. Sono i volantini che gli italiani hanno lanciato dagli aerei. Ne ho sentito parlare. Gli promettono di liberarli se si schierano con i ferenjoch.
Kidane prende il pezzo di carta e lo guarda controluce. Da dietro affiora un disegno sghembo. Uno scheletrico mendicante in catene s’inginocchia davanti a un uomo con una grossa testa con la corona. Sotto, e dopo una serie di parole, lo stesso mendicante si erge con le catene spezzate, ai piedi la corona dell’imperatore in frantumi. Il mendicante, che adesso è un po’ piú in carne, saluta un soldato, tendendo rigidamente in alto un braccio con un sorriso di giubilo.
Questi italiani vogliono scatenare una rivolta prima di tentare l’invasione del paese, dice Aster. Mussoloni vuole che questa gente si unisca al suo esercito.
Ma se non sanno leggere. Kidane fissa ora il volantino ora il fucile.
Però capiscono le figure. Aster strappa via la coperta della cuoca e scuote il materasso, continuando a cercare. Le fioriscono intorno nugoli di polvere. E adesso a lei cosa dici?
Hirutiye, dice Kidane. Questo fucile mi serve. Ci sarà la guerra e ci servono tutte le armi che riusciamo a trovare. Gli italiani ne hanno molte piú di noi. La guarda con quei suoi occhi gentili, scusandosi in un modo che le dà il coraggio di dire:
Me l’ha dato mio padre. Mi ha detto di tenerlo sempre con me.
Se non raccogliamo tutte le armi che ci sono in questo paese, avremo perso ancora prima che la guerra cominci, dice Kidane. Non allenta la presa, non glielo restituisce. Lo tiene con entrambe le mani. L’imperatore in persona ha detto a tutti di consegnare le armi. L’ha detto lui, alla radio. Tutti dobbiamo farlo. Lo farebbe anche tuo padre, se fosse vivo.
No. È mio. L’ha guardato negli occhi altre volte: dove prima c’era gentilezza, adesso c’è una durezza nuova per lei, un ammonimento velato da qualcos’altro che non capisce. Ma Hirut riesce a pensare solo al giorno in cui suo padre, già febbricitante e scosso dai brividi, con le guance innaturalmente scavate, le aveva affidato il fucile. Non si lascerà portar via quel fucile.
Lo riavrai. Te lo prometto, dice Kidane. È di nuovo gentile, benevolo.
Piantala di parlarle come se fosse capace di ragionare, dice Aster allungando una mano vers...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il re ombra
  4. Prologo. Attesa
  5. Libro primo. Invasione
  6. Libro secondo. Resistenza
  7. Libro terzo. Ritorni
  8. Epilogo. Ricongiungimenti
  9. Nota dell’autrice
  10. Ringraziamenti
  11. Il libro
  12. L’autrice
  13. Copyright