La somiglianza
eBook - ePub

La somiglianza

  1. 552 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La somiglianza

Informazioni su questo libro

La detective Cassie Maddox è stata trasferita dalla squadra omicidi di Dublino, ma nel cuore della notte riceve una telefonata dal suo vecchio capo Frank Mackey: una giovane donna è stata trovata uccisa, pugnalata al petto, in un cottage diroccato della campagna irlandese. Un caso come tanti, non fosse che la vittima assomiglia in modo sorprendente a Cassie, quasi una sosia, e si chiama, stando ai documenti che le trovano addosso, Lexie Madison: lo stesso nome che Cassie aveva usato come copertura nella sua prima missione, per infiltrarsi in un giro di trafficanti di droga. La detective non può tirarsi indietro, deve sapere la verità, e decide cosí di accettare la proposta di Frank tornando a indossare i panni di Lexie, prendendo il posto della ragazza, senza che venga divulgata la notizia della sua morte, in modo da indagarne le frequentazioni. Scoprirà cosí di avere in comune con lei molto di piú dei tratti somatici e del nome falso...

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a La somiglianza di Tana French, Katia Bagnoli in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Literatur e Kriminal- & Mysterienliteratur. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

1.

Questa è la storia di Lexie Madison, non la mia. Mi piacerebbe raccontarvele separate, ma non è possibile. Un tempo pensavo di essere stata io, con le mie mani, a cucirci insieme strette strette, e quindi di poterci separare in qualsiasi momento lo desiderassi. Ora so che il legame è sempre stato molto piú profondo, molto piú radicato, fuori dalla mia portata e dal mio controllo.
Questa parte comunque riguarda me: ciò che ho fatto. Frank attribuisce ad altri la responsabilità, in particolare a Daniel, mentre mi sembra di capire che secondo Sam, non so per quale oscuro e misterioso percorso, la colpa sia imputabile a Lexie. Quando dico che non è cosí loro mi guardano di sottecchi e cambiano argomento, e ho l’impressione che Frank mi ritenga affetta da non so quale raccapricciante variante della sindrome di Stoccolma. A volte capita, agli agenti infiltrati, ma non questa volta. Io non cerco di proteggere qualcuno; non è rimasto nessuno da proteggere. Lexie e gli altri comunque non verrebbero a sapere delle accuse e, qualora accadesse, non gliene importerebbe nulla. Credetemi: forse qualcun altro ha distribuito le carte, ma sono stata io a giocare la mano, e avevo le mie buone ragioni.
La cosa principale da sapere sul conto di Alexandra Madison è la seguente: non è mai esistita. L’abbiamo inventata Frank Mackey e io, tanto tempo fa, in un luminoso pomeriggio estivo, nel suo polveroso ufficio di Harcourt Street. Frank aveva bisogno di agenti da infiltrare in un giro di spaccio all’UCD, l’University College Dublin. Io volevo l’incarico, probabilmente piú di quanto avessi mai desiderato qualcosa.
Era una leggenda, Frank Mackey: poco piú che trentenne e già capo della sezione; il miglior infiltrato d’Irlanda, dicevano, sprezzante del rischio, un equilibrista spericolato. Entrava a far parte di cellule dell’IRA e bande criminali come se frequentasse il pub sotto casa. Mi avevano raccontato di quando Snake – delinquente fuori di testa di prima categoria – si era fatto sospettoso e aveva minacciato di bucargli le mani con una sparachiodi. Frank lo aveva guardato negli occhi senza un fremito ed era riuscito a intortarlo al punto da ricevere una pacca sulla schiena e un Rolex falso in segno di scuse. Lo porta ancora, quell’orologio.
Ero una recluta appena uscita dal Templemore Training College. Un paio di giorni prima, quando Frank aveva mandato la richiesta di volontari diplomati che potessero passare per ventenni, io, con indosso una giacca giallo fosforescente troppo larga, pattugliavo una cittadina che si chiama Sligo, dove gli abitanti hanno l’inquietante caratteristica di assomigliarsi tutti. Avrei dovuto essere nervosa all’idea di incontrare Mackey, invece non lo ero. Pensavo solamente a ottenere l’incarico.
Attraverso la porta aperta del suo ufficio, lo vidi seduto sul bordo della scrivania: indossava jeans e maglietta scoloriti e sfogliava il mio dossier. Era una stanzetta caotica, una specie di magazzino. Spoglia la scrivania, sprovvista di foto di famiglia; sugli scaffali documenti mescolati a CD di blues e giornali, un mazzo di carte da poker e un cardigan rosa, da donna, con ancora attaccata l’etichetta. Decisi che mi piaceva.
– Cassandra Maddox, – disse lui, alzando gli occhi.
– Sissignore –. Era di altezza media, in buona forma fisica, con le spalle robuste e i capelli castani tagliati a spazzola. Mi aspettavo una persona anonima al punto da risultare invisibile, come «l’uomo che fuma» di «X-Files»; invece Frank colpiva per i tratti decisi e i grandi occhi azzurri, e il tipo di presenza fisica che al passaggio non lascia certo indifferenti. Non il mio genere, ma di sicuro oggetto di molte attenzioni femminili.
– Chiamami Frank. «Signore» è per gli imbrattacarte –. L’accento era da vecchia Dublino, lieve ma consapevole. Si alzò dalla scrivania e mi tese la mano.
– Cassie, – dissi ricambiando la stretta.
Indicò una sedia e tornò ad appollaiarsi. – Qui c’è scritto, – cominciò picchiettando con un dito sul mio dossier, – che reggi bene la pressione.
Impiegai qualche secondo per capire a che cosa si riferiva: durante il mio addestramento, in una zona degradata di Cork ero riuscita a convincere un adolescente schizofrenico e paranoico a non tagliarsi la gola con il rasoio a mano libera del nonno. Me n’ero quasi dimenticata, e certo non mi era passato per la mente che potesse essere proprio quell’episodio a farmi risultare adatta all’incarico.
– Lo spero, – dissi.
– Quanti anni hai... ventisette?
– Ventisei.
Ero illuminata dalla luce che entrava dalla finestra, e lui mi fissò a lungo. – Potresti dimostrarne ventuno senza problemi. Qui dice che hai frequentato l’università per tre anni. Dove?
– Trinity. Psicologia.
Aggrottò le sopracciglia, come per prendermi in giro. – Ah. Una professionista. Perché non hai finito?
– Ho sviluppato un’allergia agli accenti angloirlandesi sconosciuta alla scienza.
Approvò. – L’UCD ti provocherà un rash cutaneo?
– Prenderò gli antistaminici.
Saltò giú dalla scrivania e avvicinandosi alla finestra mi fece segno di raggiungerlo. – La vedi quella coppia laggiú?
Un ragazzo e una ragazza che camminavano chiacchierando. Lei prese le chiavi dalla borsa e aprí il portone di un brutto caseggiato. – Parlami di loro, – disse Frank. Si appoggiò alla finestra e, infilati i pollici nella cintura, rimase a guardarmi.
– Studenti, – cominciai. – Zaini coi libri. Hanno comprato le provviste: i sacchetti della spesa di Dunnes. Lei se la passa meglio: giacca costosa; lui invece jeans rattoppati sul ginocchio, ma non di quelli alla moda.
– Fidanzati? Amici? Dividono l’appartamento?
– Sono una coppia. Camminavano vicini, le teste che si sfioravano.
– Stanno insieme da tanto tempo?
Mi piaceva il modo in cui lavorava la mia mente. – Sí, da un po’ – risposi. Lui mi osservò con aria interrogativa e per un momento mi fece dubitare di quello che avevo detto, poi capii perché avevo dato quella risposta. – Parlando non si guardavano. Le coppie appena formate si guardano di continuo, quelle consolidate non sentono il bisogno di controllarsi cosí spesso.
– Vivono insieme?
– No, altrimenti lui avrebbe tirato fuori le sue chiavi. Quella è casa di lei. Probabilmente divide l’appartamento con qualcuno, perché prima di entrare hanno guardato in su per controllare se le tende erano scostate.
– Che rapporto hanno?
– Buono. Lei lo ha fatto ridere. Di solito, finita la fase di corteggiamento, i maschi non ridono alle battute delle ragazze. I sacchetti della spesa li portava lui, e lei gli ha tenuto aperto il portone: si prendono cura l’uno dell’altra.
Frank annuí. – Bel lavoro. Per gli infiltrati l’intuizione è tutto, e non sto parlando di stronzate psicologiche ma della capacità di osservare e analizzare senza neanche accorgerti di farlo. Il resto è velocità e coraggio. Quando dici o fai qualcosa, devi essere convinta. Se ti fermi a riflettere sei fregata, probabilmente morta. Per un anno o due sarai irreperibile. Hai famiglia?
– Due zii.
– Ragazzo?
– Sí.
– Tu potrai metterti in contatto con loro, ma non viceversa. Credi che lo accetteranno?
– Per forza.
Era ancora in piedi, appoggiato alla finestra con aria rilassata, ma il bagliore gelido nei suoi occhi non mi sfuggí: mi scrutava.
– Non stiamo parlando di un cartello colombiano, e tu tratterai soprattutto con i gradi piú bassi, perlomeno all’inizio, però devi sapere che non è un lavoro privo di rischi. Nella metà dei casi questa gente è fuori di testa, nell’altra metà prende molto sul serio le proprie attività, e questo significa che nessuno dei due gruppi si farebbe il minimo scrupolo all’idea di ammazzarti. La cosa ti rende nervosa?
– No, – risposi, e ne ero convinta. – Per niente.
– Bene, – disse lui. – Prendiamo un caffè e mettiamoci al lavoro.
Impiegai un minuto buono a capire che l’accordo era concluso. Mi ero aspettata un colloquio di tre ore e un mucchio di strani test a base di macchie d’inchiostro e domande sul conto di mia madre, invece non è cosí che lavora Frank. Ancora non so esattamente quando, durante la nostra breve conversazione, prese la decisione. Ho aspettato a lungo il momento giusto per chiederglielo, ma ora non sono piú sicura di voler sapere che cosa aveva visto in me, cosa gli aveva fatto pensare che io fossi la persona giusta.
Al self-service prendemmo due caffè che sapevano di bruciato e un pacchetto di biscotti al cioccolato, e passammo il resto della giornata a inventare Alexandra Madison. Il nome lo scelsi io, «Cosí te lo ricorderai meglio», aveva detto Frank. Madison perché assomiglia abbastanza al mio cognome da farmi voltare, se lo sento, e Lexie perché da bambina avevo chiamato cosí la mia sorellina immaginaria. Frank prese un foglio e scrisse la cronologia della sua vita. – Nata all’Holles Street Hospital il 1° marzo del 1979. Padre, Sean Madison, impiegato dell’ambasciata in Canada, cosí in caso di necessità ti togliamo di mezzo in fretta: un’emergenza familiare e via su un aereo. Vuol dire che hai passato l’infanzia trasferendoti da un posto all’altro, e questo spiega perché nessuno ti conosce.
– L’Irlanda è piccola, c’è sempre l’amica di un cugino che è stata a scuola con te.
– Potremmo farti risultare straniera, ma non mi va che parli con un accento. Madre, Caroline Kelly Madison. Lavora?
– Fa l’infermiera.
– Attenta. Pensa in fretta e considera le eventuali implicazioni. Per lavorare in un paese straniero le infermiere devono far riconoscere e convalidare il diploma. Diciamo che ha studiato da infermiera e ha lavorato fino a quando tu avevi sette anni e la famiglia ha lasciato l’Irlanda. Vuoi fratelli e sorelle?
– Certo, perché no? Un fratello –. In quel gioco c’era qualcosa che mi stordiva e mi faceva venire voglia di ridere, il grande senso di libertà dava alla testa: davanti a me una distesa di relazioni familiari, città e possibilità tra cui scegliere. Avrei potuto decidere di essere cresciuta in un palazzo del Bhutan con diciassette tra fratelli e sorelle e tanto di autista personale, se lo avessi desiderato. Mi infilai in bocca un altro biscotto prima che Frank, vedendomi sorridere, pensasse che non stavo prendendo sul serio il lavoro.
– Come vuoi. È piú giovane di sei anni, quindi vive in Canada con i vostri genitori. Come si chiama?
– Stephen –. Fratello immaginario. Da piccola avevo una fantasia sfrenata.
– Andate d’accordo? Com’è? Piú in fretta, – disse Frank vedendo che cercavo di riprendere fiato.
– È uno stronzetto. Fissato con il calcio. Sempre in lite con i nostri genitori, avendo quindici anni, però con me comunica...
Lame oblique di sole sul ripiano logoro della scrivania. Frank aveva un buon odore: sapeva di sapone e cuoio. Era un bravo insegnante, anzi, un insegnante straordinario; la penna nera scriveva date, luoghi e fatti, facendo uscire dal nulla Lexie Madison; come in una polaroid la pellicola si arricciava agli angoli staccandosi dalla pagina per rimanere sospesa nell’aria simile a una voluta di incenso: una ragazza con la mia faccia e una vita uscita da un sogno mezzo dimenticato. Dove abitavi? Quando hai avuto il tuo primo ragazzo? Come si chiamava? Chi ha lasciato chi? E perché? Frank prese un portacenere e tirò fuori dal suo pacchetto di Player’s una sigaretta per me. Quando le lame di luce scivolarono oltre la scrivania e fuori dalla finestra il cielo cominciò a oscurarsi, lui fece ruotare la sedia, prese dallo scaffale una bottiglia di whiskey e ne versò un po’ nei caffè. – Ce lo siamo meritato, – disse. – Alla salute.
Una ragazza irrequieta, Lexie: sveglia, educata, con la testa sulle spalle ma cresciuta senza radici e incapace di stare ferma a lungo. Forse un po’ ingenua, vagamente sprovveduta, diciamo, fin troppo pronta a rispondere a ogni domanda senza riflettere. – Un’esca, – disse Frank senza mezzi termini. – E deve essere l’esca giusta per far abboccare gli spacciatori. Ci serve abbastanza innocente perché non la considerino una minaccia, sufficientemente rispettabile da risultargli utile, e ribelle quanto basta perché non li stupisca che si lasci coinvolgere.
Era sceso il buio, quando arrivammo in fondo. – Bel lavoro, – disse lui ripiegando la cronologia della vita di Lexie e dandola a me. – Tra una decina di giorni comincia un corso; ti faccio entrare. Poi torni qui e lavoriamo insieme. In ottobre, quando all’UCD si apre l’anno accademico, attacchi.
Prese la giacca di pelle appesa all’angolo di uno scaffale, spense la luce e chiuse la porta del suo ufficetto buio. Tornai alla stazione degli autobus senza vedere la strada, avvolta in un alone magico, volteggiando sopra un mondo nuovissimo e segreto, con il foglio che scricchiolava nella tasca della giacca dell’uniforme. Era stato rapido e, almeno cosí mi era parso, facile.
Non mi dilungherò sulla infinita e serpeggiante catena di eventi che dalla sezione Infiltrati mi portò alla sezione Violenza domestica. La versione ridotta e semplificata: il piú grosso acquirente di amfetamine dell’università diventò paranoico e mi pugnalò; il fatto di essere ferita in servizio mi procurò un posto nella squadra Omicidi, ma siccome la Omicidi mi faceva andare fuori di testa me ne andai. Erano anni che non pensavo a Lexie e alla sua breve vita vissuta nell’ombra. Non sono il tipo che si guarda indietro, o almeno ci provo. Il passato è passato, fingere che non sia cosí rappresenta soltanto una perdita di tempo. Comunque oggi, con il sen...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La somiglianza
  4. Prologo
  5. 1.
  6. 2.
  7. 3.
  8. 4.
  9. 5.
  10. 6.
  11. 7.
  12. 8.
  13. 9.
  14. 10.
  15. 11.
  16. 12.
  17. 13.
  18. 14.
  19. 15.
  20. 16.
  21. 17.
  22. 18.
  23. 19.
  24. 20.
  25. 21.
  26. 22.
  27. 23.
  28. 24.
  29. 25.
  30. 26.
  31. Ringraziamenti.
  32. Il libro
  33. L’autrice
  34. Della stessa autrice
  35. Copyright