Baudelaire (e Flaubert)
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Baudelaire (e Flaubert)

La carne si fa parola

  1. 120 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Baudelaire (e Flaubert)

La carne si fa parola

Informazioni su questo libro

Intorno a questi due geni della letteratura del loro tempo e di tutti i tempi Giovanni Raboni ha speso molti anni del suo lavoro di traduttore e di critico. Ora Patrizia Valduga ha raccolto gli scritti del poeta su entrambi, li ha collegati fra loro e li accompagna con una postfazione che mostra i nodi piú intimi che legano Raboni con uno e con l'altro. Baudelaire e Flaubert non sono affratellati soltanto dalla data di nascita (1821). Le loro "vite parallele" iniziano dalle loro madri, tutte e due di nome Caroline e tutte e due nate nel settembre 1793; entrambi si iscrissero a giurisprudenza senza mai laurearsi; entrambi furono grandi frequentatori di bordelli e si ammalarono di sifilide; nessuno dei due ebbe figli; furono atei e politicamente reazionari; Madame Bovary e Les fleurs du mal furono processati per immoralità nello stesso anno, il 1857. Anche se non divennero mai amici stretti, i due si conoscevano, si stimavano e si scrissero alcune lettere (ne sono conservate una quindicina, che vengono riprodotte all'interno della postfazione di Patrizia Valduga).

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2021
Print ISBN
9788806250706
eBook ISBN
9788858437483
Argomento
Letteratura

Postfazione

di Patrizia Valduga

I.

Il primo saggio di Raboni, Esempi per Brahms, si apre e si chiude nel nome di Flaubert. La prima traduzione è L’éducation sentimentale, l’ultima in prosa è Trois contes 1. Delle Fleurs du mal ha pubblicato cinque versioni – ventisei anni dalla prima all’ultima – dopo aver curato l’edizione dei Diari intimi e quella di Per conoscere Baudelaire.
Nel numero impressionante di articoli che scrive in cinquant’anni di militanza critica, non ce ne sono che tre su Baudelaire e due che evocano Flaubert. Perché? Perché questi autori sono, ovviamente, territorio privilegiato dei francesisti, perché Raboni si è occupato prevalentemente di contemporanei e perché, anche quando avrebbe potuto occuparsi di quello che voleva, c’era sempre comunque bisogno di un’«occasione»: nuove traduzioni, nuove collane, anniversari… Ma ci sono le introduzioni, le prefazioni e le postfazioni: otto per Baudelaire e una sola per Flaubert. Ha senso mettere insieme una raccolta cosí sbilanciata, dopo aver cercato invano di bilanciarla con frammenti di saggi, articoli e interviste? Sí, ha senso: perché Raboni li ama tutti e due, e l’uno e l’altro sono piú vicini di quanto si immagini, e tutti e tre sono avvicinabili l’uno all’altro da quella che Proust chiamerebbe «consanguineità delle intelligenze». Dunque sia doppio l’omaggio a questo doppio centenario, e sia un doppio vaccino contro tanta virulenta pseudoletteratura.
«Scorrendo» le cronologie della vita di Baudelaire e di Flaubert, si trovano «alcune coincidenze che è impossibile non rilevare». Le madri, tutte e due di nome Caroline – Caroline Archimbaut-Dufays e Anne Justine Caroline Fleuriot, chiamata Caroline, e Caroline si chiamano sia la sorella che la nipote di Flaubert –, sono nate lo stesso anno, il 1793, lo stesso mese, una il 27 e l’altra il 7 settembre, e sono morte a neanche otto mesi di distanza verso gli ottant’anni, il 16 agosto 1871 e il 6 aprile 1872.
Uno è parigino, l’altro normanno, ma la madre del parigino si trasferirà in Normandia e quella del normanno andrà spesso a Parigi nei lunghi soggiorni del figlio. Entrambi si iscrivono a Giurisprudenza: entrambi, invece di studiare, fanno amicizie tra artisti e letterati, scrivono, frequentano teatri e bordelli, prendono la sifilide. Nessuno dei due si sposa, nessuno dei due si riproduce.
Entrambi sono processati nel 1857 per immoralità a causa del loro primo libro. Madame Bovary esce in aprile (dopo essere uscita su «La Revue de Paris», dal 1o ottobre al 15 dicembre ’56) e le Fleurs in giugno. Il pubblico ministero è lo stesso: Ernest Pinard; il 7 febbraio il Tribunale assolve Flaubert, il 20 agosto condanna Baudelaire a 300 franchi di ammenda e alla soppressione di sei poesie.
Secondo la testimonianza di Gustave Le Vavasseur, Baudelaire a 18 anni era «castano, di statura media, magro come un’asceta, pulito come un ermellino, vestito come un segretario d’ambasciata inglese, riservato, libertino per curiosità, miscredente per rivolta, caustico…»2.
Cosí si autodescrive Flaubert nel ’57: «Ho trentacinque anni, sono alto cinque piedi e otto pollici, ho delle spalle da facchino e un’irritabilità da fanciulla civettuola»3.
Nell’ottobre dello stesso anno cosí i Goncourt descrivono Baudelaire: «Baudelaire mangia a fianco a noi, senza cravatta, col collo scoperto, la testa rasata, in tenuta da condannato alla ghigliottina. Una sola ricercatezza: mani piccole, nette, pulite, scrupolosamente curate. La testa di un folle, la voce nitida come la lama di un coltello»4, e cosí nel maggio del ’59 descrivono Flaubert: «Molto alto, fortissimo, grandi occhi sporgenti, palpebre gonfie, guance piene, baffi ruvidi e cascanti, un colorito tempestato di macchie rosse»5. È senza ritegno, «goffo, eccessivo e privo di leggerezza in ogni cosa, nello scherzo, nella caricatura, nell’imitazione delle imitazioni di Monnier6, a cui si sta dedicando accanitamente. La sua allegria bovina manca di ogni fascino»7. C’è da domandarsi come un uomo cosí privo di fascino possa avere affascinato tante donne, persino da sdentato: forse la capacità di percepire la grandezza era preclusa alle menti mediocri dei Goncourt.
Baudelaire è riservato: nelle lettere dà del tu solo a Nadar e a Gautier, che chiama Théophile (e che Flaubert chiama Théo); ma è senza ritegno quanto a esibizionismo: molto eccentrico nell’abbigliamento, un giorno può apparire coi capelli verdi, e un giorno tutto rasato, e poi con lunghi capelli bianchi… Insomma, sono entrambi grandiosamente teatrali.
Hanno disturbi nervosi e aspirano alla calma: Baudelaire aspira alla calma, insieme a lusso e voluttà, in un vagheggiato Oriente; Flaubert dice che «è già molto qualcosa essere calmi, è quasi essere felici»8.
Si dichiarano reazionari entrambi, disprezzano la democrazia, disprezzano la borghesia, e disprezzano anche le donne. Amano la prostituzione quasi piú delle prostitute: «L’amore è il gusto della prostituzione. Non c’è un piacere nobile che non possa essere riportato alla Prostituzione»9 per l’uno; per l’altro: «Sí e centomila volte sí preferisco una puttana a una sartina»10 e «Mi piace la prostituzione e per se stessa […] In questa idea della prostituzione c’è un punto d’intersezione cosí complesso, lussuria, amarezza, nulla dei rapporti umani, frenesia del muscolo e suonamento d’oro, che a guardarci nel fondo viene la vertigine, e si imparano tante cose!»11.
Il vizio «piú brutto, piú cattivo, piú immondo»12, quell’«Ennui» che tormentava Baudelaire, lo conosceva bene anche Flaubert: «Conoscete la noia? non quella noia comune, banale, che...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Baudelaire (e Flaubert)
  4. 2003 – Modernità, il tuo vero nome è Ottocento
  5. Baudelaire
  6. Flaubert
  7. Postfazione. di Patrizia Valduga
  8. Il libro
  9. L’autore
  10. Dello stesso autore
  11. Copyright