
- 88 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Informazioni su questo libro
Una donna attraversa la routine di giorni tutti uguali finché qualcosa di inaspettato irrompe nella sua vita: smette di dormire. Quello che all'inizio sembra un dono diventa la porta di accesso a una realtà segreta e inquietante.
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Informazioni
1
Sono già diciassette giorni che non riesco a dormire.
Non si tratta di insonnia. L’insonnia un po’ la conosco, quand’ero all’università una volta ho sofferto qualcosa di simile. Con «qualcosa di simile» intendo dire che non so come si possa definire esattamente il disturbo di cui soffrivo. Forse un medico me l’avrebbe detto, se l’avessi consultato, ma a cosa mi sarebbe servito? Intuivo che andare a farmi visitare sarebbe stata fatica sprecata, pur non avendo un motivo particolare per pensarlo: di conseguenza non lo feci né parlai della cosa ai miei familiari o a qualche amica. Tanto mi avrebbero solo consigliato di vedere uno specialista.
Quella condizione «simile all’insonnia» era durata un mese. Per tutto un mese non feci mai un bel sonno profondo neanche una volta. La sera andavo a letto e mi dicevo «be’, adesso si dorme». E nello stesso istante come per reazione mi ritrovavo piú sveglia di prima. Sforzarmi non serviva a nulla. Anzi, piú cercavo di dormire piú restavo lucida. Provai a bere qualcosa di forte, a prendere qualche sonnifero, niente, non mi facevano nessun effetto.
Sul far dell’alba, cominciavo ad avvertire una certa sonnolenza. Ma non si poteva veramente dire che dormissi. Era come se toccassi appena con la punta delle dita le frange del sonno. La mia mente però era vigile. Mi appisolavo un po’, ma in una stanza vicina, separata da mura sottili, la mia coscienza era ben desta e non mi perdeva di vista. Nel debole chiarore del mattino, continuavo a sentirne lo sguardo e il respiro, mentre il mio corpo si abbandonava al torpore. Ero al tempo stesso un corpo che cercava di dormire e una mente che voleva restare sveglia.
Quella sorta di semitorpore andava e veniva per tutto il giorno. La mia coscienza era sempre offuscata. Non riuscivo a valutare esattamente la distanza, il peso o la consistenza delle cose. Il torpore mi coglieva a intervalli regolari, come un’ondata. Mentre ero seduta in treno o in classe, oppure la sera a cena, senza rendermene conto mi appisolavo. La mia mente si separava dal mio corpo. Il mondo oscillava silenziosamente. Gli oggetti mi sfuggivano di mano, la matita, la borsa o la forchetta cadevano rumorosamente a terra. Come sarebbe stato bello sdraiarmi e farmi una bella dormita! Niente da fare. La mia lucidità non mi abbandonava. Continuavo a sentirne l’ombra gelida. Era la mia stessa ombra. «Strano, – pensavo nel mio torpore, – sono all’interno della mia ombra». E in quel torpore camminavo, mangiavo, conversavo. Ma la cosa sorprendente era che nessuno si accorgeva della mia condizione. In quel mese persi sei chili. Eppure non una sola persona vi fece caso, né i miei familiari, né i miei amici, nessuno. Praticamente vivevo dormendo.
SÃ, vivevo dormendo, alla lettera. Il mio corpo perdeva coscienza come quello di un annegato. Tutto mi appariva lento, torpido. La mia stessa esistenza e appartenenza alla realtà mi sembravano sensazioni incerte e illusorie. Avevo l’impressione che un forte vento mi avrebbe soffiato via fino al bordo del mondo. E al bordo del mondo c’era un luogo che non avevo mai visto, di cui non sapevo nulla, dove il mio corpo e la mia mente sarebbero rimasti separati in eterno. Per questo volevo afferrarmi saldamente a qualcosa. Ma avevo un bel guardarmi intorno, non vedevo nulla a cui potermi aggrappare.
Poi la notte, tornavo ad essere esasperatamente sveglia. Un fenomeno nei confronti del quale ero del tutto impotente. Una forza irresistibile mi obbligava a restare ferma e sveglia fino all’alba, vigile e lucida nell’oscurità , senza scampo. Non pensavo quasi a nulla. Mentre ascoltavo l’orologio scandire i secondi, per tutto il tempo guardavo il buio farsi piú profondo, e piú tardi dileguarsi di nuovo.
Poi un giorno, la cosa cessò. CosÃ, di colpo, senza alcun preavviso né alcuna causa apparente. Stavo facendo colazione, quando d’un tratto la mente mi si offuscò. Mi alzai senza dire una parola. Credo di aver fatto cadere qualche oggetto dal tavolo. Qualcuno deve aver detto qualcosa. Però non ricordo nulla. Andai come una sonnambula fino alla mia camera, mi infilai nel letto senza neanche spogliarmi, e mi addormentai immediatamente. Dormii per ventisette ore di fila. Mia madre preoccupata venne a scuotermi parecchie volte. Mi diede perfino qualche schiaffo sulle guance. Ma io non mi svegliai. Ventisette ore senza interruzione. E quando finalmente aprii gli occhi, ero tornata ad essere quella di prima. Forse.
Perché abbia sofferto di insonnia, e perché tutt’a un tratto sia guarita, non ne ho la minima idea. È stato come se una spessa nuvola nera, portata dal vento, fosse giunta da lontano. Una nuvola piena di brutte cose ignote anche a me. Impossibile dire da dove arrivasse, dove andasse. Però è venuta, è passata, sopra la mia testa, e si è allontanata.
La mia insonnia attuale è molto diversa da quella di allora. Tutta un’altra cosa. Ora semplicemente non riesco a dormire. Non chiudo occhio un secondo. Eppure, insonnia a parte, sono in perfetta forma. Non provo alcuna sonnolenza, e la mia mente è lucidissima. Potrei perfino dire che è piú lucida del solito. Anche il mio fisico funziona normalmente. Ho appetito. Non mi sento affaticata. Insomma da un punto di vista pratico non ho nessun problema. Solo che non riesco a dormire.

Né mio marito né mio figlio hanno notato che la notte non chiudo occhio. Né io ho intenzione di parlargliene, mi direbbero subito di andare da un dottore. E invece io so bene che non servirebbe a nulla. Cosà me ne sto zitta. In questo senso è come all’epoca della mia prima insonnia. Lo so e basta. Questa è una cosa che devo risolvere da sola.
E cosà loro non sanno niente. La mia vita in apparenza non ha subito cambiamenti, è molto regolare e tranquilla. Il mattino, dopo aver salutato mio marito e mio figlio, vado come al solito a fare la spesa in macchina. Mio marito è dentista, il suo studio si trova a dieci minuti di strada dal nostro appartamento. Lo divide con il suo socio, un amico d’università . Cosà possono permettersi un tecnico e una segretaria. Quando uno dei due ha troppo lavoro, passa i pazienti all’altro. Non sono ancora trascorsi cinque anni da quando hanno aperto lo studio, senza nessun appoggio, ma essendo entrambi molto bravi hanno già un discreto successo. Fin troppo, a dir la verità .
– Veramente avrei voluto prendermela un po’ piú comoda, – dice sempre mio marito, – ma non posso lamentarmi.
– Già , – rispondo io, – non ti puoi lamentare –. Proprio cosÃ. Per aprire lo studio abbiamo dovuto chiedere alla banca un prestito superiore al previsto. È un’attività che richiede grossi investimenti in attrezzature. La concorrenza è feroce. E non è che i pazienti comincino ad arrivare il giorno seguente. Ci sono moltissimi studi che chiudono per mancanza di lavoro.
All’epoca eravamo ancora giovani e poveri in canna, con un bambino appena nato. Impossibile dire se saremmo sopravvissuti in questa dura società . Invece sono passati cinque anni, e bene o male siamo ancora qui. Non è il caso di lamentarsi. Del mutuo restano da pagare ancora i due terzi.
– Forse le pazienti arrivano perché sei un bel ragazzo, – gli dico.
Scherzo sempre cosÃ. Mio marito non è affatto bello. Direi piuttosto che ha una faccia strana. Ancora adesso mi succede di domandarmi perché mi sono sposata con uno dalla faccia cosà strana. Quando avevo un ragazzo molto piú bello.
La stranezza della sua faccia non è facile da descrivere. D’accordo, non è bello, però non è neanche brutto. E non ha nemmeno quel che si dice un viso interessante. Si può dire solo che è strano, tutto qui. O forse l’espressione «non ha nulla che attiri l’attenzione» sarebbe piú azzeccata. Il che però non esaurisce la questione, la cosa piú importante credo sia proprio l’elemento che rende i suoi tratti cosà insignificanti. Se riuscissi a coglierlo, magari capirei la stranezza complessiva della sua faccia. Ma finora non ci sono riuscita. Una volta, non so per quale motivo fosse necessario, ho provato a disegnarla. Non ci sono riuscita, non me la ricordavo. Prendevo in mano la matita, col foglio davanti a me, ma...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Sonno
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- 6
- Il libro
- L’autore
- Dello stesso autore
- Copyright