Se non ora, quando?
eBook - ePub

Se non ora, quando?

  1. 352 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Se non ora, quando?

Informazioni su questo libro

Dalle foreste della Russia Bianca attraverso incontri, separazioni, battaglie, stretti da vincoli fraterni e da passioni contrastate, i protagonisti di questa interminabile epopea percorrono la Polonia e la Germania, e raggiungono tra molte peripezie le vie della vecchia Milano. Venato di comicità sottile e mai incline a compiaciute descrizioni, questo romanzo si è imposto al grande pubblico, vincendo, quando uscí nel 1982, il Premio Campiello e il Premio Viareggio.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Se non ora, quando? di Primo Levi in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2015
Print ISBN
9788806221409
eBook ISBN
9788858420409

Capitolo settimo

Giugno-luglio 1944
– Mi rincresce per te, Pavel, ma per qualche settimana sarà meglio che stiamo lontani dalle finestre con le tendine e dai balconi fioriti; e soprattutto dalle ferrovie –. Cosí aveva detto Gedale, mentre conduceva la banda al riparo nel fitto del bosco. Tuttavia, dopo tre giorni da quando si erano accampati, Gedale vestí panni approssimativamente borghesi, depose le armi, disse di aspettarlo senza prendere iniziative, e se ne andò da solo. I rimasti si diedero a costruire ipotesi, dalle piú futili alle piú elaborate, finché Dov li invitò a smettere:
– A Gedale piace giocare, ma è un buon giocatore. Se è partito senza dire niente vuol dire che aveva le sue ragioni. Datevi piuttosto da fare; in un campo, del lavoro se ne trova sempre.
Trascorsero alcuni giorni, divisi fra l’ozio, l’inquietudine e le occupazioni quotidiane dell’accampamento, che annoiano ma aiutano il tempo a passare. Gedale ritornò il 10 di giugno, tutto tranquillo, come se avesse fatto una bella passeggiata in tempo di pace. Chiese da mangiare, si sdraiò a dormire per una mezz’ora, si svegliò, si stirò, e si ritirò un po’ in disparte a suonare il violino. Ma era evidente che moriva dalla voglia di raccontare: aspettava soltanto che qualcuno gli fornisse un pretesto. Glielo forní Bella, che senza aver ricevuto alcuna investitura particolare si riteneva responsabile degli approvvigionamenti. Quando Bella parlava, era come se desse delle beccate, pungenti ma non dolorose, come farebbe un passerotto:
– Tu te ne vai senza dire niente, dietro ai tuoi pensieri o a chissà che cosa, e ci lasci qui come degli stupidi. Guarda che le scorte stanno per finire.
Gedale ripose il violino e cavò di tasca un fascio di banconote: – Ecco qui, donna. Di fame non morremo ancora. Su, chiama tutti; teniamo parlamento. È troppo tempo che non lo teniamo, ma era anche troppo tempo che non avevamo notizie buone; adesso ne abbiamo.
Tutti si radunarono intorno a Gedale, e Gedale disse cosí:
– Non aspettatevi un discorso, i discorsi non sono nel mio genere. E neppure fatemi domande, almeno per adesso. Vi dirò quello che vi posso dire, che è poco ma è importante. Non siamo piú orfani e non siamo piú cani sciolti. Ho parlato con qualcuno, e sapeva chi siamo e da dove veniamo. La faccenda della locomotiva ha servito, piú di quanto io pensassi. Ho avuto del denaro, ne avremo dell’altro, e forse anche armi e uniformi regolari. Ho saputo che non siamo soli: in mezzo alle bande inquadrate dall’Armata Rossa, come quella di Ulybin, ci sono bande spontanee di contadini, bande di dissidenti ucraini e tartari, bande di banditi, ma anche altre bande ebree come la nostra: altri Gedale ed altri gedalisti. Se ne parla poco, perché ai russi i separatismi non piacciono, ma ci sono, piú o meno armate, grandi e piccole, mobili e stanziali. Ci sono anche bande russe comandate da capi ebrei.
– Ho esposto i nostri scopi e sono stati approvati; possiamo continuare la nostra via, va bene anche per loro. Non dobbiamo attendere il fronte: siamo un’avanguardia, dobbiamo precederlo. Ci si aspetta da noi che continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto, guerriglia, sabotaggi, diversioni, ma anche qualcosa di piú: dobbiamo avanzare verso l’interno della Polonia e attaccare i Lager dei prigionieri di guerra e degli ebrei, se ne troveremo ancora. Dobbiamo raccogliere i dispersi e ripulire il paese dalle spie e dai collaboratori. Dobbiamo spostarci verso occidente. Ai russi interessa che noi siamo presenti in occidente come russi; a noi interessa essere presenti come ebrei, e, per una volta nella nostra storia, le due cose non si contraddicono. Abbiamo mano libera, possiamo attraversare le frontiere e fare la nostra giustizia.
– Attraversare tutte le frontiere? – chiese Line.
Gedale rispose: – Avevo detto di non fare domande.
Proseguirono per giorni e giorni, sotto il sole e sotto la pioggia, attraverso i campi e la boscaglia del triste paese di Volinia. Si tenevano lontani dalle strade battute, ma non poterono evitare di attraversare alcuni villaggi, e sulla piazza di uno di questi videro un manifesto diverso da quello staccato da Pavel, un manifesto che li riguardava da vicino. Diceva cosí:
Chiunque ucciderà l’ebreo Gedale Skidler, pericoloso bandito, riceverà 2 kg di sale. Chiunque fornirà a questo Comando notizie utili per catturarlo, riceverà 1 kg di sale. Chiunque lo catturerà e lo consegnerà vivo riceverà 5 kg di sale.
Gedale si batteva le cosce felice, perché la fotografia riportata nel manifesto non era la sua: era quella di un collaborazionista ucraino ben noto in tutta la zona. Gedale non riusciva a staccarsene: – Un’idea fantastica, vorrei averla avuta io. E sarebbe ancora piú bello se questo Gedale lo catturassimo noi –. Ci vollero molte insistenze per distoglierlo da questa idea e indurlo a proseguire.
A metà giugno prese a piovere a dirotto, tutti i corsi d’acqua gonfiarono e divenne impossibile passarli a guado. Anche i pantani si erano fatti piú profondi. Avvistarono un mulino a vento, lo esplorarono, e lo trovarono abbandonato e vuoto. Vuoto, sí: farina non ce n’era, non un sacco, non una manciata, ma l’odore acido della farina fermentata pervadeva tutti i recessi della costruzione, commisto al sentore di muffa e di fungo del legno impregnato di pioggia. Tuttavia il tetto era stagno, e il locale delle macine era ragionevolmente asciutto; lungo le pareti correvano robusti scaffali, forse destinati a reggere i sacchi di grano. I gedalisti si sistemarono per la notte, parte sul pavimento, parte sugli scaffali stessi: alla luce delle candele, il luogo aveva assunto un aspetto pittoresco, metà teatro e metà retroscena. Comodo non era, ma c’era posto per tutti, anche coricati, e il tamburellare della pioggia sul tetto di legno era allegro e intimo.
Isidor, uno degli scampati di Blizna, si era impadronito di una candela e di un pezzo di lamiera: sdraiato sul ventre, raschiava palmo a palmo il pavimento. Era il piú giovane della banda, non aveva ancora compiuto diciassette anni; prima di unirsi a Gedale, era rimasto nascosto per quasi quattro anni, col padre, la madre e una sorellina, in una buca scavata sotto il pavimento d’una stalla. Il contadino padrone della stalla aveva estorto al padre tutto il denaro ed i valori della famiglia, e poi lo aveva denunziato alla polizia polacca. Isidor aveva avuto fortuna, quando erano venuti i tedeschi era fuori, ogni tanto uno dei quattro usciva a respirare aria pulita nel bosco: stava ritornando, si era nascosto, e dal nascondiglio aveva visto le SS, anche loro ragazzi, poco piú anziani di lui, che uccidevano a bastonate il padre la madre e la sorella. Non avevano visi feroci, anzi, sembrava che si divertissero; dietro di loro, Isidor aveva visto il contadino e sua moglie, pallidi come la neve. Da allora, Isidor non ragionava piú molto bene. Era un ragazzo dall’aria assente, un po’ curvo, lungo di braccia e di gambe; portava sempre un coltello alla cintura, e spesso farneticava di tornare al suo paese per uccidere quel contadino.
– Cosa fai, Isidor? Le pulizie di Pasqua? – chiese Mottel dall’alto del suo scaffale. Isidor non rispose e continuò a raschiare: ogni tanto, quando aveva raccolto un pizzico di polverino bianchiccio, lo portava alla bocca, lo biascicava e poi sputava.
– Lascia stare, ti verrà il mal di pancia, – disse Mottel, – mangi piú legno marcio che farina –. Spesso Isidor si metteva nei guai e bisognava sorvegliarlo; ma cercava di rendersi utile, e tutti gli volevano bene. Aveva l’ossessione della fame, si metteva in bocca tutto quello che trovava.
– Tieni, mangia questa, – gli disse Ròkhele Nera, tendendogli una manciata di uvaspina che aveva raccolta nel bosco. – Fra poco ritorna Józek, qualcosa avrà trovato.
Ritornò Józek, infatti, con poca roba e poca varietà. I contadini del luogo erano poveri ed anche diffidenti, non avevano simpatia né per i russi, né per gli ebrei, né per i partigiani; avevano accettato di trattare con lui solo perché aveva parlato in polacco, ma gli avevano dato solo uova e pane chiedendo un prezzo esorbitante. – Per oggi e per domani ce n’è abbastanza, e poi vedremo, – disse Gedale. – Vedremo quale strategia seguire.
Si era levato il vento, e sembrava di stare dentro una nave. La struttura, di colossali travi di legno appena sgrossato, scricchiolava, vibrava e beccheggiava. Le quattro pale, spoglie delle loro tele e bloccate da chissà quanto tempo, si mettevano in moto ad ogni colpo di vento per arrestarsi subito con un urto sordo. Il loro sforzo vano si trasmetteva in sussulti e schianti agli alberi ed agli ingranaggi; l’intera costruzione sembrava tendersi come un gigante schiavo che lottasse per scatenarsi. Solo Pavel era riuscito a prendere sonno, e russava supino, a bocca spalancata.
– Ih, qui è tutto pieno di vermi! – disse a un tratto Isidor, che stava rovistando con uno stecco le commessure del pavimento.
– Lasciali stare, – disse Bella allarmata, – mangia il tuo pane e mettiti a dormire.
Isidor si volse a Bella con un riso melenso: – Certo, che li lascio stare. Io i vermi non li mangio: non sono kòscher.
– Sciocco, i vermi non si mangiano perché sono sporchi: non perché non sono kòscher, – disse Bella, che si stava tagliando le unghie con una forbicina. Era quella la sola forbicina che la banda possedeva: Bella sosteneva che apparteneva a lei personalmente, e che chi la voleva usare gliela doveva chiedere in prestito e restituirla senza fallo. Ad ogni unghia tagliata, si contemplava il dorso della mano con attenzione e compiacimento, come un pittore dopo una pennellata.
Intervenne Ròkhele Bianca, con un filo di voce: – I vermi sono taréf appunto perché sono sporchi. Anche il porco è sporco, e per questo è taréf. Come si fa a non credere nel koscherút? Tanto vale non essere ebrei.
– Per me, – disse Józek, – sono tutte storie di altri tempi. Il porco sarà sporco, ma la lepre e il cavallo sono puliti, eppure non sono kòscher. Perché?
– Non si può sapere tutto, – rispose la Bianca infastidita, – forse, al tempo di Mosè erano sporchi; o portavano qualche malattia.
– Appunto: l’hai detto tu stessa, sono cose di altri tempi. Se Mosè fosse qui con noi, in questo mulino, non ci penserebbe un momento a cambiare le leggi. Spaccherebbe le tavole, come aveva fatto quella volta che si era arrabbiato per il vitello d’oro, e ne farebbe di nuove. Specialmente se avesse visto le cose che abbiamo visto noi.
– Kòscher-schmòscher, – sbadigliò Mottel, ricorrendo all’ingegnoso modo jiddisch di sminuire l’oggetto di cui si parla ripetendolo distorto: – kòscher-schmòscher, io se avessi una lepre la mangerei. Anzi, domani metto su qualche trappola. Da ragazzo ero bravo per le trappole; bisogna che mi rifaccia la mano.
Piotr stava a sentire a bocca spalancata. Si rivolse a Leonid, che sedeva accanto a lui: – Perché non potete mangiare la lepre?
– Non lo so. So che non bisogna, ma non so dirti perché. È una bestia proibita, è scritto cosí nella Torà.
Intervenne Dov: – È proibita perché non ha il piede forcuto.
Isidor disse: – Ma allora, se i miei vermi avessero i piedi forcuti, si potrebbero mangiare?
Gedale aveva notato la faccia sbalordita di Piotr:
– Non farci caso, russo. Se stai con noi, a queste faccende ti dovrai abituare. Tutti gli ebrei sono matti, ma noi siamo un po’ piú matti degli altri. È per questo che fino adesso abbiamo avuto fortuna, la nostra è la fortuna dei meschugge. Anzi, ora che ci penso: noi abbiamo un inno ma non abbiamo una bandiera. Dovresti farcene una, Bella, invece di perdere tempo con la toilette. Una bandiera di tutti i colori, e in mezzo, invece della falce, o del martello, o dell’aquila con due teste, o della stella di Davide, ci metterai un meschugge col berretto a sonagli e l’acchiappafarfalle.
Poi si rivolse di nuovo a Piotr: – Del resto, se sei venuto con noi è perché un po’ matto lo sei anche tu, non c’è altra spiegazione. I russi sono o matti o noiosi, e si vede che tu sei del ramo dei matti. Ti troverai bene, anche se le nostre leggi sono un po’ complicate; non preoccuparti, noi le rispettiamo solo quando non intralciano la partisanka, ma ci divertiamo a discuterle. Noi siamo bravi a fare le distinzioni, fra il puro e l’impuro, fra l’uomo e la donna, fra l’ebreo e il gòi, e distinguiamo anche fra le leggi della pace e le leggi della guerra. Per esempio: la legge della pace dice che non si deve desiderare la donna d’altri…
Piotr, che era sdraiato accanto a Ròkhele Nera, se ne allontanò un poco, forse inconsciamente.
– No, appunto, non devi preoccuparti. Qui tutti desiderano tutte.
– Comandante, tu non parli mai sul serio, – interruppe Line, che invece parlava sempre sul serio. La sua voce di contralto, leggermente rauca, non era forte, ma aveva la virtú di imporsi sopra le altre voci. – Sulla faccenda della donna d’altri noi abbiamo parecchio da dire.
– Noi chi? – chiese Gedale.
– Noi donne. Prima di tutto: perché una donna può essere di un uomo, altro o no, e un uomo non può essere di una donna? Vi pare giusto? Per noi non è giusto, non è accettabile. Non è piú accettabile; le donne oggi vanno in esilio come gli uomini, sono impiccate come gli uomini, e sparano meglio degli uomini. Basterebbe questo per far vedere che la legge mosaica è reazionaria.
Pavel si era svegliato, ridacchiava e diceva qualcosa sottovoce a Piotr. Leonid taceva, ma guardava di sottecchi Line con aria preoccupata. Venne una forte raffica, la pioggia mista a grandine scrosciò contro la parete; il mulino cigolò e ruotò in blocco, come una giostra, sul gigantesco perno confitto nel suo alveo interrato. Isidor si strinse alla Bianca, che lo tranquillizzò carezzandolo sul capo ispido.
– Avanti, avanti, Line, – disse Gedale. – Non ti spaventerai per un po’ di vento. Dicci qual è la tua legge; se non è troppo stretta, vedremo di obbedirla.
– Non è il vento che mi spaventa, siete voi. Siete dei cinici e dei primitivi. La nostra legge è semplice: finché non si è sposati, uomini e donne possono desiderarsi e fare l’amore quanto vogliono. L’amore, fino al matrimonio, deve essere libero, e di fatto è già libero, lo è sempre stato, e non c’è legge che lo possa imprigionare. Neanche la Bibbia dice niente di diverso; i nostri padri non erano diversi da noi, facevano l’amore come noi, allora come oggi.
– Allora piú di oggi, – disse Pavel, – mica per niente la Bibbia incomincia con una chiavata.
– … ma dopo il matrimonio non è piú cosí, – continuò Line senza dargli ascolto. – Noi al matrimonio ci crediamo, perché è un patto, e i patti si mantengono. La moglie appartiene al marito, però anche il marito appartiene alla moglie.
– E allora noi non ci sposiamo, – disse Gedale. – Vero, Bella?
– Sta’ zitto, guarda, – rispose Bella, – tanto lo sanno tutti che sei un sudicione. E di sposarmi non te l’ho mai chiesto. Come comandante potrai anche andare, ma come marito è meglio non parlarne.
– Benissim...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Se non ora, quando?
  4. I. Luglio 1943
  5. II. Luglio-agosto 1943
  6. III. Agosto-novembre 1943
  7. IV. Novembre 1943 - gennaio 1944
  8. V. Gennaio-maggio 1944
  9. VI. Maggio 1944
  10. VII. Giugno-luglio 1944
  11. VIII. Luglio-agosto 1944
  12. IX. Settembre 1944 - gennaio 1945
  13. X. Gennaio-febbraio 1945
  14. XI. Febbraio-luglio 1945
  15. XII. Luglio-agosto 1945
  16. Nota
  17. Cronologia della vita e delle opere di Primo Levi
  18. Il libro
  19. L’autore
  20. Dello stesso autore
  21. Copyright