Che razza di vita era quella in cui potevi leggere una lettera della tua spettrale gemella? In cui potevi vivere i ricordi di un’altra e crederli reali, come se fossero una seconda pelle, e al tempo stesso del tutto falsi. Ecco quello che era stata. Quello che aveva pensato, come aveva vissuto. Quei pensieri, quella vita dovevano appartenere anche a Uccello Fantasma? La rabbia e lo sgomento lottavano dentro di lei, non aveva nessuno su cui sfogare quelle emozioni, tranne se stessa. Doveva abituarsi a quella battaglia come se fosse un secondo battito cardiaco, contare sul fatto che la sua reazione non fosse solo un riflesso di quello che vedeva. Se lei era un errore, ormai era un errore accettabile – una mutazione, non un’anomalia come la creatura lamentosa. Ossa putrefatte prigioniere delle paludi.
C’erano domande che non voleva fare, perché sarebbero diventate troppo specifiche, avrebbero assunto peso e sostanza: carne e pelle a rivestire il costato. Lei sapeva distinguere gli orrori dalle meraviglie, ma forse Controllo non ne sarebbe mai stato capace, e in un certo senso era stancante continuare a insistere, mantenere quel tipo di determinazione. Ammettere che neanche lei aveva imparato qualcosa dall’essere se stessa era come andare contro la natura dell’Area X. Eppure non demordeva, sapendo che non era giusto, che erano arrivati troppo lontano, troppo in fretta, perfino Grace che aveva tre anni di vantaggio.
– Siamo astronauti, – disse Uccello Fantasma nel silenzio del tardo pomeriggio. – I membri delle spedizioni erano tutti astronauti.
Il volto di Controllo era una maschera risoluta, con cui dichiarava di non voler affrontare la situazione, con cui si ribellava preferendo mettere la testa sotto la sabbia. Stringeva ancora in mano le pagine ingiallite della lettera, in grembo aveva il diario della biologa, che Grace aveva recuperato dal faro. Era stata una lettura interessante per Uccello Fantasma, che aveva colmato qualche lacuna, ma ne restavano tante altre. La luce bianca in fondo alla torre. Il guardiano del faro che si manifestava all’interno dello Scriba. Non si fidava di certe cose, anche senza averle viste di persona. Ma sapeva che Controllo le avrebbe considerate nuove prove, nuove speranze, informazioni che potevano fornire una soluzione, una via di uscita improvvisa. Come se non fossero bastate l’analisi e le conclusioni a cui era arrivata Grace.
– Noi non siamo sulla Terra, – tornò alla carica Uccello Fantasma. – Non è possibile che ci troviamo sulla Terra. Non con una distorsione temporale di questa portata. Non con le cose che ha visto la biologa –. Non se volevano fingere che esistessero delle regole, sia pure nascoste, complicate, taciute.
Ancora non volevano darle retta e questo creò una distanza fra loro, ma poi Grace disse: – Ero giunta alla stessa conclusione, ed era una delle teorie avanzate dalla divisione scientifica.
– Un cunicolo spazio-temporale, – disse Controllo.
Grace lo guardò incredula. – Secondo te l’Area X costruisce anche le astronavi? Attraversa lo spazio interstellare? Un cunicolo spazio-temporale? Pensa a qualcosa di piú sottile, qualcosa che si affacci da quella che noi consideriamo la realtà .
Parole brusche, nette, prive dello sgomento che avrebbe dovuto animarle. Perché aveva un vantaggio di tre anni? Perché pensava ai suoi cari dall’altra parte?
Controllo, lentamente, come se fosse ipnotizzato, lo sguardo vuoto verso la parete opposta: – Tutte le cose che ci sembravano deteriorate troppo in fretta in realtà erano solo invecchiate.
Alcune erano decrepite. Uccello Fantasma pensò ai resti del villaggio, ai diari che si erano accumulati sotto la botola nel faro. Fra l’apparizione del confine e l’arrivo della prima spedizione nell’Area X era trascorso moltissimo tempo. Forse la gente viveva nell’Area X da molti piú anni di quanto si credesse.
– Possibile che non lo sapessero? – disse Controllo. – Possibile che non fosse già chiaro? – Come se ripetendolo una forza elementare potesse fare immediatamente giustizia contro chi si era frapposto fra lui e la verità . Ma ripeterlo, pensò Uccello Fantasma, non faceva che sottolineare la loro ignoranza.
– Dati danneggiati, – disse Grace. – Campioni non rappresentativi. Informazioni incomplete.
– Non capisco come…
– Sta dicendo, – intervenne Uccello Fantasma, – che la dilatazione temporale è piú accentuata quando l’Area X si sposta o subisce un cambiamento. In pratica è impossibile misurarla. Sta dicendo che molti membri delle spedizioni sono tornati distrutti, disorientati, o non sono proprio tornati, sta dicendo che la Southern Reach non aveva campioni affidabili.
– Non abbiamo mai posseduto dati esaurienti, – disse Grace. – Nessuno dei nostri ha mai vissuto abbastanza a lungo nell’Area X o era cosà lucido da annotare le sue osservazioni –. Dati contraddittori, obiettivi contraddittori. Un avversario che non facilitava le cose.
– Ma crediamo alla biologa? – chiese Controllo. Sembrava perplesso.
– A me ci credi? – disse Grace. – Anch’io ho visto strane stelle di notte. Ho visto i tagli nel cielo. Io vivo qui da tre anni.
– Di’ un po’, Grace: come mai vediamo splendere il sole, la luna e le stelle, se non siamo sulla Terra?
– Il problema non è questo, – disse Uccello Fantasma. – Non quando si tratta di organismi che sanno camuffarsi con tanta abilità .
– Allora qual è? – Controllo frustrato, cercando di comprendere l’enormità di quel concetto. Uccello Fantasma provava pena a guardarlo.
– Il problema – disse Grace – è capire quale sia lo scopo di questo organismo o di questi organismi. E cosa dobbiamo fare per sopravvivere.
– Ma lo sappiamo già , – disse Controllo. – Vuole ucciderci, trasformarci, disfarsi di noi. Non è il pensiero che cerchiamo tutti di evitare? Quello che tu, – indicando Grace, – la direttrice, Cheney e gli altri dovevate reprimere? Il pensiero che voglia ucciderci tutti.
– E secondo te non ne abbiamo parlato mille volte? – disse Grace. – Non ci siamo scervellati in cerca di una soluzione?
– La gente segue continuamente degli schemi senza accorgersene, – disse Uccello Fantasma. – Un organismo può avere uno scopo e seguire schemi che c’entrano poco con quello scopo.
– E quindi, cazzo? – ringhiò Controllo come un animale in trappola. – E quindi?
Uccello Fantasma scambiò uno sguardo con Grace, che si girò dall’altra parte. Controllo non era pronto per una notizia del genere: lo stava divorando dall’interno. Forse qualcosa di specifico lo avrebbe distratto.
– Si sta generando e scaricando molta energia, – disse. – Se il confine è una specie di membrana, può darsi che questa energia venga rilasciata altrove. Tieni presente che le cose scompaiono appena entrano in contatto con il confine.
– Però non scompaiono, vero? – disse Grace.
– No. Credo che vengano inviate altrove.
– Dove? – chiese Controllo.
Uccello Fantasma si strinse nelle spalle pensando al viaggio nell’Area X, alla devastazione e allo sfacelo che aveva incontrato. Le città in rovina. Era tutto vero? Poteva essere un indizio? O era solo un’illusione?
Membrane e dimensioni. Quantità infinite di spazio. Quantità infinite di energia. Molecole manipolate senza sforzo. Tentativi ripetuti di trasformare l’umano in non umano. La capacità di spostare un’intera biosfera in un altro luogo. Il mondo, se ancora esisteva, continuava a inviare segnali radio nello spazio, a seguire le onde radio in cerca di altre vite intelligenti nell’universo. Ma Uccello Fantasma non credeva che quei messaggi arrivassero a destinazione. Erano solo l’esempio di quanto gli uomini fossero limitati dalla loro visione della coscienza. E se il messaggio fosse stato un’infezione, la luminosità una specie di sinfonia? Una difesa? Una strana forma di comunicazione? Se era cosà il messaggio non era stato ricevuto, né lo sarebbe mai stato, sarebbe rimasto sepolto nella trasformazione. Dovevano ricorrere a risposte banali per mancanza d’immaginazione, perché gli esseri umani non sapevano mettersi nella testa di un cormorano, di un gufo, di una balena o di un’ape.
Voleva allearsi con quella mancanza? Aveva scelta?
Era il tramonto, stava per scendere la sera e la luce disegnava ombre sul paesaggio. Dalla finestra, gli edifici bassi apparivano come semplici facciate: case in mattoni, ammaccate e in rovina, con i rampicanti che esplodevano dai tetti inesistenti e i fianchi candidi scrostati, che non avevano la forza né la voglia di arginare la fitta cascata di verde. Al centro di quel terrario non voluto: una fila di piccole croci, piantate su alcune tombe abbastanza fresche per ospitare dei corpi sepolti da Grace. Forse Grace aveva mentito e qualcun altro l’aveva seguita sull’isola, andando incontro a una sorte che lei aveva evitato. Uccello Fantasma aveva ascoltato quasi tutta la conversazione fra lei e Controllo, pronta a intervenire se Grace non gli avesse tolto la pistola dalla testa. Nessuno poteva drogarla se il suo corpo non voleva. Non era fatta cosÃ. Non piú.
Quella vista non le piaceva, guardare la strada danneggiata, le radure fra le colline alberate che nella luce pomeridiana sembravano graffi violenti, la metteva a disagio. L’altra finestra dava sul mare calmo e sulla terraferma, dove tutto sembrava normale, perfino noioso. Ma la distanza celava anche la devastazione del convoglio. Le piccole croci. Il convoglio.
Grace e Controllo parlavano, ma Uccello Fantasma si era sganciata. Era una discussione ripetitiva, un circolo vizioso che Controllo stava creando per restarci imprigionato e scavare le trincee, il fossato, che servivano a difenderlo dalla realtà . E com’è possibile questo, e com’è possibile quello, e perché? Si tormentava su quello che sapeva o credeva di sapere e quello che non avrebbe mai saputo.
Sapeva a cosa inducevano certi discorsi, come sempre con gli esseri umani: a prendere una decisione. Che faremo? Qual è il prossimo passo? In che modo procediamo? Qual è la nostra missione? Come se bastasse avere uno scopo, come se pochi elementi bastassero a ricostruire tutto il quadro, a evocarlo, a riportarlo in vita solo con la semplice volontà .
Ci era cascata perfino la biologa, creando uno schema da un fenomeno che poteva essere casuale, collegando al marito perduto il comportamento eccentrico del gufo, che invece forse era la prova, o il residuo, di un rituale completamente diverso. Un imperativo ecologico o dell’Area X che non aveva niente a che fare con lei – quindi il suo resoconto sul gufo non era piú attendibile delle sue affermazioni sulla Banda dei Savi e degli Spiritisti. Potevi sapere cosa succedeva senza mai scoprirne il perché.
Il fascino dell’isola risiedeva nella negazione di ogni perché – sia per la biologa sia per Grace, che viveva là da quasi tre anni, rosa da quella consapevolezza. La presenza dei compagni non era stata un sollievo, non aveva alleggerito lo stress. Osservandola dalla finestra, Uccello Fantasma si chiese se stesse ancora tacendo qualche informazione fondamentale, se la sua cautela, il suo nervosismo, la sua insonnia alludessero a un perché diverso, inespresso.
In quel momento si sentiva cosà distante da loro, come se la consapevolezza, feroce eppure dolce, di quanto fossero lontani dalla Terra, di quanto tempo fosse passato, li avesse separati, e lei li stesse osservando dal confine – come se si fosse affacciata dalla porta scintillante e li avesse visti seduti uno di fronte all’altra, intenti a una vivace discussione chiarificatrice. Quando avrebbero tirato le somme? E lei cosa avrebbe fatto, se non fosse stata dello stesso parere?
– Che ruolo aveva la Banda? – stava chiedendo Controllo a Grace. Per tornare su un terreno sicuro, pensò Uccello Fantasma. Per non avere nel cervello galassie che esplodevano come fuochi d’artificio, per evitare che la Southern Reach si tramutasse in un rifugio dell’Area X e gli esseri umani si trasformassero in creature destinate a uno scopo noto solo a quell’imbastitura nel cielo, forse.
– La direttrice non lo ha mai capito bene, – disse Grace. – Le loro intromissioni, le loro indagini potrebbero avere involontariamente innescato qualcosa.
– L’isola non era una priorità perché la Centrale già sapeva cosa c’era qui, – disse Controllo. – Sapevano già cosa avrebbero trovato.
– Che importa ormai? – Grace scambiò un altro sguardo con Uccello Fantasma. Controllo ribolliva d’indignazione, riviveva vecchie battaglie che anche allora, immaginò Uccello Fantasma, erano state vane.
– La Centrale ha mantenuto il segreto per tutto questo tempo. Lo ha sepolto, ha sepolto l’isola, ha continuato a mandare spedizioni in questo… posto di merda, questo posto che neanche sta dove dovrebbe stare, questo posto del cazzo che continua a uccidere la gente senza neanche darti la possibilità di difenderti perché tanto vincerà comunque e poi… – Controllo non riusciva a fermarsi. Era un fiume in piena. Smetteva solo un attimo, lasciava a metà una frase, ma poi ricominciava.
Cosà dopo un po’ Uccello Fantasma lo fece smettere. S’inginocchiò al suo fianco, gli tolse delicatamente la lettera e il diario della biologa e lo abbracciò. Grace stornò lo sguardo per l’imbarazzo o per soffocare il proprio bis...