Molestie morali
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Molestie morali

La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro

  1. 280 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Molestie morali

La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro

Informazioni su questo libro

Può essere il coniuge che ci denigra in pubblico o si serve dei figli per ricattarci; può essere il capufficio che ci affida incarichi avvilenti e non ci fornisce dati che pure ci servirebbero; può essere il collega che ci manipola: in ogni caso stiamo subendo una molestia morale. Una violenza che non si manifesta sul piano fisico ma si esercita attraverso sottintesi, allusioni, sgarbi che si ripetono fino a diventare ossessivi. In questo libro, nutrito di molte testimonianze, Marie-France Hirigoyen descrive le molestie nell'ambito familiare e quelle sul posto di lavoro (il mobbing), analizza la personalità di aggressore e aggredito, fa il punto sulle possibili soluzioni legali e mediche, ipotizza nuove vie d'uscita. Il quadro che ne risulta è tanto dettagliato e allarmante quanto dipinto con passione: la passione di un'esperta che non esita a schierarsi con le vittime di quello che può essere considerato un vero e proprio assassinio psichico. In appendice tre saggi scritti da Lella Menzio, fondatrice di Telefono Rosa; Harald Ege, il maggior esperto in Italia di mobbing; Pier Giuseppe Monateri, Marco Bona e Umberto Oliva, avvocati che si occupano principalmente di danno alla persona.

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Informazioni

Parte prima

La violenza perversa nella vita quotidiana

Capitolo primo

La violenza privata

La violenza perversa nella coppia.
La violenza perversa all’interno della coppia viene spesso negata o banalizzata, ridotta a un semplice rapporto di dominazione. Una semplificazione psicanalitica consiste nel rendere il partner complice o addirittura responsabile dello scambio perverso. Ciò significa negare la dimensione del condizionamento, che paralizza la vittima e le impedisce di difendersi; vuol dire negare la violenza degli attacchi e la gravità della ripercussione psicologica che la molestia ha sulla vittima. Le aggressioni sono sottili, non esistono tracce tangibili e i testimoni tendono a interpretare come semplici rapporti conflittuali o passionali tra due persone caratteriali quello che è un tentativo violento di distruzione morale e addirittura fisica dell’altro, qualche volta riuscito.
Descriverò piú coppie a stadi diversi di evoluzione della violenza perversa. La lunghezza diseguale dei miei resoconti è dovuta al fatto che questo processo si sviluppa nell’arco di mesi o addirittura di anni e che, man mano che il rapporto perverso si evolve, le vittime apprendono prima di tutto a riconoscerlo, poi imparano a difendersi e accumulano le prove.
Il condizionamento.
All’interno della coppia il processo perverso si attiva quando manca l’elemento affettivo, oppure quando l’oggetto amato è troppo vicino.
L’eccessiva vicinanza può fare paura e, proprio per questo, chi è piú incline all’intimità diventerà oggetto della piú grande violenza. Un individuo narcisista impone il suo ascendente per trattenere l’altro, ma ha paura che gli si avvicini troppo, che arrivi a invaderlo. Si tratta allora di mantenerlo in una relazione di dipendenza o addirittura di proprietà, per verificare la propria onnipotenza. Il partner, invischiato nel dubbio e nel senso di colpa, non è in grado di reagire.
Il messaggio non detto è: «Io non ti amo», ma viene nascosto perché l’altro non se ne vada; a esso si ispira però, indirettamente, il comportamento. Il partner deve restare dov’è per venire frustrato in permanenza; contemporaneamente, bisogna anche impedirgli di pensare, perché non prenda coscienza del processo. Patricia Highsmith lo raccontava in un’intervista al giornale «Le Monde»: «Succede a volte che le persone che piú ci attraggono, o delle quali siamo innamorati, agiscano sulla scintilla immaginativa con la stessa efficacia di isolanti di caucciú».
Il condizionamento viene messo in atto da un individuo narcisista che vuole paralizzare il suo partner mettendolo in uno stato di indeterminazione e di incertezza. Ciò gli consente di non impegnarsi in un rapporto di coppia che lo spaventa. Grazie a questo processo mantiene l’altro a distanza, entro confini che non gli paiono pericolosi. Se non vuole venire invaso dall’altro, gli fa comunque subire ciò che non vuole subire lui, soffocandolo e tenendolo «a disposizione». In una coppia che funziona normalmente dovrebbe esserci un rafforzamento narcisistico reciproco, anche se esistono specifici elementi di condizionamento. Può accadere che uno cerchi di «spegnere» l’altro, per avere l’assoluta certezza di rimanere in posizione dominante. Ma una coppia guidata da un perverso narcisista costituisce un’associazione mortifera: la denigrazione e gli attacchi sotterranei sono sistematici.
Solo l’eccessiva tolleranza da parte del partner rende possibile tale processo. È una tolleranza che gli psicanalisti spesso interpretano come dovuta ai vantaggi inconsci, sostanzialmente masochisti, che la vittima può ricavare da legami di questo tipo. Si tratta, come vedremo, di un’interpretazione parziale e pericolosa: parziale perché alcuni di questi coniugi non avevano manifestato in precedenza tendenze autopunitive e non ne avrebbero manifestate in seguito; pericolosa perché, contribuendo a rafforzare il senso di colpa del partner, non lo aiuta affatto a trovare i mezzi per uscire da questa situazione difficile.
Molto piú spesso l’origine di tale tolleranza si rintraccia in una lealtà familiare che consiste, ad esempio, nel riprodurre l’esperienza vissuta da uno dei genitori, oppure nell’accettare un ruolo riparatore del narcisismo dell’altro, una sorta di missione alla quale ci si debba sacrificare.
Benjamin e Annie si sono incontrati due anni fa. All’epoca, Annie è coinvolta in una relazione frustrante con un uomo sposato. Benjamin è geloso di lui. Innamorato, la scongiura di interrompere quella relazione: vuole sposarla e avere figli da lei. Annie lascia l’altro senza grandi esitazioni e va a vivere con lui, conservando il proprio appartamento.
È a partire da questo momento che il comportamento di Benjamin cambia. Diviene distante, indifferente, e ha gesti affettuosi solo quando fa richieste sessuali. Annie vuole dapprima delle spiegazioni, ma Benjamin nega di essere cambiato. Poiché non ama i conflitti, lei si sforza di sembrare allegra, anche a costo di perdere cosí un po’ di spontaneità. Se si innervosisce, lui sembra non capire e non reagisce.
A poco a poco Annie si deprime.
Dato che il rapporto non migliora e lei continua a meravigliarsi del rifiuto di Benjamin, lui finisce per riconoscere che qualcosa è successo; semplicemente, non sopporta di vederla depressa. Lei decide allora di curare la propria depressione, che sembra essere la causa delle difficoltà di coppia, e inizia una psicoterapia. Annie e Benjamin fanno lo stesso lavoro. Lei ha molta piú esperienza. Spesso lui le chiede consigli, ma rifiuta qualunque critica: «Non serve a nulla, sono stufo, non capisco che cosa vuoi dire». A piú riprese si appropria delle sue idee, pur negando di avere usufruito del suo aiuto. Non la ringrazia mai.
Se lei gli fa notare un errore, si giustifica dicendo che è probabilmente la sua segretaria ad avere scritto male. Lei fa finta di credergli per evitare spiegazioni.
Benjamin mantiene sempre il piú grande mistero sul proprio impiego del tempo, sulla propria vita, sul proprio lavoro. Lei viene a sapere per caso, attraverso degli amici che si congratulano con lui, che Benjamin ha appena ottenuto un’importante promozione. Le mente di continuo: dice che ritorna da un viaggio d’affari con il tale treno, mentre il biglietto che lascia in giro dimostra che non è vero.
In pubblico, si dimostra molto distaccato. Un giorno, durante un cocktail, le si avvicina e le stringe la mano: «La signorina X., che fa il tale lavoro», poi la pianta lí da sola molto in fretta. Quando, dopo, lei gli chiede delle spiegazioni, lui borbotta qualcosa a proposito del fatto di essere stato molto occupato.
Le rinfaccia il denaro che spende, anche se lei si guadagna da vivere; vorrebbe che non avesse quasi nulla negli armadi e la obbliga a sistemare le pantofole come una bambina. Si fa beffe in pubblico dei suoi vasetti di crema nella stanza da bagno: «Non so perché ti metti in faccia tutti questi cosi!»
Annie si chiede come potrebbe essere affettuosa con un uomo che calcola tutto: i suoi gesti, le sue parole, il suo denaro. Lui non sopporta che si parli della coppia: «Il termine coppia è superato». Rifiuta di impegnarsi con lei. Un giorno, un clown li ferma per strada, per mostrare loro un gioco di prestigio, e chiede a Benjamin: «È sua moglie, vero?» Benjamin non risponde nulla e cerca di scappare. Secondo Annie: «Non è stato capace di rispondere perché su questo argomento non si può pensare niente. Io non sono né sua moglie, né la sua fidanzata, né la sua ragazza. Non si può dire nulla su questo argomento perché è troppo pesante».
Se lei insiste per parlare di loro due, lui risponde: «Pensi proprio che sia il momento di parlare di queste cose?»
Diversi argomenti sono altrettante ferite, come ad esempio il suo desiderio di avere dei figli. Quando incontrano amici che ne hanno, lei si sforza di non dimostrare troppo entusiasmo davanti ai bambini, cosa che potrebbe far pensare a Benjamin che ne desidera uno. Assume allora un tono neutro, come se non fosse una cosa importante.
Benjamin vuole dominare Annie. Desidera che sia una donna indipendente che non conta finanziariamente su di lui, ma nello stesso tempo vuole che sia sottomessa, altrimenti la angoscia e la rifiuta.
A cena, quando lei parla, lui alza gli occhi al cielo con un’espressione costernata. All’inizio, lei si diceva: «Ho sicuramente detto un’idiozia!» e si è a poco a poco censurata.
Eppure, dopo avere iniziato la psicoterapia, ha imparato a non accettare che lui critichi a priori tutto quello che dice, anche se ciò causa tensioni.
Tra di loro non ci sono discussioni, soltanto litigi quando lei ne ha abbastanza, quando una goccia fa traboccare il vaso. In questi casi, è solo lei a innervosirsi. Benjamin assume un’aria sorpresa e dice: «Stai per farmi un’altra volta dei rimproveri! Certo, per te è tutta colpa mia!» Lei cerca di giustificarsi: «Non dico che sia colpa tua, vorrei solo che parlassimo di quello che non va». Lui sembra non capire e riesce sempre a farla dubitare di sé e a indurla a sentirsi in colpa. Chiedersi che cosa non vada tra di loro equivale a dire: «È colpa tua». Lui non vuole ascoltarla e chiude la discussione, anzi, cerca di sfuggire con una piroetta prima ancora che sia iniziata.
«Vorrei che mi dicesse che cosa non gli piace di me: questo consentirebbe di discutere».
A poco a poco hanno smesso di parlare di politica perché, quando lei esponeva le sue idee, Benjamin si lamentava che non la pensasse come lui. Hanno anche smesso di parlare dei successi professionali di Annie. Benjamin sopportava male ciò che poteva fargli ombra.
Annie si rende conto di avere rinunciato al suo modo di pensare, alla sua individualità, per paura che le cose vadano sempre peggio. Ciò la porta a fare costantemente sforzi per rendere sopportabile la vita di tutti i giorni.
Ogni tanto reagisce e minaccia di andarsene. Lui la trattiene con un discorso ambiguo: «Io voglio che il nostro rapporto vada avanti / Non posso darti di piú per il momento».
Lei pende dalle sue labbra al punto che al minimo segnale di riavvicinamento riprende a sperare.
Annie avverte chiaramente che questa non è una relazione normale ma, avendo perduto ogni punto di riferimento, si sente obbligata a proteggere e a scusare Benjamin qualunque cosa faccia. Sa che lui non cambierà: «O mi adatto o me ne vado».
Sul piano sessuale non va meglio, perché Benjamin non ha piú voglia di fare l’amore. Qualche volta lei cerca di parlarne:
«Non si può continuare a vivere cosí!»
«Le cose stanno cosí, non si può fare l’amore a comando».
«Che cosa si può fare? Che cosa posso fare?»
«Non ci sono soluzioni per tutto! Tu vuoi dettare legge su ogni cosa!»
Quando lei gli si avvicina per abbracciarlo teneramente, le lecca il naso. Se protesta, lui le fa notare che, decisamente, è priva di senso dell’umorismo.
Che cosa trattiene Annie?
Se Benjamin fosse in tutto e per tutto un mostro, sarebbe piú facile, ma è stato un amante tenero. Se è cosí, vuol dire che sta male. Allora può cambiare. Allora lei lo può cambiare. Aspetta con impazienza questo cambiamento. Spera che un giorno la matassa si dipani e che riescano finalmente a comunicare.
Si sente responsabile del cambiamento di Benjamin: non ha sopportato che fosse depressa. Si sente anche in colpa perché non è abbastanza seducente (un giorno, davanti ad amici, lui ha scherzato su un abito poco sexy di Annie) o abbastanza buona (lui ha alluso al fatto che lei non è generosa) per soddisfare Benjamin.
Dice anche a se stessa che restare con lui in questa coppia che non dà soddisfazioni è meno grave che ritrovarsi da sola, perché Benjamin le ha detto: «Se noi ci separassimo io troverei subito qualcuno, ma tu, con il tuo gusto della solitudine, resteresti completamente sola». E lei ci ha creduto. Anche se sa di essere molto piú socievole di Benjamin immagina che, da sola, sarebbe depressa e starebbe a rimuginare sul passato.
Sa anche che i suoi genitori formano a loro volta una coppia insoddisfatta, rimasta unita per dovere. A casa sua la violenza è stata costante, ma larvata, perché si trattava di una famiglia in cui le cose non venivano chiamate con il loro nome.
La violenza.
La violenza perversa si manifesta nei momenti di crisi, quando un individuo che ha strumenti perversi di difesa non è capace di assumersi la responsabilità di una scelta difficile. Essa è allora indiretta e consiste essenzialmente nel non rispettare l’altro.
Monique e Lucien sono sposati da trent’anni. Da sei mesi Lucien ha una relazione. Lo comunica a Monique dicendole che non è in grado di scegliere. Vuole restare con lei e portare avanti parallelamente anche l’altro rapporto. Monique rifiuta con determinazione. Suo marito se ne va.
Dopo, Monique è distrutta. Piange tutto il tempo, non dorme piú, non mangia piú. Presenta manifestazioni psicosomatiche da angoscia: sudori freddi, peso allo stomaco, tachicardia... Prova rabbia, non contro suo marito che la fa soffrire, ma contro se stessa che non è capace di trattenerlo. Se Monique riuscisse a provare collera nei confronti di Lucien, le sarebbe piú facile difendersi. Ma, per provare collera, bisogna accettare che l’altro è aggressivo e violento, cosa che può portare a non desiderare piú che ritorni. È piú facile, quando si è in uno stato di choc come Monique, negare la realtà dei fatti e restare in attesa, anche se quest’attesa è fatta di sofferenza.
Lucien chiede a Monique di continuare a pranzare regolarmente con lei per mantenere il loro legame, altrimenti rischierebbe di andarsene via per sempre. Se lei si allontana, lui la dimentica. Se si mostra depressa, non gli viene voglia di restare con lei. Su consiglio del suo psicanalista ha anche proposto a Monique di farle incontrare la sua amante, perché «ci sia dialogo»!
Sembra che neppure per un istante si sia posto il problema della sofferenza di sua moglie. Dice semplicemente che ne ha abbastanza di vederla con quella faccia da funerale. Colpevolizzando sua moglie, che non fa abbastanza per trattenerlo, Lucien si libera della responsabilità di decidere la separazione.
Il rifiuto della responsabilità di un fallimento coniugale è spesso all’origine di un’altalena perversa. Un individuo che ha un forte ideale di coppia presenta relazioni apparentemente normali con il suo partner fino al giorno in cui deve scegliere tra questo rapporto e un nuovo incontro. La violenza perversa sarà tanto piú forte quanto piú grande era l’ideale di coppia. Non è possibile accettare questa responsabilità, che è l’altro a dover portare interamente sulle proprie spalle. Se l’amore viene meno, se ne considera responsabile il partner, per un errore che avrebbe commesso e che non viene detto. Nella maggior parte dei casi si nega a parole che l’amore si sia spento, anche se ci si comporta come se lo fosse.
Prendere coscienza della manipolazione pone inevitabilmente la vittima in uno stato di terribile angoscia, che non può sfogare perché non ha interlocutori. Oltre alla rabbia, le vittime a questo stadio provano vergogna: vergogna per non essere state amate, vergogna per avere accettato umiliazioni del genere, vergogna per avere subíto.
A volte non si tratta di un impulso perverso transitorio, ma di una perversità fino a quel momento nascosta che si rivela. L’odio, che era mascherato, viene in piena luce, molto simile a un delirio di persecuzione. I ruoli cosí si invertono, l’aggressore diventa l’aggredito e il senso di colpa rimane sempre dalla stessa parte. Perché la cosa sia credibile, bisogna screditare l’altro spingendolo a comportarsi in modo condannabile.
Anna e Paul, entrambi architetti, si incontrano sul lavoro. Paul decide molto in fretta di sistemarsi da lei, ma fa in modo di conservare una distanza affettiva per non impegnarsi davvero. Rifiuta le parole dolci, i gesti affettuosi in pubblico e si prende gioco degli innamorati che si tengono per mano.
Paul ha molta difficoltà a esprimere qualcosa di personale. Dà l’impressione di scherzare ininterrottamente, di ironizzare su tutto, di buttare tutto sul ridere. È una strategia che gli permette di nascondersi e di non farsi coinvolgere.
Fa anche discorsi estremamente misogini: «Le donne sono castratrici, frivole, insopportabili, ma non se ne può fare a meno».
Anna scambia la freddezza di Paul per pudore, la sua rigidità per forza, i suoi sottintesi per sapere. Crede che il suo amore saprà intenerirlo, che una volta rassicurato dalla vita di coppia si mostrerà meno duro.
Tra Anna e Paul si stabilisce la regola implicita che non si deve mostrare in pubblico troppa intimità. È una regola che Anna accetta, giustifica e di conseguenza garantisce. Poiché il suo desiderio di stabilire una relazione piú intima è piú forte di quello di Paul, è lei a dover fare gli sforzi necessari perché il rapporto continui. ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Molestie morali
  3. Introduzione
  4. Molestie morali
  5. Parte prima - La violenza perversa nella vita quotidiana
  6. Parte seconda - Il rapporto perverso e i protagonisti
  7. Parte terza - Conseguenze per la vittima e presa in carico
  8. Conclusione
  9. Appendice
  10. Bibliografia
  11. Il libro
  12. L’autore
  13. Dello stesso autore
  14. Copyright