Anzitutto, la mia più profonda gratitudine a Karolina Sutton per aver capito prima di me che questo era il libro che volevo scrivere, e alle mie editor Alexis Kirschbaum e Mitzi Angel per avergli dato vita.
La mia infinita riconoscenza a Mary-Kay Wilmers, che ha pubblicato per la prima volta i miei scritti e in particolare Il diritto al sesso («Il sesso non è mai troppo per un articolo della “London Review of Books”»); a Katherine Rundell, un’amica saggia, gentile e coraggiosa che, due giorni dopo il mio ventiseiesimo compleanno, mi ha suggerito di cimentarmi nella scrittura; a Katie Geminder, nella cui casa ho scritto alcuni di questi saggi; e a Robin Bierstedt e Peter Mayer, nella cui casa ne ho scritti altri; a Ted Fertik per il sostegno e le critiche costruttive; a Dennis Zhou per la meticolosa verifica dei contenuti e molto altro; ai miei studenti Simple Rajrah e Robert Cheah per avermi aiutata a preparare il manoscritto; a Susan Brison, che all’ultimo momento l’ha letto con grande disponibilità e attenzione; e ai miei numerosi studenti a Oxford e allo University College di Londra, alcune delle cui storie sono raccontate in queste pagine.
Ho contratto un debito impagabile con i miei colleghi di scienze politiche e filosofia a Oxford e con il direttore, i docenti e lo staff dell’All Souls, che è diventato più di una seconda casa.
La mia affettuosa riconoscenza ai miei genitori, Chitra e Anand, per avermi permesso di sorprenderli e per avermi sorpresa a loro volta; a mia sorella Sveta per essersi quasi sempre schierata dalla mia parte, e a Saana, Simran e Joe; alle mie nonne Ammama e Patuma per aver voluto di più; alla zia Radhi e allo zio Ramesh per avermi offerto un rifugio; a mio cugino Madhu per la solidarietà; a Cindy per la gentilezza squisita; a Dick e Mandy Russell per l’enorme generosità dimostrata nel corso degli anni; alla mia figlioccia Clio per avermi quasi sempre tirato su il morale; e a Goose, che è tutta la mia vita.
L’amicizia è un miracolo sconcertante. Per le conversazioni su questo libro, e per l’appoggio durante la sua stesura, il mio affetto e la mia gratitudine ad Alex Cole, Alice Spawls, Ambrogio Cesare-Bianchi, Amrou Al-Kadhi, Camilla Dubini, Cat Normile, Cécile Fabre, Chas Tyler, Christian Nakarado, Clare Birchall, Cressie St Aubyn, Daniel Rothschild, Danny Grossman, Danny Rubens, Ed Hollingsworth, Eli Schachar, Emma Hogan, Fabienne Hess, Fazeelat Aslam, Fred Wilmot-Smith, Henrik Isackson, Hermione Hoby, Jane Friedman, Joanna Biggs, Jonathan Gingerich, Jonny Yarker, Justin Zaremby, Kate Saunders-Hastings, Liz Chatterjee, Marcel Przymusinski, Mary Wellesley, Matthew Campbell, Matt Knott, Merve Emre, Mirra Vane, Nick Mayer, Osh Jones, Paul Lodge, Philippa Hetherington, Polly Russell, Rob Simpson, Sanja Bogojevic, Steve Rose, Tabitha Goldstaub, Tom Adams, Vikrom Mathur e Zeynep Pamuk.
Per finire, un ringraziamento speciale – di quelli che vengono dal profondo del cuore – ad altre tre persone, che hanno letto anch’esse il manoscritto molto attentamente.
A Paul Myerscough, che odia il culto del redattore ma meriterebbe un monumento, e non solo per aver curato l’editing di questo libro. Grazie per avermi sopportata. Ti voglio bene.
A Daniela Dover, mia geniale migliore amica e compagna di viaggio sulla strada verso la libertà.
A Sophie Smith, che è presente in questo libro tanto quanto me. Capii che quell’esperienza, quello scrivere sul muro là davanti […] non era condivisibile con nessuno se non con la bambina che molto coraggiosamente mi stava accanto. «Continua» disse senza esitazione. In realtà, era lei ad avere il distacco e l’integrità della pitonessa di Delfi. Ma ero io […] a vedere le immagini, a leggere la scritta e a ricevere la visione interiore. O forse, in un certo senso, la «vedevamo» insieme, perché senza di lei, devo riconoscerlo, non avrei potuto continuare (H.D.)
Prefazione
1. Vedi Judith Butler, Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, Routledge, 2010 [1990], p. 10 (trad. it. Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, Laterza, Roma-Bari 2013).
2. Simone de Beauvoir, The Second Sex, traduzione di Constance Borde e Sheila Malovany-Chevallier, Vintage, 2011 [1949], pp. 765, 766 (trad. it. Il secondo sesso, Il Saggiatore, Milano 1961, p. 720).
3. Per una discussione su alcuni di questi recenti sviluppi, vedi Verónica Gago, Feminist International: How to Change Everything, traduzione di Liz Mason-Deese, Verso, 2020.
4. David R. Roediger, The Wages of Whiteness: Race and the Making of the American Working Class, Verso, 2007 [1991], p. x.
5. Bernice Johnson Reagon, Coalition Politics: Turning the Century [1981], in Home Girls: A Black Feminist Anthology, a cura di Barbara Smith, Kitchen Table: Women of Color Press, 1983, pp. 356-368, p. 359.
La cospirazione contro gli uomini
1. Liz Kelly, Jo Lovett e Linda Regan, A gap or a chasm? Attrition in reported rape cases, Studio del ministero dell’Interno 293, 2005 (consultabile all’indirizzo webarchive.nationalarchives.gov.uk/20100418065544/home-office.gov.uk/rds/pdfs05/hors293.pdf, p. 50). Lo studio, così come il National Registry of Exonerations che vado ad analizzare, è stato portato alla mia attenzione dall’articolo di Sandra Newman What kind of person makes false rape accusations?, «Quartz», 11 maggio 2017 (consultabile all’indirizzo qz.com/980766/the-truth-about-false-rape-accusations/). Ringrazio Newman per avermi consigliato di consultare il registro.
2. Kelly et al., A gap or a chasm?, cit., p. 47. Lo studio rileva che anche il più alto dato dell’8 per cento «è considerevolmente più basso di quello dei casi classificati come falsi dagli agenti intervistati in questo studio» (ivi, p. xi).
3. Federal Bureau of Investigations, Crime in the United States 1996, Section II: Crime Index Offenses Reported, 1997 (consultabile all’indirizzo ucr.fbi.gov/crime-in-the-u.s/1996/96sec2.pdf, p. 24).
4. Bruce Gross, False Rape Allegations: An Assault on Justice, «The Forensic Examiner», vol. 18, n. 1, 2009, pp. 66-70, p. 66; e Kelly et al., A gap or a chasm?, cit. Il rapporto del ministero dell’Interno britannico concludeva che un «maggior grado di conoscenza tra vittima e aggressore diminuiva la probabilità di casi classificati come falsi» (p. 48). Allo stesso tempo, numerosi agenti che furono intervistati confessarono di essere intimamente portati a non credere a donne che conoscevano i presunti colpevoli.
5. Joanna Jolly, Does India have a problem with false rape claims?, Bbc News, 8 febbraio 2017 (consultabile all’indirizzo www.bbc.co.uk/news/magazine-38796457).
6. Ministero della Salute e del benessere familiare indiano, National Family Health Survey (NFHS-4), 2015-2016 (consultabile all’indirizzo dhsprogram.com/pubs/pdf/FR339/FR339.pdf, p. 568).
7. Newman, What kind of person makes false rape accusations?, cit.
8. Nel Regno Unito, ogni anno in Inghilterra e Galles circa dodicimila uomini di età compresa tra i sedici e i cinquantanove anni subisce uno stupro, un tentato stupro o una violenza sessuale con penetrazione (Ministero dell’Interno ed ente nazionale di Statistica, An Overview of Sexual Offending in England and Wales, 2013 [consultabile all’indirizzo www.gov.uk/government/statistics/an-overview-of-sexual-offending-in-england-and-wales]). L’incarcerazione di massa rende gli Stati Uniti il solo Paese in cui la percentuale di stupri subiti da uomini compete con quella di stupri subiti da donne (Christopher Glazek, Raise the Crime Rate, «n+1», inverno 2012 [consultabile all’indirizzo nplusonemag.com/issue-13/politics/raise-the-crime-rate/]); e Jill Filipovic, Is the US the only country where more men are raped than women?, «Guardian», 21 febbraio 2012 (consultabile all’indirizzo www.theguardian.com/commentisfree/cifamerica/2012/feb/21/us-more-men-raped-than-women).
9. National Registry of ...