7 anni prima
Ciao Leonardo.
“Scappare” e “cambiare” non sono cose poi così diverse, perché spesso l’una è la conseguenza dell’altra.
Un oceano di storie finisce proprio perché vieni accusato di essere cambiato.
E all’improvviso hai voglia di scappare, portandoti dietro il tuo dolore, quello che ti fa esplodere il cuore in mille pezzi.
Solo che alla fine decidi sempre di restare, perché la guardi e ti dici che, anche se nel petto non senti più niente, lei è ancora l’unica persona in grado di riempirlo.
Ecco, non farlo. Non tradire l’amore per te stesso.
Cambiare vuol dire crescere, e crescere non significa essere infedeli.
Ho imparato che il segreto di ogni storia d’amore non è continuare ad amarsi, ma cambiare insieme.
L’amore nasce quando ci si riconosce, finisce quando non ci si riconosce più.
Ricordati di te quando i tuoi sogni vanno in frantumi e ti viene da pensare che alcuni dolori dureranno per sempre, quando uscendo di casa indossi il sorriso stanco di chi si è stufato di essere forte.
E poi, guardati attorno.
Impara a lasciare andare quel dolore che ti porti dentro, non rinunciare mai ai battiti del cuore, non avere mai paura di baciare, vinci il terrore di scappare.
Prenditi cura della dolcezza che custodisci dentro e trova il coraggio di ripartire. Io ti prometto che verrò a prenderti dove ti sei perso, perché ho scoperto che i nuovi amori iniziano dove finiscono i battiti di quelli vecchi.
Non rinunciare mai ad amare, e porta sempre con te la colla con cui rimettere insieme i pezzi del cuore, non rinunciare mai a ridere e metti sempre in tasca un fazzoletto con cui asciugarti le lacrime. Non dimenticarti mai di rialzarti, perché non c’è niente di più bello di qualcuno che ride dopo aver pianto.
Ti sei sempre sentito fuori posto, lo so.
Con il tuo sguardo rivolto altrove e con la tua voglia di scappare per cercare un posto in cui sentirti a casa.
E so che hai imparato a tenere nascosto quel cuore ammaccato, nel quale custodisci ricordi irripetibili, e che indossi il sorriso di chi non ha bisogno solo di sentirsi amato, ma qualche volta anche capito. E so che stringi a te le tue paure e le tue incertezze, consapevole che una volta non le avevi.
In fondo vorresti solo questo, incrociare lo sguardo di qualcuno che ti faccia sentire sempre al posto giusto.
Ascolta, adesso, proprio adesso, stringi i pugni e alzati.
Dimentica quelle labbra che sfioravi, quegli occhi bellissimi, quelle mani da accarezzare.
E perdonati, perché spesso il sorriso si nasconde nella capacità di chiedersi scusa.
Perdonati tutto: i caffè mancati, le lacrime che hai dimenticato, le occasioni che non hai saputo cogliere al volo. Perdonati i crack al cuore, i dolori che hai fatto fatica a scrollarti di dosso, i rimorsi per quegli sbagli che facciamo tutti. Perdonati i rimpianti, le carezze mai date, i baci perduti, le volte in cui non ti sei sentito abbastanza, quelle in cui ti sei sentito unico, le persone che ti hanno avuto senza meritarlo.
Perdonati, perché tutto questo ti ha portato a essere quello che sei. Se ti guardi attorno ti accorgerai che il tempo ha lasciato indietro qualcuno, ma ti ha donato quell’unico amore che serve davvero.
Quello di chi ha avuto voglia di restare fino a qui.
Leonardo
Ho scritto questa lettera a me stesso sei mesi fa, quando, dopo l’ultima furiosa litigata con Paola, per la prima volta non ho voluto sentire ragioni e ho deciso di svuotare i suoi armadi stracolmi delle mie cose, per portare via i brandelli di me che erano rimasti.
Quella litigata è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno fino all’orlo da troppo tempo, e precisamente da una mattina di due anni prima, quando, a colazione, mi aveva detto: «Sei cambiato». Lo aveva fatto con gli occhi bassi, come se preferisse non guardarmi.
È stato in quel momento che per la prima volta ho sentito il desiderio di una via di fuga.
Per trovare la forza di farlo davvero, però, ho impiegato più di settecento giorni, perché è vero che ci vuole coraggio per restare, ma ne serve molto di più quando invece bisogna andare via per l’esigenza di ritrovare se stessi.
Forse, alla fine di una storia, è proprio questo il segreto: riuscire a rimettere insieme tutti i frammenti di te e ricostruire la meraviglia di quello che sei, la bellezza che ti appartiene.
È che a volte non scappi perché vuoi, scappi per difenderti.
Prendere quel treno, quella mattina, il treno con il quale mi lasciavo alle spalle Milano insieme a una storia lunga dieci anni, una storia in cui avevo investito ogni goccia di me, è stata la decisione più sofferta di tutta la mia vita.
Eppure, sentivo che era l’unica cosa giusta.
Finalmente mi stavo scegliendo.
La casa in cui avevo deciso di trasferirmi con lei dopo un paio d’anni di fidanzamento era diventata stanca, come le nostre mani quando si toccavano.
Non saprei dirlo cosa non ha funzionato fra di noi, so solo che prima ci sussurravamo “ti amo”, poi abbiamo cominciato a chiedere “mi ami?” e infine a dirci “amami”, come fosse ormai diventata un’imposizione. È stato lì che ho sentito la nostra storia fare crack, è stato lì che mi sono reso conto che cominciava a fare a spallate con tutto il resto, mentre prima di tutto il resto non ne avevamo bisogno.
È come se a un certo punto non ce la fossimo più sentita di promettere il nostro amore ma lo volessimo comunque in cambio, come se ci fossimo dimenticati delle piccole reciproche attenzioni e si fosse creato un muro fra di noi, un muro che ci divideva anche quando facevamo l’amore, un muro che, in qualche modo, ha sostituito l’entusiasmo.
Come avevamo potuto trasformarci in un simile mucchio di incomprensioni? Dove li avevamo lasciati quei due innamorati capaci di regalarsi un sorriso solo stringendosi un po’ più forte? Come avevamo fatto ad arrivare così lontano da non riuscire più a tornare a dove eravamo all’inizio?
Ti lasci alle spalle emozioni così, ma ti porti comunque dietro fotografie che non scorderai più: come quando le dicevo “non preoccuparti” e lei non si preoccupava, come quando le dicevo “sei tutto” e lei rispondeva “tu di più”, come quando dopo aver litigato per ore ci ritrovavamo l’uno davanti all’altra.
Ecco, a me era sempre bastato questo.
Averla davanti agli occhi.
E ricordo che una volta bastava anche a lei.
In fondo, ora che ci penso, non so nemmeno quando abbiamo cominciato ad allontanarci per fare spazio a qualcos’altro, so solo che per gran parte della mia vita il mio spazio è stato lei, e che dentro questo spazio sono sempre stato capace di farci stare tutto quanto.
Poi però fra noi si è rotto qualcosa.
Non è stato uno strappo netto, ma un processo lento che si è insinuato silenzioso fra le pieghe della nostra storia e che è esploso con quel “sei cambiato”, due parole che hanno avuto il potere di farmi sentire inadeguato a ciò che Paola si aspettava da me.
Ho interpretato quella frase come un “non sei più l’uomo che eri quando mi sono innamorata di te” e ho avuto paura di perderla. Così ho cominciato a fare una cosa che non mi perdonerò mai: ho smesso di essere me stesso per cercare di accontentarla. Mi sono spento per cercare di riaccendere la nostra storia.
Solo che piano piano la distanza fra noi è diventata una voragine. Più passavano i mesi, più quel vuoto che mi era cresciuto dentro mi ha portato ad annullarmi.
Mi ero perso e così ero venuto meno a una promessa che mi ero sempre fatto. Avevo giurato a me stesso che sarei stato capace di riconoscere la fine, perché spesso il segreto di ogni storia d’amore sta anche lì, nel saper dire basta al momento giusto: quando le mani intrecciate si trasformano in occhi che guardano altrove, quando il laccio che tiene attorcigliati i sentimenti si allenta, quando alla fine di una litigata non ci si ritrova più, quando rimangono soltanto le lacrime.
Avrei voluto capire prima qual era il momento giusto per andare via senza rovinare il ricordo di una storia così. Perché abbiamo saputo farci tanto bene, noi due, e non esiste cosa peggiore che stiracchiare un amore stanco, costringendolo a durare.
Quando ci si è amati sul serio, però, ammettere che è davvero finita è difficile, e così, piuttosto che prenderne coscienza, avevo cominciato a chiedere sempre scusa, anche quando avrei dovuto essere orgoglioso e difendere le mie ragioni.
Ma non è servito a niente, ci sono ferite del cuore che quando si aprono poi non si chiudono più.
E così, quella mattina di sei mesi fa, mi sono chiuso in bagno e mi sono guardato allo specchio con la consapevolezza che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto Paola.
Sono andato in soggiorno e l’ho trovata sdraiata sul divano a guardare la televisione.
«Adesso basta» le ho detto. La mia voce era ferma. Per la prima volta senza emozione.
Lei ha spostato lo sguardo su di me, quasi con sufficienza. Non mi aveva mai creduto davvero capace di un gesto così.
«Adesso basta, Paola. Non ti chiederò più scusa per quello che non sono. La verità è che noi due non funzioniamo più. Ci ho provato, dico davvero. Mi sono succhiato via ogni grammo di energia per poter sistemare tutto. Però non ci riesco. Non ci riusciamo. Forse dieci anni fa eravamo fatti per stare insieme, ma siamo cresciuti in modo diverso. Non voglio più nascondere così tante parti di me per paura che non ti vadano bene.»
Paola guardava oltre la mia spalla.
«Non credo che tu mi abbia mai chiesto scusa per ciò che non sei…» si è limitata a dirmi.
«Invece sì, Paola. L’ho fatto tutte le volte in cui hai scambiato la mia gelosia per desiderio di possesso. L’ho fatto tutte le volte che ti ho chiesto scusa, anche se in realtà questa gelosia è nata dalla paura di perderti, quando mi sono reso conto che qualcosa tra noi si era rotto. L’ho fatto tutte le volte che ho cercato di sistemare le cose nonostante la tua finta indifferenza. Sono stanco, Paola, guardaci. Ci stiamo distruggendo così. Meritiamo più di que...