Bartolomeo si sveglia “inverso”. È un modo di dire della dottoressa Spinola. Ben chiaro il significato: un miscuglio di inquietudine, rabbia e malinconia. Resta nel letto, tenta di distendere le gambe, ma un’occhiata di Tally lo dissuade. Il felino si risistema, e anche il commissario. Non ha nessuna fretta di alzarsi. La luce del mattino filtra e spennella sul soffitto un decoro confuso. Per i due delitti, la situazione è stagnante. Chi ha ucciso la Incardona, quale legame aveva con Tommasini? L’assassino dello psicologo conosceva l’ecologista? Tutte le ricerche svolte in questa direzione hanno ottenuto un buco nell’acqua. La donna era più vecchia di otto anni, quindi non potevano essere stati amici d’infanzia, anche perché erano nati in due città diverse e abbastanza lontane. Non provenivano dalle stesse scuole, nemmeno dalla stessa università, coltivavano passatempi diversi, la Incardona era un’assidua frequentatrice del mare, l’altro un amante della montagna, romantico e démodé. Certo questi elementi non escludono una conoscenza, nonostante ciò è ragionevole pensare che tra loro non sia esistito un legame, perlomeno prolungato.
A questo punto, se non emerge qualche novità, saranno guai seri. Esploderà irrimediabile la tesi del serial killer, che per il momento gli sembra azzardata, almeno per come viene intesa di solito: una persona disturbata che sopprime figure estranee perché rappresentano un ruolo nel proprio vissuto delirante.
È impossibile separare i due casi, perché l’arma li intreccia in modo indissolubile. Osservando attraverso la persiana un ramo fronzuto che dondola nella brezza primaverile, conclude che le centinaia di ore impegnate a interrogare testimoni, amici, conoscenti, collaboratori, parenti fino al quinto grado, senza escludere i nemici, non hanno portato alla svolta tanto attesa. Date dei delitti: 14 marzo e 14 aprile. Il 14 maggio porterà un’altra vittima? Il 14 del mese… Difficile studiare attraverso gli archivi dei giornali tutti gli eventi accaduti in tale data nel corso degli anni, tanto più se si tratta di una ricorrenza privata. Un anniversario? Di nascita, di morte, di un matrimonio finito o in qualche modo spezzato, di una rovina economica?
Ormai è sveglio, mentre il compagno di letto peloso continua a dormire pacifico.
La notte scorsa aveva perso il sonno, assillato dal ricordo della scrittrice in fuga. Si era intestardito a cercare quel libro senza trovarlo. Dovrà chiamare Ardelia per chiederle se l’abbia preso. Altrimenti dovrà ricomprarlo.
È impossibile che quella ragazza abbia affrontato l’isolamento e il buio in una vecchia cascina abbandonata, fino al rischio concreto di perdere la vita, solo perché si è sentita sola e triste. Per andare a rintanarsi in quel posto sperduto deve avere avuto un motivo preciso e molto serio.
Chiacchierare con Agostina potrebbe aiutarlo a distrarsi da quei due maledetti delitti. Ma non soltanto: se fosse andata a cacciarsi in qualche guaio, potrà darle una mano.
Con fatica si alza e si trascina in bagno, mentre Tally, dopo aver sospirato, cambia posizione e si rimette a dormire.
Sotto la doccia, non sente la suoneria del telefono.
È Ardelia, che ha deciso di raggiungerlo in Piemonte. La lentezza con cui procedono le indagini ha smorzato parecchio l’entusiasmo dell’inizio, ma nemmeno la dottoressa ha dimenticato i due omicidi: in qualche modo alla verità bisogna arrivare.
Bartolomeo, strofinandosi la zazzera candida, risponde all’ultimo squillo.
«Oh, sì, ciao Ardelia! Che piacere! Senti, prima di cominciare qualsiasi discorso, dammi una risposta: hai tu il libro di Agostina Ferrua, quella ragazza che era venuta a trovarmi al Circolo dei Lettori a Torino? Ti ricordi, te ne avevo parlato… È la stessa che è scomparsa, poi è stata ritrovata, e hanno dovuto amputarle una gamba… Un caso di cronaca locale…»
«Sì, ho sentito la notizia della ragazza scomparsa… Ignoro i dettagli però ho letto dell’amputazione: perché?»
«Pare che se la sia spezzata cadendo, una frattura esposta, e la ferita si è gravemente infettata… Comunque ti racconterò meglio quando ci vedremo. Per favore, potresti dare un’occhiata in casa, per quel libro?»
«Sì, il libro, certo… Perché ci tieni tanto?» domanda di nuovo la dottoressa.
«Sono un po’ di fretta, preferirei parlarne con calma.»
«D’accordo. Ti prometto che lo cercherò.»
«Va bin, va bin, non preoccuparti.»
«Contavo di venire a trovarti, ne ho proprio voglia!»
«Oggi?»
«Be’, sì… Qualche problema?»
«Ma no, figurati… Certo che voglio! Adesso però non ho tempo di parlarne, aggiorniamoci.»
Bartolomeo saluta, consapevole di essere stato un po’ sbrigativo, e si veste in fretta. Incurante dell’espressione della governante, infila il cellulare in tasca e parte, senza colazione.
Agostina ora gli appare sotto una luce diversa, all’improvviso molto più misteriosa dei suoi libri: proprio come Agatha Christie che, più o meno novant’anni prima, aveva cercato di attirare l’attenzione della gente scomparendo.
La trova dimagrita, con la pelle grigiastra e le occhiaie profonde. È su una sedia a rotelle e il moncherino è nascosto da un plaid. I capelli sono raccolti in una coda, il rosa della vestaglia non le dona. Accanto a lei un giovane molto bello che le stringe la mano e ogni tanto le accarezza il viso. Insieme si voltano verso la porta e guardano il signore alto e distinto che sta indugiando sulla soglia. La ragazza mostra stupore, l’amico le chiede sottovoce se lo conosce e lei annuisce senza avere il tempo di aggiungere altro, perché Bartolomeo entra.
«Buongiorno, commissario» saluta la Ferrua, con un filo di voce. Andrea ha uno sguardo inquieto.
«Dottor Rebaudengo, le presento Andrea Termoli: il mio migliore amico. Andrea, ricordi che te ne ho parlato?»
Il giovane annuisce, con un lieve sorriso.
«Sono molto emozionata di vederla qui. È venuto a trovare… me?»
«Sì, cara. Avrei bisogno di parlarti.»
Andrea, che già si era alzato in piedi, stringe la mano al visitatore e, dopo un bacio sulla guancia della ragazza, saluta entrambi. Premuroso, si fa scappare un «chiamami più tardi» strappando un sorriso a Bartolomeo, che si siede sulla sedia appena liberata.
«Sono contento di aver conversato con te, a Torino. Senza quell’incontro, ora sarebbe tutto più difficile. Ti avverto subito che non ho ancora letto il tuo libro. Una mia amica deve averlo visto sulla mia macchina e me l’ha fregato. Devo farmelo restituire, è passato un sacco di tempo…»
«Lasci stare, non importa: ho sbagliato io, sono stata invadente. Gliel’ho mollato così, pretendendo la lettura e qualche consiglio. Ma era un’idea cretina. Oggi non lo rifarei.»
«Perché?»
«Perché ormai me ne frego di diventare famosa.»
Passa un’infermiera con cipiglio da caposala di ferro. Sta per mugugnare, l’orario di visite è finito, ma poche parole gentili di Rebaudengo la ammansiscono e lei lascia correre.
«Ti sei spaventata così tanto da rischiare la vita…» il commissario domina la tentazione di guardare l’unico piede che appoggia sul predellino. Non sta a lui affrontare un argomento delicato che richiede competenza clinica e psicologica. Ascolterà se la ragazza vorrà parlarne, ma lei sembra ostentare indifferenza verso la propria menomazione. È un atteggiamento piuttosto comune, un modo per sfuggire il terrore della perdita e di un futuro complicato. Bartolomeo sorride rassicurante, e chiede: «Da chi stavi scappando?».
La Ferrua lo guarda senza espressione, occhi grandi di chi non ha mai imparato a mentire.
«Non stavo scappando… Volevo soltanto stare da sola… Avevo un dolore… Un dolore sentimentale.»
«Il mio mestiere è smontare le balle, quindi saltiamo un passaggio: dimmi la verità.»
La giovane tace, guarda il mare oltre i vetri e le navi mercantili stipate di container che entrano ed escono dal porto. La vicina di letto è una donna anziana e dorme, o finge. Gli ricorda un altro ospedale, un’altra ragazza, un’altra storia: anche allora la compagna di stanza era vecchia e poco simpatica. La giovane intanto sta pesando i pro e i contro: finirà in galera? No, non per una colpa così. Un buon avvocato, dalla parcella proibitiva, dimostrerebbe che non ha copiato di proposito il libro di un altro né cercato di procurarsi quei fogli. Qualcuno però la pensa in modo diverso, qualcuno che vuole farle paura? Il commissario potrebbe proteggerla? Certo. Nel momento in cui la verità venisse fuori, lo sconosciuto perderebbe interesse nei suoi confronti, in un certo senso sarebbe risarcito dalla confessione. Allora comincia il racconto, dall’inizio, dalla cassetta delle lettere.
«È la trama che è stata pubblicata a tuo nome?»
Agostina si risente, e lo guarda torva.
«Un momento! Io ci ho lavorato, l’ho migliorata, l’ho allungata, erano neanche tre paginette, ho arricchito la vicenda di personaggi, ho creato degli intrecci, insomma: ho trasformato una roba minima, quattro idee buttate lì, in un vero romanzo. Quindi non è giusto affermare che l’ho pubblicata a mio nome, era il mio lavoro!»
Bartolomeo le porge un fazzo...