«È inutile che scappi, Gabby! Ovunque andrai, io ti troverò. E ti annienterò. Ah ah ah!»
Sono in un bioma desertico, senza armi, senza cibo, senza niente. Grondo sudore da ogni poro e i miei piedi cubici affondano nella sabbia. Più cerco di correre, più mi stanco, più affondo. E più affondo, più quella gigantesca figura nera, così alta e imponente da fare ombra al sole, si avvicina, continuando a minacciarmi.
«No, ti prego, lasciami andare!» grido. O meglio, cerco di gridare. Perché sono esausto, non ce la faccio proprio più. Se soltanto avessi un po’ di latte, una mela, una fetta di torta. Qualsiasi cosa! E una spada di diamante, con quella sì che potrei affrontare l’ombra.
«Farai la stessa fine che hanno fatto i tuoi amici. Da Juliet a Lello, da Clint a Herobrine!» sbraita minacciosa la figura nera.
Inciampo nelle mie stesse gambe, stremato. La sabbia bollente mi finisce in bocca. Provo a rialzarmi, ma non ne ho la forza. Rotolo su me stesso. Ora sopra di me c’è il cielo, un sole al calor bianco e lui.
Lui, Maxxx.
L’hater che mi ha rapito e che vuole condannarmi a una vita perpetua in questo mondo virtuale. Adesso è enorme, mastodontico. Solleva il piede, oscurandomi.
«È giunto il momento di spedirti nell’abisso» dice. Poi abbatte il piede su di me, ma non mi schiaccia. A causa dell’impatto, sotto il mio corpo si apre una voragine buia e infinita e comincio a precipitare e precipitare e precipitare e…
… e poi mi sveglio. Wow! Era un incubo! Mi metto a sedere, lottando contro le lenzuola che mi si sono attorcigliate addosso. Mi tocco un po’ dappertutto. Le braccia ci sono, le gambe anche, naso e orecchie sono a posto. Sono vivo! Sono salvo! Sono libero! Mi poggio una mano sul cuore, che batte a più non posso, e sospiro. Uff! Un altro di quei dannati incubi. Quando mi lasceranno in pace? Ormai non passa una notte senza che il ricordo di quello che ho vissuto un anno fa torni a tormentarmi. Forse non tutti lo sanno, ma sono stato rapito da Maxxx, un hater che sfruttando un VR sperimentale mi ha spedito in una sorta di prigione costituita da tanti videogiochi diversi. Ho dovuto affrontare i più pericolosi mob di Minecraft, le prigioni più disumane, le isole deserte più deserte dell’universo, un mondo di criminali dal cuore d’oro e di agenti di polizia dall’anima cupa e corrotta e, infine, una battle royale in cui centinaia di giocatori hanno cercato fino all’ultimo di farmi la pelle.
Sono sopravvissuto. Da solo non ce l’avrei mai fatta, per fortuna però ho incontrato degli amici. Lello il Porcello, un cinghiale rozzo e arrogante ma con un grande spirito di sacrificio. Clint, galeotto 2D che dopo anni è finalmente riuscito a evadere. Voleva diventare sindaco, poi si è accontentato di fare il pizzaiolo in un altro videogame. E poi c’era Juliet, criminale in erba che ora vive sull’isola di Lello, e che ha così coronato il suo sogno da biologa. E, infine, una leggenda che esiste davvero: Herobrine. Ho conosciuto Herobrine, proprio così. Grande, potente, buono. Già, non è per niente cattivo!
Insieme, unendo le nostre forze, abbiamo sconfitto Maxxx. Che è sparito, ma che continua a popolare i miei incubi.
Mi alzo dal letto, guardando la camera di hotel in cui mi trovo. Esatto, non sono a casa. Sono in viaggio. Mi hanno invitato all’evento di presentazione di… indovinate cosa? Sì, un VR! Dicono che sia eccezionale e che rivoluzionerà il mondo del gaming. Le sensazioni che trasmette sono quanto di più realistico si possa sperimentare. Qualcuno dice che siano più reali del mondo reale, quasi come se i giochi prendessero vita. Addirittura questo VR sarebbe in grado di farti sentire la sensazione di umidità se nel gioco è presente dell’acqua. Cose così.
Una novità entusiasmante, nel corso di un meeting entusiasmante, dove aziende da tutti i Paesi presenteranno i loro prodotti più all’avanguardia. Peccato che, con tutto quello che ho passato, l’idea di tornare dentro un VR mi metta una certa ansia.
E poi, e poi… Mi alzo in piedi e accendo il mio pc portatile. Apro la cartella dove salvo tutti i miei video prima di pubblicarli su YouTube. Ce n’è uno intitolato Addio. Lo faccio partire e compare il mio volto. “Salve bella gente! Sono Gabby. E ho deciso di non fare più lo youtuber.”
Metto in pausa e rimango a fissare la mia faccia bloccata in un’espressione da imbecille. La stessa che abbiamo tutti ogni volta che veniamo taggati a tradimento sui social. Sospiro.
Chissà se troverò mai il coraggio di caricarlo sul mio canale YouTube, dicendo addio a tutti i miei iscritti. Basta video, basta live, basta giochi.
Ehi, ehi, ehi: fermi, dove andate? Non scappate via, per favore. Non ho ancora davvero deciso, ma ci sto pensando seriamente. Dopo quell’avventura, le cose non sono più state le stesse. Io non sono più lo stesso. E così, eccomi qui. Smetto o vado avanti?
Continuo a fissare la mia espressione immobilizzata, poi abbasso lo schermo del portatile e mi lascio cadere sul letto. Sono ancora pieno di dubbi, ma una cosa è certa: non deciderò adesso. Prima devo andare all’evento previsto oggi. E poi, forse, ne parliamo.
Scendo dal taxi e mi ritrovo di fronte a un grattacielo tutto di vetro. È questo il palazzo dove si terrà la presentazione del VR.
«Gabby! Gabby!» Mi giro e vedo una ragazzina che mi viene incontro. Ha in mano il libro in cui ho raccontato la mia storia. «Gabby, mi fai un autografo, per favore?» chiede guardandomi da dietro le lenti dei suoi occhiali da vista rotondi.
«Ma certo» rispondo, prendendo la penna che mi ha allungato. «Come ti chiami?»
«Chiara».
«Sei qui per la presentazione del VR?».
Chiara annuisce: «Sarebbe bellissimo vivere un’avventura come la tua!».
Sorrido. «Bene, allora cominciamo a entrare e a prendere posto!»
Una volta dentro, seguo le indicazioni che portano all’auditorium: ci saranno duecento persone, ma la cosa sorprendente è che saranno disponibili almeno cento postazioni VR pronte all’uso. Fico!
Mi avvicino, incuriosito. I VR sono molto belli e hanno una forma avveniristica: assomigliano un po’ ai caschi che usano i ciclisti per andare forte, lisci e tondi davanti e appuntiti e allungati dietro. Se me lo metto in testa sembro un Alien!
«Mi scusi, lei è il signor Gabby?» Una mano si posa sulla mia spalla, prendendomi così alla sprovvista che salto per la paura. E meno male che c’è quella mano sulla spalla a tenermi giù, altrimenti sarei schizzato fino al soffitto. Sono alquanto teso.
Mi giro a guardare chi è il simpaticone che si diverte a fare questi scherzetti. «Mi dispiace, non volevo spaventarla.» Lo scruto. È un signore intorno ai cinquant’anni, forse qualcuno in più, con indosso un lungo camice bianco su cui spicca il logo dell’azienda produttrice del VR. Mentre boccheggio come un pesce rosso appena ributtato in acqua, l’uomo si presenta. «Io sono l’ingegner Ludo» dice, tendendomi la mano.
«Ah, piacere, io sono Gabby, sì, esatto.»
L’ingegner Ludo sorride. «È un piacere averti qui. Mio figlio è sempre stato un tuo grande fan. Io sono a capo del team che ha sviluppato questi visori di ultima generazione. Sono contento che tu sia venuto a provarlo.»
Guardo nuovamente il visore, che tutt’a un tratto mi sembra avere un nonsoché di inquietante. Sento crescere dentro di me una sensazione di disagio, tipo quella provocata da una bambola abbandonata per strada con un solo occhio che sembra non perdervi mai di vista.
«Ma… è sicuro, vero?» chiedo, mentre mi tornano in mente le immagini delle mie disavventure da prigioniero.
L’ingegner Ludo piega la testa di lato e sorride. «Ma certo. Occasionalmente potrai avvertire un lieve senso di nausea, come con tutti i VR. Ma per il resto non abbiamo registrato alcun effetto collaterale. Ora siediti pure, lo spettacolo sta per cominciare!»
L’ingegner Ludo non mi lascia il tempo di rispondere e scappa verso il palco, dove una donna vestita con un tailleur grigio è già pronta con un microfono in mano. Intorno a me altre persone arrivano e si siedono alle postazioni VR. Tra loro ci sono anche diversi youtuber e influencer che conosco, almeno di vista.
La signora sul palco comincia a parlare, anche se sono sovrappensiero e mi perdo la prima parte del discorso. «… ha una connessione diretta non solo, ovviamente, con la rete Internet, ma all’interno presenta degli elettrodi in grado di tradurre i bit in scariche neurali che rendono l’esperienza di gioco più immersiva. Se non ci sono domande, direi che possiamo cominciare. Ingegner Ludo, prego.»
La donna cede il microfono all’ingegner Ludo. «Molto bene. Da dietro le quinte, per favore, potete dare energia ai VR?» dice rivolgendosi a qualcuno che non riesco a vedere. Qualche istante dopo, tutti i caschi nella sala si illuminano all’esterno: strisce di led bianchi guizzano sulla loro superficie, regolari e parallele. «Prego, indossate i vostri VR» dice l’ingegner Ludo.
Con un po’ di timore, prendo il casco tra le mani e lo fisso: sul rivestimento nero e lucido vedo il riflesso della mia immagine deformata dalla curvatura. “Ok. In fondo è solo un VR, non fare il fifone, Gabby.”
Mi lascio scivolare il casco sulla testa, e in un istante mi ritrovo avvolto dall’oscurità. Per un momento la voce dell’ingegner Ludo mi arriva ovattata, poi sento un crepitio nelle orecchie e tutt’a un tratto la voce torna nitida, come se stesse parlando a un centimetro da me. «Ora dovreste sentirmi direttamente dall’altoparlante interno. Siete pronti? Non vi resta che guardare dritto davanti a voi, e vivrete una delle avventure in VR più strabilianti di sempre.»
Appena smette di parlare, cala il silenzio più profondo che abbia mai sentito. Così profondo che pare di essere alla finale mondiale del gioco del silenzio.
I secondi sembrano non passare più. E pian piano il casco si riempie di un suono sordo e incessante. Tum. Tum. Tum. Tum. Tum. Il ritmo aumenta.
È il sangue che mi pulsa nelle orecchie, a cui si unisce il mio respiro sempre più affannoso. Non resisto un attimo di più. Non ce la faccio, non lo voglio usare questo dannato VR. Con un’enorme boccata, come se stessi emergendo dall’apnea, mi levo di colpo il casco, facendo appena in tempo a vedere il visore accendersi e proiettare immagini indistinte. Mi guardo intorno: sono tutti spaparanzati nelle loro postazioni con i caschi in testa. Immobili. Non dovrebbero essere immobili.
Mi alzo. L’interno del mio visore emana scariche elettriche, scintille blu che appaiono e scompaiono rapidissime. Che cavolo sta succedendo?
Sollevo lo sguardo e rimango senza parole: tutte le persone che indossano il VR sono circondate da gabbie di scariche elettriche continue che percorrono i loro corpi. Provo ad avvicinarmi a uno di loro per liberarlo, ma mi becco una scossa che probabilmente mi terrà i capelli rizzati per un paio di mesi. Risparmierò sul gel, almeno!
Mi giro verso il palco per chiedere aiuto all’ingegner Ludo. Ma lui se ne sta lì impalato, a bocca aperta, senza sapere cosa fare, mentre il pubblico che non ha provato i VR comincia ad agitarsi. Vedo anche Chiara, pure lei smarrita e insicura sul da farsi. Le cose non stanno andando come previsto.
«Gabby!» urla Chiara, venendomi incontro.
«No, resta dove sei!» le grido. Attorno a me le scariche elettriche e i lampi diventano sempre più intensi, al punto da rendere impossibile scorgere le persone sedute sotto i VR. L’ambiente comincia a riempirsi di fumo, mentre la corrente salta per un paio di volte lasciandoci al buio per qualche istante. La gente si mette a gridare e a correre verso l’uscita.
Poi un boato incredibile scuote la sala, paralizzando tutti. Ci voltiamo verso i VR, mentre il fumo si dirada. All’inizio sotto i caschi vediamo solo delle sagome scure. Poi i contorni si fanno più precisi. Una figura nera e imponente svetta sulle altre. Quando riesco a riconoscerla, non credo ai miei occhi.
Grido di paura.