Élite (versione italiana)
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Élite (versione italiana)

In fondo alla classe

  1. 320 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Élite (versione italiana)

In fondo alla classe

Informazioni su questo libro

Paula soffre per un amore impossibile di cui non può parlare con nessuno. Janine nasconde un segreto inconfessabile e pericoloso. Gorka, ossessionato dal sesso, inizia a provare qualcosa di più per la persona sbagliata. Mario, il bullo, si trova improvvisamente sotto ricatto. María Elena, dietro una facciata di glamour e opulenza, vive una situazione familiare disperata. Ma cosa succede quando Marina, alla festa di fine anno, viene trovata morta a bordo piscina e nelle mani di un investigatore viene recapitato un diario pieno di insulti diretti alla vittima? Qualcuno la odiava e tutto fa sospettare che il colpevole sia un suo compagno di classe. Paola, Janine, Gorka, Mario e María Elena finiranno coinvolti, in un modo o nell'altro. Ma chi è l'autore del diario? Chi l'ha consegnato alla polizia? E perché l'assassino odiava così tanto la ragazza? Cominciamo dall'inizio e rimettiamo insieme i pezzi.

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Informazioni

Capitolo 1

Paula non riusciva a crederci, il cameriere di La Cabaña stava varcando la porta della sua classe. Certo, sapeva che l’istituto San Esteban era venuto giù, ma non poteva immaginare che alcuni dei suoi studenti sarebbero stati trasferiti a Las Encinas… Un po’ se ne vergognava, ma non riusciva a fare a meno di essere felice per il crollo, visto che così Samuel sarebbe stato in classe con lei per l’intero anno scolastico. Si sarebbe giocata tutte le sue carte (anche se non sapeva nemmeno lei quali fossero) per fare in modo che la notasse. Samuel. Di lui non sapeva nient’altro.
Si chiama Samuel, è l’unica cosa che so di lui: il nome. Samuel. Be’, so dove abita. È sbagliato, me ne rendo conto, ma a volte l’ho seguito fino a casa sua. Non l’ho fatto di proposito, sul serio, è che non ne ho potuto fare a meno. Quando ti sei presa una sbandata clamorosa per un ragazzo con cui non hai alcun tipo di rapporto, ti ingegni come puoi per avvicinarti a lui, per raccogliere informazioni sul suo conto. Non abbiamo amici o conoscenti in comune, nessuno… e probabilmente veniamo da mondi completamente diversi, ma non riesco proprio a reprimere le sensazioni che provo quando mi si avvicina a La Cabaña, la paninoteca dove lavora, per prendere la mia ordinazione.
Qual è la cosa che mi piace di più di Samuel? Non saprei… Quel suo nasino all’insù. Il sorrisetto. Be’, anche il mento e le ciglia così folte e scure… D’accordo, mi piace tutto di lui. Ma soprattutto la sua faccia da bravo ragazzo, di uno che non ha mai fatto del male a una mosca. So che si è fatto carico dei bisogni della sua famiglia e trovo che sia molto dolce da parte sua… Che stupida. No, non si tratta di stupidità. Dico scemenze perché sono cotta di lui, ma in realtà non sono così sciocca. Perché so di essermi innamorata? È molto semplice. È una reazione… tipo chimica, animalesca. È il mio corpo ad avere strane reazioni. Per quanto provi a controllarmi, quando mi si avvicina mi si secca la bocca, mi tremano le ginocchia e non riesco a sostenere il suo sguardo. Samuel è il mio primo pensiero quando mi sveglio la mattina, e quando vado a dormire… uguale! È che non riesco ad addormentarmi se non penso un po’ a lui, anche solo per qualche istante. No, non sono pensieri sconci, non sempre. Penso un po’ a tutto. A cose normali. Mi immagino insieme a lui sulla ruota panoramica, al parco giochi, o accoccolati sul mio divano, dov’è crollato dalla stanchezza perché è un gran lavoratore, mentre guardiamo una serie TV su Netflix. Me lo immagino la domenica mattina con i pantaloni della tuta e senza maglietta… e ride, ride sempre. Credo che la vita di Samuel non sia facile, eppure lui sorride sempre, e questo è bello. E va bene, d’accordo, somiglia pure a Harry Potter e io sono sempre stata una fan sfegatata di tutta la saga, ma questo preferisco evitare di sbandierarlo troppo, soprattutto perché per gli studenti di Las Encinas ogni scusa è buona per saltarti alla gola e metterti in ridicolo. Suppongo sia normale nella lotta per la supremazia e per il successo: più metti i piedi in testa agli altri, più in alto arrivi.
Dato che siamo tutti rampolli dell’alta società, la gente pensa che siamo educati, per lo meno all’apparenza, ma no, si sbaglia di grosso. Io sono simpatica e carina, sì, e non per essere presuntuosa, ma ehi, che ci posso fare, sono sempre stata una bella ragazza… Ho dei lunghi capelli biondi e il fisico che aveva mia nonna quando era giovane. Era un’attrice, sai? Allora perché non sono popolare? Be’, è molto semplice, per colpa del sangue. No, non ho ucciso nessuno, non che io sappia, ma al primo anno di superiori ho avuto il mio primo ciclo, un torrente rosso fuoco di vergogna che è arrivato nel bel mezzo di una lezione di matematica. Ho provato ad alzarmi per andare al bagno, ma è stato inutile. In quel momento ho odiato le gonne delle uniformi di noi ragazze; se avessi portato un paio di pantaloni di tessuto pesante, forse avrei dissimulato meglio. Comunque sia, hanno riso di me… Okay, può darsi che abbia avuto una reazione spropositata, ma alle mie compagne di classe le mestruazioni erano già venute da tempo mentre a me no.
Una volta ho letto che a sanguinare per prime sono le ragazze che hanno un padre che lascia a desiderare, perché devono diventare forti prima delle altre, diventare donne. Mio padre è invece un bonaccione che mi ha sempre protetta… Magari è per questo che il mio primo ciclo ha tardato tanto a venire. Da quel momento hanno cominciato a chiamarmi Carrie, per via del sangue e tutto il resto. Che figura. Ma perché sono finita a parlare di questa storia? Ah già, per il discorso della mia non popolarità, anche se a dire il vero non mi è mai interessato più di tanto ed è infinitamente meglio così. Se fossi una ragazza molto popolare non mi potrei avvicinare a Samuel, e l’anonimato mi dà sicurezza. Non ho niente da perdere, non mi espongo ad alcun rischio…
Solo che Paula non si era accorta di una cosa: appena varcata la porta della classe Samuel aveva messo gli occhi addosso a Marina, la sorella di Guzmán. Perché? Forse perché Marina aveva sfoderato il suo sorriso per prima, o forse perché Paula era seduta in fondo all’aula e i capelli ricci della compagna avevano ostruito la visuale del cameriere.
Ma attenzione, perché il fatto che Paula non fosse popolare non significava che non avesse amici, tutt’altro. È normale che a prima vista, quando si guarda la foto di un annuario, l’occhio cada sulle persone che spiccano di più, quindi è comprensibile che si notino prima Carla, Lu, Guzmán, Polo o Ander… Osservandola meglio, però, al loro fianco o nella fila dietro si vedrà il resto della classe, e non è che questi alunni siano meno belli degli altri, l’aspetto fisico non c’entra niente, è che il loro carisma è stato eclissato da un sacco di studenti alfa.
Paula è molto attraente, sì, ha un bel fisico e capelli setosi che ondeggiano quando muove la testa, ma non ha mai avuto quel savoir-faire che l’avrebbe catapultata ai primi posti della classifica di popolarità di Las Encinas.
Gorka, per esempio, ha grandi orecchie a sventola che sono sempre state oggetto di derisione, ma la verità – e lui questo non può saperlo – è che nel giro di qualche anno le sue orecchie faranno impazzire un sacco di ragazze, perché a volte ciò che ci rende diversi ci rende anche unici e persino sexy, e quelle orecchie sono un tratto distintivo, anche se i suoi compagni di classe non se ne rendono ancora conto. Ed è vero che non è molto alto, ma cura il suo corpo facendo gli addominali accanto al letto, in camera sua, e appena ne ha l’occasione solleva la camicia per mostrarlo.
Janine è carina e loquace, una ragazza incantevole, ma porta la 44 (una taglia 44, fai un po’ te) e questo fa sì che, non saprei… non sia idonea a entrare a far parte del gotha della scuola.
E infine abbiamo María Elena, meglio conosciuta come Melena la Iena. Perché? Quella di «Melena» è una lunga storia. Figlia di una modella di fama internazionale che a metà degli anni Novanta è arrivata a vincere il titolo di Miss Spagna, María Elena non è mai stata bella e slanciata come sua madre, no, ma neanche da buttare. Il problema è che in seconda superiore gliene sono capitate di tutti i colori e l’ansia è sfociata in un’alopecia areata, una specie di alopecia di carattere nervoso che fa perdere i capelli a chiazze. Immagina la luna. Ora immaginala coperta di pelo. E ora togli i peli da tutti i suoi crateri. La testa di quella povera ragazza era esattamente così. È diventata quasi calva e i suoi compagni di classe, mostrando una particolare crudeltà, le hanno storpiato il nome e le hanno affibbiato quel nomignolo offensivo, paragonandola a una iena spelacchiata. L’alopecia è durata poco e, quando i capelli hanno cominciato a ricrescere, si è fatta un taglio corto simile a quello di Demi Moore in Ghost e la gente ha dimenticato l’accaduto, ma il nomignolo è rimasto e nessuno la chiama più con il suo vero nome; anzi, se qualcuno la chiamasse Elena, oppure María, lei non si volterebbe nemmeno… E Melena, che è sempre passata inosservata, ora è al centro dell’attenzione perché non si è ancora presentata in classe e durante l’estate i suoi amici l’hanno persa completamente di vista. Gorka di sicuro non sapeva che pesci prendere.
Che ti devo dire, bello mio, ho sentito un mucchio di storie e assurdità su Melena. La gente? La gente è pessima e alla prima occasione utile è sempre pronta a mettere in giro non so quante stronzate. Sai, a me girano le palle perché durante le vacanze non ha mai risposto alle mie telefonate, e sì che ha sempre detto di essere la mia migliore amica, o no? Sì, l’ha sempre detto, e il tuo migliore amico non lo pianti in asso per tutta l’estate. Cioè, non è che mi sia mancata, me la sono spassata alla grande a casa di mia zia, in piscina e alla scuola di surf al campo estivo, ma voglio dire… se ci fosse stata un’emergenza, se le avessi voluto raccontare qualcosa, mi avrebbe scocciato parecchio, no?
Che cosa dicono? Di tutto. Di tutto! Che è andata a Londra ad abortire, perché ha conosciuto un ragazzo più grande che l’ha messa incinta. Che è andata in Colombia a rifarsi le tette e a farsi una liposuzione e non so quale altro ritocchino di merda. So che non è vero perché non ne ha alcun bisogno, l’ho vista in bikini un’infinità di volte. Ho anche sentito alcune signore del quartiere dire che per le vacanze sua madre l’ha portata a fare il giro del mondo. Il giro del mondo, eh? O che forse è diventata del tutto calva, come Charles Xavier, sì, cazzo, proprio quello di X-Men, quello sulla sedia a rotelle, porca vacca, e che quindi non vuole più uscire di casa… Io onestamente non ne ho idea, ma spero che mi dia qualche spiegazione. È giusto, no? Sono sincero, ho ripensato all’ultima volta che ci siamo visti. Se non ricordo male ci siamo scolati una bottiglia nel garage di casa sua e non è successo niente di memorabile, non era arrabbiata oppure offesa al punto da prendere le distanze. Al contrario, abbiamo celebrato la nostra amicizia, ritirato fuori storie di quando eravamo bambini e parlato di Pokémon come due deficienti delle elementari… Io sono sempre stato un patito di Charmander e lei di Jigglypuff.
Mentre tutti parlavano di lei, Melena era seduta sul sedile posteriore della lussuosa macchina grigio antracite di sua madre. L’autista si era fermato davanti alla porta d’ingresso di Las Encinas già da un po’ di tempo, ma la ragazza non voleva scendere e se la stava prendendo comoda. Riaccese lo spinello e lanciò un’occhiata tagliente all’autista attraverso lo specchietto retrovisore. Non disse niente, ma il suo era uno sguardo eloquente, minaccioso: «Se dici qualcosa a mia madre, giuro che ti faccio licenziare, maledetto imbecille». No, non era una che ricorreva all’intimidazione, ma le piaceva sapere di avere il coltello dalla parte del manico e di certo non stava passando uno dei suoi momenti migliori. I vetri oscurati la proteggevano dagli sguardi dei compagni d’istituto, che entravano come pecorelle impazienti di iniziare il nuovo anno scolastico.
Diede un’ultima boccata allo spinello, prese fiato e spalancò la portiera. Scese e si incamminò verso l’ingresso imponente mentre si stringeva la coda di cavallo. Non era una persona falsa, ma… tac! Si stampò in faccia un sorriso che le andava da un orecchio all’altro e persino le guance presero un po’ di colore, come se sotto il suo pallore ci fosse un’adolescente in salute. Passò accanto a Carla, poi a Lu, e chiese a entrambe come erano andate le vacanze estive. Le due compagne le rivolsero un sorriso garbato e le risposero con gentilezza. Erano amiche? Be’… un tempo sì, ma al secondo anno la loro amicizia si era deteriorata con la stessa rapidità del cuoio capelluto della poveretta. Ecco, sì, i capelli erano ricresciuti, ma il rapporto con loro non era più stato lo stesso. Naturalmente, non appena Melena le superò, le due ragazze più popolari di Las Encinas si misero a confabulare, ma neanche più di tanto. Fu sufficiente un: «E questa che cosa vuole?». Melena non era così importante e non avrebbero sprecato fiato per farla a pezzi, non più.
Entrando in classe, salutò Janine, Gorka e Paula, ma non era la solita Melena di sempre. Quel misero saluto con il sorrisetto sghembo e la manina alzata non era da lei. Avevano passato tutta l’estate separati! Nessuno ebbe il tempo di avvicinarsi per farle qualche domanda: arrivò il professore e rimasero con la curiosità.
Non appena suonò la campanella che annunciava la fine della prima ora, Melena si alzò e uscì dall’aula per andare in bagno. Gorka non ci pensò due volte e le corse dietro: la intercettò a metà corridoio.
«Ma che cazzo ti prende?» le gridò dietro, ancora a qualche metro di distanza, giusto un attimo prima che l’amica entrasse nel bagno delle femmine.
«Come, scusa?» rispose lei.
«Che cazzo ti prende? Non mi hai considerato per tutta l’estate. Né un messaggio né uno straccio di commento alle foto su Instagram, neanche per sbaglio. Ho fatto qualcosa che non dovevo?»
«Gorka, non sono tenuta a darti spiegazioni. Ho avuto da fare, sono stata sempre in giro…» Melena stava cercando di sdrammatizzare.
«E non c’era mai segnale?» insistette lui.
«Mi lasci andare in bagno? Me la sto facendo addosso e non voglio arrivare tardi alla prossima lezione. Poi ne riparliamo, d’accordo?»
Non gli diede modo di replicare e si rifugiò in bagno. Gorka, rimasto con un pugno di mosche, tornò in classe bofonchiando tra sé e sé.
La verità era che Melena non doveva fare pipì, no, voleva soltanto restare da sola, nascondersi, senza sentirsi costretta a sorridere, essere gentile o socializzare con gli altri. Non si sentiva bene e non voleva restare a scuola. Non quel giorno. Si sciacquò il viso, si bagnò un po’ la nuca e si guardò allo specchio. Scosse la testa e uscì in corridoio armata del suo falso atteggiamento positivo.
Christian, uno degli studenti dell’istituto a cui era crollato il soffitto addosso, stava correndo nudo per il corridoio, e questo perché mentre si faceva la doccia, dopo l’ora di ginnastica, qualcuno per fargli uno scherzo gli aveva nascosto i vestiti che aveva lasciato nello spogliatoio. Ecco qual era il genere di benvenuto che ti davano quando non rientravi nei canoni stabiliti dai ragazzi più in vista.
Gorka andò a cercare Paula. Voleva chiederle di andare insieme alla festa organizzata da Marina per quel fine settimana, tutta la classe era stata invitata. Il nervosismo e la titubanza del ragazzo, insoliti da parte sua, le sembrarono strani, ma Paula si limitò a sorridere e a dire: «Certo, Gorka, ci andremo insieme».
«Fantastico.»
«Fantastico.» Paula sorrise di nuovo. «Probabilmente verrà anche Janine con noi.»
Il ragazzo deglutì e allentò un po’ il nodo alla cravatta dell’uniforme.
«Certo, certo.» Si morse l’interno della guancia in un gesto inconsapevole prima di passarsi una mano sulla nuca. «Sì, io intendevo andare alla festa con una macchina sola… Cioè, per andarci insieme ma non in quel senso… Be’, nel senso…»
Salvato dalla campanella. Letteralmente. Finita la pausa, tornarono in classe lasciando il corridoio deserto, anche se quel giorno alcuni studenti, come Janine, non presero neanche una riga di appunti. Seduta al suo banco, guardava fuori dalla finestra. Non riusciva a crederci, si ripeteva.
Non ci posso credere. Insomma, che Marina mi abbia invitata alla sua festa è già tutto dire. Sì, d’accordo, ha invitato tutta la classe, ma io non sono mai stata una sua amica, avremo scambiato sì e no due parole… È questo il problema di noi nuovi ricchi, che ci sentiamo a disagio con chi è ricco da sempre. I miei hanno vinto la lotteria. Questo è quanto. Ecco perché abbiamo tanti soldi. Non ce li siamo guadagnati con il sudore della fronte. Mio padre ha lasciato la panetteria, siamo venuti a vivere qui e mi hanno iscritta a Las Encinas affinché un giorno possa diventare davvero ricca con i miei mezzi e non grazie a un assurdo colpo di fortuna. Si dà il caso che non abbia amici al di là di Gorka e Paula, non ne sento la necessità, me la cavo benissimo da sola con i miei fumetti, manga, anime e le altre mie cose… Non ho bisogno di riempire i silenzi con stupide chiacchiere o pettegolezzi inutili. Io no. Ciononostante, ammetto che essere stata invitata alla festa di Marina mi fa sentire… inclusa. Normale.
Sono normale. Molto. Molto normale. Cioè, «normale» è un aggettivo che mi fa parecchia rabbia, ma cosa vuoi che ti dica. Spesso in classe mi sono sentita discriminata o emarginata, e il fatto che Marina, una che… una che conta, mi abbia invitata alla sua festa mi fa sentire parte del gruppo, e questo mi dà un senso di ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Élite
  4. Capitolo 1
  5. Capitolo 2
  6. Capitolo 3
  7. Capitolo 4
  8. Capitolo 5
  9. Capitolo 6
  10. Capitolo 7
  11. Capitolo 8
  12. Epilogo
  13. Copyright