«Sali che sei in ritardo!» Ciro appoggia lo zaino sul sedile e sale sull’Alfa Romeo. Il conducente è stempiato e porta occhiali spessi, sul profilo BlaBlaCar deve avere usato una foto di qualche anno prima. Basta uno sguardo per capire che non avranno argomenti in comune e che le sette ore in macchina saranno infinite.
«Eppure ti avevo mandato un messaggio: “puntualità”» insiste, ingranando la prima per immettersi nel traffico lento che punta verso l’autostrada.
Ciro biascica uno «scusa» poco convinto, poi appoggia la nuca al finestrino sentendosi addosso tutta la stanchezza dell’alzataccia. Potrebbe riposare – arrivare a Riccione con qualche ora di sonno in più non sarebbe male – ma l’adrenalina gli impedisce di chiudere gli occhi. Da troppo tempo aspetta quel momento. La sua occasione è arrivata, finalmente: parteciperà al provino che lo proietterà verso una carriera nella musica, verso il successo.
Lo ha immaginato tante volte, è tutto pronto. Arriverà con la sua chitarra in spalla, saluterà i giudici, poi, appena prima di iniziare a cantare, si conquisterà la loro simpatia con una battuta. Dovrà solo ricordarsi di tenere le spalle dritte e non lasciare trasparire insicurezza. Solo emozioni, soltanto quelle.
Ciro sente di potercela fare. Ha provato il pezzo davanti allo specchio infinite volte, per essere certo di interpretarlo al meglio, come un professionista. Poi si è ripreso con il telefono e ha caricato il video sul suo canale YouTube, nella speranza che qualche produttore lo vedesse e rimanesse colpito dal suo talento.
Quando sul telefono gli appariva un numero sconosciuto sobbalzava, sperando che fosse la chiamata, quella che gli avrebbe cambiato la vita. Ogni volta si trovava a rispondere con eccessivo entusiasmo a operatori telefonici che gli proponevano promozioni o offerte Internet.
Era una consuetudine che andava avanti ormai da un anno, esattamente da quando aveva deciso che non sarebbe rimasto a Panza, frazione di una frazione di Ischia. Lui avrebbe avuto una “vita spericolata”, come Vasco, o una “vita in vacanza” come Lo Stato Sociale. Di sicuro non una vita a Panza. Quella consapevolezza gli era arrivata con un pugno in pancia, letteralmente.
Era una sera d’estate come le altre, con il suo gruppo di amici si erano trovati come sempre nella piazzetta. Bevevano birre, si fumavano una canna, parlavano delle ragazze. Un rito che non aveva mai messo in discussione e a cui si sottoponeva volentieri.
Finché non era esploso il Grande Sogno, grazie al cugino di un amico arrivato in paese in cerca di ospitalità per qualche notte, con uno zaino in spalla e una chitarra. Stava girando l’Europa, aveva spiegato. Intendeva guadagnare un po’ di soldi suonando e ne aveva data una dimostrazione già quella sera, strimpellando una canzone che nessuno lì a Ischia aveva mai sentito. L’avevano ascoltato tutti, divertiti come capita quando ti trovi davanti qualcuno un po’ sopra le righe, ma innocuo. Ciro no, però. Lui non aveva ridacchiato neppure una volta. Era talmente ipnotizzato dalle dita che si muovevano veloci lungo le corde che si era dimenticato la birra, e poi se l’era ritrovata tra le mani, tiepida e sgasata.
Ciro aveva sempre avuto una passione per la musica, da quel che può ricordarsi, ha cominciato a cantare ancora prima di parlare. Ogni festa di compleanno, ogni cena in famiglia, lui non aspettava che una frase: «Dài, Ciro, cantaci qualcosa». Allora si alzava in piedi, prendeva fiato e attaccava. Era felice, in quei momenti. Crescendo, ovviamente aveva pensato spesso all’idea di trasformare la passione per la musica in una professione. Ma gli era sempre sembrata un’impresa impossibile: il conservatorio, i provini, un manager… “Come si fa?” Aveva passato anni a domandarselo, incapace di trovare una risposta. Diventare un cantante non era roba per lui, per un ragazzo nato a Ischia, senza nessuna conoscenza, senza agganci. E così la musica era rimasta un sogno fino a quella notte in piazzetta, quando un’ossessione gli era entrata nella testa.
Se quel ragazzo poteva girare l’Italia con una chitarra, progettando di esibirsi un po’ ovunque, nelle pizzerie sulla costa e nei pub di provincia, allora forse cantare non era un’impresa impossibile. Forse anche lui avrebbe potuto farcela. «Mi esibisco in giro, sono sicuro che prima o poi qualcuno mi noterà» gli aveva spiegato quel tipo. Ciro non era sicuro che potesse davvero funzionare, eppure gli si era accesa una fiammella nel cuore: in qualche modo, poteva farcela anche lui.
Già il giorno dopo aveva convinto zio Antonio a regalargli la vecchia chitarra che teneva in cantina, ricordo di gioventù, e aveva cominciato a trascorrere ore su YouTube per imparare a strimpellare almeno gli accordi più facili. Perché va bene avere una bella voce, ma non basta. La rapidità con cui era riuscito a suonare tutte le canzoni proposte sulla pagina “I classici pop spiegati in cinque minuti” l’aveva convinto che quella fosse davvero la sua strada. Ed erano cominciati i sogni: lui su un palcoscenico, davanti a poche persone entusiaste, le prime fan disposte a tutto pur di sentirlo, un contratto discografico, il successo.
All’improvviso Ciro in piazzetta aveva scoperto di annoiarsi. Non riusciva più a ridere ai soliti scherzi e i discorsi, sempre gli stessi, lo irritavano. Quel mondo si era improvvisamente ristretto, come un guscio incapace di contenere tutto il suo talento, le sue ambizioni, il suo destino.
Si chiedeva se anche i suoi amici provassero la stessa sensazione, se anche a loro Ischia stesse stretta. Magari condividevano gli stessi pensieri ma nessuno aveva il coraggio di parlarne. Probabilmente era così: “Anzi lo è sicuramente” si era detto Ciro. Dopo mesi trascorsi a esercitarsi con la chitarra aveva sentito una specie di obbligo morale: doveva parlare ad alta voce del suo sogno. Convinto di trovare solidarietà nei ragazzi che frequentava da sempre, aveva raccontato tutto. Della musica, delle opportunità che la provincia negava, del talento che sentiva di avere.
«Ma chi cazzo ti credi di essere? Ti sei montato la testa!» era stata la loro risposta. Un pugno in pancia. Qualcuno lo aveva preso in giro, qualcuno era scoppiato a ridere fragorosamente.
Ciro si era chiuso in un silenzio ostile. Per lui era stata una conferma: aveva ragione, su tutto. Aveva aspettato l’occasione giusta, finché non era arrivata. Ora non vuole lasciarsela scappare.
Le strisce bianche dell’asfalto vengono inghiottite come stelle cadenti dall’Alfa che saetta sull’Autostrada del Sole. Destinazione: Riccione. È lì che oggi si terranno i provini di X Factor. Quella è la sua meta, la sua possibilità di dimostrare quanto vale. Ciro chiude gli occhi, respira forte. Dovrà dare il massimo.
L’autoradio trasmette Felicità puttana. La prima volta che l’aveva sentita era sdraiato accanto a Violante, avevano appena fatto l’amore. Uscivano insieme da poco, lui l’aveva portata nel suo posto preferito: un rudere abbandonato che aveva arredato con un vecchio divano. Lei aveva fatto partire la musica dal suo telefono e avevano cominciato a ballare sulla voce di Tommaso Paradiso. Una cascata di note li aveva avvolti e si erano abbandonati al ritmo. Un ritmo che li aveva portati sempre più vicini, mentre i loro corpi si muovevano in simultanea, come onde di uno stesso mare. Non si era mai sentito bene come quella sera, con Violante. Mai, con nessuna ragazza prima.
Era stato così intenso e sorprendente che, dopo averla accompagnata a casa, le aveva mandato un vocale di dieci minuti solo per dirle quanto era felice, proprio come racconta il testo di quel pezzo. È così che aveva conquistato la più bella ragazza di Ischia, con un WhatsApp paraculo.
Incredibile che fossero già passati due anni da quando si erano messi insieme. Da quel giorno lei era diventata il suo centro di gravità, il sole che lo manteneva in orbita. E questa volta era stata anche la stella polare che gli aveva mostrato la strada nella notte. Era stata proprio Violante a sentire alla radio che a Riccione si sarebbero tenute le selezioni di X Factor.
«Perché non vai al provino?» gli aveva detto.
A Ciro si era fermato il cuore. Doveva partecipare, per forza. C’era un problema, però: il grande appuntamento sarebbe stato l’indomani.
Era una follia partire all’alba e farsi 550 km per arrivare fino alla Riviera romagnola, ma Ciro non ci aveva pensato due volte. Era corso dai suoi genitori a chiedere i soldi per il viaggio. In prestito, s’intende. Si era trattenuto per strada, aspettando che in negozio non ci fossero clienti, poi li aveva affrontati, cercando di spiegare perché era fondamentale che lui fosse a Riccione il giorno seguente.
«Te lo scordi!» gli aveva risposto suo padre, senza neppure alzare gli occhi dal prosciutto che stava ripulendo dal grasso. Per lui il lavoro veniva prima di tutto, sempre.
«Chi ci sta nel reparto salumeria, se te ne vai?» aveva ribattuto sua madre. Ciro aveva stretto i pugni. “Te lo scordi” non è certo la risposta che ci si aspetta dai propri genitori quando si chiede loro la possibilità di essere felici. Ma questo non lo avrebbero mai capito. Gestire il piccolo alimentari del paese, della famiglia da tre generazioni, era la loro soddisfazione più grande e si aspettavano che fosse anche la sua.
Avevano già programmato tutto: quell’estate avrebbe lavorato lì – come del resto aveva fatto tutte le estati da quando aveva quattordici anni – gli avrebbero presentato i fornitori e spiegato la gestione dei libri contabili e del magazzino. Lo stavano preparando per prendere le redini del negozio. Quello era il loro regalo: passargli quello che avevano costruito in una vita. E non prendevano nemmeno in considerazione l’ipotesi che per lui quel dono fosse in verità la catena che lo teneva prigioniero su quel minuscolo lembo di terra, morto d’inverno e troppo affollato d’estate. Tantomeno prendevano sul serio la sua voglia di cantare. “Sono solo velleità giovanili” gli avrebbero detto se soltanto avessero conosciuto il termine “velleità”. La vita è fatta di lavoro, risparmi, tasse da pagare, saracinesche sollevate ogni mattina alle sette precise.
Ciro aveva provato a spiegare che quella era la sua vocazione, che i suoi amici pensavano che avesse un vero talento, che a ogni esibizione in paese tutti gli facevano i complimenti e che su YouTube stava andando forte. Okay, la verità non era proprio così rosea, ma tanto loro non lo avrebbero mai scoperto, perché su Internet non ci andavano e con i suoi amici non parlavano.
«Quella roba la fa chi ha soldi e tempo da perdere!» lo aveva rimproverato suo padre, appoggiando il coltello sul bancone e fissandolo negli occhi con severità.
«È una stronzata» aveva aggiunto sua madre, che aveva sempre avuto un’indole pragmatica e il grande dono della sintesi.
Ma Ciro non è uno che si lascia fermare facilmente. Quella notte aveva aspettato che i suoi genitori andassero a dormire, poi si era messo lo zaino in spalla ed era andato al porto. Nel portafoglio solo venti euro e un grammo di fumo, con cui si era pagato il passaggio in nave.
Poi un bus, un altro bus, le luci dell’alba, e infine una camminata fino al casello, dove ad aspettarlo c’era l’Alfa Blu, il BlaBlaCar più economico che aveva trovato.
Ed eccolo qui, adesso, con la testa appoggiata al finestrino a imprecare per il traffico.
«Possibile che tutti abbiano deciso di partire oggi per le vacanze?» si domanda ad alta voce, cercando di calcolare nella testa il tempo necessario per percorrere i chilometri che lo separano da Riccione.
«Avevano detto che era una partenza smart» risponde Alfa Blu con tono saccente.
«Già, siamo tutti così intelligenti che siamo qui fermi come degli idioti.»
Il sole tocca lo zenit facendo s...