I fiori nascosti nei libri
eBook - ePub

I fiori nascosti nei libri

  1. 304 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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I fiori nascosti nei libri

Informazioni su questo libro

I fiori che nascondiamo nei libri sono i segreti che non riusciamo più a raccontare. Rimangono anni, tra le pagine, in attesa che qualcuno porti alla luce la nostra vera storia. Chiara è una giovane e promettente stilista che vive a Firenze. Quando il direttore di un hotel di lusso di Sankt Moritz la invita a organizzare una sfilata per i suoi ospiti, si sente baciata dalla fortuna. Così si mette in viaggio, ma per una bufera di neve arrivare a destinazione diventa impossibile. Alla dogana le consigliano di fermarsi a Villa Garbald, dove Chiara arriva e incontra prima il vecchio custode, Arold, e poi il figlio, Thomas.
Entrambi sembrano turbati dalla sua presenza, forse per via della straordinaria somiglianza tra Chiara e la donna di un ritratto appeso in uno dei corridoi, che misteriosamente nottetempo svanisce. Il dipinto ritrae Irena, una ragazza polacca che, per sfuggire alla Seconda guerra mondiale, si è finta cittadina svizzera ed è stata accolta da un'amica della madre a Villa Garbald: lì, insieme ad altre giovani di buona famiglia, impara l'arte della tessitura e conosce Toni, un contrabbandiere. E il loro sarà un incontro che le cambierà per sempre la vita.
Silvia Montemurro ci racconta di due donne lontane nel tempo e nello spazio ma legate da un unico destino e compone, tassello dopo tassello, una narrazione appassionante, che ci fa assaporare appieno il potere dei sentimenti, la magia dell'amore, la potenza delle storie.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2020
Print ISBN
9788817144377
eBook ISBN
9788858699560

Gardenia

Non c’è fiore che possa appassire,
se nascosto in un luogo sicuro.
Proteggi la tua gardenia. Come un amore
che non si deve mai pronunciare ad alta voce.

4

Cracovia, agosto 1939

«Irena, svegliati» diceva la voce. Irena non aprì nemmeno gli occhi, e si voltò dall’altra parte, con un mezzo mormorio. «Irena, devi andare.»
Stavolta, sua madre la scosse con forza. Irena la guardò: teneva in braccio il piccolo Daniel, che aveva appena compiuto tre anni, ed era vestita di tutto punto, con la sua bella giacca di velluto grigio e il cappello nero, che tanto le piaceva.
«Ma ho sonno» provò a protestare.
Poi si accorse che anche Daniel era vestito con gli abiti più eleganti, lui che di solito girava scalzo per casa.
«Sta per arrivare la signora Ingrid, devi farti trovare pronta.»
«Ma per cosa?»
«Basta chiacchiere, vuoi farmi perdere la pazienza?» sbottò Helena.
«Scusa, mamma.»
Irena, appena sveglia, faceva davvero fatica a connettere.
«Non abbiamo più tempo» disse Helena, e nascose a fatica una lacrima che le rigava la guancia.
Irena a quel punto ricordò. Giorni prima, forse non era trascorsa neanche una settimana, la signora Ingrid era andata a trovarle e aveva chiesto una sua foto recente. Le aveva portato del cioccolato buonissimo, che Irena aveva mangiato piano, per non farlo finire subito. La signora Ingrid era una donna svizzera molto gentile, per cui sua madre aveva lavorato come domestica, almeno vent’anni prima.
«Mi servirebbe un po’ di aiuto nella mia casetta, ora che sono rimasta sola» aveva detto, guardando Irena, «e la vostra bambina mi sembra più che adatta.»
«Ha solo quindici anni» aveva protestato suo padre, poco convinto.
La signora Ingrid si era guardata intorno e aveva abbassato la voce.
«Non è più sicuro per lei stare qui. E nemmeno per voi. Giungono voci inquietanti dalla Germania. E non solo. Non voglio che alla nostra Irena succeda qualcosa di brutto.»
A quel punto, Helena si era alzata e aveva chiesto a Irena di mettere a letto il fratellino.
Irena aveva condotto il piccolo Daniel al piano di sopra, l’aveva infilato sotto le coperte, accanto al suo pupazzo a forma di coniglio, e poi era rimasta nascosta, a origliare la conversazione.
La signora Ingrid parlava a voce bassissima.
«Posso farle avere un documento falso e portarla con me, in Svizzera. Lì sarà al sicuro.»
«È davvero necessario?» aveva chiesto Janos, suo padre.
«Le mie fonti sono sicure. Dovreste scappare anche voi. Io posso aiutare Irena ma…»
«Faresti davvero questo, per lei?» l’aveva interrotta Helena.
«Tu sei stata la mia famiglia per molto tempo, Helena. Sai quanto tenga a te e a tua figlia. E Janos, per favore. Non fare l’eroe. Scappa. Mettetevi in salvo il prima possibile, poi vi ricongiungerete con Irena quando avrete trovato un posto sicuro. Desteremmo sospetti, andando via tutti, ma se parte solo lei…»
«Una famiglia dovrebbe restare unita» aveva ribattuto Janos, «e io di certo non mi sottrarrò ai miei doveri. Sono un ufficiale polacco e ho giurato fedeltà al mio Paese.»
«E anche a tua moglie» aveva replicato Ingrid.
Irena aveva trattenuto il fiato. Non ci stava capendo molto, ma sapeva che nella sua vita stava per succedere qualcosa di importante. Da un lato si sentiva eccitata: non era mai uscita dalla Polonia e l’idea di un viaggio in Svizzera l’affascinava.
«Sprechi il tuo fiato con lui» le aveva detto Helena, che la sentiva come un’amica, dopo tanti anni passati insieme, «ha sposato la sua causa, oltre me, e sarà impossibile fargli cambiare idea.»
«Tu che farai?» aveva chiesto Ingrid.
«Starò accanto a mio marito e proteggerò Daniel. Come è giusto che sia. Ma mi fido di te e se c’è una possibilità migliore per Irena, bisogna coglierla al volo.»
«Bene, sono contenta che tu sia rimasta la ragazza ragionevole che ricordavo» aveva mormorato Ingrid. «Ora devo andare, ma tornerò nei prossimi giorni. Bisogna agire in fretta.»
Quando era uscita, aveva incontrato lo sguardo di Irena, ancora bloccata in cima alle scale.
La signora Ingrid era vestita sempre come se stesse andando a una cena di gala. Irena si era soffermata a osservare la sua pelliccia, le scarpe con il tacco, i capelli vaporosi, che le incorniciavano il viso.
«A presto, Irena» le aveva detto la donna con un sorriso.
Lei non le aveva risposto.
Nei giorni seguenti, nessuno aveva più affrontato l’argomento, ma sua madre aveva preso la valigia che usava quando lei e il papà stavano via per un po’ e aveva iniziato a riempirla con le cose di Irena. Ci aveva messo anche un rosario, uno di quelli che la suora della mensa scolastica aveva regalato a tutti gli studenti.
Irena non aveva chiesto nulla. Cercava di far finta che fosse tutto normale. Accudiva Daniel, andava a fare la spesa, rigovernava. Ma sapeva che prima o poi sarebbe arrivato il momento della verità. E quella mattina bastarono le lacrime della mamma per farle capire che la signora Ingrid era tornata.
«Ma dov’è il papà?» chiese Irena, mentre Daniel le tirava una treccia, il suo modo per dirle che voleva giocare con lei.
«È già partito, tesoro. Noi lo aspetteremo qui.»
«Non mi ha neanche salutato?»
«Avrebbe voluto, ma è successo tutto così all’improvviso.»
Irena pensò al loro ultimo incontro. Lo aveva visto di rado, in quei giorni. Spesso non tornava neanche a cena. Helena sospirava e tirava via il piatto dalla tavola, poi si sedeva ad aspettarlo davanti alla finestra. Irena non aveva ben capito quello che stava succedendo, perché le era stato proibito di ascoltare la radio.
Si sforzò di ricordare. Sì, doveva averlo visto il giorno prima, la mattina presto. Si era svegliata prima del solito, per via delle urla di Daniel, che in quel periodo era sempre affamato, e si era alzata presto.
Suo padre era già in procinto di andarsene. Aveva visto la mamma che lo baciava con trasporto, sulla soglia.
«Tornerai questa sera?» gli aveva chiesto.
«Non lo so» le aveva risposto lui.
Irena si era avvicinata e lui le aveva sorriso. Avevano lo stesso colore degli occhi. La mamma diceva sempre che i loro sembravano quelli delle volpi, mentre lei e Daniel li avevano di un più comune color nocciola.
«Ehi, ragazzina» aveva detto il papà.
Helena si era allontanata, per andare a prendere Daniel.
Irena aveva raddrizzato la schiena e gli aveva fatto il saluto militare.
«Se fossi stata un maschio, ti avrei portato con me» aveva mormorato lui.
«Dove, papà?»
«A combattere.»
«Stai andando a combattere?» gli aveva chiesto Irena, guardando la sua uniforme sempre impeccabile.
«Qualcosa del genere, sì.»
«E non posso venire lo stesso con te, anche se sono una femmina?»
«Sai bene che non è possibile.»
«Non so un bel niente» aveva ribattuto lei, imbronciata. «Tu e la mamma mi tenete all’oscuro di tutto.»
«Vieni qui, Irena.»
Lei gli si era avvicinata e, siccome il papà era molto alto, aveva alzato la testa per osservarlo.
«Questo l’ho raccolto ieri dal… Ma dove diavolo…»
Suo padre aveva preso un fiore dal taschino della giacca. Era ancora intatto, nonostante fossero ore che stava lì dentro. Chissà se l’aveva conservato per lei o per la mamma.
«È una gardenia» aveva detto, e gliel’aveva messa tra le mani. «So quanto ti piacciano i fiori» aveva bisbigliato. «Irena, ricordati: non c’è fiore che possa appassire, se nascosto in un luogo sicuro. Bisogna proteggerlo, come un amore appena nato.»
«Devo nascondere la gardenia?» gli aveva chiesto Irena, confusa.
«Sì. Nascondila nella cosa più preziosa che hai. Non farla vedere a nessuno.»
Poi il papà l’aveva presa per le spalle e le aveva strette tanto forte da farle quasi male.
«Tu sei polacca» aveva detto, «non dimenticarlo mai. Devi andarne sempre fiera, va bene?»
«Va bene, papà.»
«Adesso vai, che saluto la mamma come si deve.»
Irena era tornata in camera sua e aveva nascosto la gardenia. Poi, senza sapere bene perché, era scoppiata a piangere.
«Sei pronta?» chiese Helena, rientrando nella sua stanza. «La signora Ingrid è arrivata. Ti sta aspettando di sotto.»
«Non la fai salire per un tè?» chiese Irena. Guardò la sua camera con gli occhi lucidi.
«Oh, Irena» mormorò la mamma, «non sarà per sempre.»
«Non voglio andare» disse Irena, la voce piagnucolosa come quella di una bambina. «Voglio rimanere qui con voi.»
«Invece devi» disse Helena. Le accarezzò i capelli e la strinse forte.
«Perché, mamma? Spiegamelo, almeno.»
«Ti dirà tutto la signora Ingrid durante il viaggio. Fino a quando non sarete arrivate in Svizzera, non una parola in polacco. Se incontri qualcuno per strada, fai finta di non conoscerlo. Mi hai sentito?»
«Devo parlare in tedesco?»
«Sì, te l’ho insegnato e lo conosci bene.»
«È per questo che tu non puoi venire con noi? Perché Daniel non sa il tedesco?»
«Anche. Ma non solo. Adesso devi andare, Irena. Ci rivedremo presto, lo sai vero?»
Irena scosse la testa e si appoggiò al letto. Sentiva dei rumori, fuori dalla finestra. Voci in tedesco....

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. I fiori nascosti nei libri
  4. Prologo
  5. Gardenia
  6. Iris
  7. Nontiscordardimé
  8. Violetta
  9. Epilogo
  10. Copyright