Remind Me To Forget – Kygo
Effy
Per giorni e giorni mi sono immaginata come sarebbe stato questo momento, fantasticando sulle dimensioni spropositate dell’aereo, sugli schermi incorporati nei sedili su cui guardare film per ben sedici ore…
Effy… quanto ti sbagliavi.
L’aereo è talmente pieno di passeggeri che si fa fatica a respirare. Ovviamente non viaggiamo in prima classe, perciò c’è gente un po’ di tutti i tipi, ma ciò che cattura di più la mia attenzione è una famiglia di italiani nella fila accanto alla nostra. Una mamma, un papà e in mezzo a loro c’è una bambina che avrà al massimo sette anni. Ha tantissimi capelli biondi ondulati e labbra talmente rosse e carnose che sembra la figlia di Angelina Jolie. Gli occhioni sono grandi e verdi e mi incanto a guardare la sua espressione dolce ma anche furbetta. Sta giocando con una bambola bellissima, vestita da principessa. La mamma si allaccia la cintura di sicurezza, mentre il padre prende il cellulare, lo sblocca e fa una foto con la figlia, per poi proporre un selfie pre-viaggio.
Mi ricorda tanto come ero io da piccola, con i miei genitori adottivi.
Chissà se i miei veri genitori mi avrebbero portata a Los Angeles, magari con Alessandro. Forse saremmo stati proprio cosi, come loro… sorridenti ed emozionati.
Gli ultimi mesi sono stati per me un vortice di emozioni incredibili: il campus, i nuovi amici, Alessandro che all’inizio mi piaceva e poi ho scoperto essere mio fratello, James che all’inizio era insopportabile e invece poi… ma è stata anche l’occasione per mettermi alla prova, per diventare consapevole del mio valore e capire, soprattutto, che la strada è ancora lunga. Meravigliosa, soprattutto adesso che sto andando a Los Angeles, ma lunga.
Ho voglia di vivere fino in fondo questa avventura.
Ho voglia di conoscere persone nuove.
Ho voglia di imparare tutto ciò che mi serve per realizzare il mio sogno.
James è seduto accanto a me. Posso sentire il suo profumo, la sua mano appoggiata dolcemente sopra la mia.
Alla sua destra, c’è una ragazza tedesca con la quale sta discutendo in una lingua anglo-incomprensibile. Lei, se ho capito bene, lo sta accusando di averle rubato le cuffiette che ognuno ha a disposizione sull’aereo per guardare i film.
«Questa qua è fuori di testa! Io cambio posto!» esclama James girandosi verso di me.
«Dài, poverina, pensa a stare sedici ore senza guardarsi neanche un film!»
Lo osservo divertita e noto che la vena sulla fronte gli sta per esplodere da quanto è nervoso.
«Ma poverina che! Devo pure sentirla imprecare in tedesco per sedici ore, vorrei vedere te al mio posto.» Ha un broncio davvero adorabile quando si innervosisce.
«Va bene, allora se vuoi facciamo cambio» gli propongo prendendogli la mano. Sono troppo entusiasta, niente potrebbe rovinarmi questa giornata.
Lo sguardo di James si addolcisce, bacia le nostre mani intrecciate.
Gli sorrido.
E lo bacio.
James
Vorrei poter fare un video a Effy in questo momento per mostrare a tutto il mondo quanto sia bella la mia ragazza. Devo dire che i capelli castani le donano molto più di quando erano rosa. Mi piace così, con il suo colore naturale.
Ammetto che mi manca chiamarla “capelli rosa”, al campus la chiamavo sempre così. Mi sembra passato un secolo da quando ci siamo conosciuti, da quelle giornate incredibili che ci hanno portato a essere qui, adesso, insieme: un viaggio premio a Los Angeles non è qualcosa che capita tutti i giorni. Se poi ci vai con la tua ragazza, be’, sembra davvero troppo bello per essere vero. A volte ho paura che possa accadere qualcosa all’improvviso e rovinare questa mia felicità, perché non sono mai stato così e non ci sono abituato.
Peccato per questa ragazza tedesca accanto a me che continua ad agitarsi e a lamentarsi, con me, con la hostess, con il passeggero dietro di lei. In realtà non mi importa poi così tanto, ma fingo di essere molto più arrabbiato di quello che sono per far ridere Effy.
Mi piace come ride, e ogni tanto, quando addirittura le escono le lacrime, emette anche uno strano grugnito che in teoria non è né bello né sexy, ma lei mi piace proprio perché è così. Perché non cerca di apparire diversa, come tante altre ragazze che ho conosciuto.
Adoro tutto di lei.
All’ennesima lamentela della ragazza tedesca, Effy mi propone generosamente di scambiarci di posto, ma non ci penso nemmeno a farle passare questo inferno. Anche perché, nonostante Effy sia paziente e dolce, si innervosirebbe dopo appena cinque minuti.
«Facciamo a turni almeno» insiste lei. «Oppure le mettiamo un sonnifero nel pranzo.»
Rido al solo pensiero.
Mi bacia.
Non posso fare a meno di fantasticare su come saranno queste settimane con lei… Va bene, devo ammettere che alcune volte sono così smielato che mi verrà il diabete.
Mi ero ripromesso che non sarei mai stato così con nessuna ragazza. Non credevo di essere il tipo da relazioni. Anzi, proprio il contrario.
Ma con Effy non ho avuto scelta. Con Sofia, la mia ex, invece, era diverso. La nostra non era una vera e propria storia, lei sapeva che non ero davvero innamorato. Sofia non mi ha mai mandato in tilt il cervello, tanto da non sapere nemmeno che cosa dire o cosa fare. Forse sono io che l’ho mandato in tilt a lei, però non me ne rendevo conto allora, e lo so che è brutto da dire, ma in un certo senso non mi ero posto il problema che avrei potuto ferirla.
Ora è diverso.
Io e Effy siamo diversi.
E non potrei mai farle del male.
Ed è per questo che sento una paura strana, nuova, qualcosa che non mi so spiegare: ho paura di spezzarle il cuore, nonostante sia una cosa che non farei mai, o almeno non volontariamente.
Effy
Vi assicuro che non c’è cosa migliore di partire per l’America con il proprio ragazzo e la propria migliore amica.
Ah, a proposito.
Stella.
È incredibile come certe amicizie siano come i colpi di fulmine. Ti guardi, cominci a parlare e poi hai l’impressione di conoscere quella persona da sempre. Tra me è Stella è andata così. Quando ci siamo conosciute al campus, c’è bastato un attimo per capire che saremmo diventate amiche. E poi, tutte le nostre chiacchiere, tutte le cose che ci siamo raccontate, è come se avessero colmato il tempo passato, trasformandoci per magia in due vecchie amiche.
«Ehi Stella, dici che ce la fai entro la fine del viaggio a sbrogliare quel caricabatterie?» le chiedo, visto che è da quando è salita sull’aereo che sta armeggiando con il filo.
Sbuffa e piagnucolando dice qualcosa di incomprensibile.
È già nervosa e nemmeno è decollato l’aereo. Lei è fatta così, è emotiva, un po’ maldestra, ma sono caratteristiche che la rendono vera e preziosa, almeno per me.
«Dammi qua» le dico prendendo il filo. Lo passo a James e lui in meno di un secondo lo mette a posto.
«Ecco fatto, come nuovo» le dice porgendoglielo.
Stella borbotta un “grazie” e poi fissa fuori dal finestrino agitata. Sembra la prima volta che prende un aereo!
Dopo “appena” undici ore arriviamo a Miami per fare scalo. Il viaggio è stato più tranquillo del previsto, anche perché la ragazza tedesca si è addormentata poco dopo il decollo. Io e James abbiamo ascoltato la musica con l’iPhone per un po’, dividendoci gli auricolari. Poi ci hanno portato uno snack e ci siamo appisolati pure noi, tenendoci per mano. Stella invece ha trascorso tutto il tempo immersa nella lettura di un romanzo che l’ha presa tantissimo e ora ha due occhiaie da far paura.
Il secondo aereo è più piccolo e i sedili sono scomodi, ma anche il volo è molto più breve e noi ci stiamo già pregustando l’arrivo. Chissà come sarà la nostra casa a Los Angeles! Chissà cosa faremo! Non vedo l’ora.
Una voce gracchiante proveniente dagli altoparlanti ci informa in inglese di un “qualcosa che sta per arrivare”. Avevo gli auricolari nelle orecchie e quindi non sono riuscita a capire bene cosa ha detto.
«Allora» fa Stella, che l’inglese lo parla appena, «io ho capito solo che stiamo per partire e che… ci portano una… lancia?»
Io e James ci guardiamo e scoppiamo a ridere.
«Guarda» dice James, «sono quasi certo che abbia detto “lunch”: penso che ci portino il pranzo.»
«Speriamo sia migliore di quello dell’altro volo!» es...