Sicario
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Sicario

Come si diventa un killer. Una storia vera

  1. 400 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Sicario

Come si diventa un killer. Una storia vera

Informazioni su questo libro

La storia vera del killer più letale d'Europa Quanto vale la vita di un uomo? Tutto, niente. Julian Sinanaj lo sa bene, perché è stato un professionista della morte. Ma la sua parabola comincia molto prima. Nato in Albania sotto la dittatura di Enver Hoxha e cresciuto vicino al "mostro" metallurgico di Elbasan, dopo la caduta del regime è stato un clandestino in fuga tra le selve e i monti al confine con la Grecia, per poi approdare da straniero senza nome a Salonicco. Fin da bambino ha imparato sulla sua pelle che si smette di vivere da preda soltanto quando si diventa cacciatore. Nella periferia della città, è la mala georgiana a intravedere in lui il talento e la freddezza del sicario, e decide di coltivarli. L'apprendistato a cui lo sottopongono, un'autentica iniziazione all'arte della guerra, non tradisce le aspettative: Julian diviene l'esecutore perfetto. Ama l'ordine e detesta il caos, è ossessionato dal grande romanzo russo, domina le passioni, riesce a leggere la scena del crimine meglio degli sbirri, spara con entrambe le mani ed è un virtuoso dell'omicidio su commissione. Assoldato da diverse formazioni criminali, firma una serie di delitti i cui risvolti sono legati a filo doppio a intrighi e trame internazionali, terroristi e servizi segreti. In bilico tra thriller etrue crime, avvalendosi di fonti confidenziali, Andrea Galli ricostruisce l'esistenza di un uomo programmato per uccidere e restituisce al lettore la storia vera di un'anima tragica costretta a terrorizzare per non soccombere al terrore.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2020
Print ISBN
9788817146425
eBook ISBN
9788831800600
1

Sangue e polvere

Le dieci e ventisette di una domenica di gennaio.
Una mattina fredda e umida.
L’uomo che cammina – mani nelle tasche, dita ricurve come artigli – ha la testa incassata: il mento poggia sulla sciarpa nera di lana spessa che fa due giri intorno al collo.
La posizione garantisce un’ampia visuale e un’osservazione mirata.
Una posizione da trincea.
Quest’uomo è un killer. Il professionista della morte più letale d’Europa.
Non uno di quegli assassini allevati dalla criminalità organizzata: scelto da ragazzino, battezzato nel nome della malavita attraverso riti medievali e patetiche liturgie inneggianti a nostro Signore misericordioso e, all’occorrenza, incaricato di eliminare gli affiliati dei clan avversari.
Dunque non nel nome di un’appartenenza o di una devozione a una causa.
Niente di tutto questo.
Lui è un solista.
Non vanta vincoli di sangue, bandiere, santi.
Non gli interessano e non ne sente la mancanza.
Ha avuto i suoi padroni, certo. Ma erano invisibili. Con loro ha comunicato soltanto attraverso l’anello di congiunzione, i mediatori che hanno intascato l’intera somma per l’impiego, trattenuto la percentuale e dato la restante parte a lui.
Ogni cadavere, è evidente, ha un prezzo diverso dagli altri. Non è vero che siamo tutti uguali, nemmeno davanti alla morte.
Delitto dopo delitto, negli anni sono cambiati mandanti e mediatori, mai il Sicario. Per questo soltanto lui sa quanta gente ha ammazzato.
Non si conosce il conto complessivo delle sue vittime.
Né chi davvero sia lui.
Nemmeno chi ci vive, lo sa.
Anzi, a cominciare da loro.
Le relazioni sono il punto debole dei custodi di segreti, il primo cerchio di contatto con la preda setacciato dagli avversari. Criminali o sbirri che siano.
Si chiama Julian Sinanaj. La pronuncia corretta del nome è “Cùlian”, e il cognome è accentato sulla prima A.
Ha mentito sull’età con l’ultima fidanzata: si è tolto sei anni mantenendo l’esatta data di nascita. Avrebbe anche potuto raddoppiare la sottrazione. Se lo può permettere: il fisico asciutto e tonico da acrobata circense; l’assenza di rughe e occhiaie su un viso sempre vispo, quasi dormisse a oltranza svegliandosi soltanto per spalmare cosmetici sulla pelle; l’alimentazione sana e controllata di chi teme le malattie – anche se lui ha più paura dei proiettili – e infine niente alcol, fumo e tutto il resto.
Il Sicario era indeciso sul crearsi un nome nuovo. Ha limitato il cambio al cognome, assumendo quello di un vecchio amico, ucciso dall’eroina.
Quanto tempo è passato? Due vite, forse tre.
Come se potessero bastare a Julian per perdonarsi. Tornare ad avere fiducia in qualcuno.
La sua ragazza, per esempio.
Si chiama Dalida, con l’accento sulla I. E potrebbe essere il terminale di un disegno omicida.
Avvicinarlo, entrare nella sua intimità, aprire la porta al killer. Una strategia in tre mosse.
Con una possibile variante: sparargli lei, magari nel sonno.
Un’assassina. Perché no? Che elimina un assassino.
Cercano Julian dal primo delitto. Così almeno crede, sopravvalutando il prossimo. Un errore che di solito non compie. Diffidare, per lui, significa sopravvivere.
Julian ha indagato: Dalida non rappresenta un pericolo. Ma quando sono a letto insieme, il Sicario tiene per sé le posizioni dominanti. E il primo a venire è sempre lui.
La prima volta che s’è fermato a dormire nel bilocale di trenta metri quadri della ragazza, l’ha perquisito alla ricerca di cimici e armi. Mentre Dalida, dopo la doccia, si asciugava i lunghi capelli lisci con il phon – che si spegneva in continuazione a causa dei cali di corrente nel condominio di allacci abusivi –, lui perlustrava.
L’esito è stato negativo.
Julian ha trovato solo un oggetto sospetto, in mezzo agli asciugamani da bidet.
Un pacco infiocchettato, sul fondo di un cassettone. L’ha aperto sfilando il nastro. Dentro, un cappello da baseball. Il Sicario ha ricomposto la confezione e rimesso il pacco al suo posto. Quindi si è dedicato al resto dell’appartamento.
Quattro le prese della corrente, oltre a quella in bagno – Julian si era riservato di esaminarla quando sarebbe toccato a lui farsi la doccia –, dietro le quali potevano esserci microspie, come potevano essercene sul lampadario color ghiaccio, sotto il tavolino di plastica e le due sedie in tinta gialla e nera, lungo gli stipiti dell’unica finestra dagli infissi sottili, nel piccolo armadio a muro dei vestiti a due ante di legno bianco.
Niet. E anche il bagno: pulito.
Nessuna pistola nel bilocale tinteggiato di verde e profumato dello zenzero messo a bollire sull’unico fornello in cucina; e all’interno della borsetta di Dalida – la scritta fucsia LOVE in diagonale e il manico color argento – soltanto trucchi e uno specchietto quadrangolare, oltre a un portatessere rosso di cuoio e gomme da masticare alla menta, senza zucchero.
Proprio come piacciono a Julian.
Dalida ha acquistato la pochette alle bancarelle del mercato: di sera la lascia sul comodino di fianco al matrimoniale, poi si stende sul lato destro del letto, le lunghe gambe rannicchiate, le coperte tirate fino a coprire il naso dalla punta piccola e stretta.
Il Sicario pensava ci potesse essere un’arma, nella borsetta, perché la ragazza non riusciva proprio a separarsene. Infine ha capito il motivo del morboso attaccamento: nel portatessere, Dalida custodisce una fotografia della famiglia. La bacia più volte al giorno, soprattutto prima di dormire e la mattina al risveglio. Lei e i suoi vivono separati da due ore di macchina. Ma è la prima volta che Dalida sta lontano da casa e deve ancora abituarsi.
Sul retro dell’istantanea, incollato, un minuscolo calendario. La ragazza ha segnato in rosso alcune date.
La più vicina è il 13 febbraio. Il compleanno del Sicario.
Tra un mese, Julian compirà trentun anni, e anche questa volta non ha intenzione di festeggiare la ricorrenza.
I compleanni portano scalogna, pensa. Non è ossessionato dalla scaramanzia, ma ha imparato una cosa: quando uno si concentra troppo su se stesso, allora finisce che lo fottono.
Forse Julian si racconta delle bugie. Bugie per dimenticare che lui, un compleanno, anche volendo, non l’ha mai celebrato.
Da bambino, suo padre mascherava l’assenza di regali evitando perfino di fargli gli auguri, pensava che così la data sarebbe passata in fretta come tante altre e il figlio avrebbe capito l’inutilità di avanzare richieste.
Tanto quell’uomo, né a lui né a sua sorella, avrebbe potuto dare qualcosa fuori dall’ordinario, cioè il minimo indispensabile per non morire di fame; s’era rassegnato al suo destino, suo e di tutti, convinto di non poterlo sovvertire e di essere perfino incapace di sfidarlo.
La dittatura razionava anche il latte: periodicamente concedeva un unico litro a ogni famiglia da ritirare dopo ore di coda, almeno cinque, nel cuore della notte, che terminavano quando il latte era finito. Alimento da farsi bastare per giorni. Gocce dilatate nel tempo.
Le file composte dai bambini – i genitori erano stremati dai massacranti turni in fabbrica, sorvegliati e puniti quasi fossero ai lavori forzati – si scioglievano in un silenzioso ordine.
Una bottega grande quanto una cantina, uno spazio basso e buio ospitava l’uomo addetto alla distribuzione e un paio di guardie del regime, raggruppati attorno a una specie di stufa delle dimensioni di una scatola di stivali. Maledicevano in silenzio la strategia al risparmio del partito mentre un cittadino entrava a turno, per pochi secondi soltanto, il tempo di lasciarsi riempire la bottiglia, e tutti gli altri stavano fuori in attesa. D’inverno, Julian indossava il giaccone del papà – un omone corpulento ma di bassa statura – sopra il suo, più un berretto di lana calcato fin quasi sul naso, una sciarpa, guanti e, sotto i pantaloni, due paia di mutande e di calze.
Non bastavano.
Adesso Julian indossa una giacca a vento tecnica, capace di trattenere il calore corporeo, leggera e resistente alle temperature polari, di colore nero e di due misure più grande.
Ha comprato la extralarge anziché l’abituale medium, per nascondere il rigonfiamento provocato dalle armi.
Nella tasca destra, il Sicario porta una pistola semiautomatica assemblata.
Un proiettile è già in canna.
Lo è sempre.
Le pallottole non hanno orario e Julian ha l’abitudine di essere puntuale.
Quando ha ammazzato sono serviti meno colpi, i proiettili hanno attraversato il cervello, spento il sistema nervoso ed evitato che la vittima avesse secondi di tempo per urlare.
Al Sicario è anche bastata un’unica pistola. Certi killer, per non correre rischi, portano due armi. Casomai una si inceppasse.
Non Julian.
L’inceppamento dipende da quattro fattori: l’età dell’arma, la sua manutenzione, la capacità tecnica di chi impugna la pistola, la qualità delle cartucce.
Studio e allenamento, da vero professionista.
Quale Julian è.
Anche se adesso è difficile che le quindici pallottole nel caricatore della semiautomatica riescano ad arginare gli agenti che lo stanno circondando.
Non c’è calcolo delle probabilità che tenga, si troverà in netta inferiorità numerica, braccato da una muta di sbirri eccitati quando arriveranno a ridosso della preda.
Eppure non è l’immane sproporzione tra le forze in campo il suo vero tormento.
Inattese emozioni nell’animo di un essere umano che gli psicologi del carcere faticheranno a definire; una breccia nella corazza di un esecutore implacabile che gli stessi medici, infastiditi dall’incapacità di trovare una sintesi meno generica, ridurranno a un solo aggettivo: «gelido».
L’inquinamento ammanta le montagne che circondano la città. Un tempo quei picchi proteggevano dalle invasioni, adesso, con tutte le scritte pubblicitarie a caratteri cubitali, sembrano centri commerciali sviluppati in altezza.
Scritte giganti alla HOLLYWOOD che qui reclamizzano banche, a...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Sicario
  4. Prologo. Il confine
  5. 1. Sangue e polvere
  6. 2. Tombe
  7. 3. Il testimone
  8. 4. La caccia
  9. 5. Identikit
  10. 6. Faccia a faccia
  11. 7. Deformati
  12. 8. America
  13. 9. Amici
  14. 10. Il ghetto
  15. 11. Sulla pelle
  16. 12. Clandestino
  17. 13. Cadaveri
  18. 14. Quasi morto
  19. 15. La palestra
  20. 16. Terrore
  21. 17. Croci
  22. 18. Uno contro due
  23. 19. Il rituale
  24. 20. Calibro .9
  25. 21. I monaci
  26. 22. Le spie
  27. 23. HB
  28. 24. L’ombra
  29. 25. Galleggiare
  30. 26. Autobomba
  31. 27. Parassiti
  32. Copyright