Le avventure di Pinocchio
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Le avventure di Pinocchio

  1. 208 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Le avventure di Pinocchio

Informazioni su questo libro

Pinocchio, burattino birbante. Pinocchio, figliuolo scellerato. Pinocchio, bugiardo impenitente. Pinocchio, bambino tra i bambini, nato da un pezzo di legno.
In un'edizione di straordinaria bellezza, il romanzo italiano più letto al mondo interpretato dallo sguardo sensibile e colto di un grande artista contemporaneo.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2021
Print ISBN
9788817159388
eBook ISBN
9788831806503

XXXVI • FINALMENTE PINOCCHIO CESSA D’ESSERE UN BURATTINO E DIVENTA UN RAGAZZO.

Mentre Pinocchio nuotava alla svelta per raggiungere la spiaggia, si accorse che il suo babbo, il quale gli stava a cavalluccio sulle spalle e aveva le gambe mezze nell’acqua, tremava fitto fitto, come se al pover’uomo gli battesse la febbre terzana.
Tremava di freddo o di paura? Chi lo sa? Forse un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. Ma Pinocchio, credendo che quel tremito fosse di paura, gli disse per confortarlo:
– Coraggio babbo! Fra pochi minuti arriveremo a terra e saremo salvi.
– Ma dov’è questa spiaggia benedetta? – domandò il vecchietto diventando sempre più inquieto, e appuntando gli occhi, come fanno i sarti quando infilano l’ago. – Eccomi qui, che guardo da tutte le parti, e non vedo altro che cielo e mare.
– Ma io vedo anche la spiaggia, – disse il burattino. – Per vostra regola io sono come i gatti: ci vedo meglio di notte che di giorno.
Il povero Pinocchio faceva finta di essere di buonumore: ma invece… Invece cominciava a scoraggiarsi: le forze gli scemavano, il suo respiro diventava grosso e affannoso… insomma non ne poteva più, la spiaggia era sempre lontana.
Nuotò finché ebbe fiato: poi si voltò col capo verso Geppetto, e disse con parole interrotte:
– Babbo mio, aiutatemi… perché io muoio!
E il padre e il figliuolo erano oramai sul punto di affogare, quando udirono una voce di chitarra scordata che disse:
– Chi è che muore?
– Sono io e il mio povero babbo!…
– Questa voce la riconosco! Tu sei Pinocchio!…
– Preciso: e tu?
– Io sono il Tonno, il tuo compagno di prigionia in corpo al Pesce-cane.
– E come hai fatto a scappare?
– Ho imitato il tuo esempio. Tu sei quello che mi ha insegnato la strada, e dopo te, sono fuggito anch’io.
– Tonno mio, tu càpiti proprio a tempo! Ti prego per l’amor che porti ai Tonnini tuoi figliuoli: aiutaci, o siamo perduti.
– Volentieri e con tutto il cuore. Attaccatevi tutt’e due alla mia coda, e lasciatevi guidare. In quattro minuti vi condurrò alla riva.
Geppetto e Pinocchio, come potete immaginarvelo, accettarono subito l’invito: ma invece di attaccarsi alla coda, giudicarono più comodo di mettersi addirittura a sedere sulla groppa del Tonno.
– Siamo troppo pesi?… – gli domandò Pinocchio.
– Pesi? Neanche per ombra; mi par di avere addosso due gusci di conchiglia, – rispose il Tonno, il quale era di corporatura così grossa e robusta, da parere un vitello di due anni.
Giunti alla riva, Pinocchio saltò a terra il primo, per aiutare il suo babbo a fare altrettanto; poi si voltò al Tonno, e con voce commossa gli disse:
– Amico mio, tu hai salvato il mio babbo! Dunque non ho parole per ringraziarti abbastanza! Permetti almeno che ti dia un bacio in segno di riconoscenza eterna!…
Il Tonno cacciò il muso fuori dall’acqua, e Pinocchio, piegandosi coi ginocchi a terra, gli posò un affettuosissimo bacio sulla bocca. A questo tratto di spontanea e vivissima tenerezza, il povero Tonno, che non c’era avvezzo, si sentì talmente commosso, che vergognandosi a farsi veder piangere come un bambino, ricacciò il capo sott’acqua e sparì.
Intanto s’era fatto giorno.
Allora Pinocchio, offrendo il suo braccio a Geppetto, che aveva appena il fiato di reggersi in piedi, gli disse:
– Appoggiatevi pure al mio braccio, caro babbino, e andiamo. Cammineremo pian pianino come le formicole, e quando saremo stanchi ci riposeremo lungo la via.
– E dove dobbiamo andare? – domandò Geppetto.
– In cerca di una casa o d’una capanna, dove ci diano per carità un boccon di pane e un po’ di paglia che ci serva da letto.
Non avevano ancora fatto cento passi, che videro seduti sul ciglione della strada due brutti ceffi, i quali stavano lì in atto di chiedere l’elemosina.
Erano il Gatto e la Volpe: ma non si riconoscevano più da quelli d’una volta. Figuratevi che il Gatto, a furia di fingersi cieco, aveva finito coll’accecare davvero: e la Volpe invecchiata, intignata e tutta perduta da una parte, non aveva più nemmeno la coda. Così è. Quella trista ladracchiola, caduta nella più squallida miseria, si trovò costretta un bel giorno a vendere perfino la sua bellissima coda a un merciaio ambulante, che la comprò per farsene uno scacciamosche.
– O Pinocchio, – gridò la Volpe con voce di piagnisteo, – fai un po’ di carità a questi due poveri infermi.
– Infermi! – ripeté il Gatto.
– Addio, mascherine! – rispose il burattino. – Mi avete ingannato una volta, e ora non mi ripigliate più.
– Credilo, Pinocchio, che oggi siamo poveri e disgraziati davvero!
– Davvero! – ripeté il Gatto.
– Se siete poveri, ve lo meritate. Ricordatevi del proverbio che dice: «I quattrini rubati non fanno mai frutto». Addio mascherine!
– Abbi compassione di noi!…
– Di noi!…
– Addio, mascherine! Ricordatevi del proverbio che dice: «La farina del diavolo va tutta in crusca».
– Non ci abbandonare!…
– … are! – ripeté il Gatto.
– Addio, mascherine! Ricordatevi del proverbio che dice: «Chi ruba il mantello al suo prossimo, per il solito muore senza camicia».
E così dicendo, Pinocchio e Geppetto seguitarono tranquillamente per la loro strada: finché, fatti altri cento passi, videro in fondo a una viottola in mezzo ai campi una bella capanna tutta di paglia, e col tetto coperto d’embrici e di mattoni.
– Quella capanna dev’esser abitata da qualcuno, – disse Pinocchio. – Andiamo là e bussiamo.
Difatti andarono e bussarono alla porta.
– Chi è? – disse una vocina di dentro.
– Siamo un povero babbo e un povero figliuolo, senza pane e senza tetto, – rispose il burattino.
– Girate la chiave, e la porta si aprirà, – disse la solita vocina.
Pinocchio girò la chiave, e la porta si aprì. Appena entrati dentro, guardarono di qua, guardarono di là, e non videro nessuno.
– O il padrone della capanna dov’è? – disse Pinocchio maravigliato.
– Eccomi quassù!
Babbo e figliuolo si voltarono subito verso il soffitto, e videro sopra un travicello il Grillo-parlante.
– Oh! Mio caro Grillino, – disse Pinocchio salutandolo garbatamente.
– Ora mi chiami il «tuo caro Grillino», non è vero? Ma ti rammenti di quando, per scacciarmi di casa tua, mi tirasti un martello di legno?…
– Hai ragione, Grillino! Scaccia anche me… tira anche a me un martello di legno: ma abbi pietà del mio povero babbo…
– Io avrò pietà del babbo e anche del figliuolo: ma ho voluto rammentarti il brutto garbo ricevuto, per insegnarti che in questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno.
– Hai ragione, Grillino, hai ragione da vendere e io terrò a mente la lezione che mi hai data. Ma mi dici come hai fatto a comprarti questa bella capanna?
– Questa capanna mi è stata regalata ieri da una graziosa capra, che aveva la lana d’un bellissimo colore turchino.
– E la capra dov’è andata? – domandò Pinocchio, con vivissima curiosità.
– Non lo so.
– E quando ritornerà?…
– Non ritornerà mai. Ieri è partita tutta afflitta, e, belando, pareva che dicesse: «Povero Pinocchio… oramai non lo rivedrò più… il Pesce-cane a quest’ora l’avrà bell’e divorato!…».
– Ha detto proprio così?… Dunque era lei!… Era lei!… Era la mia cara Fatina!… – cominciò a urlare Pinocchio, singhiozzando e piangendo dirottamente.
Quand’ebbe pianto ben bene, si rasciugò gli occhi e, preparato un buon lettino di paglia, vi distese sopra il vecchio Geppetto. Poi domandò al Grillo-parlante:
– Dimmi, Grillo: dove potrei trovare un bicchiere di latte per il mio povero babbo?
– Tre campi distante di qui c’è l’ortolano Giangio, che tiene le mucche. Va’ da lui e troverai il latte che cerchi.
Pinocchio andò di corsa a casa dell’ortolano Giangio; ma l’ortolano gli disse:
– Quanto ne vuoi di latte?
– Ne voglio un bicchiere pieno.
– Un bicchiere di latte costa un soldo. Comincia intanto dal darmi il soldo.
– Non ho nemmeno un centesimo, – rispose Pinocchio tutto mortificato e dolente.
– Male, burattino mio, – replicò l’ortolano. – Se tu non hai nemmeno un centesimo, io non ho nemmeno un dito di latte.
– Pazienza! – disse Pinocchio e fece l’atto di andarsene.
– Aspetta un po’, – disse Giangio. – Fra te e me ci possiamo accomodare. Vuoi adattarti a girare il bindolo?
– Che cos...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L’autore
  3. Frontespizio
  4. I • COME ANDÒ CHE MAESTRO CILIEGIA, FALEGNAME, TROVÒ UN PEZZO DI LEGNO, CHE PIANGEVA E RIDEVA COME UN BAMBINO.
  5. II • MAESTRO CILIEGIA REGALA IL PEZZO DI LEGNO AL SUO AMICO GEPPETTO, IL QUALE LO PRENDE PER FABBRICARSI UN BURATTINO MERAVIGLIOSO CHE SAPPIA BALLARE, TIRAR DI SCHERMA E FARE I SALTI MORTALI.
  6. III • GEPPETTO, TORNATO A CASA, COMINCIA SUBITO A FABBRICARSI IL BURATTINO E GLI METTE IL NOME DI PINOCCHIO. PRIME MONELLERIE DEL BURATTINO.
  7. IV • LA STORIA DI PINOCCHIO COL GRILLO-PARLANTE, DOVE SI VEDE COME I RAGAZZI CATTIVI HANNO A NOIA DI SENTIRSI CORREGGERE DA CHI NE SA PIÙ DI LORO.
  8. V • PINOCCHIO HA FAME, E CERCA UN UOVO PER FARSI UNA FRITTATA; MA SUL PIÙ BELLO, LA FRITTATA GLI VOLA VIA DALLA FINESTRA.
  9. VI • PINOCCHIO SI ADDORMENTA COI PIEDI SUL CALDANO, E LA MATTINA DOPO SI SVEGLIA COI PIEDI TUTTI BRUCIATI.
  10. VII • GEPPETTO TORNA A CASA, RIFÀ I PIEDI AL BURATTINO E GLI DÀ LA COLAZIONE CHE IL POVER’UOMO AVEVA PORTATA CON SÉ.
  11. VIII • GEPPETTO RIFÀ I PIEDI A PINOCCHIO E VENDE LA PROPRIA CASACCA PER COMPRARGLI L’ABBECEDARIO.
  12. IX • PINOCCHIO VENDE L’ABBECEDARIO PER ANDARE A VEDERE IL TEATRINO DEI BURATTINI.
  13. X • I BURATTINI RICONOSCONO IL LORO FRATELLO PINOCCHIO E GLI FANNO UNA GRANDISSIMA FESTA; MA SUL PIÙ BELLO, ESCE FUORI IL BURATTINAIO MANGIAFOCO, E PINOCCHIO CORRE IL PERICOLO DI FARE UNA BRUTTA FINE.
  14. XI • MANGIAFOCO STARNUTISCE E PERDONA A PINOCCHIO, IL QUALE POI DIFENDE DALLA MORTE IL SUO AMICO ARLECCHINO.
  15. XII • IL BURATTINAIO MANGIAFOCO REGALA CINQUE MONETE D’ORO A PINOCCHIO, PERCHÉ LE PORTI AL SUO BABBO GEPPETTO: E PINOCCHIO, INVECE, SI LASCIA ABBINDOLARE DALLA VOLPE E DAL GATTO E SE NE VA CON LORO.
  16. XIII • L’OSTERIA DEL GAMBERO ROSSO.
  17. XIV • PINOCCHIO, PER NON AVER DATO RETTA AI BUONI CONSIGLI DEL GRILLO-PARLANTE, S’IMBATTE NEGLI ASSASSINI.
  18. XV • GLI ASSASSINI INSEGUONO PINOCCHIO; E, DOPO AVERLO RAGGIUNTO, LO IMPICCANO A UN RAMO DELLA QUERCIA GRANDE.
  19. XVI • LA BELLA BAMBINA DAI CAPELLI TURCHINI FA RACCOGLIERE IL BURATTINO: LO METTE A LETTO, E CHIAMA TRE MEDICI PER SAPERE SE SIA VIVO O MORTO.
  20. XVII • PINOCCHIO MANGIA LO ZUCCHERO, MA NON VUOL PURGARSI: PERÒ QUANDO VEDE I BECCHINI CHE VENGONO A PORTARLO VIA, ALLORA SI PURGA. POI DICE UNA BUGIA E PER GASTIGO GLI CRESCE IL NASO.
  21. XVIII • PINOCCHIO RITROVA LA VOLPE E IL GATTO, E VA CON LORO A SEMINARE LE QUATTRO MONETE NEL CAMPO DE’ MIRACOLI.
  22. XIX • PINOCCHIO È DERUBATO DELLE SUE MONETE D’ORO E, PER GASTIGO, SI BUSCA QUATTRO MESI DI PRIGIONE.
  23. XX • LIBERATO DALLA PRIGIONE, SI AVVIA PER TORNARE A CASA DELLA FATA; MA LUNGO LA STRADA TROVA UN SERPENTE ORRIBILE, E POI RIMANE PRESO ALLA TAGLIUOLA.
  24. XXI • PINOCCHIO È PRESO DA UN CONTADINO, IL QUALE LO COSTRINGE A FAR DA CAN DI GUARDIA A UN POLLAIO.
  25. XXII • PINOCCHIO SCOPRE I LADRI E, IN RICOMPENSA DI ESSERE STATO FEDELE, VIEN POSTO IN LIBERTÀ.
  26. XXIII • PINOCCHIO PIANGE LA MORTE DELLA BELLA BAMBINA DAI CAPELLI TURCHINI: POI TROVA UN COLOMBO CHE LO PORTA SULLA RIVA DEL MARE, E LÌ SI GETTA NELL’ACQUA PER ANDARE IN AIUTO DEL SUO BABBO GEPPETTO.
  27. XXIV • PINOCCHIO ARRIVA ALL’ISOLA DELLE API INDUSTRIOSE E RITROVA LA FATA.
  28. XXV • PINOCCHIO PROMETTE ALLA FATA DI ESSERE BUONO E DI STUDIARE, PERCHÉ È STUFO DI FARE IL BURATTINO E VUOL DIVENTARE UN BRAVO RAGAZZO.
  29. XXVI • PINOCCHIO VA CO’ SUOI COMPAGNI DI SCUOLA IN RIVA AL MARE, PER VEDERE IL TERRIBILE PESCE-CANE.
  30. XXVII • GRAN COMBATTIMENTO FRA PINOCCHIO E I SUOI COMPAGNI: UNO DE’ QUALI ESSENDO RIMASTO FERITO, PINOCCHIO VIENE ARRESTATO DAI CARABINIERI.
  31. XXVIII • PINOCCHIO CORRE IL PERICOLO DI ESSER FRITTO IN PADELLA COME UN PESCE.
  32. XXIX • RITORNA A CASA DELLA FATA, LA QUALE GLI PROMETTE CHE IL GIORNO DOPO NON SARÀ PIÙ UN BURATTINO, MA DIVENTERÀ UN RAGAZZO. GRAN COLAZIONE DI CAFFÈ-E-LATTE PER FESTEGGIARE QUESTO GRANDE AVVENIMENTO.
  33. XXX • PINOCCHIO, INVECE DI DIVENTARE UN RAGAZZO, PARTE DI NASCOSTO COL SUO AMICO LUCIGNOLO PER IL PAESE DEI BALOCCHI.
  34. XXXI • DOPO CINQUE MESI DI CUCCAGNA, PINOCCHIO, CON SUA GRAN MARAVIGLIA, SENTE SPUNTARSI UN BEL PAIO D’ORECCHIE ASININE E DIVENTA UN CIUCHINO, CON LA CODA E TUTTO.
  35. XXXII • A PINOCCHIO GLI VENGONO GLI ORECCHI DI CIUCO, E POI DIVENTA UN CIUCHINO VERO E COMINCIA A RAGLIARE.
  36. XXXIII • DIVENTATO UN CIUCHINO VERO, È PORTATO A VENDERE, E LO COMPRA IL DIRETTORE DI UNA COMPAGNIA DI PAGLIACCI PER INSEGNARGLI A BALLARE E A SALTARE I CERCHI; MA UNA SERA AZZOPPISCE E ALLORA LO RICOMPRA UN ALTRO, PER FAR CON LA SUA PELLE UN TAMBURO.
  37. XXXIV • PINOCCHIO, GETTATO IN MARE, È MANGIATO DAI PESCI E RITORNA AD ESSERE UN BURATTINO COME PRIMA; MA MENTRE NUOTA PER SALVARSI, È INGOIATO DAL TERRIBILE PESCE-CANE.
  38. XXXV • PINOCCHIO RITROVA IN CORPO AL PESCE-CANE… CHI RITROVA? LEGGETE QUESTO CAPITOLO E LO SAPRETE.
  39. XXXVI • FINALMENTE PINOCCHIO CESSA D’ESSERE UN BURATTINO E DIVENTA UN RAGAZZO.
  40. Inserto fotografico
  41. Copyright