Lei non c’è.
La sua camera è un disastro. Mobili fracassati, legni scheggiati, sul pavimento collanine e specchietti, brandelli di armadietti, la testiera del letto gettata tra le lenzuola, vetri esplosi in mille briciole luccicanti. Come una casa di bambola scaraventata a terra da una bambina scontrosa.
Due persone escono dalla penombra ormai prossima al buio. Arrivano ansimando dalle scale del palazzo e si fanno largo con circospezione, riprendono fiato mentre avanzano impazienti di stanza in stanza, lasciandosi precedere dalla canna di un fucile, passano guardinghe e chinano il capo davanti alle finestre. Dalla strada e dall’edificio di fronte provengono rumori laceranti, grida di donne, porte che sbattono, latrati di neonati, urli di pistola, stivali militari che corrono sui ciottoli. Ma lì, nell’apocalisse in cameretta, sembra che il silenzio profondo abbia preteso un momento tutto per sé.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA Lei non c’è.
UOMO COL CAPPOTTO AL CONTRARIO L’hanno portata via, te l’ho detto. Certe volte arriviamo in tempo e altre volte no.
Una manciata d’istanti prima era la stanza di una ragazza. L’orlo ricamato del cuscino, forse testimone di lacrime e baci, la carcassa di armadio che ha vomitato camicette a fiori, gonne preziose e calze traforate, il braccio sbreccato della bambola di ceramica tra le coperte cadute, la fila di minuscole carabattole dell’infanzia passata, ancora miracolosamente in bella vista sulla mensola, spingerebbero alla conclusione frettolosa che in quel luogo viveva una fanciulla come le altre. E sarebbe una conclusione sbagliata, perché la proprietaria aveva abbandonato da tempo l’amore per quanto la sua camera conteneva. Ogni cosa che la ragazza di ieri aveva prediletto veniva contemplata con distacco dalla ragazza di oggi.
Nei cieli e sulla terra lei non c’è, e soprattutto non in camera sua. Vai a cercarla, se vuoi, tanto non la troverai. Dove c’era lei ora è il caos. Ma questo in fondo accadeva anche prima, nulla di diverso, quando invece dei rimbombi della guerra mondiale entravano dalle finestre spalancate i suoni della via, le voci del quartiere, le allegrie dei bambini, il canticchiare di una mamma. O quel signore che ogni giorno passava fischiettando.
Se la chiami non risponde. Ma perfino questo succedeva quando c’era la pace, pur in modo diverso. Stasera che differenza fa, dimmelo tu, che differenza fa.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA Eppure è qui. Sono sicura.
UOMO COL CAPPOTTO AL CONTRARIO Sarà scesa prima.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA Hanno chiuso la Ringstrasse e la strada sull’altro lato. Doveva passare dove siamo entrati noi.
UOMO COL CAPPOTTO AL CONTRARIO Mica tutti li incontriamo. Te lo ricordi quello che era scappato sui tetti? Lui non lo avevamo visto.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA Era un caso a parte, aveva dato di matto.
UOMO COL CAPPOTTO AL CONTRARIO Senza dubbio.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA Quando lo abbiamo tirato giù, faceva il verso del gabbiano.
UOMO COL CAPPOTTO AL CONTRARIO Era il richiamo del tarabuso.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA Del tarabuso.
UOMO COL CAPPOTTO AL CONTRARIO Tarabuso femmina, per la precisione. Inconfondibile volatile, chiamato anche airone stellato.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA E tu sai come fa la femmina del tarabuso?
UOMO COL CAPPOTTO AL CONTRARIO (lisciandosi i baffi folti) In amore. La femmina del tarabuso fa quel verso quando arriva la stagione degli accoppiamenti. Ma non è questo il punto, il punto è che non li salviamo tutti.
Lì, nell’appartamento che fino a un minuto prima ospitava la famiglia Kohn, la caligine della distruzione non ha smesso di posarsi, ancora aleggia nell’aria agitata dalla finestra aperta, non ha offuscato le tende e quel che rimane del letto, piccino per una ragazza di quell’età. La polvere calerà col silenzio ma dopo, ben più tardi, oltre la luce dell’imbrunire che scalda i tetti della città e indora le guglie.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA Non li salviamo tutti.
Il mirino di un fucile entra per primo nella camera, seguito dalle due figure, punta le cose nella penombra ma subito s’abbassa, pare fidarsi: non c’è nessun nemico lì. La donna che imbraccia l’arma se la passa dietro le spalle, carezzando la cinghia in un gesto che avrà ripetuto mille volte, e lo fa con mani sottili e graziose, così pallide contro lo sporco dei vestiti.
Porta una giacca che potrebbe essere di qualsiasi colore nell’oscurità che scende, dalla quale spunta una sciarpa indubbiamente rossa. L’uomo la raggiunge senza dire nulla. Le due figure rimangono serie mentre osservano la camera e quel che conteneva. Non è mai un giorno come gli altri quando si è in guerra.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA La sua cameretta.
Sulle assi sconnesse, graffiate dagli arnesi dei soldati che hanno cercato fin là sotto denari o gioielli, tra le carte sparpagliate e volate sulla soglia, fin oltre la poltroncina di velluto scagliata contro la parete, lei non c’è. Tra le peonie della carta da parati, è appesa una fotografia piantata nel muro con un chiodino.
Mostra la città vista dalla collina, il fiume la taglia in due come un sorriso fende le labbra. Dalla biforcazione del fiume affiora un’isola proprio al centro delle acque, con la cattedrale e il teatro e i palazzi dei governatori. In verità non è una divisione: il fiume accoglie un affluente proprio al centro della città, e le acque si toccano in due punti, circondando una piccola isola. Il fiume più grande fuggirà oltre per gettarsi nella laguna e poi nel mare. Nell’altra direzione i due corsi d’acqua s’allontanano disegnando i confini di una nuova geografia.
L’isola è unita alla terraferma da quattro ponti, e altri tre collegano la terra chiusa tra i fiumi al resto della città: sette ponti come sette punti di filo a rattoppare le strade e i quartieri. Il nome della città è stato strappato dalla foto ma chi la abita, e chi desidera conoscerne gli eventi, non ne ha bisogno.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA (staccando la foto dal muro) È la città vecchia, guarda i sette ponti.
UOMO COL CAPPOTTO AL CONTRARIO E il quartiere degli ebrei. E questa strada.
DONNA CON LA SCIARPA ROSSA La strada dei palazzi belli.
UOMO COL CAPPOTTO AL CONTRARIO Raffinati, direi. Come questo.
E tra quei palazzi spunta l’edificio che all’ultimo piano appartiene alla sesta generazione della famiglia Kohn. Lì c’è la camera di una ragazza, la primogenita e unica figlia. Eccola, la città dei sette ponti fotografata da un aeroplanino di passaggio. Eccola fissata in bianco e nero e ripassata con gli acquerelli, la torre, l’imponenza del castello, uguale a se stessa da duecento anni, appesa nella camera di una ragazza che non c’è.
Dalla strada giungono nuovi lamenti, dalle case di fronte proseguono le grida e i colpi d’arma, schianti sordi mentre l’ultima chioma di sole tramonta. Sembra sia l’edificio stesso a urlare e sparare dalle finestre incorniciate di stucchi.
Quando lei c’era, osservava con curiosità quel che accadeva dirimpetto, nelle stanze altrui e nelle esistenze di famiglie sconosciute, contemplava ...