
- 176 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Vita e avventure di Babbo Natale
Informazioni su questo libro
Trovato in fasce ai margini del bosco e allevato da una ninfa, Claus dimostra fin da piccolo di avere un cuore d'oro. E infatti, una volta cresciuto, la sua unica missione diventa rendere felici tutti i bambini del mondo. Ci riuscirà con l'aiuto delle creature magiche della foresta e una grande forza di volontà, finendo così per essere considerato un santo: Santa Claus, il nostro amato Babbo Natale.
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Informazioni
Print ISBN
9788817159852eBook ISBN
9788831806244ETÀ ADULTA
CAPITOLO PRIMO
LA VALLE RIDENTE
Quando Claus arrivò nella valle non c’era niente, tranne l’erba, il torrente, i fiori selvatici, le api e le farfalle. Se voleva stabilirsi lì e vivere come gli uomini, doveva avere una casa. All’inizio questo lo preoccupò, ma mentre se ne stava al sole, sorridente, a un tratto si ritrovò accanto il vecchio Nelko, il servitore del Maestro Guardaboschi. Nelko teneva un’ascia, forte e grande, con la lama che luccicava come argento lucidato. La mise in mano al giovane, poi sparì senza dire una parola.
Claus capì, e voltandosi verso il margine della foresta scelse un certo numero di tronchi caduti, che cominciò a ripulire dai rami secchi. Non voleva tagliare alberi vivi. La vita con le Ninfe che proteggevano la foresta gli aveva insegnato che un albero è sacro, poiché ogni creatura vivente prova sensazioni. Ma con gli alberi morti e caduti era diverso. Avevano compiuto il loro destino come membri attivi della comunità della foresta, e adesso era giusto che i loro resti provvedessero ai bisogni dell’uomo.
L’ascia mordeva il legno in profondità a ogni colpo. Sembrava che avesse forza propria, e Claus doveva solo farla oscillare e guidarla.
Quando le ombre cominciarono a strisciare sulle verdi colline per stendersi nella valle, il giovane aveva ormai tagliato molti tronchi della stessa misura, con una forma adatta a costruire una casa come quelle in cui aveva visto abitare gli esseri umani più poveri.
Poi, avendo deciso di aspettare un altro giorno prima di fissare insieme i legni, Claus mangiò alcune delle radici dolci che sapeva come trovare, bevve in abbondanza dal ruscello ridente e si stese a dormire nell’erba, dopo aver cercato un punto in cui non crescessero fiori per non schiacciarli sotto il peso del proprio corpo.
E mentre si assopiva e respirava il profumo di quella meravigliosa valle, lo Spirito della felicità s’insinuò nel suo cuore e ne scacciò ogni terrore, preoccupazione e timore. Mai più il viso di Claus sarebbe stato offuscato dall’ansia; mai più le difficoltà della vita avrebbero pesato su di lui come un fardello. La Valle Ridente lo voleva lì.
Magari potessimo tutti vivere in quel luogo stupendo! Ma forse sarebbe sovrappopolato. Per anni aveva atteso un inquilino. Fu il caso che portò il giovane Claus a costruire la propria casa in quella felice valle? O possiamo supporre che i suoi premurosi amici, gli immortali, avessero guidato i suoi passi quando si era allontanato da Burzee per cercare casa nel grande mondo?
Certo è che, mentre la luna faceva capolino dalla cima della collina e rischiarava con i suoi fievoli raggi lo straniero dormiente, la Valle Ridente si riempì delle strane sagome sbilenche degli amichevoli Noccuti. Non dissero una parola, ma lavorarono in fretta con mani esperte. I legni che Claus aveva tagliato con la sua ascia luccicante furono portati accanto al torrente e sistemati uno sopra l’altro, e una dimora robusta e spaziosa fu eretta nottetempo.
Gli uccelli vennero in volo nella valle sul far del giorno, e i loro canti, che si sentivano di rado nel fitto bosco, svegliarono lo straniero. Si stropicciò le palpebre per togliersi il velo di sonno dagli occhi e si guardò intorno. Il suo sguardo si posò sulla casa.
«Per questo devo ringraziare i Noccuti» disse, grato. Poi si avvicinò alla sua dimora ed entrò. Si trovò in un’ampia stanza che aveva un camino in fondo e in mezzo un tavolo con una panca. Accanto al camino c’era una credenza. In fondo c’era un’altra soglia. Claus varcò anche quella e vide una stanza più piccola con un letto contro la parete e uno sgabello accanto a un piccolo banco. Sul letto c’erano diversi strati di muschio secco portato dal bosco.
«È proprio un palazzo!» esclamò Claus, sorridendo. «Devo ringraziare di nuovo i buoni Noccuti sia perché conoscono i bisogni dell’uomo sia per la fatica che hanno fatto al posto mio.»
Lasciò la sua nuova casa con la bella sensazione che non era solo al mondo, benché avesse deciso di abbandonare la vita nella foresta. Le amicizie non si spezzano facilmente, e gli immortali sono ovunque.
Raggiunto il torrente, bevve l’acqua pura, e poi si sedette sulla sponda a ridere dei dispettosi saltelli delle onde, che si spingevano a vicenda contro le rocce o si accalcavano come matte per vedere chi avrebbe raggiunto per prima la curva. E mentre si sfidavano, allontanandosi, sentì la canzone che intonavano:
«Spingi, corri, andiamo avanti!
Non siam onde rilassanti.
Quanto allegra è l’adunata!
Ogni goccia, una risata,
poi la spuma per magia,
e così scorriamo via!».
Claus cercò delle radici da mangiare, mentre le giunchiglie alzavano i loro occhietti sorridenti a lui, e sibilavano la loro graziosa canzone:
«Siamo belle, siamo rare,
con la gioia di sbocciare!
Profumiamo sempre tanto,
il colore è il nostro vanto».
Claus rise al sentire quelle piccole creature che davano voce alla loro felicità, mentre annuivano graziose sui loro steli. Ma un altro canto gli giunse all’orecchio quando i raggi del sole caddero dolcemente sul suo viso e sussurrarono:
«Felicità, con i miei raggi,
porto insieme ai miei omaggi.
Scaldo la Valle Ridente
e ogni essere vivente».
«Sì!» gridò Claus in tutta risposta, «qui c’è felicità e gioia in ogni cosa. La Valle Ridente è una valle di pace e buona volontà.»
Trascorse il giorno a parlare con le formiche e gli scarabei, e a fare battute con le spensierate farfalle. E di notte si stese sul letto di soffice muschio e dormì profondamente.
Poi arrivarono le Fate, allegre ma silenziose, a portare pentole e pignatte e piatti e padelle e tutti gli utensili necessari a preparare da mangiare e a confortare un mortale. Con questi riempirono la credenza e il camino, e posarono infine un robusto abito di lana sullo sgabello accanto al letto.
Quando Claus si svegliò si stropicciò di nuovo gli occhi, e rise, e ringraziò ad alta voce le Fate e il Maestro Guardaboschi che le aveva mandate. Esaminò con entusiasmo i suoi nuovi averi, chiedendosi a che cosa servissero alcuni. Ma nei giorni in cui era rimasto aggrappato alla cintura del grande Ak e aveva visitato le città degli uomini, i suoi occhi erano stati veloci a notare le maniere e le abitudini della specie a cui apparteneva; perciò, considerati i doni delle Fate, capì che il Maestro si aspettava che da quel momento in poi lui vivesse come i suoi simili.
“Il che vuol dire che devo arare la terra e piantare il granoturco” rifletté; “così che quando arriverà l’inverno avrò garantito cibo in abbondanza.”
Ma mentre se ne stava nella valle erbosa, vide che rivoltare la terra e scavare solchi voleva dire distruggere centinaia di fiori graziosi e indifesi, e migliaia di teneri fili d’erba. E non poteva sopportarlo.
Perciò allargò le braccia ed emise un fischio particolare che aveva imparato nella foresta, dopodiché gridò: «Ribani dei Fiori di Campo… venite da me!».
Un istante dopo una decina di strani piccoli Ribani si accucciarono per terra davanti a lui, e annuirono a mo’ di allegro saluto.
Claus li guardò con serietà.
«Ho conosciuto e amato i vostri fratelli della foresta per molti anni» disse. «Vorrò bene anche a voi quando diventeremo amici. Per me le leggi dei Ribani, che siano della foresta o dei campi, sono sacre. Non ho mai distrutto di proposito nemmeno uno dei fiori che voi accudite con tanta cura; ma devo piantare dei semi per ricavarne cibo che mi serva durante l’inverno, e come posso farlo senza uccidere le piccole creature che mi cantano con tanta grazia dei loro boccioli fragranti?»
Il Ribano Giallo, quello che cura i botton d’oro, rispose: «Non ti preoccupare, Claus. Il grande Ak ci ha parlato di te. Il lavoro che ti aspetta è più importante del procurarsi il cibo; e anche se Ak non può darci ordini, visto che non apparteniamo alla foresta, siamo comunque felici di aiutare coloro a cui vuole bene. Vivi, quindi, per svolgere il giusto incarico che sei deciso a intraprendere. Noi, i Ribani dei campi, ti forniremo il cibo».
Detto questo, i Ribani svanirono e Claus scacciò dalla mente il pensiero di dissodare la terra.
Quando tornò in casa, trovò sul tavolo una tazza di latte fresco; nella credenza c’era il pane e accanto a esso un piatto pieno di dolce miele. Lo aspettava anche un bel cesto di mele rosate e uva appena raccolta. «Grazie, amici miei!» disse agli invisibili Ribani, e si mise subito a mangiare.
Da allora, quando aveva fame, gli bastava guardare nella credenza per trovare scorte di cibo portate dai gentili Ribani. E i Noccuti tagliavano e accatastavano molta legna per il camino. E le Fate gli portavano coperte calde e vestiti.
Così cominciò la sua vita nella Valle Ridente, con il favore e l’amicizia degli immortali che provvedevano a ogni suo bisogno.
CAPITOLO SECONDO
COME CLAUS CREÒ IL PRIMO GIOCATTOLO
Il nostro Claus aveva davvero il dono della saggezza, e la buona sorte non fece che rafforzare la sua risoluzione di fare amicizia con i piccoli della sua specie. Sapeva che quel progetto aveva l’approvazione degli immortali, altrimenti non lo avrebbero tanto aiutato.
Quindi cominciò subito a prendere confidenza con il genere umano. Attraversò la valle, arrivò alla pianura che si trovava oltre, e l’attraversò in varie direzioni per raggiungere le abitazioni degli uomini. Queste erano isolate o riunite in gruppi chiamati paesi, e in quasi tutte le case, grandi o piccole, Claus trovò dei bambini. Presto i ragazzi impararono a riconoscere il suo viso allegro e sorridente e lo sguardo gentile dei suoi occhi luminosi; e i genitori, benché considerassero il giovane con disprezzo perché voleva bene ai bambini più che ai grandi, erano contenti che maschi e femmine avessero trovato un compagno di giochi che sembrava volerli intrattenere.
Così i bambini si divertivano e giocavano con Claus, i maschi gli salivano sulle spalle, le femmine si rifugiavano tra le sue forti braccia, e i neonati gli si aggrappavano alle ginocchia con affetto. Ovunque si trovasse il giovane, il suono delle risate infantili lo seguiva; e per capire meglio cosa significhi, dovete sapere che a quei tempi i bambini erano molto trascurati, e ricevevano poche attenzioni dai genitori, perciò si meravigliarono per il fatto che un uomo buono come Claus dedicasse il proprio tempo a farli felici. E quelli che lo conoscevano erano proprio felici, statene certi. Le faccine tristi dei bimbi poveri e maltrattati si illuminavano; gli invalidi sorridevano nonostante la loro sfortuna; i malati smettevano di lamentarsi e gli afflitti di gridare quando il loro gioioso amico si avvicinava per confortarli.
Solo allo splendido palazzo del Signore di Lerd e al minaccioso castello del Barone Braun gli veniva negato l’ingresso. C’erano bambini in entrambi, ma i servi del palazzo chiudevano la porta in faccia al giovane straniero, e il fiero Barone minacciava di impiccarlo a un gancio di ferro sulle mura del castello. Al che Claus sospirava e tornava alle dimore dei poveri dov’era il benvenuto.
Dopo un certo tempo l’inverno si fece vicino.
I fiori giunsero al termine della loro vita, avvizzirono e sparirono; gli scarabei si rintanarono in profondità nella terra; le farfalle disertarono i campi; e la voce del torrente divenne rauca, come se avesse preso freddo.
Un giorno i fiocchi di neve riempirono l’aria della Valle Ridente, danzando turbolenti verso terra e rivestendo di un bianco manto il tetto della casa di Claus.
Di notte Mastro Gelo grattò alla porta.
«Vieni dentro!» gridò Claus.
«Vieni fuori!» replicò Mastro Gelo. «Dentro c’è il fuoco.»
Perciò Claus uscì. Aveva conosciuto Mastro Gelo nella Foresta e gli piaceva quell’allegra canaglia, anche se non si fidava di lui.
«Stanotte è un momento speciale per me, Claus!» gridò lo spirito. «Non trovi che ci sia un tempo magnifico? Pizzicherò un mucchio di nasi e orecchie e dita dei piedi prima che arrivi l’alba.»
«Se mi vuoi bene, Jack, risparmia i bambini» lo pregò Claus.
«E perché?» chiese l’altro, sorpreso.
«Sono teneri e indifesi» rispose Claus.
«Ma mi piace pizzicare quelli teneri!» esclamò Mastro Gelo. «I più vecchi sono duri, e mi stanco le dita.»
«Quelli giovani sono deboli e non possono opporsi» obiettò Claus.
«Vero» concordò Jack, pensieroso. «Be’, non pizzicherò alcun bambino stanotte… se riesco a resistere alla tentazione» promise. «Buonanotte, Claus!»
«Buonanotte.»
Il giovane rientrò e chiuse la porta, e Mastro Gelo corse via verso il paese vicino.
Claus ...
Indice dei contenuti
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- GIOVINEZZA
- ETÀ ADULTA
- VECCHIAIA
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