
- 160 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Arsène Lupin. Ladro gentiluomo
Informazioni su questo libro
Le avventure del celebre ladro gentiluomo in un'edizione magnificamente illustrata. Un grande classico della letteratura francese, una nuova traduzione d'autore.
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Informazioni
Print ISBN
9788817160575eBook ISBN
9788831806770VI
IL SETTE
DI
CUORI


Ecco una domanda che mi è stata rivolta più volte: come ho conosciuto Arsène Lupin?
Nessuno ormai ne dubita. Ho accumulato aneddoti sterminati su quest’uomo sorprendente, fatti, prove, e l’interpretazione che posso fornire di certe azioni di cui si è vista solo la superficie, svelandone le ragioni segrete e i meccanismi invisibili; tutto questo dimostra, se non intimità (cosa peraltro impossibile), per lo meno un rapporto amichevole e confidenziale.
Come l’ho conosciuto? Da dove mi viene il privilegio di poter raccontare di lui? Perché io, e non qualcun altro?
La risposta è facile: senza che io avessi alcun merito, è stato il caso a scegliere, a volere che finissi sulla sua strada. Il caso ha fatto sì che fossi coinvolto in una delle sue avventure e mi rese attore di un dramma di cui lui fu il grande regista, un dramma oscuro e complesso, irto di tali peripezie che provo un certo imbarazzo nell’accingermi a raccontarlo.
Il primo atto di questo dramma si svolse nella notte tra il 22 e il 23 giugno, di cui tanto si è parlato. E diciamolo subito, da parte mia attribuisco il comportamento insolito che ebbi in quell’occasione allo stato alterato in cui mi trovavo rientrando a casa. Avevamo cenato con alcuni amici al ristorante della Cascade, e per tutta la serata, mentre fumavamo e l’orchestra gitana suonava valzer malinconici, avevamo parlato di crimini e furti, di intrighi spaventosi e tenebrosi. Il che è sempre una pessima idea se poi si vuole dormire sonni tranquilli.
I Saint-Martin se ne andarono in automobile, Jean Daspry – quell’affascinante e spericolato Daspry che, sei mesi dopo, si fece ammazzare in modo così tragico alla frontiera con il Marocco – Jean Daspry e io tornammo a piedi nella notte buia e afosa. Quando arrivammo davanti alla piccola dimora in cui abitavo da circa un anno a Neuilly, su boulevard Maillot, mi disse: «Non avete paura?».
«E perché?»
«Be’, questo luogo è talmente isolato! Non ci sono vicini, solo terreni incolti… Ovviamente, non è che io sia un codardo, tuttavia…»
«Eh eh! Voi vi prendete gioco di me!»
«Oh! Lo dico tanto per dire. Il fatto è che i Saint-Martin mi hanno impressionato con le loro storie di briganti.»
E con una stretta di mano, si allontanò.
Io presi la chiave e aprii la porta.
«Perbacco!» mormorai. «Antoine si è dimenticato di accendermi una candela.»
Poi ricordai: Antoine non c’era, gli avevo dato un giorno di permesso.
Tutt’a un tratto l’ombra e il silenzio mi fecero sentire a disagio. Salii in camera a tentoni, il più in fretta possibile, e subito, contrariamente alle mie abitudini, girai la chiave e spinsi il chiavistello. Poi accesi una luce.
La fiamma della candela mi tranquillizzò, ma non abbastanza: preferii estrarre la pistola dalla sua custodia, una grossa pistola a canna lunga, e la posai di fianco al letto. Questa precauzione mi fece sentire più sicuro. Andai a letto e, come sempre, per addormentarmi presi dal comodino il libro che leggevo ogni sera.
Rimasi stupito. Al posto del tagliacarte che la sera prima avevo usato come segnalibro, c’era una busta chiusa da cinque sigilli di cera rossa.
La afferrai. Come destinatario, c’erano il mio nome e cognome, seguiti da questa indicazione: Urgente.
Una lettera! A mio nome! Chi poteva averla messa lì? Nervoso, strappai la busta e lessi:
A partire dal momento in cui avete aperto questa lettera, qualunque cosa accada, qualunque cosa sentiate, non muovetevi, non fate un gesto, non gridate. O sarete perduto.
Nemmeno io sono un codardo, e ho sempre creduto di saper ben distinguere un pericolo reale da una semplice paura, ma, ripeto, quella sera avevo uno stato d’animo singolare, facilmente impressionabile, con i nervi a fior di pelle. Del resto non mi era appena accaduta una cosa francamente inquietante, che avrebbe scosso anche l’uomo più intrepido?
Stringendo febbrilmente il foglio di carta, rilessi più e più volte quelle frasi minacciose: Non fate un gesto… non gridate… o sarete perduto…
“Suvvia!” pensai “Dev’essere uno scherzo, una stupida presa in giro.” E stavo quasi per ridere, ridere a crepapelle. Chi me lo impediva? Eppure: quale strano timore mi serrava la gola?
Avrei dovuto spegnere la candela. Anzi no, non potevo soffiare. Non un gesto, o sarete perduto, c’era scritto.
Cercando di lottare contro queste suggestioni, chiusi gli occhi. In quello stesso momento, il silenzio fu attraversato da un leggero rumore, poi udii degli scricchiolii. Pareva provenissero dalla grande sala vicino in cui avevo allestito lo studio e da cui mi separava un’anticamera.

L’avvicinarsi di un pericolo stimolò i miei sensi, e fui lì lì per alzarmi, prendere la pistola e precipitarmi nella stanza. Ma non mi alzai: di fronte a me una delle tende della finestra di sinistra si era mossa.
Non c’erano dubbi: si era mossa. Di nuovo. Fu allora che vidi – sì, lo vidi distintamente – tra le tende e la finestra una figura umana la cui massa impediva alla stoffa di scendere diritta.
Questa persona mi vedeva, mi vedeva di sicuro attraverso le maglie larghe della stoffa. Allora compresi. O pensai di comprendere: mentre gli altri si impossessavano del bottino, il suo compito era tenermi a bada. Alzarmi? Prendere la pistola? Impossibile… perché lui era lì. Al minimo gesto, al minimo grido, mi avrebbe freddato.
Un colpo violento scosse la casa, seguito da sequenze di due o tre colpetti, come un martello che colpisce dei chiodi. O almeno era quello che immaginavo con la mia mente confusa. Altri rumori si intrecciarono, un vero baccano con cui quei farabutti dimostravano che non si facevano problemi, che agivano in completa libertà.
Io invece ero immobile. Per codardia? No, mi sentivo, piuttosto, annichilito: una totale impotenza teneva bloccati tutti i miei muscoli. O forse era saggezza, perché a cosa mi sarebbe servito lottare? Dietro quell’uomo ce n’erano di sicuro altri dieci pronti a correre in suo aiuto. Perché rischiare la vita per salvare qualche arazzo o soprammobile?
Questo supplizio durò tutta la notte. E fu un supplizio intollerabile, un’angoscia terribile! I rumori si erano interrotti, ma ero sicuro che da un momento all’altro sarebbero ricominciati. E l’uomo dietro la tenda, con l’arma in mano, era ancora lì. Il mio sguardo spaventato non lo abbandonava mai. E avevo il cuore che batteva, e il sudore che mi colava dalla fronte e su tutto il corpo! Solo quando udii avvicinarsi la vettura di un lattaio, di cui conoscevo bene il suono, sentii che potevo farcela, ed ebbi l’impressione che l’alba filtrasse tra le persiane chiuse e il chiarore di fuori si mescolasse all’ombra. La luce del giorno penetrò nella stanza. Passarono altre macchine. E i fantasmi scomparvero.

A quel punto allungai un braccio verso il tavolo, lentamente, furtivamente. Di fronte a me nulla si mosse. Fissai la piega della tenda, calcolai esattamente i movimenti che dovevo fare e, in fretta, impugnai la pistola e sparai. Balzai giù dal letto con un grido di liberazione, avventandomi contro la tenda. La stoffa era bucata, il vetro spaccato. Quanto all’uomo, non avrei potuto colpirlo… per il semplice fatto che non c’era nessuno.

Nessuno! Per tutta la notte ero rimasto ipnotizzato da una piega della tenda! Possibile? E nel frattempo dei malfattori… Infuriato, in preda a uno slancio che niente avrebbe potuto fermare, gira...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- I. L’ARRESTO DI ARSÈNE LUPIN
- II. ARSÈNE LUPIN IN PRIGIONE
- III. L’EVASIONE DI ARSÈNE LUPIN
- IV. IL VIAGGIATORE MISTERIOSO
- V. LA COLLANA DELLA REGINA
- VI. IL SETTE DI CUORI
- VII. LA CASSAFORTE DI MADAME IMBERT
- VIII. LA PERLA NERA
- IX. HERLOCK SHOLMES ARRIVA TARDI
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