Il diario di Yuko
eBook - ePub

Il diario di Yuko

Il mondo attraverso i miei occhi

  1. 208 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il diario di Yuko

Il mondo attraverso i miei occhi

Informazioni su questo libro

Dal giorno in cui la mia padroncina scelse tra i mille musini più dolci e simpatici proprio il mio, scoprii la bellezza del mondo che mi aspettava oltre il cancello del luogo dove ero nato. Un mondo di posti da esplorare, cibo gustoso, giochi e tante coccole. Ma non solo. La vita di un cane è fatta anche di sfide, alcune molto ardue: finire sotto le grinfie dell'addestratore, competere in sfilate canine di fronte a giudici severissimi, affrontare le temutissime visite dal veterinario. Al mio fianco c'è sempre lei, Marty: l'umana a cui sono e sarò per sempre fedele. Niente e nessuno potrà mai dividerci, nemmeno il più potente dei temporali.

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Informazioni

Print ISBN
9788891585424
eBook ISBN
9788865976944

1. UN GIORNO COME TANTI

Sembrava una mattina come tutte le altre. Mi svegliai all’arrivo del camioncino che una volta alla settimana imboccava il vialetto con un rumore assordante, e da cui scendevano sempre due uomini corpulenti e baffuti.
«È arrivato il rifornimento di croccantini per i Siberian Husky!» gridò una delle due umane che si prendeva cura di noi. «Vai tu ad aiutarli?» aggiunse rivolgendosi all’altra.
Si chiamava Adalena, ed era lei che ogni giorno riempiva la ciotola a tutti i cani grandi. Io invece prendevo ancora il latte della mia mamma, e dovevo lottare sempre per non farmelo rubare dai miei fratellini ingordi e piagnucoloni.
Un mattino, mentre mi facevo largo per prendermi la mia parte, sentii Adalena dire all’altra umana: «Guarda quel piccoletto! Non fa mai avvicinare i fratellini, è sempre il primo a mangiare e vorrebbe il latte tutto per sé! Ha il pancino così grosso che sembra abbia ingoiato un palloncino!».
Ne ero stato sempre fiero, ma quel giorno scoprii che non mi bastava più. Vidi l’umana trascinare quei sacchi enormi e, con l’acquolina in bocca, pensai: “Che fortuna hanno i cani grossi, scommetto che la loro pappa è buonissima! Non è giusto, voglio diventare un cane adulto anch’io!”.
Quando l’umana finì di trasportare i sacchi, entrò nel box dove vivevo con la mia mamma e i fratellini, mi sollevò e mi portò in un altro box più piccolo, dove non c’era nessun altro.
«Dovrai avere pazienza per un po’, piccolino, ma non preoccuparti, qui sei al sicuro» disse. Mi fece una carezza sulla testa e uscì, lasciandomi da solo.
Perché mi aveva portato lì? Forse la mamma si era stancata di me? A me stare da solo sembrava una punizione, ma ero sicuro di non aver fatto niente di male…
Quel posto era davvero noioso, e anche scomodo. Per terra era tutto coperto di ghiaia e non c’era niente su cui dormire che potesse sostituire la morbida pancia della mamma. Mi misi a giocare con la ciotola dell’acqua, cercando di rovesciarla, ma non era poi così divertente, perché non c’era nessuno da schizzare.
Affranto, mi accucciai per terra con il musino appoggiato sulle zampe e alzai lo sguardo sullo sprazzo di cielo sopra di me. Era più cupo e grigio del solito: forse anche lui era triste.
All’improvviso tutti i cani nei box vicini iniziarono ad abbaiare, uno dopo l’altro. Cosa stava succedendo? Eravamo tutti in pericolo? E io come avrei fatto a salvarmi, senza la mia mamma a proteggermi?
Spaventato, alzai il muso e provai ad accodarmi al branco, nella speranza che qualcuno riuscisse a sentirmi, ma dalla mia bocca uscì solo un imbarazzante mugolio. Fu in quel momento, guardando in alto, che mi accorsi che dal cielo stava cadendo qualcosa.
Erano bellissimi ciuffi bianchi, proprio come il pelo della mamma; scendevano lenti, cullati dal vento come in una danza, e in poco tempo ricoprirono ogni angolo.
Non avevo mai visto niente del genere, ma all’improvviso sentii una voglia irrefrenabile di correre sotto quella cascata di fiocchi e rotolarmici sopra, come se fossi nato apposta per quello.
«Adalena, corri a vedere!» gridò l’umana, chiamando l’altra. «C’è la neve!»
Ecco come si chiamava! Neve! Mentre guardavo il cielo, un fiocco mi si posò sul naso. Era più bianco del mio pelo e più scintillante dei raggi del sole all’alba… Sarebbe stato anche buono? Mi leccai il naso, ma scoprii con un po’ di delusione che aveva lo stesso sapore della pioggia, solo più freddo.
Mentre cercavo di acchiapparne un altro, sentii delle risate e mi voltai. Mi resi conto che gli altri cani non avevano abbaiato per la neve, ma perché qualcuno aveva attraversato il cancello principale. Accadeva spesso, infatti, che da lì arrivassero degli umani.
Venivano dritti ai nostri box e dopo averci scrutato con attenzione, come facevo io quando dovevo scegliere a quale fratellino mordicchiare la coda, se ne andavano via. A volte, invece, prendevano in braccio uno di noi e lo portavano con loro, oltre il cancello. Avevano volti rassicuranti e sereni. Chissà dove andavano? Noi non lo sapevamo, ma una cosa era sicura: nel mondo là fuori c’erano un sacco di cose da scoprire, e io non vedevo l’ora di farlo. Il box iniziava ad andarmi stretto.

2. IL NOSTRO PRIMO INCONTRO

Quel giorno i due umani che avevano attraversato il cancello si tenevano goffamente per mano. Lei aveva lunghi capelli biondi e occhi dolcissimi, lui capelli dritti come un porcospino e orribili scarpe marroni come la pupù del mio fratellino Gas.
Vidi l’umana che si prendeva cura di noi che li accompagnava ai box.
«Da questa parte, prego!» li esortò con un sorriso. «I cuccioli sono quasi pronti per essere adottati! Tra poco avranno finito lo svezzamento.»
Venivano verso di me! Eccitato, puntai le zampe sulla rete e iniziai a scodinzolare. Il loro odore era diverso da quello di tutti gli altri, più intenso, pungente, come quello del pino che ci sorvegliava dal giardino.
Sembravano elettrizzati per qualcosa, proprio come mi ero sentito io un attimo prima: forse anche a loro piaceva la neve. Era un buon inizio.
L’umana mi passò davanti, ignorandomi completamente, e anche l’altro umano non mi degnò di uno sguardo. Come non detto: avevano davvero dei pessimi gusti, se non avevano nemmeno voluto darmi un’occhiata!
L’umana bionda si chinò accanto al box dei miei fratellini.
«Sono così piccoli e teneri! Posso accarezzarne uno? Per favore!» chiese.
«Certo, aspetti qui! Entro e gliene prendo uno» ripose Adalena. «Non posso farvi entrare, la mamma è un po’ gelosa!»
Gelosa? La mamma? Al massimo poteva essere gelosa di me, ero io il suo preferito!
Ma ormai tutti sembravano essersi dimenticati di me. L’umana entrò nel box e uscì con Scolorita, la mia sorellina, l’unica rossa della cucciolata.
«È così piccola! Non me la sento di prenderla in braccio!» disse l’umano.
«Non fare il pappamolle! Quando ti ricapita di abbracciare una creaturina così dolce? Dovrebbe avere lei paura di te, che sei così grande e grosso!» rispose l’umana bionda, ridendo.
Prese in braccio Scolorita e iniziò a farle mille coccole e a sorriderle con occhi pieni d’amore. Ammetto che mi sentii un po’ invidioso di tutte quelle attenzioni. Per protesta, abbaiai. L’umana bionda alzò la testa e mi vide.
«Cosa ci fa laggiù quel cucciolo tutto solo?» chiese.
«Lui è la nostra piccola peste» rispose l’umana che si occupava di noi. «Lo abbiamo isolato perché non lascia mangiare i fratellini, vuole il latte tutto per sé…»
«Ah ah ah, che patatone!» rise l’umana bionda.
Cos’era un “patatone”? Non avevo mai sentito quella parola. Era qualcosa che si mangiava? E soprattutto, perché tutti stavano ridendo di me? Alla fine, però, non importava, perché avevo attirato la loro attenzione!
Notai l’umana che si occupava di noi che riportava Scolorita dai fratellini, poi raggiunse il mio box. Aprì la serratura e mi prese in braccio.
«Fai il bravo» mi sussurrò nell’orecchio.
Quella era una delle mie parole preferite, perché ogni volta che me la dicevano era sempre seguita dalle coccole.
Capii che dovevo riuscire nell’impresa di farmi scegliere come i cani che mi avevano preceduto, così, quando finii in braccio all’umana bionda, mi raggomitolai sotto il suo mento e alzai il muso verso di lei con lo sguardo più dolce che riuscissi a fare.
Appoggiato al suo petto potevo sentire il suo cuore battere fortissimo, proprio come il mio. Era una bella sensazione. Mi lasciai cullare mentre mi avvolgeva nel suo giaccone morbido. Forse era il degno sostituto della pancia della mamma.
«È così… Così… Non so come spiegarlo!» esclamò l’umana.
Magnifico? Superlativo? Imparagonabile? Indescrivibile? Perfetto? Lo so, faccio questo effetto. Decisi di regalarle un mio preziosissimo bacino, leccandole la mano, per farle capire che anch’io provavo la stessa cosa per lei.
Poi accadde qualcosa di inaspettato. L’umana affondò il suo viso nel mio petto e sentii scorrere le lacrime sulle sue guance.
«Dai, non fare così!» disse l’umano. «Poi mi commuovo anch’io.»
Si avvicinò e invase il nostro spazio, unendosi al nostro abbraccio.
«È lui, me lo sento» disse l’umana. «Mi ha scelta! Si fida di me. Sembra che mi stesse aspettando da sempre!»
Finalmente aveva capito che sarei riuscito a renderla felice. Doveva essere quello il mio compito, il motivo per il quale ero nato. Niente mi aveva reso così fiero quanto lo stare tra le sue braccia.

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. PROLOGO
  4. 1. UN GIORNO COME TANTI
  5. 2. IL NOSTRO PRIMO INCONTRO
  6. 3. TUTTI TRANNE ME
  7. 4. ADDIO, NANETTA!
  8. 5. BENVENUTO, YUKO!
  9. 6. UNA NUOVA STANZA DEI GIOCHI
  10. 7. IL SERGENTE BAU
  11. 8. «SIT!»
  12. 9. DIVENTARE GRANDI
  13. 10. LA PRIMA VISITA
  14. 11. UN TERRIBILE INCIDENTE
  15. 12. LIETO FINE
  16. 13. LA DIFFERENZA TRA CANI E UMANI
  17. 14. IL CAPANNONE
  18. 15. LA COCCARDA BLU
  19. 16. THE BEST IN SHOW
  20. 17. IL TEMPORALE
  21. 18. IL CANILE
  22. 19. STORIE DI CANI
  23. 20. L’AMORE DI UN UMANO
  24. EPILOGO
  25. Copyright