
- 528 pagine
- Italian
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eBook - ePub
I delitti della gazza ladra (Nero Rizzoli)
Informazioni su questo libro
Niente riesce a battere un buon giallo: con il più classico dei detective narcisisti, gli indizi ben disseminati nella trama, le false piste, i colpi di scena e, da ultimo, ogni tassello che si incastra nel posto giusto. Susan Ryeland, editor di una piccola casa editrice, ne trova immancabilmente conferma nei libri di Alan Conway che hanno come protagonista Atticus Pünd, infallibile investigatore per metà greco e per metà tedesco. Ora l'ultimo manoscritto di Conway è finalmente tra le sue mani, e Susan non vede l'ora di calarsi nei panni dell'investigatore per dare la caccia a un assassino che compie le sue efferatezze in un sonnolento paesino della campagna inglese degli anni Cinquanta. Ma stavolta, il nuovo romanzo dell'autore bestseller è destinato a cambiarle la vita. Perché oltre i cadaveri e la lista dei sospettati, dissimulata tra le pagine, Susan legge un'altra, incredibile vicenda - reale, questa volta - che intreccia la sua storia a quelle di Atticus Pünd e dello stesso Alan Conway, una vicenda che ribolle di gelosie, avidità e ambizioni sfrenate. Ipnotico giallo al quadrato, labirintica storia nella storia, I delitti della gazza ladra immerge personaggi degni dei migliori classici del crime in un thriller moderno ad alto tasso di suspense. In cui anche tu, lettore, ti sentirai chiamato a individuare il colpevole.
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Informazioni
SEI
Oro
Crouch End, Londra
Irritante, vero?
Finii di leggere il manoscritto la domenica pomeriggio e telefonai subito a Charles Clover, il mio capo. Charles è il fondatore della Cloverleaf Books, la casa editrice che pubblica la serie di Atticus Pünd. La mia chiamata passò direttamente alla segreteria telefonica.
«Charles?» dissi. «Che fine ha fatto l’ultimo capitolo? Che senso ha farmi leggere un giallo se alla fine non svela il colpevole? Mi puoi richiamare?»
Scesi in cucina. In camera avevo due bottiglie di vino bianco vuote e la trapunta cosparsa di briciole di nachos. Sapevo di essere rimasta troppo a lungo chiusa in casa, ma fuori la giornata era troppo fredda e umida, non avevo nessuna voglia di uscire. Non trovando nulla di decente da bere, aprii la bottiglia di raki che Andreas mi aveva riportato dall’ultimo viaggio a Creta, me ne versai un bicchiere e lo scolai d’un fiato. Aveva il sapore che prendono tutte le bevande alcoliche dopo essere transitate da Heathrow. Alterato. Avevo portato il manoscritto di sotto con me e lo esaminai di nuovo, cercando di capire quante pagine potessero mancare. Per logica, l’ultima parte avrebbe dovuto intitolarsi Un segreto che non va rivelato, scelta appropriata, date le circostanze. Dal momento che Pünd aveva annunciato di conoscere la soluzione, il romanzo poteva avere al massimo un altro capitolo. Presumibilmente il detective avrebbe radunato i sospettati, svelato la verità, fatto arrestare il colpevole e infine sarebbe tornato a casa a morire. Sapevo che Alan Conway meditava da tempo di concludere la serie, ma scoprire che lo aveva fatto davvero era stata una spiacevole sorpresa. Oltretutto, per congedare il protagonista un tumore al cervello mi era parsa una soluzione poco originale ma allo stesso tempo perentoria, motivo plausibile per la scelta. Devo ammettere che, se mi era sfuggita una lacrima, era stato più che altro per le nostre vendite future.
Ma chi aveva ucciso Sir Magnus Pye?
Non avendo niente di meglio da fare, presi un bloc-notes e una penna e mi sedetti in cucina con il manoscritto davanti. Mi sorse anche il dubbio che Charles l’avesse fatto apposta, per mettermi alla prova. Il lunedì mattina, arrivando al lavoro, lo avrei trovato in ufficio – era sempre il primo a entrare – pronto a chiedermi la soluzione prima di consegnarmi le ultime pagine. In effetti, ha uno strano senso dell’umorismo. L’ho visto spesso ridacchiare per qualche sua battuta che nessun altro dei presenti aveva colto.
1. Neville Brent, il giardiniere
È l’indiziato più ovvio. Prima di tutto, non gli piace Mary Blakiston e Sir Magnus Pye lo ha appena licenziato. Due buone ragioni per eliminare entrambi. In più, è l’unico personaggio del libro coinvolto in tutte le morti. È alla villa quando Mary cade dalle scale ed è in pratica l’ultima persona a vedere Sir Magnus ancora in vita. Secondo il suo racconto, si dirige subito al Ferryman una volta finito di lavorare la sera dell’omicidio, ma Conway a pagina 90 accenna a uno strano particolare: Brent arriva al pub «venticinque minuti dopo». Perché specificarlo? Potrebbe trattarsi di un dettaglio irrilevante o addirittura di un errore; non dimentichiamo che si tratta di una prima bozza. Ma mi era parso di capire che il Ferryman distasse solo una decina di minuti da Pye Hall e quel quarto d’ora in più sarebbe potuto servire a Brent per tornare sui suoi passi, intrufolarsi dalla porta sul retro mentre Sir Magnus parlava con Matthew Blakiston e ucciderlo subito dopo.
C’è un altro particolare che riguarda Brent. Quasi di sicuro è un pedofilo. «Era un uomo solitario, scapolo, […] decisamente un tipo strambo, […] l’aria era impregnata di uno strano odore, […] l’odore dell’uomo che vive da solo.» La polizia trova sul pavimento della sua stanza delle riviste per boy-scout e, in maniera piuttosto casuale, a pagina 162, si dice che Brent spiava gli scout accampati nel bosco di Dingle Dell. Questi dettagli mi erano balzati subito all’occhio perché, in generale, nei romanzi di Atticus Pünd ci sono pochissimi riferimenti al sesso… anche se, a questo proposito, vale la pena ricordare che in Attrazione al veleno si scopre che l’assassina è lesbica (avvelena la sua compagna). Forse Brent covava un interesse morboso per i due ragazzini, Tom e Robert Blakiston? Non è certo una coincidenza che sia lui a «ritrovare» Tom Blakiston affogato nel lago. Mi lascia perplessa anche la morte dei suoi genitori, teoricamente in un incidente d’auto. E infine, molto probabilmente è stato lui a uccidere la cagnolina Bella.
Detto questo, la prima regola del giallo è che l’indiziato più plausibile non è mai l’assassino. Perciò, suppongo di doverlo escludere.
2. Robert Blakiston, il meccanico
Anche Robert è collegato a tutti e tre i decessi. A modo suo, è un tipo strano quanto Brent. Ha la carnagione pallida e un bizzarro taglio di capelli. Non è mai andato d’accordo con i compagni di scuola, è stato arrestato a Bristol e, dettaglio più rilevante, ha un rapporto travagliato con la madre che culmina in una pubblica lite durante la quale in pratica minaccia di ucciderla. La butto lì ma, parlando da editor, troverei piuttosto soddisfacente che fosse Robert l’assassino e che Joy Sanderling si fosse rivolta a Pünd solo per proteggerlo. È facile immaginare un ultimo capitolo nel quale le speranze della ragazza si infrangono mentre il suo fidanzato viene smascherato. Ecco il finale che avrei scelto io.
Tuttavia, questa teoria presenta due problemi fondamentali. Il primo è che, se Joy Sanderling non ha mentito, Robert non può avere ucciso la madre perché i due fidanzati erano a letto insieme al momento della sua morte. Ed è pur vero che qualcuno avrebbe notato senz’altro il motorino rosa sfrecciare verso Pye Hall alle nove del mattino (anche se una simile evenienza non ha impedito all’assassino di servirsi della bicicletta cigolante del vicario alle nove di sera). Il problema più significativo, che Pünd cita almeno in un’occasione, è però che Robert non sembra avere nessun motivo valido per uccidere Sir Magnus, sempre così generoso con lui. Forse lo riteneva responsabile della morte del fratello minore mentre giocavano in riva al lago? Era stato lui, in fondo, a mettere in palio l’oro degli stolti all’origine della tragedia e Robert era stato il secondo a intervenire sulla scena, tuffandosi in acqua per aiutare Brent a trascinare fuori suo fratello. Doveva essere rimasto traumatizzato. Che incolpasse Sir Magnus anche per la morte della madre?
Forse, a questo punto, il mio sospettato numero uno diventa lui, seguito da Brent. Non so.
3. Robin Osborne, il vicario
Alan Conway ha l’abitudine di scoprire a fine partita una carta di minore importanza. Per esempio, in Non c’è pace per il crimine, Agnes Carmichael, che si rivela essere l’assassina, non pronuncia una sola parola in tutto il romanzo… Per forza, è sordomuta. Non credo che Osborne abbia ucciso Sir Magnus per Dingle Dell. Né tantomeno ha fatto del male a Mary Blakiston, qualunque cosa lei abbia visto sulla sua scrivania. Ma è certamente interessante che abbiano usato la sua bicicletta per il secondo delitto. Davvero è rimasto in chiesa per tutto quel tempo? Oltretutto, a pagina 114, Henrietta nota una macchia di sangue sulla manica della sua camicia. Un particolare a cui non si fa più cenno, ma sono sicura che Conway lo ha ripreso nelle pagine mancanti.
Interessante anche la vacanza di Osborne con la moglie nel Devonshire. Il vicario si mostra senza dubbio riluttante quando Pünd lo interroga in merito («il vicario parve sconcertato») e rifiuta persino di rivelare il nome dell’albergo. Forse leggo troppo tra le righe, ma anche i genitori di Brent sono morti nel Devonshire. C’è una qualche connessione?
4. Matthew Blakiston, il padre
In realtà, dovrei metterlo al primo posto della lista, dal momento che si scopre, senza tema di smentita, che è stato lui a uccidere la moglie. Pünd lo rivela alla fine della sesta parte – «Ha ucciso la moglie» – ed è impensabile che stia mentendo. Negli otto romanzi della serie, anche quando commette un errore (come il falso arresto in Regalo sotto l’albero che scatenò la furia dei lettori contro Conway, colpevole secondo loro di aver giocato sporco), è sempre onesto al cento per cento. Se annuncia che è stato Matthew Blakiston a uccidere la moglie, dev’essere andata così, anche se trovo irritante che non dica perché. Né tantomeno come sia giunto a quella conclusione. La spiegazione, ovviamente, sarà nel capitolo finale.
Forse Matthew ha ucciso anche Sir Magnus? Non credo. Almeno un indizio l’ho colto: l’impronta nell’aiuola è stata lasciata da Blakiston quando ha sbirciato attraverso la buca delle lettere. «Ho cominciato a vacillare e temevo di svenire» per citare le sue parole. Avrà allungato la mano in cerca di sostegno, lasciando l’impronta sul terreno soffice. Quindi uccide la moglie e, per qualche motivo, torna sulla scena del crimine. Se le cose stanno davvero così, per quanto sembri improbabile, a Saxby-on-Avon c’è un secondo assassino che se la prende con Sir Magnus per tutt’altra ragione.
5. Clarissa Pye, la sorella
A volte leggendo un giallo provo a pelle una certa sensazione nei confronti di un personaggio, senza alcun motivo particolare, come in questo caso. Clarissa aveva tutte le ragioni per odiare il fratello e avrebbe potuto tramare di uccidere anche Lady Pye e il figlio Freddy, per ereditare Pye Hall. La storia della fisostigmina rubata allo scopo di suicidarsi potrebbe essere una menzogna, e spiegherebbe anche la necessità di liberarsi di Mary Blakiston. Non dimentichiamo che Clarissa aveva la chiave del portone principale di Pye Hall. Viene accennato una volta – a pagina 33 – anche se rimane l’unica.
C’è poi la questione del dottor Rennard e dell’inversione della nascita dei gemelli. Quando ha scoperto la verità, Clarissa? È stato davvero dopo il racconto della dottoressa Redwing? Mi sorge questo dubbio perché, a pagina 74, c’è uno strano riferimento alla Ashton House, dove vive il dottor Rennard. Nel sermone funebre, il reverendo Osborne dice che Mary Blakiston visitava regolarmente la residenza per anziani. Può darsi che il vecchio dottore le avesse rivelato il proprio segreto e lei, da brava impicciona, lo avesse riferito a Clarissa. Fornendo così alla donna un’ottima ragione per uccidere sia Mary che Sir Magnus. E usare poi la fisostigmina per Lady Pye e Freddy. Magari anche la caduta del dottor Rennard non era stata un vero incidente… o mi sto spingendo troppo in là?
Ho escluso i Whitehead, la dottoressa Redwing e il marito artista, Frances Pye e l’improbabile Jack Dartford. Avevano tutti un movente per eliminare Sir Magnus, ma non vedo perché dovessero fare del male a Mary Blakiston. Rimane solo Joy Sanderling, l’indiziata meno probabile tra tutti. Ma perché avrebbe dovuto uccidere qualcuno e, soprattutto, perché si sarebbe rivolta ad Atticus Pünd?
In ogni caso passai tutta la domenica pomeriggio a sfogliare il manoscritto e prendere appunti, senza arrivare a nessuna conclusione. La sera andai con un paio di amici al British Film Institute per una proiezione del Mistero del falco senza però riuscire a concentrarmi sulla sua trama intricata. Pensavo a Magnus, a Mary e ai frammenti di carta insanguinati, ai cani morti e alle lettere infilate nelle buste sbagliate. Continuavo a chiedermi perché il manoscritto fosse incompleto ed ero seccata che Charles non mi avesse ancora richiamata.
Più tardi, quella sera, scoprii il perché. Mi ero concessa il lusso di un taxi e l’autista aveva la radio accesa. Fu il quarto annuncio del notiziario serale.
Alan Conway era morto.
Cloverleaf Books
Mi chiamo Susan Ryeland e sono il direttore editoriale della narrativa alla Cloverleaf Books. Non è un ruolo importante come può sembrare, perché siamo appena quindici persone (più un cane) in tutto l’edificio e pubblichiamo non più di venti libri l’anno. Io mi occupo di circa la metà dei titoli. Per essere una casa editrice così piccola, non ce la caviamo male. Abbiamo un paio di autori stimati che hanno vinto premi letterari, uno scrittore di fantasy bestseller e un autore per bambini da poco proclamato Poet Laureate del Regno Unito. Non possiamo permetterci i costi di pubblicazione dei libri di cucina, tuttavia in passato abbiamo ottenuto buoni profitti con le guide turistiche, i manuali di self-help e le biografie. Ma la verità nuda e cruda è che Alan Conway era il nostro nome di punta e tutta la programmazione editoriale dipendeva dal successo di Appuntamento con la morte.
La Cloverleaf Books è stata fondata undici anni fa da Charles Clover, molto noto nel settore, che io ho accompagnato fin dagli esordi. Lavoravamo insieme alla Orion quando lui decise di avviare una sua casa editrice, con sede in un palazzo che aveva acquistato nei pressi del British Museum. Un edificio che sembrava fatto su misura per lui: tre piani, corridoi stretti, tappeti consunti, pareti rivestite di pannelli di legno, poca luce naturale. In un’epoca in cui tutti abbracciavano ansiosi il ventunesimo secolo – gli editori non sono certo gli apripista quanto a cambiamenti sociali o tecnologici – lui sembrava più che felice del suo ritorno al passato. Dopotutto, aveva lavorato con autori del calibro di Graham Green, Anthony Burgess e Muriel Spark. Ha persino una fotografia che lo ritrae a cena con l’attempato Noël Coward, anche se ripete sempre che quella sera era così ubriaco da non ricordare né il nome del ristorante né una sola parola della chiacchierata con il grandissimo artista.
Charles e io passiamo tanto di quel tempo insieme che gli altri ci presumono ex amanti, ma non c’è niente tra noi. Lui è sposato con due figli adulti, una dei quali – Laura – sta per dargli il primo nipotino. Charles vive a Parson’s Green, in una sontuosa villa che lui e la moglie Elaine possiedono da oltre trent’anni. Mi hanno invitata a cena diverse volte e le serate sono sempre state allietate da compagnia interessante, ottimo vino e conversazioni protratte fino a tarda sera. Per il resto, tende a non socializzare molto fuori dall’ufficio, quantomeno con chi lavora nel mondo editor...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- I delitti della gazza ladra
- Crouch End, Londra
- APPUNTAMENTO CON LA MORTE. Un’indagine di Atticus Pünd. Alan Conway
- UNO. Dolore
- DUE. Gioia
- TRE. Una bambina
- QUATTRO. Un bambino
- CINQUE. Argento
- SEI. Oro
- Sette. Un segreto che non va rivelato
- Copyright