Il giro del mondo in ottanta giorni
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Il giro del mondo in ottanta giorni

  1. 400 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il giro del mondo in ottanta giorni

Informazioni su questo libro

Phileas Fogg, meticoloso gentiluomo inglese con tanto di cilindro e favoriti, non sembra il tipo da affrontare imprese avventate; ma per vincere una scommessa al club è pronto a fare il giro del mondo, e in meno di ottanta giorni. Per l'impresa utilizzerà tutti i mezzi di trasporto più moderni: ferrovie ancora in costruzione, piroscafi, navi a vapore e persino il dorso di un elefante. Fondamentale sarà l'aiuto di Passepartout, fedele maggiordomo dalle mille risorse, e di Fix, detective deciso a far indossare le manette a Fogg appena messo piede sul suolo inglese. Riproposto in una nuova e frizzante traduzione di Bérénice Capatti, uno dei più noti romanzi di Verne, che racconta il fascino del viaggio e della conquista, l'ebbrezza di una scommessa, il gusto amaro della sconfitta e, alla fine, anche quello dolce della vittoria.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2021
Print ISBN
9788817147491
eBook ISBN
9788831803496
Argomento
Literature
Categoria
Classics
CAPITOLO TERZO

DOVE S’INTAVOLA UNA DISCUSSIONE CHE POTRÀ COSTARE CARA A PHILEAS FOGG

Phileas Fogg era uscito dalla sua casa di Saville Row alle undici e mezzo, e, dopo aver messo cinquecentosettantacinque volte il piede destro davanti a quello sinistro e cinquecentosettantasei volte il piede sinistro davanti a quello destro, arrivò al Reform Club, ampio edificio eretto a Pall Mall, la cui costruzione era costata non meno di tre milioni.
Phileas Fogg si recò subito nella sala da pranzo, le cui nove finestre davano su un bel giardino con gli alberi già dorati dall’autunno. Lì prese posto al solito tavolo apparecchiato per lui. Il suo pranzo consisteva in antipasto, pesce lesso condito con una Reading Sauce di prima scelta, roastbeef scarlatto accompagnato da salsa ai funghi, torta farcita di gambi di rabarbaro e uva spina e un pezzo di chester; il tutto innaffiato da qualche tazza dell’ottimo tè colto appositamente per il servizio del Reform Club.
A mezzogiorno e quarantasette il gentleman si alzò e si diresse verso il salone, sontuosa stanza ornata di dipinti dalle ricche cornici. Lì un domestico gli porse il «Times» con i fogli non ancora tagliati, alla cui laboriosa apertura Phileas Fogg si dedicò con mano sicura, mostrando grande dimestichezza con la difficile operazione. La lettura di quel giornale lo impegnò fino alle tre e quarantacinque, e quella dello «Standard», a seguire, durò fino alla cena. Il pasto si svolse nelle stesse condizioni del pranzo, con aggiunta di Royal British Sauce.
Alle sei meno venti il gentleman tornò nel salone e si immerse nella lettura del «Morning Chronicle».
Una mezzora dopo diversi membri del Reform Club entrarono e si avvicinarono al camino in cui ardeva un fuoco di carbone. Erano i soliti compagni di Mr. Phileas Fogg, come lui giocatori indiavolati di whist: l’ingegnere Andrew Stuart, i banchieri John Sullivan e Samuel Fallentin, il finanziere Thomas Flanagan, Gauthier Ralph, uno degli amministratori della Banca d’Inghilterra; individui ricchi e stimati, perfino in quel club che conta tra i suoi membri i vertici dell’industria e della finanza.
«Allora, Ralph,» chiese Thomas Flanagan «a che punto siamo con la storia del furto?»
«Be’,» rispose Andrew Stuart «la Banca ci rimetterà.»
«Spero, invece» disse Gauthier Ralph «che prenderemo l’autore del furto. Hanno spedito ispettori di polizia, gente molto capace, in tutti i più importanti porti di imbarco e sbarco d’America e d’Europa, e sarà difficile che quel signore sfugga loro.»
«Ma quindi abbiamo i connotati del ladro?» chiese Andrew Stuart.
«Innanzitutto non è un ladro» rispose serio Gauthier Ralph.
«Come, non è un ladro? Un individuo che si è portato via cinquantacinquemila sterline in banconote?»
«No» rispose Gauthier Ralph.
«È un industriale?» disse John Sullivan.
«Il “Morning Chronicle” sostiene che sia un gentleman.»
A dare quella risposta non era stato altri che Phileas Fogg, la cui testa emerse in quel momento dalla marea di carta ammassata intorno a lui. Al tempo stesso Phileas Fogg salutò i colleghi, che gli restituirono il saluto.
Il fatto di cui si parlava, che i vari giornali del Regno Unito commentavano con fervore, era accaduto tre giorni prima, il 29 settembre. Un fascio di banconote, che rappresentava l’enorme somma di cinquantacinquemila sterline, era stato preso dalla scrivania del cassiere principale della Banca d’Inghilterra.
A chi si stupiva che un furto del genere si fosse potuto verificare tanto facilmente, il vicegovernatore Gauthier Ralph si limitava a rispondere che in quello stesso momento il cassiere era intento a registrare un incasso di tre scellini e sei pence, e che non si può avere gli occhi dappertutto.
Ma occorre qui notare – e questo rende più comprensibile il fatto – che il prestigioso istituto della Bank of England pare avere molti riguardi per il pubblico. Niente guardie, niente inservienti, niente grate! L’oro, l’argento e le banconote sono esposti liberamente e per così dire alla mercé del primo venuto. Non si vuole certo sospettare della rispettabilità di qualunque avventore. Uno dei migliori osservatori dei costumi inglesi racconta perfino questo: in una delle sale della Banca dove si trovava un giorno ebbe modo di vedere da vicino un lingotto d’oro di sette, otto libbre, che stava in bella vista sulla scrivania del cassiere; prese il lingotto, lo esaminò, lo passò al suo vicino e questi a un altro, tanto che, di mano in mano, il lingotto andò fino in fondo a un oscuro corridoio e tornò al suo posto solo mezzora dopo, senza che il cassiere avesse nemmeno alzato la testa.
Ma il 29 settembre le cose non andarono proprio così. Il fascio di banconote non tornò e quando alle cinque il magnifico orologio posato sul drawing office batté la chiusura degli uffici, alla Banca d’Inghilterra non restò che trasferire cinquantacinquemila sterline dalla voce dei profitti a quella delle perdite.
Una volta appurato il furto, alcuni agenti, detective scelti tra i più capaci, furono spediti nei porti principali, a Liverpool, Glasgow, Le Havre, Suez, Brindisi, New York ecc. con la promessa di un premio di duemila sterline e il cinque per cento della somma che sarebbe stata ritrovata, in caso di successo. Mentre aspettavano le informazioni che doveva fornire l’inchiesta partita immediatamente, gli ispettori avevano per missione di osservare con grande scrupolo tutti i viaggiatori in arrivo o in partenza.
Infatti, come diceva il «Morning Chronicle», c’era ragione di supporre che l’autore del furto non facesse parte di una banda di ladri in Inghilterra. Durante la giornata del 29 settembre era stato notato un gentleman ben vestito, di buone maniere, l’aria distinta, che andava e veniva nella sala dei pagamenti, teatro del furto. L’inchiesta aveva consentito di ricostruire con una certa esattezza i suoi connotati, che furono subito trasmessi a tutti i detective del Regno Unito e del continente. Qualche ottimista, e Gauthier Ralph era tra questi, si sentiva quindi in diritto di sperare che il ladro non sarebbe sfuggito.
Come si può immaginare, l’evento era all’ordine del giorno a Londra e in tutta l’Inghilterra. Si discuteva, ci si accalorava a favore o contro le possibilità di successo della polizia metropolitana. Non c’è quindi da stupirsi che i membri del Reform Club discutessero la faccenda, tanto più che vi era tra loro uno dei vicegovernatori della Banca.
L’onorevole Gauthier Ralph non metteva in dubbio l’esito delle ricerche, poiché riteneva che il premio offerto avrebbe aumentato di molto lo zelo e l’intelligenza degli agenti. Ma il suo collega Andrew Stuart era lungi dal condividere quella fiducia. La discussione proseguì quindi tra i gentlemen che si erano seduti a un tavolo di whist, Stuart di fronte Flanagan, Falletin di fronte a Phileas Fogg. Durante il gioco non parlavano, ma tra una mano e l’altra la conversazione interrotta riprendeva.
«Secondo me le probabilità sono in favore del ladro» disse Andrew Stuart «che dev’essere per forza un uomo astuto.»
«Ma andiamo!» rispose Ralph. «Non c’è più un solo Paese in cui possa rifugiarsi.»
«Questa, poi!»
«E dove potrebbe andare?»
«Non ne ho idea,» rispose Andrew Staurt «ma dopotutto la Terra è abbastanza vasta.»
«Lo era un tempo…» disse a mezza voce Phileas Fogg. Poi aggiunse, porgendo le carte a Thomas Flanagan: «Tocca a voi tagliare, signore».
La discussione fu sospesa durante il gioco. Ma presto Andrew Stuart la riprese, dicendo:
«Come, “un tempo”? La Terra è rimpicciolita, per caso?»
«Senz’altro» rispose Gauthier Ralph. «Concordo con Mr. Fogg. La Terra è rimpicciolita, visto che ora la si percorre dieci volte più in fretta che vent’anni fa. E nel caso in questione, questo velocizzerà le ricerche.»
«E velocizzerà anche la fuga del ladro.»
«Tocca a voi giocare, signor Stuart!» disse Phileas Fogg.
Ma l’incredulo Stuart non era convinto, e a partita conclusa riprese:
«Ammetto, signor Ralph, che avete avuto una trovata divertente, dicendo che la Terra è rimpicciolita! E così, siccome ora se ne fa il giro in tre mesi…».
«In ottanta giorni soltanto» disse Phileas Fogg.
«Proprio così, signori,» aggiunse John Sullivan «ottanta giorni da quando è stata aperta la tratta tra Rothal e Allahabad della Grand Indian Peninsula Railway, ed ecco il calcolo fatto dal «Morning Chronicle»:
Da Londra a Suez attraverso il Moncenisio
e Brindisi, ferrovie e piroscafi.............................7 giorni
Da Suez a Bombay, piroscafo...............................13 giorni
Da Bombay a Calcutta, ferrovia.............................3 giorni
Da Calcutta a Hong Kong (Cina), piroscafo.......13 giorni
Da Hong Kong a Yokohama (Giappone),
piroscafo................................................................6 giorni
Da Yokohama a San Francisco, piroscafo...........22 giorni
Da San Francisco a New York, ferrovia................7 giorni
Da New York a Londra, piroscafo e ferrovia.......9 giorni
Totale80 giorni
«Sì, ottanta giorni!» esclamò Andrew Stuart, calando per inavvertenza una carta di atout «ma senza contare il brutto tempo, i venti contrari, i naufragi, i deragliamenti eccetera.»
«Tutto compreso» rispose Phileas Fogg continuando a giocare, perché questa volta la discussion...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione. di Luigi Malerba
  4. Cronologia
  5. Bibliografia
  6. IL GIRO DEL MONDO IN OTTANTA GIORNI
  7. I - Nel quale Phileas Fogg e Passepartout si accettano a vicenda, uno come padrone, l’altro come domestico
  8. II - Dove Passepartout è convinto di aver finalmente trovato il suo ideale
  9. III - Dove s’intavola una discussione che potrà costare cara a Phileas Fogg
  10. IV - Nel quale Phileas Fogg sbalordisce Passepartout, il suo domestico
  11. V - Nel quale appare un nuovo titolo sulla piazza di Londra
  12. VI - Nel quale l’agente Fix dà prova di un’impazienza legittima
  13. VII - Che prova per l’ennesima volta quanto siano inutili i passaporti per la polizia
  14. VIII - Nel quale Passepartout parla forse un po’ più di quanto sarebbe opportuno
  15. IX - In cui il Mar Rosso e l’Oceano Indiano si rivelano propizi ai disegni di Phileas Fogg
  16. X - Dove Passepartout è troppo felice di cavarsela perdendo le scarpe
  17. XI - Dove Phileas Fogg compra una cavalcatura a un prezzo esorbitante
  18. XII - Dove Phileas Fogg e i suoi compagni si avventurano nelle foreste dell’India, e quel che ne consegue
  19. XIII - Nel quale Passepartout prova per l’ennesima volta che la fortuna sorride agli audaci
  20. XIV - In cui Phileas Fogg discende la splendida vallata del Gange senza che gli passi per la mente di guardarla
  21. XV - Dove la borsa con le banconote si alleggerisce ancora di qualche migliaio di sterline
  22. XVI - Dove Fix non sembra conoscere ciò di cui gli si parla
  23. XVII - Dove si parla del più e del meno durante la traversata da Singapore a Hong Kong
  24. XVIII - Nel quale Phileas Fogg, Passepartout e Fix badano ai propri interessi, ognuno per conto proprio
  25. XIX - Dove Passepartout si prende troppo a cuore il suo padrone, e quel che ne consegue
  26. XX - Nel quale Fix entra in rapporti diretti con Phileas Fogg
  27. XXI - Dove il proprietario della Tankadère rischia di farsi sfuggire il premio di duecento sterline
  28. XXII - Dove Passepartout si rende conto che, anche agli antipodi, è sempre meglio avere un po’ di denaro in tasca
  29. XXIII - Nel quale il naso di Passepartout si allunga a dismisura
  30. XXIV - Durante il quale si compie la traversata dell’Oceano Pacifico
  31. XXV - Dove si dà un’idea sommaria di San Francisco in un giorno di meeting
  32. XXVI - Nel quale si prende il treno espresso della ferrovia del Pacifico
  33. XXVII - Nel quale Passepartout segue un corso di storia sui mormoni alla velocità di venti miglia all’ora
  34. XXVIII - Nel quale Passepartout non riuscì a far intendere il linguaggio della ragione
  35. XXIX - Dove si racconteranno vari incidenti che accadono solamente sulle ferrovie dell’Unione
  36. XXX - Nel quale Phileas Fogg fa semplicemente il proprio dovere
  37. XXXI - Nel quale l’ispettore Fix prende molto seriamente gli interessi di Phileas Fogg
  38. XXXII - Nel quale Phileas Fogg dà battaglia alla sfortuna
  39. XXXIII - Dove Phileas Fogg si mostra all’altezza delle circostanze
  40. XXXIV - Che dà a Passepartout l’occasione di fare un gioco di parole orrendo, ma forse inedito
  41. XXXV - Nel quale Passepartout non si fa ripetere due volte l’ordine che gli dà il suo padrone
  42. XXXVI - Nel quale Phileas Fogg trionfa di nuovo sul mercato
  43. XXXVII - Nel quale è provato che Phileas Fogg non ha guadagnato niente a fare il giro del mondo, se non la felicità
  44. Postfazione. Un grande viaggio nel liberty di Antonio Faeti
  45. Copyright