Seguimmo i mangialuce al piano di sopra. Il mio umore era sempre più nero, perché ormai ero sicuro che per sconfiggere Caul non sarebbe bastato prendere i Sette e metterli tutti insieme in una stanza a tenersi per mano. Facevo parte del mondo Speciale da abbastanza tempo per sapere che di rado le cose si rivelavano tanto semplici. Forse avremmo dovuto portarli con noi a Devil’s Acre, dove prima o poi avremmo affrontato il nemico faccia a faccia, e sarebbe stato orribile. E difficile. E sanguinoso.
Non vedevo l’ora di passare alle cose difficili, tra le quali c’era il riattraversamento dell’anello di Miss Tern, per cominciare. Ma dato che dovevamo aspettare gli altri quattro, decisi che un po’ di riposo non mi avrebbe fatto male. Avevo ancora i nervi scossi per via del viaggio, la testa appesantita dalla stanchezza e, mi resi conto non appena un profumino mi solleticò il naso, una fame da lupo.
Sebbie e Julius ci portarono al piano di sopra, facendoci strada fino a un salottino pulito e senza l’ombra di animali. La tavola era imbandita. Posammo gli zaini e sfilammo i cappotti, Bronwyn lasciò cadere il baule sul pavimento, e ci fiondammo sul buffet.
Mangiavamo e chiacchieravamo. Be’, erano soprattutto Noor e gli altri mangialuce quelli che chiacchieravano. Con la bocca piena di ratatouille e pane, si sporgeva sul tavolo per tempestare di domande Julius e Sebbie. Com’erano state le loro vite fino a quel momento? Quando avevano scoperto le loro abilità ? Erano state le ymbryne a parlargli della profezia? Quando? Erano stati inseguiti e perseguitati, com’era successo a lei?
Venne fuori che le ymbryne li avevano accompagnati all’anello di Miss Tern il giorno prima, seguendo percorsi più lenti ma meno pericolosi del nostro.
Tirai le somme e immaginai che fossero riusciti a precederci perché avevano viaggiato in compagnia delle ymbryne e non da soli, come eravamo stati costretti a fare noi. Millard confermò la mia teoria sussurrandomi la vera spiegazione all’orecchio: le ymbryne avevano accesso a scorciatoie temporali.
A quel punto si presentarono come si deve: Julius Purcell e Sebbie Mayfield. Erano entrambi mangialuce, anche se le loro abilità non erano esattamente della stessa natura. «Io posso proiettare la mia voce quando voglio» spiegò Sebbie, aggiungendo piano: «e anche la mia luce».
Il potere di Julius, invece, era inquietante: era in grado di oscurare lo spazio in un baleno, solo che non riusciva a trattenere a lungo la luce immagazzinata, come Sebbie o Noor. Credeva di essere originario del Ghana, ma la sua ymbryne l’aveva adottato da piccolo e avevano viaggiato parecchio, spostandosi da un anello all’altro. Di recente aveva vissuto in Cina. «Lì gli anelli sono meravigliosi, e alcuni davvero antichi» raccontò entusiasta. «Loro non hanno mai vissuto nessun Medioevo, lo sapevate? La gente in Europa è stata praticamente analfabeta per cinquecento anni – tutti, compresi i re! – mentre loro creavano un meraviglioso universo di arte e letteratura.» Quanti anni avesse, invece, non lo sapeva con certezza. Sui cinquantasei, ipotizzava, ma probabilmente si era perso qualche compleanno lungo la strada. L’unica cosa certa era che per essere uno Speciale, e per giunta uno dei Sette, aveva condotto un’esistenza relativamente protetta.
«Bellissimo, il completo» disse Horace. «Dove l’hai preso?»
Julius sorrise, lusingato. «L’ha cucito su misura un sarto di Bamako. Meglio di quelli di Savile Row, se posso dire la mia.»
«Non c’è dubbio» annuì entusiasta Horace, poi abbassò lo sguardo, imbarazzato. «Da come sono vestito ora non si direbbe, ma anch’io sono un grande estimatore dell’arte sartoriale…»
«Horace ha un gran gusto in fatto di vestiti. Non ho mai incontrato uno Speciale che avesse più stile di lui» intervenni.
«Be’, a parte te, devo dire» ribatté lui rivolto a Julius, che però stava già discutendo di topografia degli anelli con Millard.
La conversazione si spostò a quel punto su Sebbie. Ci raccontò di aver trascorso diversi anni a nascondersi nelle grotte: lontana dalla luce del giorno che detestava e dai suoi compaesani che, vedendola uscire solo di notte, l’avevano bollata come vampiro. Avevano cercato di infilzarle un paletto nel cuore più di una volta. Perseguitata, era stata costretta a rintanarsi sempre più a fondo nei meandri delle grotte: aveva tirato avanti mangiando pipistrelli, muschio e le poche cose che qualche raro compaesano benevolo le lasciava all’ingresso.
Aveva smesso di accettare quel cibo, però, quando «uno di loro cercò di avvelenarmi. È stato allora che ho deciso di affinare la mia abilità . Scoprii che potevo spaventare la gente con la mia luce, proiettando fantasmi e voci». La storia di quella ragazzina che viveva nelle caverne ed era in grado di manipolare la luce arrivò all’orecchio di una ymbryne, Miss Ptarmigan, che alla fine la trovò e la prese con sé. «Era una brava donna, mi ha accolto in un anello nell’isola di Sant’Elena.»
«È stata una fortuna che Miss Ptarmigan ti abbia trovato prima di uno Spettro» disse Emma. «Hanno dato la caccia a Noor per anni.»
«Oh, no.» Julius le rivolse uno sguardo costernato. «Davvero?»
Noor raccontò loro tutto, ma senza scendere nei dettagli, perché i dettagli le facevano male. Parlò dell’agguato in strada che aveva spedito V all’ospedale, facendole capire che non poteva più proteggere la sua bambina; degli Spettri che, anni dopo, avevano iniziato a seguirla quando il suo potere si era manifestato a scuola, fino a darle la caccia con elicotteri e teste di cuoio stile SWAT. Tagliò corto prima di arrivare alla parte più brutta – la battaglia del Monte dei Morti, il tranello di Murnau e l’omicidio di V. Preferì ricominciare a tempestare di domande i nostri nuovi amici.
«E tu?» domandò a Julius. «Gli Spettri ti hanno mai trovato?»
Lui scosse la testa. «Ci sono andati vicino, ma la mia ymbryne era sempre un passo avanti, certe volte perfino due.»
Domandai se avessero mai visto un Vacuo. Risposero entrambi di no.
«Ho sentito dire che alcuni sono davvero terribili» disse Julius noncurante, con la bocca piena di pane.
«Tutti sono terribili» rispose Bronwyn.
«Voi li avete mai visti?» chiese Sebbie, sgranando gli occhi. «Ne avete incontrato uno da vicino?»
«Incontrati, combattuti, uccisi… pacchetto completo» rispose Enoch. «Ne avremmo di storie da raccontare.»
«Santo cielo» disse Julius, pulendosi la bocca con il fazzoletto. «Che vita, la vostra.»
Sebbie si strinse nelle spalle. «Mi sa che certe ymbryne badano ai loro protetti meglio di altre.»
«Questo non è vero» ribatté Bronwyn. «La nostra è la migliore ymbryne di tutto il mondo Speciale!»
«Credo che certi Speciali siano semplicemente più fortunati di altri, tutto qua» disse con asprezza Horace.
Sebbie allargò le braccia. «Sarà .»
«Ecco perché sono così calmi» mi sussurrò all’orecchio Emma. «Non hanno mai visto un Vacuo!»
«Non sono minimamente preparati» concordai, confabulando con lei ed Enoch.
Enoch ridacchiò. «Che roba. Le loro ymbryne li hanno tenuti troppo al sicuro.»
«Mi è passata la fame» disse Bronwyn alzandosi da tavola, anche se era palese che si era semplicemente offesa.
Il pranzo terminò così. Avevamo mangiato a sufficienza e la conversazione stava lentamente degenerando. Bloccai Julius in un angolo e gli chiesi quando credeva che sarebbero tornati Sophie e Pensevus. Mi prendeva l’ansia ogni volta che pensavo che ancora non si avevano notizie di quattro dei Sette. Lui mi assicurò che sarebbero arrivati presto, ma quel suo atteggiamento rilassato mi mandava il sangue al cervello. Era così calmo, così disinvolto! Per come la vedevo io, non aveva compreso fino in fondo quale fosse la posta in gioco, e questa consapevolezza alimentava la mia ansia.
Poi Julius propose che i mangialuce si esibissero in una dimostrazione amichevole delle loro abilità , e che lo facessero all’esterno, dove non c’erano pareti a limitarli. Non capivo bene se volesse solo mettersi in mostra o se il suo vero intento fosse studiare Noor. In ogni caso, lei non si tirò indietro. Dato che non avevamo niente di meglio da fare, a parte lasciarci divorare dall’ansia, uscimmo anche noi per assistere allo spettacolo in giardino. I mangialuce risalirono la collina accanto alla casa di Miss Tern.
Sapevo già di cosa era capace Noor, e fu un piacere stare ad ammirarla. Prese la rincorsa, attraversò la collina a braccia spalancate raccogliendo tutta la luce intorno, e la plasmò in una sfera pulsante che racchiuse tra le mani prima di inghiottirla in tre grosse sorsate. L’esibizione fu accolta da un educato applauso.
Per quanto fosse spettacolare, Noor in confronto a Julius era una principiante. Julius strappò infatti larghi fasci di luce, dalla terra alle nuvole, scavando così lunghe bande di buio nerissimo in quello che era un pomeriggio assolato. Ero restio ad applaudire una simile spacconata, ma lui era davvero uno degli Speciali più potenti che avessi mai incontrato e non mi trattenni. Gridai ed esultai insieme ai miei amici e agli animali di Miss Tern, che si erano radunati nelle vicinanze fra nitriti, starnazzi e scalciate.
Poi fu il turno di Sebbie. Iniziò mostrandoci come rubava la luce a distanza, cosa che nemmeno Julius sapeva fare. Catturò tutta la luce nella casa di Miss Tern e la sollevò in aria, le finestre rimasero buie mentre l’area sopra il tetto risplendeva intensamente. Poi la modellò sotto forma di scintillante drago alato, e io già immaginavo tutti i modi in cui quella ragazza avrebbe potuto aiutarci in battaglia. Il drago di luce svolazzò nel cielo per poi compiere un giro della morte e sgretolarsi in una pioggia di polvere sfavillante, riportando la luce nella casa di Miss Tern. Si levò un’altra ondata di applausi e i mangialuce fecero un inchino.
Di colpo, qualcuno urlò alle nostre spalle. Ci voltammo e scorgemmo due sagome risalire di corsa il vialetto. La prima era una donna che non conoscevo. Trascinava per mano una bambina dall’aria stupefatta, che portava degli stivali alti e un vestitino macchiato, e sotto il braccio stringeva un grosso bambolotto logoro. Mi bastò uno sguardo per capire che la donna era in realtà una ymbryne: l’abito semplice, gli occhi intensi come carboni ardenti e, soprattutto, i capelli che le ricadevano sulle spalle fino alle ginocchia, come ali ripiegate, erano indizi rivelatori.
Corremmo tutti verso di loro: io e i miei amici, Miss T...