Due donne con un progetto chiaro fin dall’adolescenza: la prima voleva diventare una ballerina, la seconda una sarta. La prima ha pagato un enorme prezzo mentre perseguiva la sua passione, la seconda lo ha fatto pagare agli altri.
Mi chiamo Isadora Duncan e sono nata a San Francisco nel 1877. Mia madre era irlandese e insegnava pianoforte, mio padre invece era scozzese e ha lasciato la famiglia quando avevo tre anni, a causa di uno scandalo bancario.
Eravamo poverissimi e, assieme ai miei fratelli, fin da giovanissima davo lezioni di ballo.
Ho avuto molto amore e molto dolore nella mia vita.
Sono famosa in tutto il mondo per la mia danza e le mie coreografie rivoluzionarie.
Ora sono a Nizza e sto salendo su una Bugatti per fare una passeggiata con un amico speciale. Mi sono avvolta intorno al collo una lunga sciarpa con le frange.
Troppo lunga.
Mi chiamo Marie Petitjean e sono nata nel 1877 a Wamont, in Belgio. I miei genitori non volevano che andassi a scuola così, nella pausa dai lavori nei campi, mi facevo dare ripetizioni dal parroco. A sedici anni sono andata da una zia a Liegi, sapendo che mio padre non mi avrebbe più accolta in casa. Il mio sogno era quello di diventare sarta e negli anni, a prezzo di grandi sacrifici, ci sono riuscita.
Ho sposato Charles Becker; avevo degli amanti ma mio marito mi perdonava. Quando è morto mi sono innamorata di un giovane che aveva la metà dei miei anni. Per mantenerlo lavoravo a giornata come sarta e dama di compagnia a casa delle donne benestanti. La sera andavo a divertirmi con lui nei caffè e nei locali notturni.
Mi accusano di aver avvelenato undici persone, di aver tentato di ucciderne altre cinque e di aver sottratto in modo fraudolento alcune eredità . È assurdo, nella mia vita ho fatto solo del bene.
Prima della nascita di Isadora, a San Francisco il 27 maggio 1877, Mary Gray non stava bene, non riusciva a mangiare quasi niente. Diceva: «Questo bambino che sta per venire al mondo non sarà normale». Infatti, appena uscita dal ventre materno, Isadora agita braccia e gambe e la madre grida: «Vedete che avevo ragione, questa bambina è maniaca!».
Il primo ricordo di Isadora è un incendio. A due anni viene salvata da un poliziotto che sale fino alla sua camera mentre la casa va a fuoco. Sono tutti salvi, i suoi genitori, i fratelli Augustin e Raymond e la sorella Elizabeth.
Mary è una brava pianista, appassionata di poesia e letteratura classica. Dà ripetizioni private per mantenere la famiglia dopo che il marito Joseph Duncan se n’è andato a causa di uno scandalo bancario. La coppia ha divorziato.
Con i figli cambia spesso casa, una più miserevole dell’altra, ma sceglie sempre di avere il mare vicino. A cinque anni viene iscritta in una scuola pubblica e poiché la madre le ha detto che Babbo Natale non esiste lo ripete davanti ai compagni e l’insegnante la mette in castigo. Isadora torna avvilita a casa e racconta tutto alla madre che ribadisce: «Babbo Natale non esiste e neppure Dio. Devi contare solo su te stessa».
Un giorno, a sette anni, sente suonare alla porta. Si trova davanti un bell’uomo elegante, alto e attraente che la abbraccia coprendola di baci e lacrime. «Sono tuo padre» le dice. Lei corre ad avvertire gli altri ma la madre, pallidissima, si chiude in una stanza, uno dei fratelli si nasconde sotto il letto e la sorella ha una crisi isterica. «Mandalo via!» grida. Lei torna da Joseph e gli dice che la sua famiglia è malata e non può riceverlo.
«Vuoi venire a fare una passeggiata con me?» le chiede il padre. Le prende la mano e la porta a mangiare un gelato e dei dolci. Isadora è incantata da lui e torna a casa felice con una busta per la madre. Si tratta di un bel po’ di denaro: Joseph è riuscito a fare di nuovo fortuna dopo il fallimento.
«È un uomo fantastico e tornerà domani per comprarmi un altro gelato» annuncia Isadora, ma la madre le proibisce di riceverlo e qualche giorno dopo Joseph riparte per Los Angeles dove ha una seconda famiglia.
Isadora non ama la scuola che ritiene un impegno inutile; si accorge di essere considerata intelligente quando impara a memoria la lezione e stupida quando non lo fa. I veri insegnamenti le vengono dalla madre che legge ai figli Shakespeare, Shelley e Keats e fa loro ascoltare la musica di Beethoven, Schubert, Mozart, Chopin. Inoltre li lascia liberi di fare ciò che vogliono, di scegliersi i vestiti, gli amici, i giochi.
A tredici anni Isadora dice alla madre: «Ho capito che la scuola è inutile. Hai sempre pensato che ho talento per la danza. Darò delle lezioni. Sono alta e se mi tiro su i capelli dimostro sedici anni». Mary è d’accordo e anche gli altri figli lasciano la scuola e aiutano Isadora. Molte famiglie ricche di San Francisco si passano la voce e mandano i loro figli dai Duncan.
Isadora ama molto i suoi fratelli: Raymond, come lei, è un sognatore e riesce a rimanere immobile a guardare il mare per delle ore; Augustin, silenzioso, introverso e un po’ miope; Elizabeth, dolce e disponibile, a volte triste perché un difetto alla gamba l’ha resa claudicante. Isadora è la più coraggiosa e quando manca il cibo in casa è lei che va dal macellaio e riesce a farsi dare la carne con mille moine. Un giorno trova la madre in lacrime perché un negozio le ha rifiutato i cappellini di lana che ha realizzato. «Dalli a me!» le dice e, infilandone uno in testa, va a proporli di casa in casa. Alla fine vende tutto guadagnando più di quanto Mary avrebbe ricevuto dal negozio.
Quando le figlie insegnano i primi passi di danza ai bambini, Mary si mette al pianoforte. Isadora non segue un metodo ma inventa i balletti e le mosse, tutto viene dall’ispirazione del momento. A volte recita una poesia e chiede ai piccoli di mimare le parole con i gesti.
In seguito i Duncan vanno in tournée sulla costa, a Santa Clara, Santa Rosa, Santa Barbara. Il sogno di Isadora è lasciare San Francisco unendosi a una grande compagnia teatrale. Un giorno va a trovare il manager di una compagnia di danza e si esibisce davanti a lui scalza e con indosso una tunichetta bianca mentre la madre suona Mendelssohn al pianoforte. L’uomo si irrita affermando che quella non è una danza per il teatro ma per la chiesa e la manda via.
Isadora non demorde e nel 1895 parte con Mary per Chicago. Arrivano in città in un torrido giorno di giugno con una valigia, vecchi gioielli della nonna e venticinque dollari. Le cose non sono così semplici come pensava. Gira da un manager all’altro e tutti affermano che la sua danza non è adatta al teatro. Il denaro finisce, i gioielli sono impegnati e un giorno madre e figlia si trovano per la strada senza un penny.
Isadora è costretta ad accettare un ingaggio per un vaudeville al Masonic Roof Garden ma il direttore le impone di comprarsi un paio di scarpe e un vestito più adatto al palcoscenico. «Dove troveremo il denaro per l’abito?» si chiede Mary. Isadora entra in un negozio e riesce a convincere il proprietario a darle una stoffa variopinta che gli pagherà il giorno dopo. Nonostante Mary sia sfinita dalla fame riesce a confezionare il costume per la figlia lavorando tutta la notte. Lo spettacolo ha successo ma Isadora è disgustata dall’ambiente e quando il manager le vuole rinnovare il contratto, rifiuta.
«Adesso abbiamo abbastanza denaro per non morire di fame» afferma. «Voglio provare a divertire il pubblico con qualcosa che mi piace veramente.» Tornata a San Francisco legge sul giornale che il grande Augustin Daly, uno dei più importanti impresari teatrali d’America, è in città . Decide che deve conoscerlo e rimane diverse sere fuori dal teatro inviandogli biglietti e chiedendogli un incontro. Finalmente viene ricevuta e gli parla della sua idea di danza che si distanzia da quella classica: via le scarpette a punta, via anche i leziosi tutù sostituiti con tuniche leggere ispirate ai pepli dell’antica Grecia perché le movenze del corpo siano più libere. «Ho scoperto la danza che assomiglia a un poema di Walt Whitman. Sono sicura che rivoluzionerà la nostra epoca. L’ho appresa davanti all’Oceano pacifico e nelle foreste della Sierra Nevada. Voglio portare nel suo teatro l’anima del ballerino.» Sfinito dall’insistenza e dallo sproloquio di Isadora, Daly le offre una parte nello spettacolo che sta organizzando a New York e che inizierà nell’ottobre dell’anno successivo.
«Come faremo ad acquistare i biglietti del treno?» si preoccupa la madre. Isadora telegrafa a un amico chiedendogli in prestito cento dollari, così nel 1896 i Duncan partono per New York, pieni di aspettative. Vanno ad abitare in una pensione e Isadora si presenta di nuovo davanti a Daly.
«Abbiamo una grande star francese, Jane May. C’è una parte per te se sai recitare una pantomima» le dice. Isadora non ne è entusiasta però accetta. La prima prova è una grande delusione. Jane May è antipatica e aggressiva. «Questa ragazza non ha talento» dichiara a Daly. Isadora scoppia a piange- re e l’impresario si impietosisce e alla star dice: «È molto espressiva quando piange. Vedrai che imparerà ». Jane May interpreta Pierrot e Isadora ha il ruolo di un innamorato che deve darle un bacio furtivo. «Senza sporcarmi il viso con il rossetto» le ordina Jane.
Dopo tre settimane la compagnia lascia New York per una tournée e il resto della famiglia torna a San Francisco. Isadora riceve quindici dollari alla settimana e ne manda la metà alla madre. Tornati a New York lei spiega ancora a Daly come dovrebbe essere la danza ma l’impresario le offre solo una particina nel ballo delle fate in Sogno di una notte di mezza estate. Isadora accetta e controvoglia indossa le ali che a suo avviso la rendono ridicola ma durante lo spettacolo, quando è il suo turno, le toglie e balla da sola per qualche minuto, applaudita dal pubblico.
«Questo non è un music hall» la sgrida Daly facendo abbassare le luci ogni volta che si esibisce nella sua danza solitaria, in modo che il pubblico a malapena possa vederla. Lo spettacolo va in tournée, la paga di Isadora aumenta a venticinque dollari la settimana, ma lei è infelice perché le sembra di tradire la sua idea di danza.
Nel 1897 i Duncan si trasferiscono tutti a New York, in un piccolo appartamento che trasformano in una sala prove. Dormono su materassi che di giorno ammonticchiano da una parte per liberare il pavimento. Elizabeth aiuta con le lezioni, Augustin è entrato in una compagnia teatrale e Raymond sta tentando con il giornalismo. La sala viene anche affittata a musicisti, cantanti e attori e in questi casi l’intera famiglia deve uscire a fare una passeggiata a Central Park.
Isadora continua a creare dei balletti accompagnata dalla madre che suona il piano. Sceglie le musiche di Ethelbert Nevin che un giorno piomba nella sala e le proibisce di usarle perché non è stato avvertito. «Sono mie! Nessuno può ballare sulla mia musica.»
«Adesso danzerò per lei un suo brano, se non le piacerà non lo farò più.»
Isadora balla e Nevin ne è entusiasta. Decide di organizzare un concerto in cui suonerà mentre lei danzerà . Provano diversi giorni e il primo spettacolo riscuote un grande successo. Ne seguono altri a cui intervengono molte persone che contano e Isadora viene chiamata a esibirsi in diversi salotti di donne dell’alta società . Spesso il fratello Augustin o Elizabeth leggono poesie mentre lei balla.
«Mamma! Mi ha invitato Lina Astor, la regina dei salotti mondani, nella sua casa di Newport» annuncia un giorno. «Vuole che danzi nel suo giardino e tu suonerai il piano.» Lina Astor ha riunito i suoi amici per lo spettacolo e tutti ne sono affascinati. In seguito altri personaggi di spicco di Newport vogliono Isadora me lei è già stufa. Viene pagata poco e si rende conto di essere solo una novità nelle loro serate, nessuna di quelle donne capisce il senso profondo delle danze che lei ha creato.
Il denaro scarseggia ma Isadora decide di realizzare il suo sogno e trasferirsi a Londra. Augustin non vuole partire perché si è innamorato di un’attrice sedicenne e ha intenzione di sposarla. La madre, Raymond ed Elizabeth non approvano la sua scelta mentre Isadora gli dice: «Io sono dalla tua parte e voglio conoscere la tua fidanzata». Augustin la accompagna in una squallida pensioncina dove si trova la ragazza, in evidente stato di gravidanza.
Poiché i Duncan non hanno i soldi per partire, Isadora va a trovare diverse signore per cui ha danzato e alla fine accumula i trecento dollari necessari per il viaggio a Londra su un bastimento che trasporta mucche.
Nella capitale inglese i Duncan trovano un alloggio vicino Marble Arch. I primi giorni sono eccitanti per tutti che visitano i luoghi più importanti della città , ma i soldi finiscono presto e la famiglia viene messa alla porta dalla proprietaria della pensione. S’aggirano per la città senza denaro, senza amici e senza la possibilità di passare la notte al coperto. Si riducono a dormire sulle panchine del Green Park ma poi un bobby li manda via. Al terzo giorno Isadora decide di fare un tentativo. «Seguitemi!» dice alla madre e ai fratelli e si incammina verso uno dei migliori alberghi della città . Con fare sicuro dichiara al direttore che i bagagli stanno arrivando da Liverpool, che loro sono appena scesi dal treno notturno, hanno fame e sonno. L’uomo si lascia convincere e per una notte i Duncan dormono in una stanza di lusso. Ordinano anche la cena e la colazione e poi lasciano l’hotel senza più tornarvi.
Passeggiano tutta la mattina per il quartiere di Chelsea. Infine, sfiniti, si siedono sulle panchine del cimitero di una vecchia chiesa. Isadora vede un giornale abbandonato su cui legge il nome di una signora che l’aveva invitata a danzare a casa sua: adesso risiede a Londra e ha un salotto ben frequentato. «Aspettate qui» dice agli altri e si reca a Grosvenor Square dove si presenta alla donna a...