Le strade parlano
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Le strade parlano

Una storia d'Italia scritta sui muri

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Le strade parlano

Una storia d'Italia scritta sui muri

Informazioni su questo libro

A poco a poco, negli ultimi vent'anni le città italiane si sono vestite di un abito nuovo, la street art. I murales, inizialmente per lo più illegali, sono diventati oggi decorazioni urbane che catturano e divertono lo sguardo. Opere in perpetua trasformazione, fragili ed effimere (spesso vengono cancellate o rimosse), non hanno però un valore esclusivamente estetico. Sono anche, o forse innanzi tutto, specchio e commento dell'attualità. Dipingono persone e fatti, individuano comportamenti e tendenze in una chiave nuova - ora commossa, ora ironica, ora irriverente -, mai piatta.
Questo libro nasce da un'idea originale. Marco Imarisio, che da vent'anni racconta l'Italia giorno dopo giorno, si lascia ispirare dall'arte urbana per cogliere i fenomeni più significativi del nostro tempo dall'immigrazione alle battaglie per i diritti, dalle questioni "a margine" (TAV, trivelle...) agli eroi come Totti, Maradona e Pavarotti. Se poi i poster estemporanei di TvBoy leggono lucidamente la vita politica del Paese, gli occhi tristi del contadino ritratto da Vhils sui silos del porto di Catania ci portano alle vicende della Diciotti e della Aquarius che sono state bloccate proprio lì davanti. Armando Cossutta in versione Andy Warhol fa pensare alla trasfigurazione di un'ideologia, oggi tanto mutata rispetto al secolo scorso. Al contrario, le sfumature di nero e di grigio del cadavere di Moro o del ritratto di Falcone e Borsellino ci ricordano lutti che la nostra società non potrà mai elaborare.
Ricchissimo di immagini preziose (alcuni dei murales riportati non esistono più e ne sono state recuperate rare foto da archivi specializzati), Le strade parlano è un libro unico per capire quanto siamo cambiati nell'ultimo quarto di secolo, come si siano evolute le nostre città - da una Milano all'avanguardia europea, ma ancora memore di luci e ombre del suo passato, a una Genova sempre ferita, tra G8 e Ponte Morandi - e quali fattori abbiano forgiato immaginario, bisogni e desideri di tutti noi.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2019
Print ISBN
9788817118941
eBook ISBN
9788858699133
Argomento
Art
Categoria
Art General
1

Le tre repubbliche

Chissà se tra qualche anno ci ricorderemo dell’avvocato Giuseppe Conte e dei suoi fogli bianchi, di Luigi Di Maio e dei suoi finti abbracci con Matteo Salvini.
Tutto scorre così veloce, ormai. Sembrano passati secoli dalla videocassetta di Silvio Berlusconi, e anche la stagione da mattatore di Matteo Renzi è già solo un ricordo.
Resta la Storia, con la maiuscola. La caduta del muro di Berlino, e quei cinquantacinque giorni cominciati in via Mario Fani che cambiarono per sempre l’Italia.

La politica del selfie

Ci voleva coraggio, per non piangere. L’attore Tullio Solenghi aveva appena letto con le lacrime agli occhi i nomi delle quarantatré vittime, accompagnandoli con piccoli dettagli sulle loro vite spezzate. Samuele che aveva 8 anni ed è morto con il suo inseparabile pallone di Spider-Man, il camallo Andrea che stava per cominciare il turno di lavoro, Camilla che brillava sul suo tutù. Era il 14 settembre, un mese dopo il crollo del ponte Morandi. Piazza De Ferrari, che ha sempre ospitato i momenti importanti di Genova, mostrava una città che infine si lasciava andare al proprio dolore. L’ultimo intervento di una giornata così intensa era stato quello di Giuseppe Conte, il premier sconosciuto ai più, l’avvocato e docente di Volturara Appula reduce da una vita sottotraccia che si ritrovava in quel ruolo al termine di un casting che era parso affrettato, inevitabile frutto della reciproca elisione tra due soci che già si guardavano in cagnesco ancora prima di aprire l’azienda.
L’atmosfera era carica di tensione e attesa, dopo un mese di tentennamenti sul da farsi, sulle decisioni da prendere per risarcire una città ferita. Genova è città che può essere geranio, o polveriera. Al presidente del Consiglio lo avevano spiegato. Lui cominciò in modo solenne, agitando nell’aria alcuni fogli. «Non sono venuto a mani vuote» disse rivolgendosi alla folla. «Come promesso, vi porto il decreto sulle urgenze, che non è fatto di fogli bianchi ma di misure concrete per far ripartire la città.» Seguì un elenco di provvedimenti abbastanza generico, comunque sufficiente per guadagnare gli applausi e una figura più che decente.
Pochi giorni dopo si venne a sapere che quei fogli erano vuoti. Non solo in senso figurato. C’era scritto sopra qualche enunciato generico, ma non esisteva ancora nulla di concreto. Il presidente del Consiglio, la quarta carica dello Stato, prima per importanza, aveva improvvisato su un canovaccio di poche righe, senza avere nulla in mano. Al punto che per approvare quel decreto su Genova ci vorranno altri due mesi e settantasette modifiche al testo originario. Nel poker, lo chiamano bluff. Quel bizantinismo, il decreto che c’è ma non troppo, quella finzione nel nome degli equilibri di governo davanti a gente con le lacrime agli occhi, erano stati anche denunciati da alcuni giornali. Ma ormai i giornali contano poco o nulla, prima vengono le apparenze, il tutto e subito, fare bella figura al momento, e poi andarsene.
CONTE E IL SUO PROGRAMMA DI GOVERNO (VUOTO) TvBoy, poster, 2018 Roma, rimosso Rita Restifo
CONTE E IL SUO PROGRAMMA DI GOVERNO (VUOTO)
TvBoy, poster, 2018
Roma, rimosso
© Rita Restifo
COME WHAT MAY - PT II beaststreetart.com, digital collage e stampa su cardboard, 2018 Milano, rimosso Beast Beaststreetart.com beast_street
COME WHAT MAY - PT II
beaststreetart.com, digital collage
e stampa su cardboard, 2018
Milano, rimosso
© Beast Beaststreetart.com ©beast_street
Qualcuno l’aveva già vista e prevista, quell’immagine. La lista di cose da fare per salvare il Paese, una serie di punti interrogativi retta da un Conte ammiccante e soddisfatto, era apparsa all’inizio di giugno a Roma in via della Torretta (vedi pagina 17). Rendeva l’idea della precarietà di un accordo inedito nella storia repubblicana, retto da un programma concordato e discordante che in realtà sarebbe rimasto in piedi solo navigando a vista. Quattro mesi dopo, il murale nel centro della capitale avrebbe trovato anche la sua plastica rappresentazione nel reale, su un palco di Genova. Il Conte sorridente con la sua pergamena vuota era l’ultima in ordine di tempo di una serie di opere che hanno in comune il racconto di quel che accade in presa diretta, senza i vincoli del non detto, con la libertà concessa dalla street art.
È come se la cronaca politica incorporasse anche il commento, il retroscena. E pure quel che non si può dire davvero. Il primo murale di questa serie è stato il bacio di Luigi Di Maio e Matteo Salvini (vedi p. 20-21), apparso la notte del 22 marzo 2018, diciannove giorni dopo le elezioni, in via del Collegio Capranica, a due passi da Montecitorio. Il giorno dopo, le prime pagine dei giornali erano dedicate allo stallo nella discussione sull’elezione dei presidenti delle due Camere, un argomento magari obbligato, comunque non fondamentale, già dimenticato. La trattativa tra M5S e Lega era agli albori, e sarebbe durata fino a maggio.
TvBoy aveva capito come sarebbe andata a finire. Con un matrimonio così innaturale. Virginia Raggi fece cancellare quell’opera in fretta e furia, ma infine è l’immagine che resterà di quel periodo convulso. Subito dopo, a Milano apparve la celebrazione delle nozze, ricreata da Beast in una cornice dorata di tre metri per due su un muro di via Garibaldi, all’interno della quale Salvini e Di Maio corrono sorridenti, tenuti per mano da una radiosa Raggi, una suggestione liberamente ispirata a The Dreamers, il film di Bernardo Bertolucci ambientato nella Parigi del 1968. Altri murales sono seguiti, compreso quello di Salvini che si scatta un selfie nel centro di Roma, a sottolineare la dittatura della comunicazione, dietro l’apparire poco o nulla. Tutti cancellati, o quasi. Giuseppe Conte invece è rimasto. Nel perenne corto circuito della politica italiana, ormai volubile ed effimera come i selfie dei suoi protagonisti, l’oggetto misterioso del governo gialloverde, tra populismo e sovranismo, è all’improvviso diventato una riserva della Repubblica, garante di un nuovo patto per un governo che dentro ha sempre i Cinque Stelle ma è l’opposto di quello che lui ha guidato e certificato per quattordici mesi.
AMOR POPULI O IL BACIO DI GOVERNO TvBoy, poster 2018, Roma Valentino Bonacquisti Questo “bacio” ha provocato un terremoto mediatico: è stato prima oscurato con dei cartoni e subito dopo rimosso dagli operatori del decoro del Comune di Roma. L’opera, elaborata con la tecnica del paste-up su plotter (poster) colorati di grandi dimensioni, era stata realizzata in studio a mano con colori acrilici e poi affissa con colla di farina, tecnica usata spesso da TvBoy che gli consente di attaccare velocemente le sue creazioni.
AMOR POPULI
O IL BACIO
DI GOVERNO
TvBoy, poster
2018, Roma
rimosso
© Valentino Bonacquisti
Questo “bacio” ha provocato un terremoto mediatico: è stato prima oscurato con dei cartoni e subito dopo rimosso dagli operatori del decoro del Comune di Roma.
L’opera, elaborata con la tecnica del paste-up su plotter (poster) colorati di grandi dimensioni, era stata realizzata in studio a mano con colori acrilici e poi affissa con colla di farina, tecnica usata spesso da TvBoy che gli consente di attaccare velocemente le sue creazioni.
Poco importa. Altri baci e abbracci verranno. Il primo è rimasto sui giornali per mesi, simbolo della nuova stagione politica. Perché diceva tutto e lasciava capire quello che sarebbe accaduto a breve. Perché era un documento del presente. Come sostiene proprio TvBoy, si chiama arte contemporanea perché racconta la contemporaneità. E qualche volta la anticipa.
SALVINI FASCISTA Ignoto, stencil 2019, Milano Christian Gangitano
SALVINI
FASCISTA
Ignoto, stencil
2019, Milano
© Christian Gangitano
LE TRE GRAZIE TvBoy, tecnica mista spray e acrilico 2019, Roma Valentino Bonacquisti
LE TRE GRAZIE
TvBoy, tecnica mista
spray e acrilico
2019, Roma
© Valentino Bonacquisti

C'era una volta il golden boy

A quel tempo l’avevano ribattezzata Festa democratica, anche se nessuno l’ha mai chiamata così. Era la prima edizione con quel nome apocrifo e anonimo, propaggine di un partito che ancora cerca la sua identità. Comunque, alle Cascine, la sede storica di ogni Festa dell’Unità di Firenze, Matteo Renzi non è mai stato di casa.
Nel 2012 la sua campagna rottamatoria era al massimo della propaganda, e lui in rampa di lancio verso una popolarità e una ambizione nazionali. Tra gli stand del Mugello che sfornavano bomboloni alla crema e quelli di Campi Bisenzio dedicati al sugo di pecora, non c’era nulla che evocasse la pres...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Le tre repubbliche
  4. Dalla parte degli ultimi
  5. Erano solo ragazzi
  6. Per questo ci chiamiamo Giovanni e Paolo
  7. I nostri eroi
  8. Milano in cima all’Europa
  9. Il tunnel nel Mediterraneo
  10. Genova che resiste
  11. Nel nome dell’interesse pubblico
  12. Donne e diritti umani
  13. Copyright