Martedì 18 gennaio, 00,15
La chiamata al cellulare di Autobau era arrivata qualche secondo prima che Gianluca spegnesse il telefono per andare a dormire.
La giornata che stava per concludersi era stata molto dura ma, alla fine, anche stavolta il risultato era arrivato: Grisou, il Jack Russell che sembrava scomparso nel nulla, come ingoiato dalla nebbia fitta che avvolgeva il comune di Melzo da chissà quanti giorni, era tornato sul divano di casa, sano e salvo tra le braccia della famiglia Maggi. Baldon lo aveva recuperato in un garage poco distante dalla Stazione Centrale, grazie al passaparola “locale”, stimolato anche dalla tenerezza generata dalle foto di Grisou. Da cucciolo aveva perso una zampa, fattore che ovviamente lo aveva reso molto più riconoscibile (e difficile da dimenticare) anche ai passanti distratti. Un cane a tre zampe che ti attraversa la strada, fai fatica a non notarlo.
Gianluca aveva comunque risposto all’ultima telefonata del giorno, anche se con voce decisamente assonnata, tanto che la persona dall’altra parte gli aveva chiesto se preferiva essere richiamato la mattina seguente.
«No, no, non si preoccupi. Va bene anche adesso, mi dica…»
«Le chiedo scusa per l’ora, signor Baldon, ma siamo davvero disperati, lei non può capire… Si tratta di Tatina, la nostra cagnolina. È scappata di casa, prima di cena, e per noi lei è tutto…»
La voce al telefono era quella di una signora che sembrava realmente disperata per quello che le era successo e che faticava persino a raccontare.
«Mi chiamo Tina, Tina Schiavon» aveva esordito, quasi singhiozzando. «La chiamo da Robbiano di Mediglia. Abbiamo perso la Tatina: mio figlio Andrea non è stato attento e lei è scappata…»
«Signora, la prego, intanto si calmi, anche perché faccio fatica a capire quello chi mi sta dicendo. Prenda un bel respiro e poi mi racconti bene.»
«Ho trovato il suo numero su Facebook, quasi per caso» aveva proseguito allora la donna, rallentando un po’ il ritmo della sua parlata. «Pensi che la settimana scorsa una mia amica che la segue da anni mi aveva detto di andare a cercare il suo profilo. “Tu che adori i cani” mi aveva detto, “non puoi perderti questo Baldon…” Io l’ho suggerito a mio figlio Andrea, che per fortuna non se l’è dimenticato.»
«Bene, meno male… ma arrivi al punto, così non perdiamo tempo, signora. Prima cominciamo a cercare la sua cagnetta, più possibilità abbiamo di trovarla, magari a due isolati da casa…»
«Sin dai primi giorni dall’arrivo di Tata a casa» aveva proseguito la signora «ci siamo resi conto che aveva voglia di libertà: appena poteva, cercava di scappare. Non che con noi stesse male, anzi, la sera si godeva il divano, di notte dormiva con mio figlio, ma l’idea di fuggire ce l’ha sempre avuta…»
La signora aveva ripreso a parlare veloce, serrando una frase sull’altra con il solo intervallo di qualche singhiozzo. Gianluca a telefonate di questo tipo era abituato, magari non a mezzanotte passata, ma il primo approccio con i suoi clienti avveniva quasi sempre in un modo un po’ particolare, bizzarro. Dopo averla lasciata sfogare per quanto ne avesse bisogno, aveva poi cercato di tranquillizzarla con parole quasi sussurrate, rassicurandola che, con il suo aiuto, si sarebbe risolto tutto.
«Signora, adesso che mi pare si sia calmata un pochino, mi dica quando e dove potremmo incontrarci per cominciare a cercare la Tatina» le aveva detto. «Se può mandarmi per WhatsApp il suo indirizzo, io cercherei di venire da lei già domani mattina alle undici. Le va bene?»
«Domani mattina è perfetto. Guardi, se fosse per me, io la farei venire anche adesso» gli aveva risposto lei, con un leggero senso di spirito. «Mio figlio già ieri non è riuscito a chiudere occhio senza la sua Tata, e stanotte sarà lo stesso. Sa, è da quando l’abbiamo presa che sembrano gemelli…»
«Dica anche a lui di non preoccuparsi. Risolveremo tutto…»
«Grazie, signor Baldon. Ma prima di lasciarla andare a dormire, devo chiederle quanto ci costerà il suo lavoro. Sa, io pagherei qualsiasi cifra per riavere la Tata e far felice il mio Andrea, ma purtroppo non possiamo permetterci molto. Mio marito fa il magazziniere, io la cassiera e Andrea non trova lavoro da oltre un anno. Mi perdoni se sono sfacciata… ma è meglio se mi dice tutto prima, per evitare equivoci.» Su queste ultime parole, la voce della donna si era nuovamente incupita, quasi si aspettasse una cifra per lei impossibile.
«Signora, ancora una volta, non si deve preoccupare. Troveremo la soluzione anche per questo che, mi creda, è l’ultimo dei problemi. Piuttosto, mi mandi il suo indirizzo e soprattutto cominci già da ora a pensare tutto quello che ricorda sulle abitudini del suo cane, soprattutto quelle un po’ strane o particolari. Ogni cosa che lei mi dirà sarà importante e, magari, anche una sciocchezza o un dettaglio potrebbe essere quello decisivo per comprendere dove sia finita la Tatina.»
Mercoledì 19 Gennaio, 11,00
Alle undici in punto di una freddissima mattina di gennaio, vestito con la sua uniforme da lavoro, che consisteva in pantaloni multitasca, scarpe da camminata in montagna, felpa e zainetto zeppo di gadget da utilizzare durante la ricerca, Gianluca si era presentato a casa Schiavon.
Già osservando il cancello della casetta a tre piani che si era trovato di fronte, aveva cominciato a farsi un’idea sulla situazione che avrebbe dovuto affrontare di lì a poco. Il piccolo giardino antistante la casa sembrava abbandonato da sempre: giocattoli scoloriti dal tempo, accumulati assieme a vecchi oggetti, impedivano al portone della palazzina di aprirsi completamente verso l’esterno. La neve caduta nei giorni precedenti mascherava un quadro che, in una bella giornata primaverile, probabilmente sarebbe apparso ancora più triste. Due gatti avevano osservato l’arrivo di Baldon, rimanendo immobili come statue anche quando lui aveva tentato di approcciarli. Guardando lo spazio che circondava i mici, oltre a parecchie scatolette di cibo vuote e arrugginite Gianluca aveva notato che assieme alle loro orme sul nevischio si vedevano anche quelle di un cane, decisamente più grandi.
Sul campanello il nome Schiavon si leggeva a malapena: Baldon lo aveva premuto, ottenendo quasi subito una risposta.
«Buongiorno! La prego, salga, siamo al terzo piano, che poi è anche l’ultimo…»
Lo stato delle scale era praticamente identico a quello del giardino: una gran confusione e basta. Una volta entrato nell’appartamento, la signora Schiavon lo aveva fatto accomodare su un divano in pelle molto rovinato. La casa era decisamente piccola, con un soggiorno che includeva anche una cucina a vista. Il tutto era arredato senza particolare attenzione. Guardandosi attorno era facile accorgersi che da quelle parti ci abitava anche un cane: a parte la pappiera lasciata in un angolo, sparsi sul pavimento c’erano almeno cinque o sei giochi per animali, di varia forma e misura. Dopo aver rifiutato cortesemente il caffè, dell’acqua e anche dei cioccolatini, Baldon aveva iniziato da subito a sottoporre la signora Schiavon a un vero e proprio interrogatorio sulla Tatina, ma soprattutto sulle sue abitudini.
«La Tata è un bastardino di circa un anno di età» aveva cominciato a raccontare la signora. «Peserà circa dieci chili e ha il pelo lungo di colore marroncino, con qualche chiazza bianca. Sembra uno spinoncino di piccola taglia. L’abbiamo presa in un canile qui vicino: era appena arrivata da Maddaloni con altri dieci cani. Lei, del gruppo, era decisamente quella messa meno peggio. Le mancava un po’ di pelo qua e là, aveva il segno molto marcato del collare che probabilmente non le avevano mai tolto fino al suo arrivo al Nord, ma in generale stava bene.»
Gianluca le aveva fatto terminare la frase, evitando di interromperla.
«Ha detto Maddaloni, signora?»
«Sì, certo. Perché?»
«Perché, purtroppo, da quelle parti arrivano tantissimi cani che hanno vissuto realtà che è difficile persino immaginare e poi descrivere. La provincia di Caserta ha un grave problema con il randagismo e i canili municipali e privati sono stracolmi. Così i cani più vecchi e più problematici spesso vengono trasferiti nei canili del Nord Italia per fare spazio agli ultimi arrivati.»
«Ma la Tata non è vecchia» aveva replicato la signora.
«Ma forse problematica sì… Mi aiuti a capire: magari mordeva?»
«No, assolutamente.»
«Voi magari no, ma altre persone… tipo il classico postino o un estraneo incontrato in un negozio?»
«No, mai. Nemmeno gli estranei. Solo, se veniva qualcuno a casa, dopo qualche minuto lo voleva mandare via, per poi tentare di inseguirlo, abbaiando.»
«E da sola, senza una “preda” da inseguire, era mai scappata?»
«Scappata no, ma ogni volta che aprivamo la porta di casa era lì che cercava di uscire.»
«Cosa mangia la Tatina?»
«Croccatini morbidi, perché ha un problema ai denti.»
«Ma sono quelli che costano di più…»
«Lo so, ma… Dal canile ce lo hanno raccomandato subito. E per lei noi siamo pronti a fare qualche piccolo sacrificio.»
«È vaccinata, vero?»
«Be’, certo.»
«E si trova bene con i gatti…»
«Sì, ma lei come fa a saperlo, signor Baldon?»
«Facile: ne ho incontrati due davanti al vostro portone, sembravano molto tranquilli, penso che siano in zona da tempo… o sbaglio?»
«Sono due randagi che vengono a cercare da mangiare qui ogni giorno; la Tata ogni tanto abbaia, ma finisce lì. La verità è che vanno d’accordo.»
Dopo aver raccolto altri particolari sulla Tatina per una decina di minuti, Gianluca si era alzato dal divano, abbracciando la signora, e le aveva promesso che il suo cane sarebbe tornato a casa.
«Intanto, se ce l’ha, mi dia una foto del cane, signora.»
«Certo. E mi scusi se non gliel’ho mostrata prima.» A quel punto la donna aveva preso una cornice argentata, al cui interno c’era l’immagine di un ragazzo sui vent’anni, Andrea, con in braccio un cagnolino dall’espressione decisamente simpatica.
«Suo figlio c’è?» le aveva poi chiesto, mettendosi la foto in tasca mentre si avviava verso la porta.
«In questo momento è fuori, ma se vuole parlargli lo posso chiamare.»
«Non adesso, non serve. Ma magari più avanti sì. Mi dia pure il suo numero di cellulare.»
Memorizzato il telefono di Andrea, Gianluca era sceso al piano terra per poi uscire all’aperto. Attraversata la strada dove aveva parcheggiato la sua macchina, si era inginocchiato, ritrovando nel campo di fronte alla palazzina le stesse impronte che aveva visto davanti all’ingresso. Non quelle dei due gatti, ma tracce comunque decisamente nitide. Non ci voleva molto per capire che erano state lasciate da un cane…
Confrontandole con quelle che aveva visto poco prima davanti a casa, era facile immaginare che quasi sicuramente fossero della Tata. Soddisfatto per un inizio che, paragonato ai tanti che aveva avuto negli anni, sembrava promettere bene da subito, aveva allora cominciato a seguire le orme lungo tutto il perimetro del campo, percorrendo sempre con lo sguardo volto al terreno quasi un chilometro. Ogni tanto le tracce si confondevano con altri segni, perdendosi nel nulla, ma quasi subito Baldon era in grado di ritrovarle sulla neve fresca.
Aveva continuato in quella maniera per una buona ora, avvolto dal nulla della periferia milanese in mezzo a neve, qualche casa ai margini, umidità e molto freddo. A un certo punto, le orme erano terminate di colpo vicino alla carcassa di un frigorifero abbandonato lì per terra da chissà quanto tempo. L’elettrodomestico era riverso su un fianco, con la porta principale aperta e appoggiata al terreno. L’interno era scorticato e arrugginito. Baldon, allora, si era tolto i guanti e con i polpastrelli arrossati dal freddo aveva sfiorato i cardini del portellone: lì incastrato tra il metallo c’era un ciuffo di peli di cane. Le possibilità che appartenesse alla Tatina erano alte, il colore era lo stesso. Nella sua prima notte da fuggitiva, scappando chissà poi da che cosa, la cagnolina doveva aver passato la notte probabilmente lì, per ripararsi dal gelo. A meno di un chilometro da casa.
Guardandosi intorno per cercare se ci fosse qualcuno a cui chiedere qualche informazione, Baldon aveva scorto solo un edificio simile a un negozio a un centinaio di metri da lui, al limite della strada che seguiva il campo che aveva attraversato. Raggiunto il locale, stava per chiedere se poteva avere un caffè, ma aveva realizzato quasi subito che si trovava di fronte a un mini-market con ...