L'invisibile
eBook - ePub

L'invisibile

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'invisibile

Informazioni su questo libro

Antonio e Fausto non potrebbero essere più diversi: il primo, cinquant'anni in jeans e T-shirt, vive di lavoretti in un appartamento in condivisione con tre ragazzi, sempre connesso, in attesa che il mondo riconosca il suo talento di giornalista; il secondo è un imprenditore di successo, molto riservato, con una famiglia perfetta, che dicono stia per candidarsi a sindaco della Capitale. Due rette parallele che non dovrebbero incontrarsi mai. Perciò, quando Antonio riconosce Fausto nella bottega di Oreste, un anonimo barbiere al Nomentano, si convince subito che questa ribellione alle leggi della geometria sociale nasconda qualcosa: che ci fa un uomo ricco e di potere come Fausto Maria Borghese in un posto come quello? E perché, poco dopo, Oreste sparisce nel nulla? Da quel momento, stanare Fausto diventa l'ossessione di Antonio e l'ordinata quotidianità dell'imprenditore comincia a deragliare. Ma cercare la verità di qualcun altro può essere un gioco pericoloso, se non si sono ancora fatti i conti con la propria.
Nell' Invisibile, Giovanni Floris racconta una trama di segreti capace di dirottare vite e anestetizzare amori, fotografando un tempo, il nostro, dove la reputazione coincide con quello che siamo, dove vince solo chi santifica le apparenze, e nessuno è mai davvero innocente.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2019
Print ISBN
9788817109949
eBook ISBN
9788858698402

Prologo

Sabato 3 giugno
Notte
“Chi grida ‘Al lupo, al lupo’ è il lupo. Come ho fatto a non capirlo? Come fanno a non capirlo gli altri? È talmente evidente. Se avessi tempo, approfondirei il tema, ma qui fuori la situazione precipita. Cercano una finestra, vogliono entrare, ma in fondo non conviene neanche a loro mettersi nei guai.
Sono tanti e picchiano contro la serranda. Ma perché insistono fino a questo punto? Quanto rancore si può provare nei confronti di una persona che non conosci? Tantissimo, in verità. Conoscere le persone d’altronde non serve. Basta farsi un’idea; e l’idea, guarda un po’, è sempre quella che già avevi.
Buio fitto, odore di polvere e di chiuso. Chissà se quello mi ha registrato, o se ha fatto un video, mentre parlavamo.
Ripresa rubata in piena notte nel negozio di Oreste. Virale in un istante. E alla fine il problema è sempre quello, riuscire a non farsi vedere. Perché un solo occhio che guarda rende falsa qualsiasi cosa.
C’è un unico modo per uscire da questo posto.”

1

Sei giorni prima
Lunedì 29 maggio
Mattina
“Fausto! Hai visto che casino?”
All’improvviso un WhatsApp, la mattina alle dieci.
“Quale casino?”
“Chi è questo Oreste?”
“Oreste? Oreste chi?”
Il telefono squillò. Natasha, la sua addetta stampa, aveva capito che la loro prima conversazione del lunedì non sarebbe stata facile e non intendeva condurla a colpi di chat.
Fausto Maria era già al suo quinto blocco, la fascia oraria compresa tra le 9.30 e le 10.15. Era appena rientrato a casa da un giro all’Aventino, dove aveva visto un attico che gli sarebbe piaciuto comprare.
«Oreste, quello che è sparito.» Natasha andò all’attacco senza nemmeno un “buongiorno”. «Il tuo barbiere, dice il sito. È il tuo barbiere sul serio?»
«Il mio barbiere si chiama Oreste, sì. Che ha fatto? Quale sito?»
«Ma che ci vai a fare dall’altra parte di Roma da un barbiere della mutua?»
«Mi vuoi dire che è successo?»
«Apri internet, Fausto, fammi il piacere.» Dalla voce dell’addetta stampa traspariva tutto lo sfinimento di chi ha a che fare ogni giorno con un pericoloso dilettante. Uno che quando si sveglia non accende né il computer né controlla le news sul cellulare, tantomeno guarda i social (che a stento sa cosa sono). Uno che ancora legge la mazzetta dei giornali. Praticamente un residuo del Novecento, e doveva toccare a lei. Bene che andasse, Fausto era informato di quello che era successo dodici ore prima. Un fuso orario: come se abitasse alle Isole Fiji. Ma in dodici ore oggi c’era tutto il tempo per due o tre crisi di governo.
«Aspetta.» Fausto tagliò attraverso il salotto, entrò nello studio adiacente e accese il portatile. «Ci sono. Aperto. Che devo fare?» chiese come se stesse parlando con l’helpdesk.
Natasha non trattenne un sospiro. «Digita www.notizievere.com
«Aspetta… Eccomi, e adesso?»
«Leggi, no? Subito sotto. Leggi il post Aridatece Oreste
«Così? Alla romana? A-ri-da-te-ce
«Sì.»
«Ma che roba è?»
«È la tua croce di oggi, Fausto. Leggi bene.»

2

Tre settimane prima
Inizio maggio
«Ma a chi squilla?» chiese un po’ innervosito Oreste, interrompendo il suo lavoro di fino sulla lucidissima palla da biliardo del ragionier Giocchetti, cliente affezionato della premiata ditta “Oreste – capelli per uomo – non si fanno barbe”.
Il cellulare squillava da un bel po’, in effetti, con la suoneria da telefono degli anni Sessanta che trovano originale così tante persone da averla resa ormai estremamente comune.
Antonio, che aspettava paziente il suo turno guardando il nulla sul muro davanti a sé, pensò che era solo fastidiosa, a chi aveva la sua età ricordava le telefonate domenicali della nonna, quelle a cui dovevi rispondere per forza. Per questo ci mise un po’ a rendersi conto che a squillare era proprio il suo, di telefono. Già, la suoneria gliel’aveva cambiata Federica il giorno prima.
«Scusate, scusate! Ero sovrappensiero» esclamò tirando fuori l’iPhone dalla tasca dei jeans.
Guarda un po’, era proprio Federica.
«Antò!» fece lei con la sua O spalancata.
Si erano lasciati pochi minuti prima alla fermata dell’autobus. Lei saliva sul 61 per andare all’università, lui si sarebbe tagliato i capelli e poi sarebbe tornato a casa a finire la tesi che doveva consegnare a quello di CasaPound. Era in ritardo, ma aveva ottenuto ben tre settimane di proroga, fino all’ultimo giorno utile perché lui rispettasse la scadenza; o la va o la spacca, insomma. E il rischio di spaccarla (la testa) era in effetti enorme, visto che il committente gli aveva concesso più tempo facendo oscillare con disinvoltura una catena appesa alla cintola. Meglio non deluderlo di nuovo.
«Antò, non sai chi sta camminando per via Giorgi!» Federica, al telefono, era così eccitata che Antonio pensò si trattasse di una rockstar, o almeno di uno di quegli psicologi ospiti fissi nei talk show politici, di cui lei si beveva i discorsi tacitandolo a cuscinate quando lui provava a fare dell’ironia.
«Chi?»
«Borghese! Fausto Maria Borghese!»
«Il politico?»
«Ma mica fa il politico, Antò!»
«Per ora no… ma si candiderà a sindaco, dài retta a me» puntualizzò Antonio. Ci teneva a vendersi come l’adulto, quello preciso, che sapeva le cose. Se lui andava per i cinquanta e lei ne doveva compiere ventotto, questo gap doveva pur significare qualcosa. «E poi scusa, non era in Cina con una qualche missione commerciale?» aggiunse. «L’hanno detto al tg.»
«Si vede che è tornato! Mi è passato a un centimetro… Naturalmente non mi ha cacata di striscio, va dritto per la sua strada… Nooo! Pazzesco!»
«Cosa?»
«Sta entrando da Oreste!»
«Qui? Dal barb…»
Proprio in quel momento, si aprì la porta, e si affacciò Fausto Maria Borghese.
Fa sempre strano vedere di persona uno famoso, un vip. Ma una cosa è se vai tu nel suo mondo, per esempio se ti ritrovi a una prima con tante celebrità, o a una passerella della Settimana di Qualcosa a Milano. Tutt’altra cosa è se si presenta lui nel tuo, di mondo, dal tuo barbiere al Nomentano-Roma, Italia, a un passo dalla tangenziale est. In questo caso siamo davanti a un fenomeno quantistico, di carattere spazio-temporale: tra due dimensioni che non dovrebbero nemmeno sfiorarsi si apre un varco.
Antonio si mise subito in guardia, perché un giornalista vero vive di intuizioni, e perché quando il multiverso mette in contatto le realtà parallele succede sempre qualcosa di notevole. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di piazza Bologna. Tutto può accadere, e chi non si aspetta l’inaspettato, aveva letto da qualche parte, non scoprirà la verità.
Si incassò nelle spalle e si strinse nel suo angoletto, come se rischiasse lui di essere riconosciuto da quell’altro, chiudendo bruscamente la chiamata con Federica per l’emozione. Ce l’aveva a pochi metri, Borghese, e pensò che se lo immaginava più alto, o forse più basso. La verità è che non se lo immaginava affatto, per lui era stato sempre solo una figura che si muoveva su uno schermo, la comparsa di qualche scena importante, accordi internazionali, assemblee di banche.
Fausto Maria Borghese. Il potere. Ma il potere vero. E i soldi. Ma i soldi veri. Uno che si aggirava nell’immaginario degli italiani da almeno vent’anni, affacciato ai momenti cruciali della vita nazionale. In fondo era tale e quale alla tv. Magari sì, con un po’ più di pancia, però era proprio lui. Brizzolato, lineamenti regolari, occhio attento e concentrato, il famoso ciuffo che gli cadeva sulla fronte. Un bell’uomo con un vestito grigio chiaro da qualche migliaio di euro, camicia bianca cifrata, cravatta di seta a pois bianchi. Solo con le scarpe di Borghese Antonio ci avrebbe pagato due o tre mesi di affitto, con il Rolex non ne parliamo, o con la fede spessa un dito (aveva una moglie, certo, e chissà quante amanti e “segretarie”). L’unica cosa che avevano in comune, loro due, era l’iPhone stretto in mano. Anzi, forse quello di Antonio era un modello più nuovo.
«Oreste» Borghese rivolse la parola al barbiere, «devo aspettare molto?» Il primo suono era stato emesso, e la voce, naturalmente, aveva toccato corde vibranti di anni e anni di tg, talk show (ma sempre in reverenziale intervista singola, sia chiaro) e conferenze stampa in compagnia di potenti di varia specie.
“Lo stronzo” pensò Antonio. “Il prevaricatore. Ma che domanda era, come se aspettare fosse lesa maestà. Vedi chi c’è in fila e fai due conti come tutti, no?”
Poi la bomba, quella che cambia il quadro.
«Fatti due passi, torna tra un po’.» Oreste a Borghese. Confidenziale. Liquidatorio, irrispettoso, sciatto.
Oreste e Fausto Borghese. Come dire Godzilla e Zorro. Sale e aranciata. Cos’era quella confidenza? Di più: come si conoscevano? Il barbiere Oreste tagliava capelli da un’eternità in quel locale quasi invisibile, a metà via Ignazio Giorgi, la strada che unisce piazza Armellini a via Lanciani, in un quartiere di Roma est che negli anni Settanta era il confine con la periferia di Pietralata. Da sempre via Lanciani, via Ignazio Giorgi e via Tommasini erano la zona franca che divideva gli eleganti villini Coppedè di via De Rossi dalla borgata cantata da Pasolini. Ora Pietralata si avviava a diventare un borgo trendy ricco di ristoranti, frequentato da studenti e fighetti, ma il Nomentano quel clima da città di frontiera lo manteneva. La terra di mezzo. Un po’ di qua e un po’ di là. Un po’ Pietralata e un po’ quartiere Trieste, senza dover prendere definitivamente posizione. Invisibile ai più, e di certo a quelli come Fausto Maria Borghese.
“Che ci fa uno degli uomini più importanti d’Italia nella nostra Tijuana?” pensò Antonio, senza rendersi conto di fissarlo imbambolato con il telefono in mano da chissà quanto.
«Va bene» rispose Borghese. «Torno in macchina e faccio due telefonate.»
«Come vuole, dottore.» Il tono di Oreste era improvvisamente neutro, rispettoso, innaturale, diversissimo da prima.
Antonio cercò la notizia che vibrava nell’aria della stanza.
Il barbiere si era reso conto che non era solo, e che aveva esagerato con quella confidenza davanti a estranei? Non sembrava granché preoccupato. D’altronde Giocchetti non si sarebbe smosso neanche fosse entrato Donald Trump, e della presenza di Antonio, forse, non si era reso conto neanche Oreste.
Fausto Maria Borghese indietreggiò, uscì dal negozio, e si chiuse la porta alle spalle. Oreste continuò a lavorare. Antonio, seduto sul divanetto d’attesa, effettivamente non era stato rilevato da nessun radar. Meglio così. Poteva continuare a osservare.
Fuori dalla porta, il grand’uomo armeggiò col telefonino, e in pochi secondi si materializzò un’auto blu. Appena salì a bordo, la macchina ripartì.
Oreste riprese a tagliare il nulla sulla testa del ragionier Giocchetti, che domandò se il cliente appena uscito fosse un presentatore televisivo, o qualcosa del genere. Il barbiere, elusivo, disse che si trattava di «un imprenditore abbastanza conosciuto», precisò brevemente che era un cliente affezionato, e si affrettò a finire il lavoro. Poi lanciò un’occhiata verso Antonio, che si finse immerso nella rivista che stava sfogliando.
Giocchetti si esibì in una filippica preconfezionata su quanto quel tipo non gliela contasse giusta, con tutti i soldi che aveva chissà a quanti libri paga stava, e di chi. Il fatto di non aver colto nemmeno il nome del «tipo» non inficiava il suo ragionamento. La politica è politica.
«Sono tu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Giovanni Floris. L’invisibile
  3. L’invisibile
  4. Prologo
  5. Primo intermezzo
  6. Secondo intermezzo
  7. Terzo intermezzo
  8. Quarto intermezzo
  9. Quinto intermezzo
  10. Sesto intermezzo
  11. Epilogo
  12. Ringraziamenti
  13. Copyright