Quando esco sul palco del Palapartenope strapieno per la data di Napoli di Malammore, sono consapevole che devo tenere a bada l’emotività. Sono carico, infatti, ma anche tranquillo. Non so se dipende dal training che sto facendo da tempo, dicendo a me stesso che non devo lasciarmi sopraffare dalle emozioni, oppure dal fatto che ci si abitua a tutto. So che in città non si trova più un biglietto da giorni, qui fuori c’erano addirittura i bagarini, quindi quello che sta accadendo non è inaspettato.
Sono felice perché sono qui, perché sto facendo una cosa che resterà nella storia del mio genere, uno spettacolo dove tutto è al proprio posto. Solitamente, quando si suona dal vivo manca sempre qualcosa. Stasera invece è tutto perfetto. Il palco è come lo volevo io, l’impianto e l’acustica come li volevo io, il disco come lo volevo io. Faccio gli esercizi di respirazione nei camerini e poi esco. Dietro di me ci sono tutte le persone che mi stanno accompagnando in questo viaggio, Jacopo della Universal, D-Ross, i miei amici di Milano, gli artisti che ho invitato, Enzo Chiummariello, i fratelli napoletani come Dandy, immancabile a ogni data e una nuova scoperta che si è rivelata una fondata amicizia. Quando mi ritrovo col microfono in mano davanti a tutta questa gente, penso una sola cosa: io esisto. Da stasera nessuno potrà più negare che io esisto come artista.
Conosco Enzo da anni, esattamente dal primo anno di liceo, non eravamo nella stessa classe ma, essendo entrambi di Marianella e coetanei, ci ritrovavamo sugli stessi campi da calcio quando facevamo filone. Il calcio era lo sport che univa noi ragazzi di periferia, non ricordo di averlo visto alle feste o in giro per strada, ma ricordo nitidamente che ci giocavo contro a pallone.
Quando cambiai scuola, ci perdemmo di vista, io per la mia strada e lui per la sua; c’incrociammo raramente a Marianella in età più avanzata, forse io già andavo e venivo da Londra e lui già lavorava.
Dopo un periodo particolare, e qualche problema con la giustizia, Enzo si cimentò nel lavoro di promoter, iniziando con gli artisti che al momento aveva più vicino, Antonio, Clementino e Rocco Hunt. È stato sempre un cultore della musica e anche un appassionato di rap italiano, quindi questo lavoro non era per lui del tutto nuovo, ma frutto della sua passione.
Il periodo fu strano, io non capivo bene la sua personalità, non mancarono incomprensioni. Ma dopo un po’, quando la mia musica iniziò a girare di nuovo, io ed Enzo iniziammo a diventare più amici, imparammo a conoscerci. Ho seguito il suo cammino attentamente fino a ora. Gli ho visto fare cazzate, l’ho visto crescere e maturare.
Credo che entrambi abbiamo imparato qualcosa dall’altro. Posso dire di essere orgoglioso della persona che è diventato, perché anche lui, come me, ha dovuto combattere contro i pregiudizi della gente finta che aveva intorno, quelli che ridevano alle sue battute ma poi gli sparlavano alle spalle. Alla fine ha vinto lui, disarmandoli con il duro lavoro che gli ha dato uno status di grande rispetto nel nostro ambiente, non solo a Napoli ma a livello nazionale.
Oggi Enzo è la mia sicurezza, non immaginerei questa vita senza di lui, ormai siamo un’unica cosa, due facce della stessa tenacia, della stessa forza. Mi ha sempre detto di essere una persona disposta ad alzarsi nel cuore della notte per prestare soccorso a un amico. Io posso confermare che è davvero così.
Fin quando farò musica lui sarà con me, dividerò con lui qualsiasi traguardo, guadagni, prestigio ed eventuali delusioni. Abbiamo superato il peggio, niente ci fa più paura.
Stasera, 5 gennaio 2017, abbiamo coronato un sogno solamente grazie alle nostre forze, abbiamo riempito il Palapartenope di Napoli; sono stato il primo rapper a farlo, posso solo dire grazie al mio team e a Enzo, senza di lui non ce l’avrei mai fatta. Ora è il momento di chiudere il rubinetto delle emozioni, perché so di essere molto emotivo e non vivo bene lo stress. Se mi facessi prendere dal fatto di dover intrattenere seimila persone, che non posso deludere visto che ho deciso di fare pezzi molto impegnativi tecnicamente, finirei per svenire. Prendilo come un club da cinquecento persone, dico a me stesso, fai il tuo show, divertiti.
E non ho bisogno di convincermi per essere felice, quando sulle note registrate di Andrò via da qui scorrono delle immagini di una Napoli periferica e tutto il Palapartenope canta il ritornello. Il mio disegno si sta realizzando proprio come l’ho pensato. Le strade della città, il pianoforte: l’intro racchiude esattamente il messaggio che ho voluto lanciare con questo disco e questo concerto. Il video, poi, è bellissimo. Me l’hanno consegnato a scatola chiusa ieri sera perché non ho avuto il tempo di seguire la produzione, ma anche in questo caso si conferma la bontà della scelta di lavorare con persone di cui ti fidi, che capiscono che cosa dici e sono in grado di affiancare la tua narrazione, rispettandola e valorizzandola.
Va tutto come previsto, l’intro parte, il mio pubblico si emoziona e canta:
Via senza saluto mentre piove sull’asfalto
Ho fiducia nel futuro fra, non ho paura affatto
La forza del perdono mi ha quasi rasserenato
Leggo in viso che stai male, è che non ti senti amato
Fumo anche il fumo passivo candele accese in stanza
L’erba mi ha fatto aggressivo e non controllo l’arroganza
Ed ho scopato chi mi amava e amato chi mi usava o consumava
fino a farmi uscire la bava
Ed ho visto la morte assai vicina
Le ho detto puoi baciarmi non ho peli sulla lingua
La mia missione è la mia depressione, le dosi di litio
La delusione di un amico e la freddezza con cui reagisco
So il valore della vita e me ne fotto
Non ho scelto di vivere, ma vorrei almeno come morire
Cioè col fuoco negli occhi e il fumo che esce dalla gola
E poi andare in copertina con denti d’oro e una pistola
Se non hai quel che chiedo
Andrò via da qui
Pronta a scendere in guerra
Se mi lasci essere forse capirai
Se mi lasci esprimere non dimenticherai
Vorrei lasciarli vivere, so non ci crederai
Ricco ad ogni costo è l’unica vendetta più del mai
Colava cenere nei suoi capelli
Negli occhi il riflesso dei suoi coltelli
Rossi dal sangue che li colora
Per scrivere sui muri della città “Non siamo solo Gomorra”
Gli hanno insegnato cos’era il crimine
Prima di cos’è giusto o sbagliato
Prima che venisse battezzato
Prima che lo cacciassero da scuola e lo tradissero
Nelle sue lenzuola, giro le spalle al Signore, perché è tutta una gran confusione
Se la Chiesa svergina i bambini e la Bibbia sta negli alberghi ad ore
Dio perdonalo come chi sbaglia la tua parola
Se morirà con in mano la mia stessa pistola
Se non hai quel che chiedo
Andrò via da qui
Pronta a scendere in guerra
Mi fraintendi perché vengo dall’Inferno ma promuovo il Paradiso
Perché non parlo bene ma so cosa dire
Perché sono estremo ma ho tanti valori
Perché rappresento quello che non devi essere
Perché sono tutto quello che non conosci
Perché qualcuno ti ha detto la vita cos’è
E tu lo hai ascoltato.
Poi entro di corsa, perché sono sicuro che il primo pezzo sarà accolto con grinta. Divertiamoci, mi ripeto, è la nostra festa, la nostra serata. Non m’interessa lanciare frecciate a questo o quell’altro, fare il buffone perché ho il Palapartenope pieno davanti a me, voglio che restino i messaggi. Voglio che tutta questa esperienza abbia un peso importante, sia come uno spartiacque della mia vita. Guardo in ogni direzione ed è pieno dappertutto. Realizzerò solo in seguito la portata reale dell’evento, come accade per ogni avvenimento improvviso, o comunque di grande impatto emotivo, ...