Il paniere di frutta
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Il paniere di frutta

Rabindranath Tagore

  1. 144 pagine
  2. Italian
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Il paniere di frutta

Rabindranath Tagore

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Raccolta di canti intrisi di spirito religioso e amore divino, e soffusa di melanconia per un bene perduto: è questo che la natura, grande manifestazione di Dio e manto di cui si ricopre per mostrarsi nella vita dell'uomo, diviene nelle 86 liriche tratte da poemi in lingua bengali di Rabīndranāth Tagore.
Un medesimo tema fa da filo conduttore della raccolta: la solitudine dell'uomo di fronte alla prodigalità di Dio, e la necessità di offrirsi a lui come un frutto maturo, pronto a donarsi.
Una poetica che assurge al rango di filosofia e religione nel caso di Tagore, che recupera i motivi propri della cultura indiana, riuscendo a imporsi nella cultura occidentale con le proprie tradizioni speculative, offrendo tutto questo ai suoi lettori come in un paniere ricolmo di frutta a cui attingere.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2019
ISBN
9788858698723
Argomento
Literatur
Categoria
Poesie

IL PANIERE DI FRUTTA

I

Ordinamelo e coglierò i miei frutti,
li porterò in panieri colmi alla tua casa
anche se alcuni sono già troppo maturi
ed altri ancora acerbi...
prima che la stagione avanzi nel suo splendore
e nell’ombra si senta, leggero, un pastore zufolare.
Ordinamelo e scioglierò le vele, via, sul fiume.
Il vento di marzo già freme,
si solleveranno le onde mormorando...
Il giardino ha dato quanto poteva,
nell’ora stanca del tramonto
è giunta finalmente la chiamata
dalla tua casa, dalla riva di ponente.

II

Quand’ero giovane sembravo un fiore che nel suo rigoglio
poteva perdere, senza pena, qualche petalo,
se il vento di primavera l’avesse chiesto,
bussando, mendicando alla sua porta.
Ora, al tramonto della vita, somiglio a un frutto
che non ha altro da dare,
che vuole offrirsi intero, così com’è,
pesante di dolcezza.

III

L’estate è in festa solo per i teneri boccioli
o anche per i rami secchi, per i fiori appassiti?
Il canto del mare è armonioso soltanto
sulle onde che s’alzano
o anche su quelle che scendono?
Il tappeto dove cammina il mio Re
è trapunto di pietre preziose,
ma anche le umili zolle attendono
d’essere calpestate dai suoi piedi.
Sono pochi i saggi e i grandi
che siedono accanto al mio Signore,
ma Egli ha innalzato un pazzo
rendendolo così suo servo, per sempre.

IV

Di mattina, svegliandomi, ho trovato la sua lettera.
Non so cosa dica, io non so leggere.
Lascerò il saggio ai suoi libri,
senza disturbarlo: saprebbe forse leggere
ciò che contiene la lettera?
Sulla mia fronte la premerò,
la terrò stretta al cuore.
Quando la notte si farà silenziosa e tranquilla
e sorgeranno le stelle a una a una,
io l’aprirò sul mio grembo,
rimanendo in silenzio.
Ad alta voce me la leggeranno
stormendo le foglie, la corrente del ruscello
la ripeterà cantando, le sette stelle del Carro
me la racconteranno, dal cielo.
Non riesco a trovare ciò che cerco,
non posso comprendere ciò che vorrei sapere,
ma questo messaggio non letto
ha alleviato la mia pena,
ha trasformato in canto il mio pensiero.

V

Anche un pugno di polvere poteva nascondere
i tuoi segni, quando ancora ne ignoravo
il significato.
Ora che sono più saggio, li leggo in tutto quello
che un tempo li celava.
Sono dipinti nei petali dei fiori,
la schiuma delle onde li porta, scintillanti,
le colline li innalzano.
Distolto il viso da Te, leggevo i tuoi messaggi
a rovescio, non comprendevo il loro senso.

VI

Dove le strade sono già segnate
perdo la direzione.
Non c’è traccia di sentiero
nell’immenso oceano, nel cielo azzurro.
È nascosto il viottolo dalle ali degli uccelli,
dallo scintillare delle stelle,
dai fiori delle stagioni che si succedono.
Chiedo al mio cuore
se il suo sangue contenga la conoscenza
di un’invisibile via...

VII

Ahimè, qui non posso più restare,
non è più casa per me, questa,
da quando l’Eterno Straniero mi ha chiamato,
avanzando lungo la via.
Sento risuonare nel petto
il ritmo del suo passo e soffro!
Il vento s’alza, il mare geme.
Lascio ogni mio dubbio, ogni pena,
per seguire la marea incessante,
perché lo Straniero mi ha chiamato,
avanzando lungo la via.

VIII

Mio cuore, sii pronto a spingerti avanti!
Lascia indugiare chi deve.
Il tuo nome è stato chiamato
nel cielo del mattino.
Non aspettare nessuno.
I desideri del bocciolo
sono la notte e la rugiada,
ma il fiore aperto invoca
la libertà della luce.
Mio cuore, rompi il tuo involucro
ed esci!

IX

Quando rimanevo tra i tesori
che avevo raccolto, mi sentivo simile a un verme,
che nel buio si nutre del frutto che l’ha generato.
Io lascio questo carcere fradicio.
Non amo frequentare rovine ammuffite
perché cerco l’eterna giovinezza,
scarto ogni cosa che non sia parte di me
o che non sia, come il mio riso, lieve.
Corro attraverso il tempo e tu, cuore mio,
senti, nel tuo carro, il poeta errante
che canta e danza.

X

Tu m’hai preso per mano,
m’hai tenuto al tuo fianco,
m’hai fatto sedere sul tuo alto trono,
al cospetto di una turba di uomini...
finché divenni timido, incapace di muovermi,
di continuare la mia via;
esitavo e temevo ad ogni passo
d’urtare in qualche loro insidia...
Infine, sono libero!
Il colpo è giunto, è risuonato l’insulto
e il mio trono è laggiù, nella polvere.
Sono ormai aperte le strade
davanti a me.
Ho schiuso le ali al desiderio del cielo.
Vado a raggiungere le stelle cadenti,
nell’ombra più profonda della mezzanotte
m’inabisso.
Somiglio ad una nuvola estiva,
spinta dal temporale, che, gettata via
la corona d’oro, appenda il fulmine,
come una spada, a una catena di lampi.
In folle gioia corro
lungo la strada polverosa del povero
e così m’avvicino alla tua accoglienza finale.
Il bambino trova la madre
quando lascia il suo grembo,
così, solo quando sono separato da Te,
scacciato dalla tua casa, finalmente
sono libero di contemplare
il tuo vero volto.

XI

Solo per burla m’orna
questa preziosa catena.
M’opprime quando la metto al collo,
mi strangola se cerco di strapparla.
Mi serra la gola, mi sporca il canto.
Se potessi offrirla alla tua mano, Signore,
solo allora sarei salvo.
Strappamela e in cambio donami
una collana di fiori, perché ho vergogna
di stare al tuo cospetto con al collo
questa mia preziosa catena.

XII

Il fiume Jumna scorreva in basso,
rapido e limpido, e sopra la riva sporgente
guardava minacciosa.
Ovunque, intorno, colline buie di boschi,
solcate da torrenti.
Il grande maestro Govinda,
seduto su una pietra, leggeva
quando Raghuna¯th, il discepolo,
fiero della sua ricchezza, venne
e inchinandosi lo salutò dicendo:
«Ho portato il mio povero dono,
indegno d’essere accettato».
Presentò così al maestro
due bracciali d’oro, ornati di pietre preziose.
Il maestro ne prese uno, lo fece ruotare
intorno a un dito e i diamanti
lanciarono lampi di luce.
Il bracciale all’improvviso gli scivolò via
e rotolò giù dagli scogli, in acqua.
«Ahimè!» gridò Raghuna¯th,
tuffandosi nel fiume.
Il maestro fissò di nuovo gli occhi
al libro, mentre l’acqua rubava
e nascondeva ciò che aveva preso,
continuando a scorrere.
Scoloriva il giorno quando Raghuna¯th
fece ritorno, grondante e sfinito, dal maestro.
Ansimando gli disse: «Se mi mostri
dov’è caduto, potrei ritrovarlo».
Il maestro prese l’altro bracciale
e, scagliandolo in acqua, disse: «È là».

XIII

Compagno di viaggio!
Muoversi è incontrarsi ad ogni istante,
è cantare al ritmo dei tuoi passi.
Chi sfiora il tuo respiro
non scivola dalla sicurezza della riva,
spiega fiducioso la vela al vento
e sfida le onde tempestose.
Chi spalanca le sue porte
e avanza, riceve il tuo saluto.
Non rimane a contare i suoi guadagni
o a piangere ciò che ha perduto;
il ritmo per la sua marcia
lo batte il suo cuore, perché questo
significa procedere con te, ad ogni passo,
Compagno di viaggio!

XIV

Era stata questa la promessa:
verrà dalle tue mani
la parte migliore di questo mondo.
Così la tua luce brilla
nelle mie lacrime.
Temo d’essere guidato da altri
per paura di smarrire te,
che attendi all’angolo di qualche strada,
per farmi da guida.
Continuo ostinato il mio cammino
finché la mia stessa follia
ti farà giungere alla mia porta.
Perché tu hai promesso
che la parte migliore di questo mondo
mi verrà dalle tue mani.

XV

È semplice la tua parola, Maestro,
non quella di chi parla di te.
Comprendo la voce delle tue stelle,
il silenzio dei tuoi alberi,
e so che il mio cuore s’aprirà
come un fiore, che la mia vita s’è riempita,
dissetandosi a una fonte segreta.
Le tue canzoni, come uccelli venuti
dal paese solitario della neve,
volano a costruire il loro nido,
nella mia anima, nel ...

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